La Cassazione sulla richiesta di estradizione: ricostruzione dei fatti e giurisdizione concorrente

Confermando l’estradizione richiesta a fini processuali dalla Confederazione Svizzera, la Corte di Cassazione ribadisce alcuni principi in merito alla verifica della sussistenza o meno di condizioni ostative ed alla concorrente giurisdizione straniera nel caso in cui un procedimento per i medesimi fatti sia pendente in Italia.

Il caso. Con la sentenza n. 191/19, depositata il 4 gennaio, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dal difensore di un estradando avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari che aveva accolto la domanda di estradizione a fini processuali presentata dalla Confederazione Svizzera in riferimento al procedimento per concorso in tentato furto aggravato, violazione di domicilio e infrazione della legge sulle telecomunicazioni. Il ricorrente deduceva in Cassazione la violazione degli artt. 700, commi 1 e 2, lett. a , e 705, lett. b , c.p.p., nonché violazione di norme processuali in relazione alla possibilità che i medesimi fatti siano oggetto di altri procedimenti in Italia. Estradizione. La Corte afferma in primo luogo che dal contenuto dell’ordine di arresto allegato agli atti è stato possibile ben verificare la condotta attribuita al ricorrente ed accertare i requisiti di gravità indiziaria della stessa. Del resto, in tema di estradizione per l’estero, è ius receptum che è essenziale che dagli atti risultino descritti i fatti in modo tale da consentire la verifica dell’assenza di condizioni ostative, rimanendo invece irrilevante che l’esposizione dei fatti sia contenuta nei provvedimenti cautelari allegati e non nella richiesta. In merito all’ulteriore censura relativa alla possibile pendenza di analogo procedimento in Italia, la S.C. richiama il consolidato orientamento secondo cui la commissione del reato nel nostro paese non esclude la concorrente giurisdizione straniera né impedisce la estradizione fondata sulla Cedu, in virtù della quale siffatta ipotesi può dare luogo soltanto al rifiuto facoltativo di estradizione art. 7 , che non è di competenza dell’autorità giudiziaria, ma rientra nelle attribuzioni esclusive del Ministero della Giustizia . Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 novembre 2018 – 4 gennaio 2019, n. 191 Presidente Paoloni – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bari ha accolto la domanda di estradizione a fini processuali di R.N. presentata dall’Ufficio Federale di Giustizia della Confederazione Svizzera, in relazione al procedimento in corso a carico del predetto e di altri cittadini italiani per concorso in tentato furto aggravato, violazione di domicilio e infrazione alla legge federale sulle telecomunicazioni, a seguito di ordine di arresto emesso il 29.5.2018 dal Procuratore Pubblico del Cantone Ticino. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’estradando deducendo 2.1. Violazione dell’art. 700 c.p.p., comma 1 e comma 2, lett. a . Non si comprende se l’atto denominato ordine di arresto sia da considerarsi copia del provvedimento restrittivo o sia la sintesi/relazione sui fatti nel primo caso mancherebbe la sintesi/relazione prevista dall’art. 700 c.p.p., comma 2 lett. a . Manca, in ogni caso, il dato temporale della commissione dei fatti prescritto dalla predetta previsione in quanto quella del 17.1.2018 non risulta collegata al tentativo di furto aggravato contestato ed oggetto di richiesta di estradizione né quella relativa alla fonti di prova dalle quali è stata desunta la partecipazione del R. . 2.2. Violazione dell’art. 705 c.p.p., lett. b in quanto la mancanza della ordinanza non consente di verificare la esistenza di indicazioni o disposizione contrarie ai principi fondamentali dell’ordinamento italiano. 2.3. Violazione di norme processuali in relazione all’art. 6 c.p. e art. 8 della Convenzione di estradizione in relazione alla elevatissima possibilità che per i medesimi fatti vi sia in Italia uno o più procedimenti aperti a carico del R. e degli altri sodali, alla stregua della nota o ordinanza allegata alla richiesta secondo la quale diversi arresti sono stati eseguiti in Italia oltre ad attività di indagine. L’eventuale inerzia o ritardo della A.G. Italiana non potrebbe incidere negativamente sulla posizione del ricorrente, tenuto conto della rilevabilità di ufficio del difetto di giurisdizione. Il reato concorsuale, ai sensi dell’art. 6 cod. pen., si ritiene commesso in Italia laddove esista un qualsiasi atto di partecipazione realizzato in Italia da parte di uno qualsiasi dei concorrenti e la Corte di appello è rimasta inerte rispetto alla istanza difensiva di approfondire l’accertamento a riguardo. 2.4. Vizio cumulativo della motivazione in relazione all’art. 6 cod. pen La Corte - da un lato - ammette la possibilità di valutare la eventuale ricorrenza della previsione di cui all’art. 6 cod. pen., comma 2, ritenendola non possibile per carenza degli atti inviati dalla A.G. richiedente dall’altro lato ritiene la questione non esaminabile in quanto al questione di giurisdizione andrebbe posta dinanzi alla A.G. svizzera. 3. All’odierna udienza è stata rigettata l’istanza di rinvio per adesione del difensore alla deliberata astensione dalle udienze, non applicabile a procedure quale quella in esame. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. Nella specie il contenuto dell’ordine di arresto allegato agli atti ha consentito le verifiche richieste in relazione alla specifica condotta concorsuale attribuita al ricorrente nel contesto del tentativo di furto temporalmente collocato in data omissis . La Corte di appello ha, quindi, valutato la sussistenza della gravità indiziaria richiamando il contenuto dell’ordine di arresto che dà puntuale contezza delle emergenze in ordine alla commissione del fatto e della partecipazione ad esso del ricorrente con riguardo a quanto accertato a Guanzate dai CC della Compagnia di Como e dai verbali di interrogatorio dei coindagati M. , T. , Tr. e D.V. . Del resto, risulta jus receptum che in tema di estradizione per l’estero, non rileva che la esposizione dei fatti per i quali la richiesta è formulata sia contenuta nei provvedimenti cautelari allegati e non già nella richiesta medesima, perché quel che è essenziale è che dagli atti risultino descritti i fatti in modo da consentire la verifica dell’assenza delle condizioni ostative per l’estradizione Sez. 6, n. 25182 del 16/06/2010, Prusik, Rv. 247778 e, ancora, che non è necessario che alla richiesta siano allegati tutti gli atti di indagine ma è sufficiente che, secondo quanto previsto dall’art. 700 c.p.p., comma 2, lett. a , la domanda contenga una relazione sui fatti addebitati alla persona interessata che consenta di verificare l’assenza di condizioni ostative per l’estradizione Sez. 6, n. 28822 del 28/06/2016, Diuligher, Rv. 268108 . 3. Il secondo motivo è palesemente generico essendo espresso in modo meramente ipotetico. 4. Il terzo e quarto motivo sono infondati essendo irrilevante - al di là di quanto osservato a riguardo nel provvedimento impugnato - che parte della condotta preparatoria sia stata realizzata in Italia, non risultando che a carico dello stesso ricorrente pende procedimento penale per lo stesso fatto. Costituisce, invero, orientamento consolidato che la commissione del reato in Italia non esclude la concorrente giurisdizione straniera né impedisce la estradizione fondata sulla Convenzione Europea, in virtù della quale siffatta ipotesi può dare luogo soltanto al rifiuto facoltativo di estradizione art. 7 , che non è di competenza dell’autorità giudiziaria, ma rientra nelle attribuzioni esclusive del Ministro della Giustizia v. Corte cost. n. 58 del 1997 Sez. 6, n. 8674 del 11/10/2005, Moser, Rv. 233688 . 5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 6. Devono essere disposti gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p