Omicidio stradale: la revoca della patente non conosce modulazione temporale

Difronte all’ipotesi di omicidio stradale il giudice del merito non può che disporre come sanzione amministrativa accessoria la revoca della patente e gli effetti di essa non possono essere delimitati ad un determinato periodo.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 1791/19, depositata il 16 gennaio. Il caso. Il GUP applicava all’imputato la pena di giustizia in ordine al reato di cui all’art. 589- bis , comma 1 e ultimo, c.p. disponendo anche la revoca della patente. Avverso tale decisione l’imputato ricorre per cassazione per vizio di motivazione in relazione all’applicazione della sanzione amministrativa. La revoca della patente. In particolare per il ricorrente, il giudice del merito ha omesso di motivare in merito alla suddetta applicazione, avente ad oggetto la sanzione accessoria nel suo grado maggiormente afflittivo e alla durata della sanzione stessa. Al riguardo, la Suprema Corte ribadisce che la revoca della patente di guida opera in caso di violazione accertata degli artt. 589- bis e 590- bis c.p., mentre la sospensione della patente opera in caso di altri reati previsti dal c.d.s. e per i fatti di omicidio colposo e lesioni personali gravi o gravissime commessi in tempo antecedente alla novella legislativa di cui alla l. n. 41/2016. Sulla base di ciò, gli Ermellini rigettano il ricorso dell’imputato e formulano il seguente principio di diritto, secondo cui, sulla base della previsione dell’art. 222 c.d.s., la sanzione amministrativa accessoria che viene disposta dal giudice, conseguentemente al reato di cui all’art. 589-bis c.p., è la revoca della patente. Proseguono poi i Supremi Giudici affermando che tale sanzione non conosce modulazione temporale, diversamente dalla inibizione al conseguimento di nuova patente di guida, che ha durata differente a seconda che si tratti di omicidio stradale di cui rispettivamente al comma 1, ai commi 2, 3 e 4, o al comma 5 dell’art. 589-bis cod. pen. ed è disposta per il caso specifico con provvedimento del prefetto . Ha fatto bene, quindi, il giudice del merito ad applicare al caso in esame la revoca della patente di guida e a non delimitare i suoi effetti ad un periodo di tempo.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza16 ottobre – 16 gennaio 2019, n. 1791 Presidente Fumu – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Avellino, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a D.V.L. la pena concordata tra le parti in ordine al reato di cui all’art. 589-bis c.p., comma 1 e u.c., disponendo altresì la revoca della patente di guida. 2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. Giancarlo Mazzei. 2.1. Con un primo motivo deduce il vizio della motivazione in relazione all’applicazione della sanzione amministrativa. A suo avviso il giudice ha omesso di motivare in merito a detta applicazione, avente ad oggetto la sanzione accessoria nel suo grado maggiormente afflittivo , e alla durata della sanzione. Osserva che l’art. 222 C.d.S., come modificato dalla L. n. 41 del 2016, dispone la revoca della patente per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis e la sospensione della patente fino a quattro anni nel caso di omicidio colposo. Ne consegue che le sanzioni previste per l’omicidio colposo con violazione delle norme sulla circolazione stradale sono due, la sospensione e la revoca della patente. Di qui la necessità di motivare la scelta della sanzione più grave. Inoltre, il citato art. 222 C.d.S. prevede che l’inibizione al conseguimento di una nuova patente di guida possa andare da 5 a 15 anni, e ciò allo scopo di consentire al giudice di individuare la durata più adeguata al caso di specie. Ma anche su tale punto la motivazione è assente. Con il secondo motivo si lamenta ancora il vizio della motivazione sotto il profilo della illogicità di una decisione che dispone la più afflittiva delle sanzioni accessorie mentre esprime un giudizio positivo per la incensuratezza ed il comportamento processuale dell’imputato, riconoscendogli le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 3.1. Come rammentato già in una precedente decisione, la revoca della patente di guida di cui al quarto e al quinto periodo del comma 2 dell’art. 222 C.d.S. opera in caso di accertata violazione degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen., che incriminano, rispettivamente l’ omicidio stradale e le lesioni personali stradali gravi o gravissime , mentre la sospensione della patente prevista dal primo, secondo e terzo periodo del medesimo comma 2 dell’art. 222, opera in caso di altri reati, pure previsti dal codice della strada, in cui si verificano danni alla persona come, ad esempio, la violazione da parte dell’imputato dell’art. 9-ter C.d.S., comma 2 , nonché per i fatti di omicidio colposo e lesioni personali gravi e gravissime commessi in epoca antecedente alla novella legislativa introdotta dalla L. 24 marzo 2016, n. 41, in vigore dal 25 marzo 2016 Sez. 4, n. 36759 del 20/02/2018 - dep. 31/07/2018, Mancin, Rv. 273421 . Pertanto, il ricorrente non ricostruisce correttamente la disciplina normativa, la quale per l’omicidio ‘stradalè non prevede entrambe le sanzioni amministrative accessorie ma la sola revoca della patente. 3.2. Anche per quanto riguarda il secondo ed il terzo rilievo si ravvisa una erronea interpretazione della disciplina legale, risultando identificata la revoca, che è sanzione non commisurabile, con l’inibizione al conseguimento della patente di guida, che all’inverso ha durata diversa a seconda dei casi. Che si tratti di istituti differenti è del tutto palese solo che si consideri l’art. 222 C.d.S., il quale al comma 3-bis connette alla revoca della patente di guida quale sanzione amministrativa accessoria del reato di cui all’art. 589-bis , periodi di inibizione alla guida diversamente commisurati. Così, ove si tratti di revoca disposta per il reato di cui all’art. 589-bis, comma 1 tralasciamo il richiamo anche all’art. 590-bis cod. pen., che qui non rileva l’interessato non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca il termine è raddoppiato nel caso in cui l’interessato sia stato in precedenza condannato per i reati di cui all’art. 186, commi 2, lett. b e c , e 2-bis, ovvero di cui all’art. 187 C.d.S., commi 1 e 1-bis ed ulteriormente aumentato sino a dodici anni nel caso in cui l’interessato non abbia ottemperato agli obblighi di cui all’articolo 189, comma 1, e si sia dato alla fuga. Invece, nel caso previsto dal quinto comma l’interessato non può conseguire una nuova patente prima che siano decorsi dieci anni dalla revoca e tale termine è elevato a venti anni nel caso in cui l’interessato sia stato in precedenza condannato per i reati di cui all’art. 186, commi 2, lett. b e c , e 2-bis, ovvero di cui all’art. 187 C.d.S., commi 1 e 1-bis nonché ulteriormente aumentato sino a trenta anni nel caso in cui l’interessato non abbia ottemperato agli obblighi di cui all’art. 189 C.d.S., comma 1, e si sia dato alla fuga. Infine, nei casi di cui all’art. 589-bis c.p., commi 2, 3 e 4, l’interessato non può conseguire una nuova patente prima che siano decorsi quindici anni dalla revoca anche quando la revoca della patente di guida è disposta a seguito delle violazioni di cui agli artt. 186, 186-bis e 187, non è possibile conseguire una nuova patente di guida prima di tre anni a decorrere dalla data di accertamento del reato, fatto salvo quanto previsto dai commi 3-bis e 3-ter dell’art. 222 art. 219, comma 3-ter . Secondo la previsione dell’art. 222, comma 2, ultimo periodo, il cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza divenuta irrevocabile ai sensi dell’art. 648 c.p.p., nel termine di quindici giorni, ne trasmette copia autentica al prefetto competente per il luogo della commessa violazione, che emette provvedimento di revoca della patente e di inibizione alla guida sul territorio nazionale, per un periodo corrispondente a quello per il quale si applica la revoca della patente, nei confronti del soggetto contro cui è stata pronunciata la sentenza . Si tratta di una disciplina che ha innovato quella prevista dal D.P.R. n. 393 del 1959, art. 91, dalla quale conseguiva la definitività della inibizione alla guida ove revocata la patente cfr. Sez. 4, n. 5359 del 19/02/1990 - dep. 11/04/1990, Turizio, Rv. 184015 . In conclusione, il provvedimento di revoca fa venir meno il titolo che abilita alla guida e, come già scritto, esso non conosce modulazioni temporali. Diversamente accade per il periodo di inibizione al conseguimento di una nuova patente, che come visto viene determinato con specifico provvedimento dal prefetto e conosce significative escursioni, rapportate alla particolare ipotesi di omicidio stradale verificatasi. Esso, quindi, oltre a conseguire direttamente dalla legge, assume rilievo per l’autorità amministrativa, che non potrà rilasciare una nuova patente di guida se non risulta decorso il periodo di inibizione. Quanto sin qui esposto permette di formulare il seguente principio di diritto Secondo la previsione dell’art. 222 C.d.S., la sanzione amministrativa accessoria che, conseguente al reato di cui all’art. 589-bis c.p. viene disposta dal giudice, è la revoca della patente di guida. Tale sanzione non conosce modulazione temporale, diversamente dalla inibizione al conseguimento di nuova patente di guida, che ha durata differente a seconda che si tratti di omicidio stradale di cui rispettivamente al comma 1, ai commi 2, 3 e 4, o al comma 5 dell’art. 589-bis c.p. ed è disposta per il caso specifico con provvedimento del prefetto . 3.3. Nel caso che occupa ha operato correttamente il giudice territoriale, il quale non poteva disporre altrimenti che la revoca della patente di guida e non poteva delimitarne gli effetti ad un periodo ove avesse emesso una simile statuizione essa sarebbe stata inutiliter data. 4. Il ricorso va quindi rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali.