La sostituzione della pena con il lavoro di pubblico utilità è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice

L’ammissione ai lavori di pubblicità utilità, in sostituzione della pena prevista per il reato di giuda in stato di ebbrezza ex art. 186, comma 9-bis, c.d.s, è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice alla stregua dei criteri dettati dall’art. 133 c.p., ossia, considerando la modalità del fatto e la gravità della condotta del reo.

Così il Supremo Collegio con la sentenza n. 9464/19, depositata il 5 marzo. La vicenda. La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado che condannava l’imputato al reato di guida in stato di ebbrezza ex art. 186, comma 2, lett. c , c.d.s. e, in riferimento alle modalità del fatto e alla condotta del reo, rigettava la richiesta di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità di cui al comma 9 -bis dell’art. cit In particolare la Corte considerava, oltre al fatto che l’imputato era gravato da un precedente penale di ricettazione, la gravità della condotta e il tasso alcolemico del medesimo rilevato tramite alcoltest. In riferimento alla mancata conversione della pena, l’imputato ricorre in Cassazione rilevando l’assenza di profili valutativi in capo al giudice circa l’idoneità rieducativa della misura alternativa . A sostegno della propria tesi l’imputato sottolinea che il rigetto della sostituzione della pena in questione potrebbe derivare unicamente dalla ricorrenza dell’aggravate di aver provocato un incidente stradale , aggravante non sussistente nel caso di specie. La valutazione. Gli Ermellini ribadiscono che la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice , valutazione da effettuare in base ai criteri di cui all’art. 133 c.p. Gravità del reato valutazione agli effetti della pena ossia sulla base dei parametri oggettivi inerenti la gravità del reato e dei profili soggettivi relativi la capacità di delinquere dell'imputato.Tale sostituzione, dunque, è concessa sulla base di una valutazione di meritevolezza, alla stregua dei criteri suddetti e, dunque, rientra nel potere discrezionale del giudice della cognizione non costituendo oggetto di un diritto dell’imputato . Per tali ragioni, la S.C. rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 febbraio – 5 marzo 2019, n. 9464 Presidente Ciampi - Relatore Cappello Ritenuto in fatto 1. La corte d’appello di Palermo, con sentenza del 18 luglio 2018, ha confermato quella del tribunale palermitano, appellata dall’imputato C.G. , con la quale costui era stato condannato per il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c . 2. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo di difensore, formulando due motivi. Con entrambi, ha dedotto vizio della motivazione con riferimento alla mancata conversione della pena ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, rilevando, da un lato, che in sede di appello era stata rappresentata l’assoluta mancanza di motivazione in ordine alla relativa richiesta difensiva sotto altro profilo, ha contestato la risposta fornita alla doglianza dalla corte territoriale, rilevando l’assenza di profili valutativi in capo al giudice circa la idoneità rieducativa della misura alternativa, il suo diniego potendo derivare solo dalla ricorrenza dell’aggravante di aver provocato un incidente stradale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. La corte di merito ha rigettato la richiesta di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità ex art. 186 C.d.S., comma 9 bis, ritenendo che, nel caso difettino divieti di legge per avere l’imputato provocato un incidente stradale o per averne già usufruito , la sostituzione sarebbe rimessa alla valutazione del giudice, come desumibile dall’utilizzo del verbo può da parte del legislatore e così ritenendo in capo al giudice un potere discrezionale nell’an, sebbene non nel quantum, legalmente predeterminato. Ciò ha fatto operando un rinvio alla giurisprudenza di legittimità e, in particolare, all’indirizzo secondo il quale l’interpretazione secondo cui sarebbe inibita al giudice ogni valutazione circa l’idoneità della misura ad assolvere alla funzione rieducativa della pena, non terrebbe in debito conto il chiaro dato testuale che tale facoltà espressamente prevede. Pertanto, trattandosi pur sempre di pena, quel giudice ha rilevato che la scelta non può che esser ancorata ai criteri di determinazione della stessa previsti dall’art. 133 c.p Nel caso di specie, il rigetto della richiesta è rimasto ancorato alle modalità del fatto, connotato dalla circostanza che il superamento del limite di legge era avvenuto in pieno centro cittadino e in orario in cui era ancora intenso il traffico di persone e mezzi, alla gravità della condotta, alla luce del tasso alcolemico rilevato 2,13 e 2,16 g/l nelle prove mediante alcoltest , infine, alla personalità negativa dell’imputato, gravato da un precedente specifico e da altro per ricettazione. 3. I motivi sono entrambi manifestamente infondati e la loro unitaria trattazione è giustificata dalla unicità del profilo censurato, specificamente riguardante l’esistenza o meno di un potere discrezionale del giudice di disporre la sostituzione della pena ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 9 bis. Parte ricorrente si è limitata a censurare l’interpretazione della norma da parte del giudice territoriale, senza tuttavia considerarne il dato testuale e l’indirizzo consolidato di questa stessa sezione sul punto. Anche di recente, si è infatti precisato che la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, da compiersi secondo i criteri dettati dall’art. 133 c.p. cfr. sez. 4 n. 13466 del 17/01/2017, Pacchioli, Rv. 269396 n. 15018 del 13/12/2013 Ud. dep. 01/04/2014 , Cereghino, Rv. 261560 , essa non conseguendo automaticamente al ricorrere dei presupposti legali cfr. sez. 4 n. 1015 del 10/12/2015 Ud. dep. 13/01/2016 , Santori, Rv. 265799 . 4. Si tratta peraltro di un orientamento che ha ricevuto l’avallo del giudice delle leggi nel dichiarare, infatti, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, proposta con riferimento ad altro aspetto, qui irrilevante, la Consulta ha affermato che il potere di sostituzione rientra nel più generale potere discrezionale di determinazione della pena in concreto per il fatto oggetto di giudizio spettante al giudice della cognizione e che l’applicazione della pena sostitutiva in esame non costituisce oggetto di un diritto dell’imputato, ma è disposta discrezionalmente dal giudice sulla base di una valutazione di meritevolezza, alla stregua dei criteri di cui all’art. 133 c.p., oltre che sulla base di una prognosi di positivo svolgimento del lavoro cfr. corte cost., ord. n. 43 del 2013. 5. Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.