Negato l’affidamento in prova ai servizi sociali per il detenuto impenitente

Il giudizio prognostico attinente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale deve riferirsi ad una precisa valutazione di fronteggiabilità della pericolosità sociale residua del condannato. Valutazione che dev’essere effettuata attraverso l’impiego degli elementi indicati dall’istituto stesso, tra cui la revisione critica della condotta e gli intenti di rieducazione del reo.

Così ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 8044/19, depositata il 22 febbraio. La vicenda. Il Tribunale di Sorveglianza di Milano rigetta sia l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale che la richiesta di detenzione domiciliare avanzate dal condannato ristretto agli arresti domiciliari ex art. 656, comma 10, c.p.p. in espiazione della pena per omicidio stradale. Il Tribunale ha rilevato che la pena espianda residua oltrepassa la soglia dei 2 anni comportando così, l’inammissibilità della richiesta di detenzione domiciliare. Circa la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, lo stesso Tribunale, ha osservato che, alla luce delle dinamiche del sinistro stradale e agli ideali del condannato che non manifestava alcuna forma di resipiscenza , tale misura non avrebbe comportato un efficacie percorso espiativo per l’istante, essendo utile in tal senso, solamente quello intramurario. In particolare il Tribunale non ha rilevato nel ricorrente una vera autocritica o di una reale dichiarazione di ripudio della propria devianza che, [] potesse dimostrare un recupero almeno parziale dei valori sociali . L’imputato ricorre in Cassazione sostenendo che l’affidamento in prova al servizio sociale può essere negato soltanto quando si ritenga che esso non contribuisca alla rieducazione del condannato, sulla base di elementi oggettivi e non di mere congetture . La valutazione. Gli Ermellini ribadiscono che l’affidamento in prova ai servizi sociali può essere concesso dal Tribunale di Sorveglianza a fronte di una specifica valutazione del caso concreto, valutazione formulata alla luce della personalità del condannato e di altri elementi concreti confluenti in un unico obiettivo il reinserimento sociale del condannato all’esito della misura alternativa. I criteri e i mezzi di conoscenza utilizzabili dal Tribunale sono stati individuati dalla dottrina e giurisprudenza nel reato commesso, nei precedenti penali, nelle pendenze processuali, nelle informazioni di polizia ma anche, dalla condotta carceraria e dai risultati dell’indagine sociofamiliare operata dalle strutture carcerarie di osservazione ed infine la finalità di espiazione della sanzione penale. Sul punto, la S.C. ribadisce che non esiste una sorta di presunzione generale di affidabilità di ciascuno al servizio sociale poiché è necessario che, nella fattispecie concreta, sussistano elementi positivi sulla base dei quali il Giudice possa ragionevolmente ritenere che l’affidamento conduca a un esito proficuo . Nel caso concreto, il condannato non aveva prospettato personalmente né l’intenzione di seguire uno specifico programma di recupero né alcuna forma di resipiscenza dell’incidente provocato dunque, la S.C. rigetta il ricorso poiché la decisione impugnata non presenta alcuna illogicità.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 febbraio – 22 febbraio 2019, n. 8044 Presidente Di Tomassi - Relatore Minchella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 21/06/2018 il Tribunale di Sorveglianza di Milano rigettava l’istanza di affidamento in prova a servizio sociale e dichiarava inammissibile la richiesta di detenzione domiciliare avanzate da M.M. , all’epoca ristretto agli arresti domiciliari ex art. 656 c.p.p., comma 10, in espiazione della pena di cui alla sentenza in data 05/06/2017 del GIP del Tribunale di Bergamo per omicidio stradale. Osservava il Tribunale di Sorveglianza che la pena espianda residua oltrepassava la soglia dei due anni, per cui la richiesta di detenzione domiciliare era inammissibile quanto all’affidamento in prova al servizio sociale, rilevava che l’omicidio stradale era stato commesso dal condannato mentre era in stato di forte ebbrezza e che egli annoverava un precedente penale per guida in stato di ebbrezza concludeva il Tribunale di Sorveglianza che egli era ben in grado di rendersi conto delle conseguenze della sua grave condotta irresponsabile e che aveva guidato con eccesso di velocità, uccidendo una giovanissima vittima verso la quale non manifestava alcuna forma di revisione critica né di resipiscenza ed anzi apparendo la figura della vittima sempre estranea ad ogni sua prospettazione di vita futura rimarcava, poi, che l’avvenuto risarcimento del danno da parte della compagnia di assicurazione non lo esonerava affatto da comportamenti rilevanti come la presa di contatto con i familiari della vittima o la richiesta del loro perdono al contrario, anche la sua istanza era stata autoreferenziale e fondata sulla sua condotta regolare nel corso degli arresti domiciliari nonché sullo svolgimento di un lavoro, mentre non vi era alcun accenno all’uso smodato di sostanze alcoliche. Si riteneva pertanto necessario per il condannato un percorso espiativo intramurario, con l’accompagnamento di figure professionali che ne osservassero scientificamente la personalità. 2. Avverso detto provvedimento propone ricorso l’interessato a mezzo del difensore Avv. Ugo Maria Domenico Calò. Deduce, con motivo promiscuo ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , erronea applicazione di legge e manifesta illogicità della motivazione sostiene che l’affidamento in prova al servizio sociale può essere negato soltanto quando si ritenga che esso non contribuisca alla rieducazione del condannato, sulla base di elementi oggettivi e non di mere congetture la revisione critica dell’operato deviante non viene richiesta come già attuata, ma soltanto come iniziata e la valutazione deve tenere conto del comportamento successivo al reato il Tribunale di Sorveglianza, invece, non aveva considerato gli elementi positivi fondanti l’istanza di beneficio, limitandosi ad affermazioni apodittiche che non tenevano conto di una condotta rispettosa delle prescrizioni, la quale era indicativa di una evoluzione positiva, attestata anche dal lavoro svolto e dalla spinta verso il risarcimento da parte della compagnia assicurativa nonché della sua disponibilità a frequentare un programma disassuefativo né poteva attribuirsi eccessivo valore alla mancanza di contatti con i familiari della vittima, che non vivevano in Italia a fronte di ciò, l’istruttoria era stata carente. 3. Il P.G. chiede il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato poiché infondato. Appare utile rilevare preliminarmente che, attraverso la misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa. I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di Sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali Sez. 1, 4.3.1999, Danieli, Rv 213062 nelle pendenze processuali Sez. 1, cit. nelle informazioni di polizia Sez. 1, 11.3.1997, Capiti, Rv 207998 ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, dalla condotta carceraria e dai risultati dell’indagine sociofamiliare operata dalle strutture carcerarie di osservazione Sez. 1, 22.4.1991, Calabrese dappoiché in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra. 2. Di questi parametri il Tribunale di Sorveglianza ha fatto un uso corretto è stato valutato tanto il pregresso comportamento del ricorrente in termini di condotta di vita adusa all’abuso di sostanze alcoliche e di reiterata commissione di reati legati appunto a quell’abuso quanto l’estrema gravità della condotta posta in essere e delle conseguenze della stessa, a fronte della quale è stata considerata insoddisfacente la revisione critica manifestata dal medesimo si tratta di un elemento rilevante poiché l’adesione a valori errati dimostra un’insofferenza alle regole poste dallo Stato a tutela di una ordinata e civile convivenza e questa condizione, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, costituisce quel disadattamento al quale consegue la necessità di sottoposizione dell’interessato ad un trattamento rieducativo da realizzarsi anche, ricorrendone le condizioni, con le misure alternative alla detenzione Sez. 1, 23.01.1998 n. 6910 . Correttamente - in relazione al tipo di valutazione da effettuare - il Tribunale di Sorveglianza ha sottolineato l’assenza nel ricorrente di una vera autocritica o di una reale dichiarazione di ripudio della propria devianza che, senza attenere ad una sfera morale estranea al rilievo giuridico, potesse dimostrare un recupero almeno parziale di valori sociali. Non risponde poi al vero che il Tribunale di Sorveglianza abbia limitato la sua disamina a pochi elementi, poiché, al contrario, l’ordinanza impugnata ha focalizzato la propria attenzione ad una sorta di oblio al quale la figura della giovanissima vittima privata della vita era destinata nelle prospettazioni del ricorrente così, è stato motivatamente sottolineato che non vi era spazio per questo aspetto nelle dichiarazioni del ricorrente, tutte limitate ad una autoreferenzialità ristretta al rispetto degli arresti domiciliari, ma lontane dalla riflessione sulle conseguenze di una condotta irresponsabile l’ordinanza impugnata riflette anche sulla assenza di tentativi di presa di contatto con i familiari della vittima, osservando che, in siffatti casi, il mero risarcimento pecuniario del danno operato dalla compagnia di assicurazioni non poteva essere argomento tale da estromettere la figura della vittima dalle considerazioni e dalle riflessioni sul presente espiativo e sul futuro di vita. E parimenti evidenzia che il ricorrente non si era mai posto in modo critico di fronte al tema dell’abuso di sostanze alcoliche né aveva prospettato, nella sua istanza di concessione del beneficio, l’intenzione di seguire un programma di disintossicazione volontà manifestata soltanto dal difensore, e non dall’interessato, nel corso della udienza e soltanto dietro espressa domanda del Tribunale di Sorveglianza . In definitiva, l’ordinanza impugnata ha tenuto conto dei principi consolidati espressi da questa Corte in tema di concessione della più ampia delle misure alternative questa Corte ha, infatti, ripetutamente chiarito che nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, deve pervenirsi ad una valutazione di fronteggiabilità della pericolosità sociale residua con gli strumenti dell’istituto indicato in altri termini, elementi quali - esemplificativamente - la condotta anteatta e quella recente dell’interessato, la sussistenza di più precedenti penali, la mancanza di revisione critica della condotta e la nebulosità degli intenti di disintossicazione ben possono valutarsi ai fini della formulazione di una prognosi sul comportamento futuro del condannato e sul ragionevole esito del beneficio. Del resto, poiché non esiste una sorta di presunzione generale di affidabilità di ciascuno al servizio sociale, ma al contrario devono sussistere elementi positivi sulla base dei quali il Giudice possa ragionevolmente ritenere che l’affidamento si riveli proficuo, appare evidente che - in relazione agli obbiettivi di rieducazione e di prevenzione propri dell’istituto - la reiezione dell’istanza di affidamento può considerarsi validamente motivata anche sulla sola base delle informazioni fornite dagli organi di polizia o dai servizi sociali o da quelli di osservazione, quando da esse, invece che elementi certi del genere anzidetto, il giudice tragga - con motivazione lineare, coerente e priva di vizi logici o giuridici, come nel caso di specie - una conclusione di negativa personalità dell’istante. 3. Il ricorso deve quindi essere rigettato. Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.