Come si valuta l’attualità del pericolo di recidiva ai fini dell’applicazione della misura cautelare?

Ai fini della sussistenza delle esigenze cautelari, il giudice è chiamato a valutare in via prognostica l’attualità del pericolo di reiterazione del reato e, quindi, la possibilità di una ricaduta nel delitto, fondata sia sulla permanenza dello stato di pericolosità personale dell’indagato, sia sulla presenza di condizioni oggettive ed esterne.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 406/19, depositata l’8 gennaio. La vicenda. Il Tribunale del riesame di Bologna, ritenendo insussistenti i gravi indizi di colpevolezza, annullava l’ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari imposti ad un commercialista, sostituendo la misura con quella del divieto di esercizio della professione per 12 mesi, in virtù del pericolo di recidiva. Il commercialista era stato accusato di aver, in concorso con l’amministratore di una s.r.l. e in qualità di consulente fiscale, al fine di evadere l’IVA, fornito elementi inesatti nella relativa dichiarazione annuale. Avverso la pronuncia propone ricorso per cassazione la difesa deducendo violazione di legge in relazione alla sussistenza del pericolo attuale e concreto di recidiva. Attualità del pericolo di recidiva. La Corte richiama l’art. 274, lett. c , c.p.p. come modificato dalla l. n. 47/2015 che ha introdotto l’elemento dell’attualità del pericolo di reiterazione dei reati al fine della valutazione della sussistenza o meno delle esigenze cautelari. Sul tema, parte della giurisprudenza collega l’attualità alla sussistenza di concrete occasioni, prossime e favorevoli di commissione di delitti da parte dell’indagato. A tale indirizzo si contrappone quello per cui l’attualità del pericolo di reiterazione non costituisce una novità avendo semplicemente recepito il principio giurisprudenziale che si rifà alla necessità di una valutazione della concreta vicenda al momento dell’adozione della misure ed in relazione al tempo trascorso dal fatto contestato. Ne consegue che la l. n. 47/2015, pur non avendo carattere innovativo, richiede che l’ordinanza di custodia debba comunque indicare la concreta valutazione della vicenda da parte del giudicante. Per riprendere le parole della Corte la valutazione prognostica, in cui si sostanzia il pericolo di attualità del pericolo di reiterazione del reato, richiede, quindi, una valutazione circa la probabile ricaduta nel delitto, fondata sia sulla permanenza dello stato di pericolosità personale dell’indagato, dal momento di consumazione del fatto siano a quello in cui si effettua il giudizio cautelare, desumibile dall’analisi soggettiva della sua personalità, sia sulla presenza di condizioni oggettive ed esterne all’accusato, ricavabili da dati ambientali o di contesto che possano attivarne la latente pericolosità, favorendo la recidiva. Tale valutazione prognostica non richiede tuttavia la previsione di una specifica occasione per delinquere . Applicando tali principi alla vicenda in esame, risulta che il pericolo di recidiva non poteva essere ricollegato al mero svolgimento dell’attività professionale di commercialista, in assenza di ulteriori apprezzamenti obiettivi. Risultando dunque evidenti le carenze motivazionali del provvedimento impugnato, la Corte accoglie il ricorso e annulla l’ordinanza con rinvio al Tribunale per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 ottobre 2018 – 8 gennaio 2019, n. 406 Presidente Lapalorcia – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 10 maggio 2018, il Tribunale del riesame di Bologna ha annullato l’ordinanza applicativa della misura cautelare, nei confronti di C.G. , in relazione al capo 13 dell’imputazione, per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza, e ha sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari, disposta nei confronti del medesimo C. , in relazione ai capi 4 e 5 , con la misura del divieto di esercizio e della professione di dottore commercialista perla durata di mesi dodici. A C.G. , come da imputazione cautelare, sono contesti il reato di cui all’art. 110 c.p. e D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 4 dichiarazione infedele , in concorso con l’amministratore di fatto e di diritto di A.M. Assistenza Meccanica srl, quale consulente fiscale della medesima società, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto, indicavano nella dichiarazione annuale di tale imposta, per l’anno 2015, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo ed elementi passivi inesistenti capo 4 , e il reato di cui all’art. 110 c.p. e D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 quater indebita compensazione , perché, nella medesima qualità e in concorso con l’amministratore di fatto e di diritto di A.M. Assistenza Meccanica srl, non versavano le imposte dovute a fini Iva, Ires e altri tributi, utilizzando in compensazione crediti inesistenti per Euro 127.315,42. In Fidenza il 13/06/2016 capo 4 e il 15/11/2016 e 17/02/2017 capo 5 , rispetto ai quali il Tribunale ravvisava i gravi indizi di colpevolezza e il pericolo di recidiva, sul rilievo del rilevante danno all’erario, della condotta in spregio alle norme deontologiche, che regolano l’attività di dottore commercialista, in uno con la circostanza che l’indagato aveva, già in passato, dimostrato di offrire ausilio ai propri clienti impegnati in attività illecite, circostanze che evidenziavano, tenuto conto che esercitava tuttora l’attività professionale di dottore commercialista, un intenso pericolo di recidiva . 2. Propone ricorso per cassazione C.G. , a mezzo del difensore di fiducia, deducendo con un unico motivo di ricorso la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , in relazione alla sussistenza del pericolo concreto e attuale di recidiva. Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe confermato la sussistenza del concreto e attuale pericolo di recidiva, ai sensi dell’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c , come modificato dalla L. n. 47 del 2015, con motivazione carente senza considerare, come ampiamente argomentato nei motivi di ricorso, l’episodicità del fatto di reato contestato e il limitato coinvolgimento del ricorrente nella vicenda, rispetto alla quale egli non risulta indagato per gli ulteriori reati, e la risalenza nel tempo dei fatti contestati, rispetto al momento di applicazione della misura. Infine, il Tribunale avrebbe illogicamente valorizzato il portato di una sentenza di non doversi procedere, emessa dal Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Napoli, nell’ambito di altro procedimento penale, per essere il reato di favoreggiamento, consistito nell’ausilio alla commissione di reati tributari, estinto per prescrizione. Il Tribunale non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali in materia, dovendosi, ai fini dell’attualità del pericolo di reiterazione dei reati, verificare che, in termini di certezza o alta probabilità, si presenti un’occasione per compiere nuovi reati. 3. Il Procuratore generale ha chiesto, in udienza, l’inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso mostra ragioni di fondatezza. La denunciata violazione di legge e il correlato vizio di carenza di motivazione, con riferimento alla concretezza e attualità delle esigenze cautelari, parametro valutativo oggi espressamente previsto dall’art. 274 c.p.p., lett. c , a seguito della novella di cui alla L. n. 47 del 2015, sono fondati per le ragioni di seguito esposte. 5. Va rilevato che nella giurisprudenza di legittimità si registrano due orientamenti interpretativi della rilevanza della novella introdotta in punto attualità, quale requisito del pericolo di reiterazione di reati, ai fini della valutazione della sussistenza e/o permanenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c . Un primo indirizzo collega l’attualità alla sussistenza di concrete occasioni, prossime e favorevoli, di commissione di delitti da parte dell’indagato Sez. 6, n. 21350 del 11/05/2016, Ionadi, Rv. 266958 Sez. 6, n. 24477 del 04/05/2016, Sanzogni, Rv. 267091 Sez. 6, n. 19006 del 19/04/2016, Cumbo, Rv. 266568 Sez. 3, n. 11372 del 10/11/2015, Lori, Rv. 266481 Sez. 3, n. 43113 del 15/09/2015, K., Rv. 265653 Sez. 3, n. 50454 del 10/11/2015, Altea, Rv. 265695 , sicché il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato va individuato nella riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati non meramente ipotetiche ed astratte Sez. 3, n. 49318 del 27/10/2015, Barone, Rv. 265623 . A tale indirizzo si contrappone quello secondo cui il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274 c.p.p., lett. c , dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, accanto al requisito della concretezza non costruisce un elemento di novità, avendo normativizzato il principio giurisprudenziale, preesistente alla novella della necessità dell’attualità del pericolo da valutarsi in relazione alla situazione concreta dedotta della vicenda cautelare, e dunque sta ad indicare la continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale Sez. 3, n. 12921 del 17/02/2016, Mazzilli, Rv. 266425 . Ciò comporta che entrambi i requisiti devono essere necessariamente valutati, alla luce della concreta situazione cautelare, per la verifica della sussistenza del pericolo di recidivanza al momento della adozione della misura in relazione al tempo trascorso dal fatto contestato ed alle peculiarità della vicenda cautelare Sez. 5, n. 43083 del 24/09/2015, Maio, Rv. 264902 . Dunque, la normativa introdotta con la L. n. 47 del 2015, nella parte in cui modifica le disposizioni in tema di motivazione delle ordinanze cautelari, pur non avendo carattere innovativo, richiede che l’ordinanza di custodia, e quelle emesse in sede di riesame e appello, abbiano comunque un chiaro contenuto indicativo della concreta valutazione della vicenda da parte del giudicante, dovendo indicare, nello specifico caso, il convincimento in forza del quale persiste il concreto e attuale pericolo di recidiva con motivazione aderente alla situazione cautelare. Ne discende che la valutazione sul rischio di reiterazione criminosa non può atteggiarsi in termini di mera potenzialità del pericolo, in ipotesi desumibile da circostanze distanti nel tempo o dalla gravità del reato posto a base del titolo restrittivo, ma deve fondarsi su dati concreti ed oggettivi attinenti al caso concreto. La valutazione prognostica, in cui si sostanzia il pericolo di attualità del pericolo di reiterazione del reato, richiede, quindi, una valutazione circa la probabile ricaduta nel delitto, fondata sia sulla permanenza dello stato di pericolosità personale dell’indagato, dal momento di consumazione del fatto sino a quello in cui si effettua il giudizio cautelare, desumibile dall’analisi soggettiva della sua personalità, sia sulla presenza di condizioni oggettive ed esterne all’accusato, ricavabili da dati ambientali o di contesto che possano attivarne la latente pericolosità, favorendo la recidiva. Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una specifica occasione per delinquere Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, Cimieri, Rv. 271216 Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, Verga, Rv. 269684 Sez. 2, n. 44946 del 13/9/2016, Draghici, Rv. 267965 Sez. 2, n. 47891 del 7/9/2016, Vicini, Rv. 268366 . Esclusa la ricerca della occasione prossima per la commissione di nuovi reati, come sostiene il ricorrente, nondimeno la valutazione del concreto e attuale pericolo di recidiva richiede un giudizio valutativo, nei termini sopra esposti, dal quale desumere la concreta ricaduta nel delitto in termini di alta probabilità. 6. Il Tribunale di Bologna, nel confermare il giudizio positivo del concreto pericolo di recidiva in capo al C. , mostra di non aver fatto corretta applicazione dell’orientamento di legittimità qui condiviso. La motivazione dell’ordinanza impugnata sul concreto e attuale pericolo di recidiva è, in parte, assertiva e autoreferenziale e, in parte, contraria a diritto. Seppur non occorra, secondo l’indirizzo ermeneutico condiviso dal Collegio, l’indagine sulla certezza dell’occasione per delinquere, rileva il Collegio come il pericolo di recidiva non possa essere collegato al mero svolgimento dell’attività professionale di dottore commercialista pag. 21 , essendo attività professionale di per sé lecita, in assenza di ulteriore apprezzamento, sulla scorta di elementi obiettivi, della misura in cui la stessa sia stata messa al servizio per fini illeciti. Peraltro, come osservato dal ricorrente, il predetto non risulta coinvolto nella commissione di altri reati, oltre ai capi 4 e 5, in cui sono coinvolti i suoi concorrenti nell’ambito di una vasta indagine della Procura di Parma mentre sono stati esclusi i gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di usura di cui al capo 13 . Più in generale, l’ordinanza è carente nell’individuare gli elementi da cui desumere il pericolo concreto e attuale di reiterazione dei reati della stessa indole. Sotto un primo profilo, il concreto pericolo di recidiva non può essere tratto dalla gravità del danno cagionato all’erario parimenti, non è di per sé significativo il riferimento alla condotta contra ius in spregio alle regole deontologiche pag. 20 , circostanza questa che connota la materialità del fatto di reato, ma non la prognosi di recidivanza. Residua l’aver anche in passato dato prova di essere pronto ad offrire ausilio ai propri clienti impegnati in attività fraudolente in danno dell’erario e lo svolgimento tuttora dell’attività professionale. Anche sotto questo profilo, la motivazione non coglie nel segno ed è carente. Oltre a le considerazioni svolte dal ricorrente in merito al rilievo attribuito alla sentenza di non doversi procedere per prescrizione, emessa nell’ambito di altro procedimento penale da altra autorità giudiziaria, rileva, il Collegio, come la circostanza che il C. era stato coinvolto in fatti analoghi, tradisce, nei fatti, la dimostrazione dell’attualità del pericolo di recidiva. Il fatto di avere, in passato dato prova di essere pronto a commettere reati tributari, non autorizza a ritenere concreto ed attuale il pericolo di recidiva. La motivazione appare, dunque, assertiva e carente sotto il profilo dell’attualità e concretezza nella dimensione temporale del pericolo di recidivanza, in termini di elevata probabilità di ricaduta nel delitto, non potendo essere fondata sullo svolgimento dell’attività professionale di dottore commercialista, e sull’aver in passato anno 2009 già dimostrato di essere aduso ad elargire ausilio a terzi impegnati nella commissione di condotte fraudolente. 7. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di Bologna per un nuovo esame. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bologna Sezione riesame per nuovo esame.