Prova testimoniale inutilizzabile se manca l’avviso all’imputato di reato collegato

Il mancato avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, lett. c , c.p.p., all’imputato di reato collegato o connesso a quello per cui si sta procedendo determina l’inutilizzabilità della deposizione del teste resa senza garanzia.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 7800/19, depositata il 20 febbraio. Il caso. Il Tribunale, adito in secondo grado, confermava la decisione di prime cure con cui l’imputato era stato condannato alla pena di giustizia per lesioni personali. L’imputato ricorre per cassazione lamentando che il giudice d’appello non aveva tenuto conto del fatto che la persona offesa al reato era imputata dello stesso reato di cui all’art. 582 c.p. nell’ambito di un diverso procedimento, successivamente riunito al presente e tale circostanza non era stata comunicata all’imputato medesimo. Utilizzabilità della prova testimoniale. Come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, in tema di prova testimoniale, il mancato avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, lett. c , c.p.p., all’imputato di reato collegato o connesso a quello per cui si sta procedendo che avrebbe dovuto essere esaminato in dibattimento determina l’inutilizzabilità della deposizione del teste resa senza garanzia. Tale principio non può essere derogato nel caso, come in quello di specie, in cui i procedimenti pendenti a carico di soggetti imputati di reati commessi in danno reciproco siano riuniti in un procedimento unico. Per tali ragioni, il Supremo Collegio annulla la sentenza impugnata co rinvio al Giudice dell’appello, in diversa composizione, per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 27 novembre 2018 – 20 febbraio 2019, n. 7800 Presidente Stanislao - Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 13 ottobre 2017 il Tribunale di Catania, in funzione di Giudice d’Appello, ha confermato la sentenza di primo grado con cui M.F. è stato condannato alla pena di giustizia per il delitto di lesioni personali ai danni di C.M.P. , sua consorte. 2. Con atto sottoscritto dai suo difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato affidandolo ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione agli art. 192 c.p.p., comma 3, e art. 210 c.p.p Lamenta il ricorrente che il giudice d’appello non ha tenuto conto dei fatto che la persona offesa era imputata dello stesso delitto di cui all’art. 582 c.p., nell’ambito di un diverso procedimento successivamente riunito al presente. Censura che la sig.ra C. è stata sentita senza gli avvertimenti di legge, con conseguente inutilizzabilità della sua testimonianza, la quale ò non avrebbe potuto essere considerata come unica fonte di prova per affermare la sua penale responsabilità. 2.2. Con il secondo motivo è stato dedotto il vizio di motivazione nonché il travisamento della prova su punti decisivi della controversia. Ribadisce che i giudici di merito avevano fondato la sua responsabilità sulle dichiarazioni della persona offesa che era imputata in un procedimento reciproco rispetto al presente, con la conseguenza che la sua deposizione avrebbe dovuto essere valutata secondo i criteri di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3. 2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione agli artt. 157 e 161 c.p.p., in relazione all’erroneo calcolo della prescrizione. Tenuto conto che il fatto di cui all’imputazione è stato commesso in data 18.5.2009, al momento della pronuncia della sentenza di secondo grado 13.10.2017 , il termine di prescrizione era abbondantemente trascorso. Contesta i periodi di sospensione della prescrizione indicati dal giudice di secondo grado, atteso che nessuna richiesta di rinvio per impedimento del difensore o dell’imputato è stata svolta dalla difesa. Non vi sono provvedimenti formali di sospensione del giudice di prime cure. Né potrebbero valere, a tal fine, le richieste di rinvio svolte dalla C. come imputata e non come persona offesa o i rinvii richiesti dalle parti nel tentativo di trovare un accordo conciliativo. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è fondato. Va preliminarmente osservato che il Supremo Collegio di questa Corte ha recentemente statuito che, in tema di prova testimoniale, il mancato avvertimento di cui all’art. 64 c.p.p., comma 3, lett. c , all’imputato di reato connesso o collegato a quello per cui si procede, che avrebbe dovuto essere esaminato in dibattimento ai sensi dell’art. 210 c.p.p., comma 6, determina la inutilizzabilità della deposizione testimoniale resa senza garanzie. Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015 - dep. 29/07/2015, Lo Presti e altri, Rv. 26447901 . Il Supremo Collegio ha ritenuto che l’osservanza delle formalità richieste dall’art. 64 c.p.p., comma 3, lett. c , per l’audizione dell’imputato di reato connesso ex art. 12, comma 1, lett. c , o collegato ex art. 371 c.p.p., comma 2, lett. b , è posta, peraltro, non a tutela dell’interrogato, ma delle persone coinvolte dalle dichiarazioni, protette nel loro diritto a non essere accusati da una persona che non è stata avvertita della responsabilità che scaturirà dalle sue dichiarazioni . Né tale disciplina può essere derogata nei caso, come quello di specie, in cui i procedimenti pendenti a carico di soggetti imputati di reati commessi in danno in danno reciproco nei quali ciascuno di essi assume contemporaneamente la qualità di persona offesa ne procedimento collegato , siano riuniti in un unico procedimento. Se è pur vero che, in una tale situazione, ciascun imputato, in sede di esame, non ha l’obbligo di dire la verità con riferimento alla propria posizione processuale, tuttavia, in ordine ai fatti che riguardano la responsabilità di altri, a norma dell’art. 210 c.p.p., comma 6 - che richiama l’art. 64, comma 3, lett. c , in ipotesi di mancanza di precedenti dichiarazioni concernenti la responsabilità altrui - ove non si avvalga della facoltà di non rispondere, assume l’ufficio di testimone, con le conseguenti responsabilità in caso di dichiarazioni mendaci. È proprio in questa prospettiva che si rende necessario l’avviso ex art. 64 c.p.p., comma 3, lett. c , ovvero allo scopo di evitare che un imputato possa essere condannato sulla base delle dichiarazioni rese da un soggetto - l’imputato di reato connesso o collegato ex art. 371, comma 2, lett. c - che, non essendo stato avvisato , è, come tale, irresponsabile. Nel caso di specie, dall’esame degli atti del procedimento - attività consentita a questa Corte, che è giudice anche dei fatto per le questioni processuali - non risulta che durante il dibattimento di primo grado, la signora C.M.P. , che rivestiva contemporaneamente la qualità imputata e persona offesa, sia stata avvisata ex art. 64 c.p.p., comma 3, lett. c . Ne consegue che le dichiarazioni accusatorie rese dalla medesima nei confronti dell’imputato - decisive ai fini dell’accertamento della sua penale responsabilità - sono inutilizzabili. 2. Il secondo motivo è assorbito. 1. Il terzo motivo è infondato. Va osservato che, per effetto di due rinvii disposti per l’astensione degli avvocati da ogni attività professionale vedi pag. 3 sentenza impugnata ed altri rinvii su accordo delle parti, si sono verificati complessivamente 960 giorni di sospensione della prescrizione, che comportano lo spostamento del maturarsi della prescrizione al 6 luglio 2019. In proposito, è orientamento consolidato di questa Corte che, in tema di sospensione della prescrizione, il limite di sessanta giorni previsto dall’art. 159 c.p., comma 1, n. 3, non sì applica nel caso in cui il differimento dell’udienza sia determinato dalla scelta del difensore di aderire alla manifestazione di protesta indetta dalle Camere penali, con la conseguenza che, in tal caso, il corso della prescrizione può essere sospeso per il tempo, anche maggiore di sessanta giorni, ritenuto adeguato in relazione alle esigenze organizzative dell’Ufficio procedente. Sez. 3, n. 11671 del 24/02/2015 - dep. 20/03/2015, Spignoli, Rv. 26305201 . Quanto ai rinvii, su accordo delle parti, è parimenti giurisprudenza costante di questa Corte che il rinvio dei processo disposto non solo su istanza dell’imputato, ma anche in caso di accordo tra le parti, comporta la sospensione del termine di prescrizione per tutta la durata del rinvio Sez. 6, n. 51912 del 17/10/2017 v. 271561, sez. 5, n. 26449 del 13/04/2017, Rv. 270539 . Non sussistendo quindi i presupposti per la declaratoria di prescrizione, deve quindi annullarsi la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania, in diversa composizione, per un nuovo giudizio. A norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, deve disporsi l’oscuramento dei dati identificativi delle parti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania, in diversa composizione, per un nuovo giudizio. Dispone l’oscuramento dei dati identificativi.