Gli Ermellini sulla dichiarazione e l’elezione di domicilio

Nel caso in esame, gli Ermellini, chiarendo il concetto di dichiarazione e di elezione di domicilio, riconoscono la validità delle notificazioni anche se, al momento dell’elezione di domicilio, all’indagato non erano stati comunicati né gli estremi del procedimento penale a suo carico né le norme violate.

Così ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 1208/19, depositata l’11 gennaio. L’elezione del domicilio. L’imputato condannato dai Giudici del riesame per furto, ricorre in Cassazione deducendo che non era venuto a conoscenza del procedimento e del processo penale a suo carico l’elezione di domicilio, da parte dell’indagato senza fissa dimora, era avvenuta in caserma nella medesima sera dell’intervento degli operanti senza l’indicazione degli estremi del procedimento penale e della contestazione delle norme violate situazione che, secondo l’imputato, invalidava l’elezione suddetta. Di conseguenza, l’imputato deduce che anche le conseguenti notifiche effettuate nelle modalità ex art. 161 c.p.p. Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni avrebbero dovuto essere qualificate come nulle giacché l’imputato non aveva avuto aliunde conoscenza del procedimento e del processo, considerato che tutti gli atti sono stati notificati al difensore d’ufficio, nominato domiciliatario . Infatti, il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 171, lett. e c.p.p. Nullità delle notificazioni secondo cui la notifica - diretta all’imputato senza fissa dimora - eseguita mediante consegna al difensore è da ritenere nulla in mancanza dell’avvertimento nei casi previsti ex art. 161, commi 1, 2 e 3 c.p.p Diversi, differenti strumenti processuali. Gli Ermellini precisano la distinzione dei concetti rilevanti nel caso in esame. Il primo concetto chiarito dalla S.C. è la dichiarazione di domicilio è una manifestazione di scienza consistente nell’indicazione del luogo di abitazione o di abituale esercizio dell’attività professionale, sicché l’imputato comunica una situazione reale, indicando il luogo dove effettivamente abita o lavora . L’elezione di domicilio, sottolinea in secondo luogo la medesima Corte, è una manifestazione di volontà, che consiste nella scelta di un luogo e di una persona presso la quale l’indagato o l’imputato intende ricevere le notificazioni . Sulla base di tali premesse, la S.C. precisa che la dichiarazione e l’elezione di domicilio costituiscono esclusivamente atti preordinati all’effettuazione delle notificazioni . Infatti, l’art. 161 c.p.p. non prevede come necessario che il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nell’invitare l’imputato o l’indagato a eleggere domicilio, debbano comunicare gli estremi del procedimento penale che lo riguarda e l’indicazione delle norme che si assumono violate. Secondo la legge processuale, dunque, i dati in esame possono essere comunicati all'imputato o all'indagato sia tramite la richiesta ex art. 335 c.p.p. Registro delle notizie di reato , che tramite l’informazione di garanzia ex art. 369 c.p.p., atto distinto dalla dichiarazione o dall’elezione di domicilio nonostante l’invio ex art. 161 c.p.p. possa essere anche formulato con la predetta informazione di garanzia ex art. 161, comma 2 c.p Ebbene, l’informazione di garanzia ex art. 369 c.p.p. e la richiesta ex art. 335 c.p.p. sono strumenti processuali differenti rispetto la dichiarazione e l’elezione di domicilio. Per tali ragioni la S.C., considerando che le ipotesi di nullità delle notificazioni sono dettate tassativamente all’art. 171 c.p.p., ritiene valida l’elezione di domicilio e così le successive notificazioni il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 25 ottobre 2018 – 11 gennaio 2019, n. 1208 Presidente Ciampi – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. S.F. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale, in riforma della pronuncia di primo grado, che aveva dichiarato non doversi procedere per mancanza di querela, è stata dichiarata la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato di cui agli artt. 56-624 c.p., art. 625 c.p.c, n. 7. 2. Il ricorrente deduce violazione di legge, poiché l’elezione di domicilio, da parte dell’indagato, è avvenuta in caserma, la sera stessa dell’intervento degli operanti, senza l’indicazione di un procedimento penale individuato e senza la contestazione delle norme di legge violate. Dunque l’elezione di domicilio deve ritenersi inidonea a garantire la conoscenza del procedimento e del processo e comunque viziata. Conseguentemente, tutte le notifiche effettuate con le modalità di cui all’art. 161 c.p.p. devono essere dichiarate nulle, poiché l’imputato non ha avuto aliunde conoscenza del procedimento e del processo, considerato che tutti gli atti sono stati notificati al difensore d’ufficio, nominato domiciliatario, e che l’imputato è senza fissa dimora. 2.1. L’elezione di domicilio è comunque nulla per mancata traduzione dell’atto nella lingua dell’imputato, poiché quest’ultimo non conosce la lingua italiana mentre l’elezione di domicilio eseguita da un cittadino straniero che non sia comparso in giudizio è valida solo se emerge dagli atti la conoscenza della lingua italiana o, in mancanza, se l’invito ad eleggere domicilio e gli avvertimenti previsti dall’art. 161 c.p.p., commi 1, 2 e 3, sono stati rivolti o tradotti allo straniero nella sua lingua madre ciò che nel caso di specie non è avvenuto. La mancanza della traduzione o della presenza di un interprete ha pertanto pregiudicato la possibilità, per l’imputato, di intervenire in giudizio, determinando una nullità di ordine generale ex art. 178 c.p.p., lett. c . Anche secondo l’art. 171 c.p.p., lett. e , la notifica eseguita mediante consegna al difensore è nulla se non è stato dato l’avvertimento nei casi previsti dall’art. 161 c.p.p., commi 1, 2 e 3. E gli avvisi non tradotti sono tamquam non essent. La Corte d’appello al riguardo non ha motivato, limitandosi a rilevare la prescrizione del reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La dichiarazione di domicilio è una manifestazione di scienza, che consiste nell’indicazione del luogo di abitazione o di abituale esercizio dell’attività professionale, sicché l’imputato comunica una situazione reale, indicando il luogo dove effettivamente abita o lavora. L’elezione di domicilio è invece una manifestazione di volontà, che consiste nella scelta di un luogo e di una persona presso la quale l’indagato o l’imputato intende ricevere le notificazioni Cass., Sez. 3, n. 22844 del 26-32003, Rv. 224870 Sez. U., n. 41280 del 17-10-2006, Clemenzi . Né la dichiarazione né l’elezione di domicilio hanno una funzione di contestazione delle norme che si assumono violate o di comunicazione degli estremi del procedimento penale a carico, costituendo esclusivamente atti preordinati all’effettuazione delle notificazioni. E infatti l’art. 161 c.p.p. non prevede che il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nell’invitare l’indagato o l’imputato a dichiarare o eleggere domicilio per le notificazioni, gli comunichino gli estremi del procedimento penale che lo riguarda e, ancor meno, le norme che si assumono violate. Tant’è che l’elezione e la dichiarazione di domicilio dispiegano i propri effetti anche in relazione ad altri reati, oggetto di contestazione successivamente alla dichiarazione o all’elezione Cass., Sez. 2, n. 36103 del 21-5-2014, Rv. 260811 . La legge processuale penale prevede infatti che i dati in esame vengano comunicati con l’informazione di garanzia ex art. 369 c.p.p., che costituisce atto ben distinto dalla dichiarazione o dall’elezione di domicilio, sebbene l’invito ex art. 161 c.p.p. possa essere anche formulato con la predetta informazione di garanzia, come testualmente previsto dall’art. 161 c.p.p., comma 2. L’indagato potrà poi venire a conoscenza degli estremi del procedimento penale a suo carico mediante una richiesta ex art. 335 c.p.p., tranne che l’iscrizione non riguardi uno dei reati di cui all’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a . Come si vede, trattasi di strumenti processuali completamente diversi dalla dichiarazione o dall’elezione di domicilio. Ne deriva che è infondato l’asserto secondo cui, poiché all’indagato non sono stati comunicati, al momento dell’elezione di domicilio, gli estremi del procedimento penale a suo carico né gli sono state contestate le norme asseritamente violate, l’elezione di domicilio è da ritenersi viziata. Così come, in via consequenziale, è erronea l’affermazione secondo cui le notifiche effettuate presso il domicilio eletto sono nulle. Le nullità delle notificazioni sono infatti tassativamente previste dall’art. 171 c.p.p. e nessuna delle ipotesi elencate fa riferimento alla notifica presso un domicilio eletto senza che all’indagato fossero stati previamente comunicati gli estremi del procedimento penale a carico o le norme che si assumevano violate. Non è pertanto ravvisabile alcuna invalidità. 2. Nemmeno il secondo motivo di ricorso può trovare ingresso in questa sede. Si evince, infatti, dalla motivazione della sentenza impugnata, che richiama, sul punto, l’apparato argomentativo della pronuncia di primo grado, che la presenza dell’imputato in Italia dal marzo 2012 deponeva positivamente circa la conoscenza e comprensione della lingua italiana da parte del S. trattasi di apprezzamento di fatto non qualificabile in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabile in questa sede. 3. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.