Prelievo illegittimo del mandatario sul conto corrente del mandante. Furto o appropriazione indebita?

È responsabile del delitto di appropriazione indebita il mandatario che, violando gli ordini a lui impartiti, si appropri del denaro ricevuto utilizzandolo per procurarsi un ingiusto profitto, dunque per scopi diversi ed estranei agli interessi del mandante.

Sul tema gli Ermellini con la sentenza n. 5436/19, depositata il 4 febbraio. Il caso. Un conto corrente, un intestatario e una persona delegata per iscritto ad operare sul medesimo conto. La delegata intenzionata a procurarsi un ingiusto profitto, disponendo di due bonifici a proprio favore e operando sul conto corrente in considerazione, si impossessava della somma complessiva di 49.000 euro. Condotta che secondo la Corte d’Appello rendeva la delegata responsabile del reato di cui all’art. 624 c.p. Furto con l’aggravante ex art. 61, n. 5, c.p. per aver agito profittando di circostanze di tempo, di luogo e di persona tali da ostacolare la privata difesa. L’imputata ricorre in Cassazione contestando la qualificazione giuridica che i Giudici del riesame hanno attribuito alla sua condotta. Appropriazione indebita. Il Supremo Collegio rammenta che commette il delitto di cui all’art. 646 c.p. il mandatario che, violando le disposizioni impartitegli dal mandante, si appropri del denaro ricevuto utilizzando a propri fini e, quindi, per scopi diversi estranei agli interessi del mandante . Ne consegue che, è configurabile il reato di appropriazione indebita a carico del cointestatario di un conto corrente bancario laddove il cointestatario facoltizzato a svolgere autonome operazioni, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, disponga in proprio favore della somma in deposito in misura eccedente la quota parte da considerarsi di sua pertinenza in base al criterio stabilito dagli artt. 1298 e 1854 c.c. secondo cui le parti di ciascun concreditore solidale si presumono, fino a prova contraria, uguali . In conclusione la S.C., riqualificando il reato come appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art. 61, n. 5, c.p., annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 4 dicembre 2018 – 4 febbraio 2019, n. 5436 Presidente Fumu – Relatore Tornesi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 25 gennaio 2018 la Corte di appello di Reggio Calabria confermava la pronuncia con la quale il Tribunale di Reggio Calabria dichiarava M.M. responsabile del reato ascritto e la condannava alla pena ritenuta di giustizia. 1.1. Alla predetta imputata veniva contestato il reato di cui all’art. 624 c.p., art. 61 c.p., nn. 5 e 7, perché, quale delegata di B.C. ad operare sul proprio conto corrente presso la Banca popolare del Mezzogiorno - agenzia di omissis - per procurarsi un ingiusto profitto pari alla somma sottratta, si impossessava della somma complessiva di Euro 49.000 disponendo due bonifici a proprio favore uno dell’importo di Euro 45.000 accreditato sul conto corrente della propria ditta individuale . Con l’aggravante di avere agito profittando di circostanze di tempo, di luogo e di persona tali da ostacolare la provata difesa ex art. 61 c.p., n. 5 e, nella specie, approfittando del ricovero della B. per subire un intervento. Con l’aggravante di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità ex art. 61 c.p., n. 7. Fatti commessi tra il omissis . 2. M.M. , a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza elevando due motivi. 2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di violazione di legge contestando la correttezza della qualificazione giuridica attribuita alla sua condotta, così come contestata nella imputazione, nel reato di cui all’art. 624 c.p. e art. 61 c.p., nn. 5 e 7. 2.2. Con il secondo motivo denuncia il vizio motivazionale rappresentando che la peculiare veste della persona offesa B.C. , costituitasi parte civile, doveva necessariamente incidere sulla valutazione della attendibilità del suo narrato, e ciò tanto più in ragione delle contraddizioni in cui è incorsa. Lamenta che è stata omessa la valutazione delle prove a discarico che comprovavano lo spirito di liberalità che animava la B. . 2.3. Conclude chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso con il quale viene sollevata la questione dell’esatta qualificazione giuridica della condotta contestata a M.M. è fondato. 1.1. Ed invero, per come indicato nel capo di imputazione, ed accertato nel corso dei giudizi di merito, M.M. è stata delegata per iscritto dalla parte civile ad operare sul conto corrente bancario di quest’ultima e, pertanto, ha agito nella qualità di possessore in quanto le è stato concesso di disporre della cosa al di fuori della sfera di sorveglianza di quest’ultima. La fattispecie di reato contestato va pertanto riqualificata in quella appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 5 e n. 7. Si rammenta al riguardo che, secondo la giurisprudenza di legittimità, commette il delitto di cui all’art. 646 c.p. il mandatario che, violando le disposizioni impartitegli dal mandante, si appropri del denaro ricevuto utilizzando per propri fini e, quindi, per scopi diversi ed estranei agli interessi del mandante Sez. 2, n. 50156 del 25/11/2015, Rv. 265513 . Ed ancora, è configurabile il reato di appropriazione indebita a carico del cointestatario di un conto corrente bancario il quale, pur se facoltizzato a compiere operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, della somma in deposito in misura eccedente la quota parte da considerarsi di sua pertinenza in base al criterio stabilito dagli artt. 1298 e 1854 c.c. secondo cui le parti di ciascun concreditore solidale si presumono, fino a prova contraria, uguali Sez. 2, n. 16655 del 20/04/2010, Rv. 247024 . 2.Il secondo motivo è infondato. Le censure tendono ad affermare una diversa lettura delle emergenze istruttorie e una ricostruzione del fatto alternativa rispetto a quella fatta propria dalla Corte distrettuale che non è consentita in questa sede, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali. Spetta infatti al giudice di merito il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova circa la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti, fatto salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, Rv. 271623 . Ed invero, la previsione contenuta nell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche da altri atti del processo purché specificamente indicati nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo del giudice di legittimità - il cui compito non è quello di ripetere l’esperienza conoscitiva del giudice di merito - bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a dimostrare l’incompiutezza strutturale della motivazione della corte di merito incompiutezza che derivi dal non aver tenuto presente, la Corte distrettuale, fatti decisivi, di rilievo dirompente dell’equilibrio della decisione impugnata Sez. 6, n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989 . Tenendo conto dei principi sin qui rammentati, deve concludersi che, nel caso di specie, le argomentazioni poste a base delle censure sopra esaminate e gli atti del processo evocati nel ricorso non valgono a scalfire la congruenza logica del complesso motivazionale impugnato, alla quale il ricorrente ha inteso sostituire una sua visione alternativa delle risultanze probatorie acquisite. 2.1. Ed invero la Corte distrettuale, nel respingere le censure difensive tese a stigmatizzare l’attendibilità di B.C. , argomentava ampiamente al riguardo rappresentando che il suo narrato non risultava animato da alcun sentimento di risentimento, di astio o di vendetta e si presentava, invece, spontaneo, logico e coerente. Veniva in proposito sottolineato che la B. , con un linguaggio semplice, spesso in dialetto aveva ricostruito con chiarezza lo sviluppo della vicenda fornendo chiarimenti sui rapporti di fiducia che la legavano all’imputata, anche in considerazione dei rapporti di vicinato che l’avevano indotta essendo vedova ed avendo solo parenti in America a rilasciarle una delega affinché provvedesse a riscuotere soldi ogni qualvolta ne avesse avuto necessità e non si fosse potuta recare in banca personalmente. La stessa precisava fermamente di non avere mai autorizzato il trasferimento dei suoi risparmi sul conto corrente della M. che peraltro, per come risultava da riscontri di natura documentale, erano stati effettuati, a sua insaputa, nel periodo in cui la B. era ricoverata in ospedale per un intervento chirurgico e, immediatamente dopo, venivano fatti transitare sul conto corrente del figlio. Osservava inoltre la Corte, con argomentazioni congrue, che nel descritto contesto la generica affermazione esternata dalla B. in qualche occasione, di voler donare i suoi averi alla M. , sulla quale avevano riferito i testi della difesa non giustificava in alcun modo la condotta posta in essere dalla M. . 3. Va dunque dichiarata la irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità nei confronti della M. per il reato di appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 5 e n. 7. La sentenza impugnata va annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio in quanto la sua rideterminazione implica valutazioni di merito, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio sul punto. P.Q.M. Riqualificato il reato come appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 5 e n. 7 annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio sul punto. Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità.