Il datore che non predispone misure di sicurezza è responsabile anche se il dipendente non rispetta le norme antinfortunistiche

L’inosservanza di precise norme antinfortunistiche da parte del lavoratore, ovvero la sua condotta contraria a direttive organizzative ricevute, non esclude la responsabilità del datore qualora l’infortunio sia determinato da assenza o inidoneità di misure di sicurezza.

Così si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 57936/18, depositata il 21 dicembre. Il caso. L’amministratore unico di una società viene condannato dalla Corte d’Appello per aver cagionato lesioni personali ad una lavoratrice derivanti dal non aver messo a disposizione dei dipendenti delle attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza e non aver reso protetto il luogo di lavoro. Avverso la decisione della Corte territoriale l’imputato ricorre in Cassazione negando attendibilità alle dichiarazioni della dipendente offesa e sostenendo che l’infortunio sia stato causato da una condotta non prudente della lavoratrice. Rilevanza delle dichiarazioni rese dalla parte offesa. Sul primo punto rileva la Corte che, come più volte enunciato, le dichiarazioni rese da persona offesa possono essere poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale dell’imputato e, nel caso in cui questa si sia costituita parte civile, è opportuno riscontrare tali dichiarazioni con altri elementi. Tuttavia, rilevano i Giudici, la Corte d’Appello ha fornito adeguata motivazione circa l’attendibilità della persona offesa, indicando gli elementi di riscontro emergenti dall’istruttoria. Condotta del lavoratore e responsabilità del datore . Relativamente al secondo motivo sollevato dal ricorrente, i Giudici si conformano al principio secondo cui l’inosservanza di precise norme antinfortunistiche da parte del lavoratore, ovvero la sua condotta contraria a precise direttive organizzative ricevute, non esclude la responsabilità del datore qualora l’infortunio sia determinato da assenza o inidoneità di misure di sicurezza. Alla luce di quanto sopra espresso la Cassazione dichiara infondato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 3 ottobre – 21 dicembre 2018, n. 57935 Presidente Izzo – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Milano, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Como nei confronti di R.L.E. , in relazione al reato di cui all’art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3, commesso in Erba il 1 novembre 2010. All’imputato si era contestato, in qualità di Amministratore Unico della American Road Saloon s.r.l., di aver cagionato alla lavoratrice S.A. lesioni personali per non aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 70, con particolare riferimento all’utilizzo di bicchieri di vetro per la distribuzione di bevande, per non aver provveduto affinché il luogo di lavoro fosse conforme ai requisiti di sicurezza di cui all’Allegato IV del D.Lgs. n. 81 del 2008, con particolare riguardo al pavimento della zona retro-bancone non dotato di copertura antisdrucciolo, per non aver fornito alla lavoratrice i dispositivi di protezione individuale, segnatamente le scarpe antiscivolo, per non aver valutato tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori. 2. Il fatto è stato così ricostruito nelle fasi di merito la sera tra il 31 ottobre ed il 1 novembre S.A. , il cui datore di lavoro era il R. , stava lavorando presso il locale pubblico omissis con mansioni di cameriera e barista assunta con contratto a tempo determinato dal mese di febbraio 2010, rinnovato ad ottobre 2010 mentre si trovava sulla pedana dietro il bancone, dopo aver depositato i bicchieri nella lavastoviglie, si stava avviando verso la sala quando era scivolata sulla pedana bagnata nel cadere all’indietro, aveva battuto il polso sinistro sul piano d’acciaio, sul quale si trovava un bicchiere rotto era stata, successivamente, sottoposta ad intervento chirurgico per lesione del nervo ulnare e dell’arteria ulnare con flessione ulnare del carpo, riportando un’invalidità permanente pari al 18%. 3. R.E.L. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata, con unico motivo, per carenza di motivazione, motivazione apparente, motivazione manifestamente illogica e contraddittoria rispetto allo specifico elemento probatorio della testimonianza di C.S. , violazione e falsa applicazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c , e art. 606 c.p.p Secondo il ricorrente, la credibilità della persona offesa avrebbe imposto maggior rigore argomentativo, trattandosi di parte portatrice di interessi confliggenti con quelli dell’imputato in quanto percettrice di una somma pari a 123.000,00 Euro, liquidata a titolo risarcitorio dall’assicuratore prima del processo. L’argomento per cui la S. sarebbe credibile per aver mantenuto sempre la stessa versione dei fatti è autoreferenziale e cela una motivazione apparente, laddove la diversa dinamica descritta dalla testimone C. non avrebbe consentito alla persona offesa di ottenere il risarcimento del danno in quanto avrebbe provato l’ascrivibilità dell’evento in via esclusiva alla lavoratrice, caduta perché portava una pila di bicchieri troppo alta l’attività investigativa, si assume, è stata carente e tardiva. La sentenza è manifestamente contraddittoria nel punto in cui ha valutato quale riscontro alle dichiarazioni della persona offesa le testimonianze di chi non aveva assistito alla dinamica dell’infortunio. L’inattendibilità della teste C. è stata valutata in considerazione del tempo trascorso tra l’incidente e la sua audizione, in contraddizione con il fatto che anche gli altri testimoni fossero stati sentiti un anno dopo l’evento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. La Corte di Appello ha richiamato gli argomenti spesi dal giudice di primo grado per affermare l’attendibilità della persona offesa, non costituita parte civile in quanto già interamente risarcita e ritenuta, per tale ragione, non portatrice di interessi personali ha rimarcato il tempo trascorso tra l’evento e la deposizione resa da C.S. , a fronte dell’immediata e dettagliata versione dei fatti fornita dalla persona offesa e del riscontro offerto dalle dichiarazioni degli altri testimoni ha ribadito la sussistenza di plurimi profili di colpa a carico dell’imputato, replicando alle doglianze difensive in punto di valutazione della prova testimoniale. 1.2. In particolare, ha analizzato con cura le dichiarazioni della persona offesa anche alla luce dei riscontri esterni forniti dalla prova testimoniale, segnatamente la circostanza che il pavimento dietro il bancone fosse a volte bagnato e che in passato altri dipendenti fossero caduti, o che i bicchieri si fossero rotti in altre occasioni al contempo, ha smentito l’attendibilità della versione difensiva rimarcando come nessun testimone avesse dichiarato che, al momento della caduta, vi fossero bicchieri rotti in terra e che, anzi, il teste Z. avesse escluso con certezza la presenza di cocci di vetro sul pavimento. 2. La Corte di Cassazione ha più volte enunciato, anche a Sezioni Unite, il principio secondo il quale le dichiarazioni della persona offesa possono essere poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale dell’imputato e, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 25321401 . 2.1. La Corte di Appello ha, tuttavia, fornito adeguata e congrua motivazione circa l’attendibilità della persona offesa, ancorché nel caso in esame non fosse costituita parte civile, indicando gli elementi di riscontro emergenti dall’istruttoria. 2.2. Ma l’infondatezza del ricorso risiede, piuttosto, nella conformità della pronuncia al principio secondo il quale l’inosservanza da parte del lavoratore di precise norme antinfortunistiche, ovvero la sua condotta contraria a precise direttive organizzative ricevute, non esclude la responsabilità del datore di lavoro qualora l’infortunio risulti determinato da assenza o inidoneità delle misure di sicurezza dal medesimo datore adottate Sez.4, n. 3455 del 03/11/2004, dep. 2005, Volpi, Rv. 23077001 . 2.3. In tale prospettiva, il rilievo per cui l’imputato avesse omesso di sistemare la pavimentazione con presidi antisdrucciolo è motivazione idonea a fondare un giudizio di responsabilità per non avere il datore previsto il rischio né adottato le misure prevenzionistiche esigibili in relazione alle particolarità del lavoro. 3. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.