Annullato il sequestro preventivo per la commercializzazione di cannabis “light”

La l. n. 242/2016 stabilisce che la coltivazione delle varietà di canapa, in essa considerate, non è reato ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990 ed è consentita senza necessità di autorizzazione.

Sul tema è tornata la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 4920/19, depositata il 31 gennaio. La vicenda. Il Tribunale rigettava l’istanza di riesame proposta dall’imputato contro il sequestro preventivo di piante di cannabis da lui messe in commercio. Il difensore dell’imputato ricorre per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza del Tribunale poiché considera lecita la commercializzazione di infiorescenze di piante nate da semi rientranti nelle categorie previste dalla l. n. 242/2016, perché escluse dall’ambito di applicazione del d.P.R. n. 309/1990. La coltivazione e la commercializzazione della canapa. La l. n. 242/2016 contiene disposizioni per la promozione della coltivazione della filiera agroindustriale della canapa, indicando due diversi limiti di THC quello dello 0,2% e quello dello 0,6% e sembra essere non lo 0,2% ma lo 0,6% è la percentuale di THC al di sotto del quale la sostanza non è considerata dalla legge come produttiva di effetti stupefacenti giuridicamente rilevanti. La suddetta legge stabilisce che la coltivazione delle varietà di canapa, considerate in essa, non è reato ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990 ed è consentita senza necessità di autorizzazione. In particolare, il coltivatore non è obbligato a comunicarne l’inizio alla Polizia giudiziaria, ma solo a conservare i cartellini della semente e le fatture di acquisto. Inoltre, se all’esito dei controlli il contenuto complessivo di THC nella coltivazione risulti superiore allo 0,2% e entro il limite dello 0,6% non è prevista nessuna responsabilità per l’agricoltore. Ed il sequestro, prosegue la Suprema Corte, può essere disposto dall’autorità giudiziaria solo se da un accertamento effettuato risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6% e anche in tal caso è esclusa la responsabilità dell’agricoltore . Per quanto riguarda la commercializzazione, come per l’agricoltore così anche per il commerciante, nel caso di sequestri dei prodotti a causa del superamento del limite dello 0,6% è esclusa la responsabilità penale e è ammissibile, dunque, solo il sequestro in via amministrativa. Venendo meno, pertanto, il fumus delicti , è esclusa la sussistenza dei presupposti in ordine al sequestro preventivo disposto e l’ordinanza impugnata deve essere annullata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 29 novembre 2018 – 31 gennaio 2019, numero 4920 Presidente Fidelbo – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 12/07/2018, il Tribunale di Macerata ha rigettato l’istanza di riesame proposta da C.L. contro il sequestro preventivo di infiorescenze di cannabis da lui messe in commercio. Il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus in relazione al reato di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, art. 73, comma 4, escludendo che la L. 3 dicembre 2016, numero 242, intitolata Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa , invocata dal ricorrente, deroghi alla disciplina penale in materia di stupefacenti. In particolare, i giudici del riesame hanno sostenuto che sebbene la legge citata si ponga in rapporto di specialità rispetto alla disciplina generale in tema dei detenzione e cessioni di sostanze stupefacenti contenuta nel D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, non possa derogarvi in quanto non riguarda scopi ricreativi o voluttuari, regolamentando soltanto le coltivazioni di canapa delle varietà ammesse ex art. 17 direttiva 2005/53/CE del Consiglio del 13 giugno 2002, non rientranti nell’ambito di applicazione del D.P.R. numero 309 del 1990 e riferendosi esclusivamente alle condotte dell’agricoltore. 2. Nel ricorso presentato dal difensore di C. si chiede l’annullamento dell’ordinanza assumendo che sia lecita la commercializzazione di infiorescenze di piante sviluppatesi da semi rientranti nelle categorie previste dalla L. numero 242 del 2016, perché escluse dall’ambito di applicazione del D.P.R. numero 309 del 1990. 2.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono violazione del D.P.R. numero 309 del 1990 e, correlativamente, erronea interpretazione della L. numero 242 del 2016. Si assume la contraddittorietà dell’ordinanza impugnata là dove afferma che tale legge costituirebbe normativa speciale ma non derogante rispetto alla disciplina penalistica in materia di stupefacenti e dove sostiene che la commercializzazione al dettaglio dei prodotti derivanti dalla coltivazione della canapa industriale non rientrerebbe fra le previsioni di tale legge. Inoltre, si osserva che il mancato inserimento del commercio di infiorescenze nell’elenco delle attività lecite, contenuto nell’art. 2 della legge, non esclude che esso sia lecito, se vengono rispettati i limiti alla percentuale di THC fissati dalla legge non oltre lo 0,6% , perché sarebbe incongruo non estendere le guarentigie previste per la produzione delle infiorescenze alla fase della commercializzazione alla quale il frutto della coltivazione perviene senza alcuna modifica trascurando, peraltro, che la circolare ministeriale numero 70 del 22/05/2018 tratta del commercio delle infiorescenze prodotte da piante sviluppatesi da semi esclusi dalla disciplina del D.P.R. numero 309 del 1990. Quanto agli esiti della analisi dei campioni, che rivelano il superamento della soglia dello 0,6%, si osserva che si tratta, comunque, di infiorescenze di piante prodotte con semi appartenenti alle categorie previste dalla direttiva UE, diverse da quelle considerate nel D.P.R. numero 309 del 1990, evidenziando che, in concreto, il principio attivo rinvenuto nei campioni esaminati non supera mg. 25 di THC e quindi il limite 0,5% oltre il quale, secondo la giurisprudenza, il THC è ritenuto drogante. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione nella apodittica affermazione della illiceità del commercio di inflorescenze di canapa legale a scopi voluttuari o ricreativi. 2.3. Con il terzo motivo si deducono erronea applicazione della L. numero 242 del 2016, art. 4, commi 5 e 7, anche in relazione al D.P.R. numero 309 del 1990, art. 73, comma 4, e vizio di motivazione si sostiene che dalla L. numero 242 del 2016, art. 4, comma 7, si deve desumere che se la coltivazione si fonda su semi certificati non vi è mai responsabilità penale anche se si supera la soglia di massima tolleranza 0,6% inoltre, si evidenzia che non è stato effettuato l’accertamento genetico sui semi usati per la coltivazione. Considerato in diritto 1. L’esame del ricorso richiede una preliminare analisi dei rapporti logico-giuridici fra i dati normativi costituiti dalle disposizioni contenute nel D.P.R. numero 309 del 1990, con le sue successive modifiche, e dalla L. numero 242 del 2016, con riferimento ai profili relativi alla commercializzazione delle infiorescenze della cannabis sativa. 1.1. Il D.P.R. numero 309 del 1990, intitolato Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza , rappresenta un micro-ordinamento complesso, al cui interno soltanto una porzione è dedicata alla Repressione delle attività illecite Titolo 8, artt. 72-86 . La L. numero 242 del 2016 contiene le Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa , pianta la cui coltivazione è consentita già dal D.P.R. numero 309 del 1990, art. 26 - seppure esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi da quelli di cui all’art. 27, consentiti dalla normativa dell’Unione Europea - che pone il divieto per le coltivazioni indicate nel D.P.R. numero 309 del 1990, art. 14. Dai contenuti dei lavori preparatori si evince che la L. numero 242 del 2016 è mossa dalla ratio di promuovere e diffondere, nel sistema produttivo italiano, l’uso della canapa in particolare, della canapa sativa L. , delineando molteplici settori in cui la stessa può essere impiegata il legislatore del 2016 ha voluto ricreare le condizioni per far ripartire la filiera nazionale della canapa, la cui coltivazione è considerata necessaria per un ulteriore incremento del settore primario. Nella relazione alla proposta di legge si precisa che si è voluto anche evitare che i coltivatori rischino gli effetti procedimenti penali con onerose spese legali, sequestri o distruzioni o, comunque, perdite dei raccolti di accertamenti eseguiti con procedure di prelievo e di esame contrastanti con le norme Europee sulla determinazione della percentuale di THC nelle coltivazioni. In effetti, il legislatore non ha promosso solo la coltivazione, ma espressamente l’intera filiera agroindustriale della canapa. 1.2. Deve rilevarsi che la L. numero 242 del 2016, art. 1, comma 2, - legge che è posteriore al D.P.R. numero 309 del 1990 - precisa che essa si applica alle coltivazioni di canapa delle varietà ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, le quali non rientrano nell’ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 . Tale disciplina non si limita a dettare norme afferenti al titolo 3 del D.P.R. del 1990 che già nel capo I, all’art. 26 prevedeva una esenzione della coltivazione della canapa per la produzione di fibre o altri usi industriali dalle coltivazioni e produzioni vietate, ma espressamente colloca la coltivazione della varietà di canapa di cui tratta al di fuori dell’ambito di applicazione dell’intero D.P.R 2. La cannabis è una pianta, non è un’unica sostanza chimica. Ogni pianta di cannabis contiene sia il chemiotipo CBD cannabidiolo , che viene utilizzato per usi agroindustriali e terapeutici sia il chemiotipo THC delta-9-tetraidrocannabinolo , che caratterizza le varietà destinate a produrre inflorescenze con effetto stupefacente o medicamenti. La marijuana è costituita dalle infiorescenze delle piante femminili della cannabis contenenti il principio attivo THC, essiccate per il fumo, dalle quali si può ricavare anche una resina denominata hashish. 2.1. Il legislatore italiano si è interessato tardivamente della coltivazione della canapa come fonte di sostanze stupefacenti perché le un tempo estese colture della pianta erano destinate alla produzione industriale mentre i prodotti contenenti THC provenivano dall’estero già pronti per essere usati a fini stupefacenti. La prima disciplina italiana degli stupefacenti L. 18 febbraio 1923, numero 396 indicò tra le droghe vietate solo gli oppiacei e la cocaina punendone il commercio, non anche la coltivazione il codice penale del 1930 trattò i reati In materia di stupefacenti ma non fornì criteri per individuare le sostanze vietate e non si interessò alla coltivazione. La L. 22 ottobre 1954, numero 1041 pur vietando la coltivazione del papaver somniferum e di altre piante dalle quali si possono ricavare sostanze comprese nell’elenco degli stupefacenti non menzionò espressamente la canapa. Dopo che la produzione della canapa a fini industriali fu quasi scomparsa mentre la marijuana era divenuta oggetto di un consumo di massa la L. 22 dicembre 1975, numero 685, art. 26 vietò la coltivazione anche della canapa indiana se non, previa autorizzazione, per scopi scientifici, sperimentali o didattici ma, come suindicato, successivamente già nel D.P.R. numero 309 del 1990, art. 26 il ha escluso la coltivazione della canapa per la produzione di fibre o altri usi industriali dalle coltivazioni e produzioni vietate. 2.2. La L. numero 242 del 2016 mira a promuovere la coltivazione e la filiera agroindustriale della canapa e indica due diversi limiti di THC. Quello dello 0,2% - posto nella disposizione su controlli e sanzioni art. 4 e in nessuna altra parte della legge - ha la sua chiara ragione nella normativa sovranazionale costituita dal Regolamento CE numero 73/2009 del Consiglio del 19 gennaio 2009, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori . e prevede il pagamento corrisposto direttamente agli agricoltori nell’ambito di uno dei regimi di sostegno . Nel titolo III regime di pagamento unico di questo provvedimento, si disciplina dell’aiuto economico corrisposto agli agricoltori in proporzione agli ettari utilizzati per l’attività agricola definiti ettari ammissibili , all’art. 39 uso dei terreni per la produzione di canapa prevedendo che le superfici utilizzate per la produzione di canapa sono ammissibili nel senso di ammesse al regime di sostegno economico diretto solo se le varietà coltivate hanno un tenore di tetraidrocannabinolo non superiore allo 0,2% . Al comma 2 si prevede che . la concessione di pagamenti è subordinata all’uso di semente certificate di determinate varietà . Nel titolo 4 altri regimi di aiuto , capitolo 1 regimi di aiuto comunitari Sezione 5 aiuto alle sementi art. 87, comma 4, si prevede che le varietà di canapa cannabis sativa L. per le quali deve essere versato l’aiuto alle sementi di cui al presente articolo sono determinate secondo la procedura di cui all’art. 141, par. 2 . La ragione della presenza di queste disposizioni particolari per la canapa come, del resto, ve ne sono per altri prodotti agricoli e allevamenti secondo le rispettive specificità è dichiarata nel preambolo È inoltre opportuno adottare misure specifiche per la canapa, per evitare che siano erogati aiuti a favore di colture illecite . A questo scopo è stato previsto il doppio limite 0,2% e 0,6% contenuto nella L. numero 242 del 2016, art. 4, che fa riferimento a controlli e sanzioni senza, però, definire queste ultime. La normativa Europea, che ovviamente non potrebbe incidere in alcun modo sulla normativa penale interna, ha risolto il problema della possibile commistione tra canapa proveniente da colture lecite e canapa con possibili effetti stupefacenti fissando un tenore massimo di THC quale limite per gli aiuti economici a favore degli agricoltori. La L. numero 242 prevede i controlli, prendendo atto che dal superamento della percentuale del limite di THC dello 0,2% - determinato, fra l’altro, proprio secondo le modalità di cui al predetto regolamento comunitario oltre che del D.L. 24 giugno 21014 numero 91/2014, relativo a controlli ispettivi di tipo amministrativo sulle imprese agricole consegue la perdita dei benefici economici. Ma prevede espressamente, con l’ultimo comma dell’articolo 4, che sino alla diversa misura dello 0,6% di THC, la coltivazione di canapa da semente autorizzata è conforme a legge. In altri termini, non lo 0,2%, ma lo 0,6% è la percentuale di THC al di sotto del quale la sostanza non è considerata dalla legge come produttiva di effetti stupefacenti giuridicamente rilevanti. 3. La L. numero 242 del 2016 attesta che la coltivazione delle varietà di canapa, nella stessa considerate, non è reato D.P.R. numero 309 del 1990, ex art. 73 e viene consentita senza necessità di autorizzazione il coltivatore non ha l’obbligo di comunicarne l’inizio alla Polizia giudiziaria, ma solo di conservare i cartellini della semente e le fatture di acquisto, e se all’esito dei controlli - che vanno effettuati secondo il metodo prescritto dalla vigente normativa dell’Unione Europea e nazionale di recepimento L. numero 242 del 2016, art. 4, comma 6 - il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 % e entro il limite dello 0,6 % nessuna responsabilità è prevista per l’agricoltore che ha rispettato le prescrizioni L. numero 242 del 2016, art. 4, comma 5 . Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla legge possono essere disposti dall’autorità giudiziaria solo se, da un accertamento - effettuato secondo il metodo di cui al comma 3 - risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento e anche in questo caso è esclusa la responsabilità dell’agricoltore L. numero 242 del 2016, art. 4, comma 7 . La L. numero 242 del 2016 indica le finalità per le quali la coltivazione della canapa è consentita o, meglio, per le quali è promossa, ma non tratta della commercializzazione della canapa oggetto della coltivazione. Tuttavia, risulta del tutto ovvio che la commercializzazione sia consentita per i prodotti della canapa oggetto del sostegno e della promozione , espressamente contemplati negli artt. 2 e 3 della legge e, in particolare, fra gli altri i semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali , alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori , semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico , destinazioni al florovivaismo . Deve sottolinearsi come si faccia riferimento alla produzione dei beni e non alla loro commercializzazione, questo mostra che la legge è diretta ai produttori e alle aziende di trasformazione e non cita i passaggi successivi semplicemente perché non li deve disciplinare. Si tratta di una legge di sostegno e . promozione della produzione, nella quale - quindi - il riferimento alla tipologia di uso non comporta che siano di per sé vietati altri usi non menzionati. Peraltro, deve registrarsi che la Circolare del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo del 22 maggio 2018 numero 70, ha ricondotto le infiorescenze lett. g , alla categoria del florovivaismo così considerando lecito il loro commercio. 4. Con riferimento al sequestro in esame, la questione che sorge è se la commercializzazione possa riguardare anche la vendita al dettaglio delle infiorescenze già materialmente oggetto della vendita all’ingrosso concernente i prodotti sopra considerati , contenenti il THC nei limiti, fissati dalla L. numero 242 del 2016 e il CBD che non ha effetti stupefacenti e mitiga quelli dell’altro principio chimico per fini connessi all’uso che l’acquirente riterrà di farne e che potrebbero riguardare l’alimentazione infusi, the, birre , la realizzazione di prodotti cosmetici - entrambi usi espressamente considerati dalla L. numero 242 del 2016 - e anche il fumo. 4.1. Si è sostenuto che la liceità della cannabis è circoscritta alla sua coltivazione e alla destinazione dei prodotti coltivati entro l’alveo delle previsioni esplicite contenute nella L. numero 242 del 2016. Le disposizioni di questa legge che consentono, a certe condizioni, la coltivazione di cannabis, sono ritenute norma eccezionale e sicuramente non estensibili analogicamente alle altre condotte disciplinate dal D.P.R. numero 309 del 1990 tra le quali la vendita e la detenzione per il commercio. Da questo assunto, si conclude che la presenza di un principio attivo sino allo 0.6% è consentita solo per i coltivatori non anche per chi commerci i prodotti derivati dalla cannabis Sez. 6, numero 56737 del 27/11/2018, Ricci Sez. 6, numero 52003 del 10/10/2018, Moramarco Sez. 4, numero 34332 del 13/06/2018, Durante . Tuttavia, la configurazione della intera legge numero 242/2016 come norma eccezionale rispetto al D.P.R. numero 309 del 1990, non estensibile analogicamente, non appare appropriata perché non vengono in rilievo rapporti normativi in termini di regola-eccezione, ma emerge il configurarsi di un microsettore normativo in radice autonomo per la cannabis proveniente dalle coltivazioni consentite. In ogni caso, questa interpretazione non è nutrita da una precisazione delle composite rationes che reggono il D.P.R. numero 309 del 1990 e da una valutazione del loro rapporto con la ratio della L. numero 242 del 2016, né si confronta con le potenziali implicazioni sistematiche della portata normativa della L. numero 242 del 2016, art. 1, comma 2, che esclude le coltivazioni di canapa delle varietà ammesse dall’ambito di applicazione dell’intero D.P.R. numero 309 del 1990. Cosi come assertivamente espressa, la tesi appare una petizione di principio che trascura che è nella natura dell’attività economica che i prodotti della filiera agroindustriale della canapa che la legge espressamente mira a promuovere siano commercializzati e che, in assenza di specifici dati normativi non emergono particolari ragioni per assumere che il loro commercio al dettaglio debba incontrare limiti che non risultano posti al commercio all’ingrosso. 4.2. Questo Collegio ritiene che sia possibile una diversa interpretazione peraltro presente nella giurisprudenza di merito cfr., Tribunale di Ancona, 27/07/2018 Tribunale di Rieti 26/07/2018 Tribunale di Macerata 11/07/2018 Tribunale di Asti, 4/07/2018 e in dottrina - secondo cui la liceità della commercializzazione dei prodotti della predetta coltivazione e, in particolare, delle infiorescenze costituirebbe un corollario logico-giuridico dei contenuti della L. numero 242 del 2016 in altri termini, dalla liceità della coltivazione della cannabis alla stregua della legge numero 242/2016, deriverebbe la liceità dei suoi prodotti contenenti un principio attivo THD inferiore allo 0.6 %, nel senso che non potrebbero più considerarsi ai fini giuridici , sostanza stupefacente soggetta alla disciplina del D.P.R. 309 del 1990, al pari di altre varietà vegetali che non rientrano tra quelle inserite nelle tabelle allegate al predetto d.P.R La questione va inquadrata nel corretto rapporto fra i principi fondamentali dell’ordinamento che considera le norme incriminatrici come tassative eccezioni rispetto alla generale libertà di azione delle persone per cui eventuali ridimensionamenti delle loro portate normative non costituiscono eccezioni norme eccezionali non estensibili analogicamente per il divieto posto dall’art. 14 preleggi ma fisiologiche riespansioni ben estensibili analogicamente delle libertà individuali, che nel nostro sistema normativo non sono funzionalizzate a differenza di quel che vale per altre concezioni del rapporto Stato-individuo a scopi pubblici e restano espressioni individuali della persona, salvi i limiti previsti dall’art. 42 Cost. per l’iniziativa economica privata. Riconosciuto questo, la questione da porsi non è se il commercio della cannabis proveniente dalle coltivazioni lecite senza necessità di autorizzazione esuli dalla disciplina delle norme incriminatrici dettata nel D.P.R. numero 309 del 1990, ma se questa disciplina possa riguardare la commercializzazione di prodotti dei quali è riconosciuta la liceità se la loro natura non deborda dai limiti fissati dalla L. numero 242 del 2016 . Né il D.P.R. numero 309 del 1990 né inesistenti fonti normative primarie successive alla L. numero 242 del 2016 presentano contenuti che consentano di affermare questa conclusione. Ne deriva che, per la questione in esame, vale il principio generale secondo il quale la commercializzazione di un bene che non presenti intrinseche caratteristiche di illeceità deve, in assenza di specifici divieti o controlli preventivi previsti dalla legge, ritenersi consentita nell’ambito del generale potere agere licere delle persone di agire per il soddisfacimento dei loro interessi facultas agendi . La fissazione del limite dello 0,6% di THC entro il quale l’uso delle infiorescenze della cannabis proveniente dalle coltivazioni contemplate dalla L. numero 242 del 2016 è lecito, rappresenta l’esito di quello che il legislatore ha considerato un ragionevole equilibrio fra le esigenze precauzionali relative alla tutela della salute e dell’ordine pubblico e le in pratica inevitabili conseguenze della commercializzazione dei prodotti delle coltivazioni. 5. Su queste basi, se il rivenditore di infiorescenze di cannabis provenienti dalle coltivazioni considerate dalla L. numero 242 del 2016 è in grado di documentare la provenienza lecita della sostanza, il sequestro probatorio delle infiorescenze, al fine di effettuare successive analisi, può giustificarsi solo se emergono specifici elementi di valutazione che rendano ragionevole dubitare della veridicità dei dati offerti e lascino ipotizzare la sussistenza di un reato D.P.R. 309 del 1990, ex art. 73, comma 4. Invece, è sempre possibile, sul piano del diritto amministrativo, che gli organi di polizia prelevino soltanto campioni per non compromettere le esigenze economiche del venditore delle infiorescenze per verificare, con forme analoghe a quelle stabilite dalla L. numero 242 del 2016, art. 4, il superamento del tasso soglia di 0.6% di THC, dal quale possono derivare sia la non ammissibilità della coltivazione sia il sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. dell’intera sostanza detenuta dal commerciante. 6. La posizione di chi sia trovato dagli organi di polizia in possesso di sostanza che risulti provenire dalla commercializzazione di prodotti delle coltivazioni previste dalla L. numero 242 del 2016 è quella di un soggetto che fruisce liberamente di un bene lecito. Questo comporta che la percentuale dello 0,6% di THC costituisce il limite minimo al di sotto del quale i possibili effetti della cannabis non devono considerarsi psicotropi o stupefacenti secondo un significato che sia giuridicamente rilevante per il D.P.R. numero 309 del 1990. Dalla piena legittimità dell’uso della cannabis proveniente dalle coltivazioni lecite deriva che il suo consumo non costituisce illecito amministrativo D.P.R. numero 309 del 1990, ex art. 75, a meno che non emerga che il prodotto sia stato in qualche modo alterato e che di questa condizione chi lo detenga per cederlo sia consapevole. Questa conclusione non conduce, per altro verso, a un automatismo per il quale dal superamento dello 0,6 % di THC nella sostanza detenuta derivi immediatamente una rilevanza penale della condotta, che, invece, andrà comunque - ricostruita e valutata secondo i vigenti parametri di applicazione del D.P.R. numero 309 del 1990. Vale al riguardo evidenziare che il D.P.R. numero 309 del 1990, art. 14, al quale rimanda il D.P.R. numero 309 del 1990, art. 73, non prevede lett. a che nella tabella I siano indicati la cannabis e il suo principio attivo tetraidrocannabinolo , ma soltanto, in termini generali nnumero 4 e 7 , che vi sia indicata ogni sostanza che produca effetti sul sistema nervoso centrale ed abbia capacità di determinare dipendenza fisica o psichica dello stesso ordine o di ordine superiore a quelle precedentemente indicate oppio, coca, anfetamine e ogni pianta o sostanza naturale o sintetica che possa provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali e tutte le sostanze ottenute per estrazione o per sintesi chimica che provocano la stessa tipologia di effetti a carico del sistema nervoso centrale . Dovranno, pertanto, ordinariamente provarsi le condizioni e i presupposti per la sussistenza del reato, compreso il superamento della soglia drogante e, ovviamente, la consapevolezza del consumatore un reato D.P.R. numero 309 del 1990, ex art. 73 può configurarsi solo se si dimostra con certezza, che il principio attivo contenuto nella dose destinata allo spaccio, o comunque oggetto di cessione, è di entità tale da potere concretamente produrre un effetto drogante Sez. 6, numero 8393 del 22/01/2013, Cecconi, Rv. 254857 Sez. 6, numero 6928 del 13/12/2011, dep. 2012, Choukrallah, Rv. 252036 Sez. 4, numero 6207 del 19/11/2008, dep. 2009, Stefanelli, Rv. 242860 . 7. Invece, è nel trattare della tabella 2 che il D.P.R. numero 309 del 1990, art. 14, comma 1, lett. b si occupa della cannabis e dei prodotti da essi ottenuti i quali dal D.L. 20 marzo 2014, numero 36, art. 1, comma 30, convertito con mod. nella L. 16 maggio 2014, numero 79, sono indicati come foglie e infiorescenze , olio , resina . Nel caso in esame, l’ordinanza impugnata riguarda un sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. penumero relativo, appunto, a infiorescenze di cannabis che sono risultate contenere THC compreso secondo quanto indicato nella richiesta di sequestro preventivo fra lo 0,52% e lo 0,65%, pertanto con un valore medio inferiore allo 0,6%. Deve osservarsi che, se non è contestato che le infiorescenze sequestrate provengano da coltivazioni lecite ex L. numero 242 del 2016, l’autorità procedente deve dare conto delle ragioni per le quali eventualmente le modalità di prelevamento, conservazione e analisi dei campioni, ai fini della determinazione quantitativa del contenuto di tetraidrocannabinolo THC si discostano da quelle previste dalla L. numero 242 del 2016, art. 4, comma 3, stabilite ai sensi della vigente normativa dell’Unione Europea e nazionale . Comunque, anche in questo caso - cioè se non è contestato che le infiorescenze sequestrate provengano da coltivazioni lecite ex L. numero 242 del 2016 per le ragioni suesposte, come per l’agricoltore, così anche per il commerciante nel caso di sequestri e distruzioni dei prodotti a causa del superamento del limite dello 0,6% è esclusa la responsabilità penale e, quindi, è ammissibile soltanto il sequestro in via amministrativa L. numero 242 del 2016, art. 4, comma 7 . A una diversa conclusione potrà giungersi soltanto se risulti che il commerciante sia stato consapevole a fortiori, se artefice di trattamenti del prodotto successivi all’acquisto dal coltivatore e volti a incrementarne il contenuto di THC. 8. Per queste ragioni, venuto meno il fumus delicti e, quindi, esclusa la sussistenza dei presupposti in ordine al sequestro preventivo disposto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, come pure il provvedimento genetico, con conseguente restituzione all’avente diritto di quanto sequestrato. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché il provvedimento in data 15/06/2018 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata, disponendo la restituzione del materiale sequestrato all’avente diritto. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. penumero .