Condannato per truffa… ma non sa nulla della citazione in giudizio

È affetta da nullità insanabile la sentenza di primo grado che condanni l’imputato che non ha ricevuto la citazione in giudizio presso il domicilio dichiarato e che non abbia avuto altrimenti effettiva conoscenza del procedimento a suo carico.

Sul tema la sentenza della Corte di Cassazione con la sentenza n. 1677/19, depositata il 15 gennaio. Il caso. Un uomo condannato in contumacia per truffa ha ottenuto dal giudice dell’esecuzione la restituzione in termini per proporre impugnazione. Nel caso di specie l’imputato aveva eletto domicilio presso il proprio avvocato. Tuttavia, in esito all’interrogatorio reso a seguito dell’avviso di conclusione delle indagini, l’imputato aveva dichiarato nuovo domicilio presso la propria abitazione. Inoltre, l’avvocato di fiducia non aveva mai svolto attività difensiva disinteressandosi delle questioni emerse nel corso del giudizio e della instaurazione del contraddittorio né sollevando eccezioni in ordine alla notificazione della citazione a giudizio. Il Procuratore generale ha proposto ricorso per cassazione assumendo che l’appello proposto a seguito di restituzione in termini fosse inammissibile, censurando la pronuncia della Corte territoriale che aveva affermato di non poter dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione per tardività e, inoltre, che la sentenza di primo grado fosse affetta da nullità. Restituzione in termini in executivis. Il codice disciplina i rapporti tra incidente di esecuzione, impugnazione apparentemente tardiva e restituzione nel termine per impugnare. L’istanza di restituzione nel termine è logicamente subordinata all’accertamento della validità del titolo esecutivo. Tale controllo sulla validità del titolo esecutivo è di tipo formale il giudice dell’esecuzione deve verificare l’esistenza del titolo esecutivo, la legittimità della sua emissione e l’esecuzione della sua notificazione. Resta fuori da tale accertamento la verifica della effettiva conoscenza del titolo esecutivo da parte dell’imputato. La notifica della citazione in giudizio è nulla. La citazione in giudizio dell’imputato è avvenuta presso un domicilio in seguito revocato. Secondo la giurisprudenza, la dichiarazione di domicilio prevale sulla precedente elezione anche se non espressamente revocata. La notifica è quindi affetta da nullità. Quale regime per la nullità rilevata? Le notificazioni hanno la funzione di portare a conoscenza delle parti gli atti processuali. L’inosservanza delle regole previste per le notificazioni comporta nullità salvo che la parte abbia effettiva conoscenza dell’atto e cioè nell’ipotesi in cui l’atto sia consegnato personalmente al destinatario. Quando, invece, la notificazione è eseguita in forma diversa da quella prescritta la nullità è insanabile se in concreto non è idonea ad assicurare la conoscenza effettiva dell’atto. Nullità di ordine generale Le Sezioni Unite hanno affermato che la dichiarazione o elezione di domicilio impone che la notifica venga effettuata nel domicilio indicato dall’imputato anche in presenza di un rapporto fiduciario ancora in atto tra l’imputato e il difensore alla violazione di tale obbligo consegue il verificarsi di una nullità di ordine generale. insanabile. Nel caso in esame la Suprema Corte ritiene non trattarsi di nullità a regime intermedio ma di nullità assoluta perché, nonostante la sua astratto idoneità, la notificazione in forma diversa da quella prescritta non ha conseguito lo scopo di portare l’atto a conoscenza dell’imputato stante l’accertato disinteresse del difensore di fiducia. La sentenza di primo grado, dunque, è affetta da nullità insanabile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 settembre 2018 – 15 gennaio 2019, numero 1677 Presidente Gallo – Relatore Verga Ritenuto in fatto Ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Salerno avverso la sentenza della Corte d’Appello che il 28.11.2017 ha dichiarato la nullità della sentenza del Tribunale di Salerno che il 17.6.2015 aveva condannato T.G. per truffa commessa nel mese di omissis revocando le statuizioni civili. Il T. aveva impugnato la sentenza di primo grado dopo che il Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, lo aveva rimesso in termini ex art. 670 c.p.p., comma 3. La Corte Territoriale ha ritenuto fondata l’eccezione di nullità sollevata dalla difesa rilevando che risulta dal verbale di identificazione del 27/8/2011 che l’imputato aveva eletto domicilio presso lo studio del difensore di fiducia avvocato Abagnale e che successivamente, in data 27 luglio 2013, nel corso dell’interrogatorio reso ex art. 415 bis l’imputato aveva eletto un nuovo domicilio presso la sua abitazione sita in omissis . Riteneva che tale ultima elezione di domicilio avesse sostituito la precedente richiamando orientamento di questa Suprema Corte e rilevava che la notifica dell’atto di citazione per il giudizio di primo grado era stata effettuata, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., in un domicilio non più attuale ed era quindi affetto da nullità di ordine generale. Affermava che l’adempimento non poteva essere considerato come andato a buon fine ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis in quanto le due procedure sono del tutto indipendenti e in nessun modo sovrapponibili. Richiamando le sezioni unite Palumbo riteneva che la nullità in argomento si configurava nel caso in esame come assoluta ex art. 179 c.p.p., comma 1, e quindi non sottoposta a preclusione perche il G.E. nel concedere la rimessione in termini aveva dato atto che il T. non aveva avuto notizia della citazione perché l’allora difensore Avv. Abagnale non aveva mai svolto il mandato difensivo disinteressandosi delle questioni rilevanti emerse nel corso del giudizio. Impugna il Procuratore ricorrente l’ordinanza di rimessione in termini e la decisione della Corte Territoriale deducendo l’inammissibilità dell’impugnazione in appello avanzata dal T. rilevando che la corte d’appello si era basata su un’errata interpretazione e applicazione delle norme in vigore. La L. 28 aprile 2014, numero 67 aveva fatto venire meno la necessità della notifica dell’estratto contumaciale, in quanto la contumacia era stata sostituita dalla disciplina del processo in assenza dell’imputato con conseguente unico rimedio la procedura della rescissione del giudicato, il rimedio della restituzione nel termine per proporre impugnazione continuava invece ad applicarsi esclusivamente nei confronti degli imputati già stati dichiarati contumaci in virtù del pregresso regime normativo. Rilevava l’erroneità della procedura considerato che la restituzioni in termini ex art. 175 non poteva applicarsi nel caso in esame essendo la dichiarazione di contumacia successiva all’entrata in vigore della novella. Rilevava che nessuna eccezione in ordine all’irregolarità della citazione era stata sollevata nel corso del giudizio di primo grado e che, non essendo dovuta la notifica dell’estratto contumaciale, doveva essere dichiarata inammissibile la relativa eccezione. Così come riteneva abnorme l’ordinanza di restituzione in termini ex art. 175 non essendo prevista dalla normativa in vigore secondo il principio tempus regit actum . Ordinanza che comunque era stata emessa dal giudice di primo grado non competente in quanto ex art. 175, comma 4 la competenza era del giudice d’appello. Rilevava che comunque non poteva parlarsi di inesistenza della notificazione ma di irregolarità della stessa secondo quanto indicato dalle sezioni unite nella sentenza numero 58120 del 29 dicembre 2017. Trattasi pertanto di nullità a regime intermedio e come tale andava rigettata per mancata deducibilità nei termini di legge art. 180 c.p.p. . Considerato in diritto Il ricorso è destituito di fondamento giuridico. Il T. ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Salerno che lo aveva condannato in contumacia per truffa, dopo che il Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione ex art. 670 c.p.p., comma 3 gli ha concesso la rimessione in termini ex art. 175 c.p.p. per proporre impugnazione. Come già indicato da questa Corte si veda in particolare Sez. 1, numero 27099 del 10/06/2011 Rv. 250874 con la introduzione nel nuovo codice di rito dell’art. 670 c.p.p., si è voluto mettere ordine nella materia dei rapporti fra incidente di esecuzione, impugnazione apparentemente tardiva e restituzione nel termine e, inoltre, definire le competenze del giudice dell’esecuzione e di quello dell’impugnazione e gli effetti reciproci delle relative decisioni al fine di dirimere alcune situazioni che, in mancanza di una specifica regolamentazione, avrebbero potuto dar luogo a sovrapposizioni di decisioni incidenti, direttamente o indirettamente, sullo stesso oggetto. L’istanza formulata ai sensi dell’art. 175 c.p.p. è configurata come logicamente subordinata all’accertamento della validità del titolo esecutivo, nel senso che può esservi decisione sulla restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale solo nel caso di rigetto della questione relativa alla non esecutività del titolo. La verifica della correttezza della notificazione del titolo esecutivo avviene sotto un profilo meramente formale, essendo l’indagine affidata al giudice dell’esecuzione limitata al controllo dell’esistenza del titolo esecutivo, della legittimità della sua emissione e dell’esecuzione della sua notificazione nel pieno rispetto delle disposizioni del codice, mentre resta estranea, agli effetti di tale verifica, l’effettiva conoscenza che del titolo esecutivo abbia avuto l’imputato che può rilevare, come nel caso di specie ha rilevato, solo ai fini dell’eventuale istanza di restituzione del termine per impugnare, concessa dal giudice dell’esecuzione sul presupposto che l’Avv. Abagnale, presso il quale il T. aveva eletto domicilio in sede di verbale di identificazione del 27/8/2011, domicilio mutato, in data 27 luglio 2013, nel corso dell’interrogatorio reso ex art. 415 bis, dove aveva dichiarato un nuovo domicilio presso la sua abitazione sita in omissis , non aveva mai svolto il proprio mandato difensivo, disinteressandosi delle questioni emerse nel corso del giudizio, in particolare di quella relativa alla corretta instaurazione del contraddittorio . Ottenuta la restituzioni in termini in executivis il T. ha correttamente appellato la sentenza del Tribunale di Salerno sollevando anche questione in ordine all’effettiva conoscenza del processo. Il Procuratore ricorrente solo in questa sede sostiene l’inammissibilità dell’appello, per essere stato l’imputato illegittimamente rimesso in termine da giudice incompetente a farlo. Sul punto questo Collegio non può che ribadire, in quanto assolutamente condivisibile, il dictum assolutamente maggioritario secondo cui il giudice dell’impugnazione proposta in seguito alla restituzione nel termine concessa dal giudice dell’esecuzione non può dichiarare l’impugnazione inammissibile non potendo sindacare la decisione del giudice dell’esecuzione, divenuta definitiva così Sez. 3, numero 6826 del 17.12.2014 Rv. 262526 sez. 3, numero 9477 del 14.1.2009, Qafa, rv. 243011 conf. sez. 6, numero 35345 dell’11.6.2008, Gimondo, rv. 241374 sez. 1, numero 21644 del 28.4.2005, Golluscio, rv. 231656 sez. 1, numero 17886 del 26.3.2003, Vancheri, rv. 224801 . Giurisprudenza avallata anche dalla pronuncia delle Sezioni unite n 36084 del 2005. Si legge nella motivazione della decisione delle Sezioni unite che in base ai principi generali che regolano il procedimento di esecuzione, la decisione del giudice che accoglie la richiesta della parte, una volta che è divenuta definitiva ai sensi dell’art. 666 c.p.p., non può essere modificata ed ha efficacia tra le parti precludendo ogni ulteriore decisione sul punto del giudice dell’esecuzione o di altro giudice . La Corte territoriale, dunque, ha fatto buon governo dei principi affermati da questo Giudice di legittimità laddove ha affermato che non può, il giudice della impugnazione, proposta a seguito della restituzione nel termine concessa dal giudice della esecuzione, dichiarare inammissibile per tardività l’impugnazione proposta. Ciò premesso in rito deve rilevarsi che è indubbio che la citazione in giudizio dell’imputato è avvenuta presso un domicilio successivamente revocato sul punto Sezioni Unite numero 41280 del 17/10/2006 Rv. 234905 che hanno affermato che in tema di notificazioni, la dichiarazione di domicilio prevale su una precedente elezione di domicilio, pur non espressamente revocata . È evidente che la notifica dell’atto di citazione per il giudizio di primo grado è stata effettuata al ricorrente, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., in un domicilio non più attuale ed è quindi affetta da nullità. Vi è però a questo punto da chiedersi a quale categoria di nullità appartenga se insanabile o a regime intermedio. Le notificazioni hanno la funzione di portare a conoscenza delle parti, e in particolare dell’imputato, atti processuali che in alcuni casi sono destinati a svolgere un ruolo decisivo nello sviluppo del processo e sono disciplinate dal legislatore con la previsione di modelli diversi, ciascuno dei quali è caratterizzato da varie formalità. È importante che le regole sul modello da adottare e sulle relative formalità siano seguite ma è soprattutto importante che la parte abbia effettivamente conoscenza dell’atto, è infatti principio giurisprudenziale consolidato che nel caso in cui la notificazione sia stata effettuata mediante consegna dell’atto personalmente al destinatario l’eventuale inosservanza delle regole non può comportarne la nullità. All’opposto la nullità deve ritenersi insanabile, a norma dell’art. 179 c.p.p., comma 1, quando la notificazione eseguita in una forma diversa da quella prescritta, pur apparendo astrattamente idonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto, risulti in concreto inidonea a tal fine sul punto si vedano in particolare SSUU numero 119 del 2005, Palumbo . Lo stesso ricorrente non sostiene l’idoneità della notifica bensì ritiene trattarsi di nullità a regime intermedio richiamando la sentenza delle SSUU di questa corte numero 58120 del 2017. In realtà deve rilevarsi che le Sezioni unite nella sentenza indicata nel ritenere che la fattispecie di cui all’art. 157 c.p.p., comma 8-bis non è applicabile tutte le volte che è stato eletto o dichiarato a norma dell’art. 161, hanno affermato che la dichiarazione o elezione di domicilio impone che la notifica venga effettuata nel domicilio indicato dall’imputato, anche in presenza di un rapporto fiduciario ancora in atto tra l’imputato ed il proprio difensore, e che alla violazione di tale obbligo consegue il verificarsi di una nullità di ordine generale. Che nel caso in esame non può ritenersi a regime intermedio proprio perché, nonostante la sua idoneità in astratto, la notificazione effettuata in una forma diversa da quella prescritta non ha conseguito, a fronte dell’accertato disinteresse difensivo dell’allora Avvocato di fiducia, come riconosciuto dal Giudice dell’Esecuzione ed avallato dalla corte d’Appello, lo scopo di portare l’atto di citazione a conoscenza dell’imputato con conseguente nullità della sentenza di primo grado. Alla luce delle argomentazioni espresse il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.