Rapporti omosessuali solo occasionali: escluso il pericolo di persecuzioni in patria. Confermata l’espulsione dello straniero

Definitivo il provvedimento adottato nei confronti di un cittadino marocchino. Per i Giudici, difatti, non si può parlare di soggetto propriamente omosessuale. Impossibile, quindi, sostenere che egli possa essere perseguitato nel Paese di origine per i suoi gusti sessuali.

Rapporti omosessuali occasionali” questo dato permette ai Giudici di escludere che lo straniero presente in Italia, e destinatario di un provvedimento di espulsione, sia davvero gay. Ciò significa, sempre secondo i Giudici, che egli non corre il rischio di essere perseguitato in patria – il Marocco – per i suoi gusti sessuali Cassazione, sentenza n. 2641/2019, Sezione Prima Penale, depositata il 21 gennaiio . Tendenze. Nessuna possibilità di rimanere in Italia, quindi, per il cittadino marocchino. Confermata anche in Cassazione la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato applicata nei suoi confronti. Inutile il richiamo difensivo alla omosessualità dello straniero. Su questo fronte i Giudici del Tribunale avevano osservato che il cittadino marocchino non è un soggetto propriamente omosessuale ma ha solo tendenze talvolta omosessuali , escludendo quindi il pericolo di persecuzione per ragioni di sesso una volta rientrato in patria. E tale visione è ritenuta corretta dai magistrati della Cassazione, i quali considerano decisivo il carattere solo occasionale di taluni specifici rapporti omosessuali attribuiti allo straniero. In sostanza, il cittadino marocchino non è, secondo i Giudici, un soggetto propriamente omosessuale , e quindi si può escludere l’ipotesi che egli possa correre il rischio di persecuzioni in patria per i suoi gusti sessuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 giugno 2018 – 21 gennaio 2019, n. 2641 Presidente Sarno – Relatore Mancuso Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 26.1.2017, il Tribunale di sorveglianza di Genova rigettava l'impugnazione proposta dal condannato Bc. Mo. avverso il provvedimento in data 8.7.2016, emesso dal Magistrato di sorveglianza di Genova, recante l'applicazione della misura di sicurezza dell'espulsione dal territorio dello Stato. Il Tribunale condivideva la decisione di primo grado, affermando che il reo non è un soggetto propriamente omosessuale ma ha solo tendenze talvolta omosessuali pertanto, dovendosi escludere il rischio di persecuzione cui l'interessato sarebbe soggetto in Marocco se fosse omosessuale, non operava il motivo ostativo all'espulsione previsto dall'art. 19, comma 1, T.U. Immigrazione. 2. L'avv. Al. Ba., in difesa di Bc. Mo., ha proposto ricorso per cassazione con atto in cui richiama l'art. 606, comma 1 lett. e , cod. proc. pen. e deduce vizio di motivazione nonché violazione di legge. Il Tribunale è incorso in violazione dell'art. 19 T.U. Immigrazione, rendendo motivazione illogica nel richiamare le argomentazioni dell'ordinanza di primo grado e nell'affermare che non sarebbe stata dimostrata l'omosessualità dell'interessato. Considerato in diritto 1. Il Tribunale di sorveglianza non è incorso in violazione di legge né in alcun vizio di logicità. L'ordinanza impugnata reca la corretta interpretazione e la giusta applicazione, sulla base di motivazione adeguata e coerente, della norma che prevede, come ostativi all'espulsione, i rischi di persecuzione nello stato di destinazione. Il giudice del merito ha esposto un percorso motivazionale non manifestamente illogico, basato anche su osservazioni del comportamento tenuto dall'interessato. L'ordinanza ora impugnata spiega congruamente le ragioni che inducono a ritenere il carattere solo occasionale di taluni specifici rapporti omosessuali di Bc. Mo., definito come persona con tendenze talvolta omosessuali ma non come un soggetto propriamente omosessuale . È stato escluso con motivazione ineccepibile, quindi, che l'interessato possa incorrere in rischi di persecuzione in Marocco a causa della condizione in questione, dedotta ma non dimostrata. 2. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la parte ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila Euro alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere - alla stregua del principio di diritto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000 - la sussistenza dell'ipotesi della colpa nella proposizione dell'impugnazione. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila Euro alla Cassa delle ammende. Dispone che la cancelleria rediga, in calce o a margine del presente provvedimento, opportuna annotazione recante, ai sensi dell'art. 52, comma 1, decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, la prescrizione che, in caso di diffusione del provvedimento, siano obliterati nella riproduzione le generalità e i dati identificativi del ricorrente.