Il delitto di utilizzo abusivo di una carta di credito online ne presuppone il possesso materiale?

Integra il delitto di utilizzo abusivo di carta di credito online ex art. 55 d.lgs. n. 231/2007 la condotta di chi pur non avendo il possesso materiale della carta di credito ne utilizzi il numero e i codici per effettuare operazioni di pagamento online giacché non assume rilevanza il metodo con cui il criminale abbia ottenuto detti codici di accesso.

Sul tema, attraverso la sentenza n. 55438/18, depositata il 12 dicembre, gli Ermellini si sono pronunciati a fronte del ricorso presentato dagli imputati ritenuti responsabili, prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’Appello, del delitto di utilizzo abusivo di carta di credito ex art. 55 d.lgs. n. 231/2007. Il semplice utilizzo online della carta di credito. Con un unico motivo di ricorso gli imputati sostenevano che la qualificazione dei fatti contestati andava ricondotta nell’ipotesi di truffa informatica di cui all’art. 640 -ter c.p. poiché non erano entrati in possesso della carta di credito utilizzata, ma avevano solamente” sottrattone fraudolentemente i codici di accesso. Gli Ermellini ribadiscono che per consumare il delitto di cui all’ art. 55 d.lgs. n. 231/2007 non è indispensabile il materiale possesso della carta di credito o il pagamento essendo anche solo sufficiente il possesso dei codici della stessa carta e dei codici personali utilizzati a fini di profitto personale od anche a vantaggio di terzi . Differentemente, sottolinea in secondo luogo la stessa S.C., il delitto di frode informatica richiede, viceversa, l’accesso fraudolento a un sistema informatico e non anche il semplice utilizzo dei dati personali comunque illecitamente acquisiti . Nel caso di specie, gli imputati non avevano violato alcun sistema informatico ma avevano utilizzato i codici di accesso di una carta di credito non in loro possesso per effettuare delle operazioni online, integrando così il delitto ex art. 55 d.lgs. n. 231/2007. Per tali ragioni la S.C. non rilevando alcuna censura nella sentenza impugnata, rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 29 novembre – 12 dicembre 2018, n. 55438 Presidente Gallo – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza in data 26 aprile 2018, la corte di appello di Potenza confermava la pronuncia del Tribunale di Vallo della Lucania del 30 gennaio 2017 che aveva condannato V.G. e V.A. alle pene di legge in quanto entrambi ritenuti responsabili del delitto di utilizzo abusivo di carta di credito di cui all’articolo 55 d.lvo 231/2007. 1.2 Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione gli imputati, tramite il difensore di fiducia avv.to Nicola Ferraro, deducendo violazione di legge e difetto di motivazione quanto alla qualificazione giuridica dei fatti che andavano ricondotti all’ipotesi della truffa informatica di cui all’articolo 640 ter cod.pen. poiché gli imputati avevano carpito fraudolentemente i codici di accesso e non erano entrati in possesso della carta così da potere integrare il contestato e ritenuto reato. Considerato in diritto 2.1 I ricorsi sono manifestamente infondati e devono pertanto essere dichiarati inammissibili. Ed invero in tema di distinzione tra le due figure delittuose di utilizzazione abusiva di carte di credito e truffa informatica di cui all’articolo 55 d.Lvo 231/2007 questa corte ha già avuto modo di affermare che l’indebita utilizzazione, a fine di profitto proprio o altrui, da parte di chi non ne sia titolare, di una carta di credito integra il reato di cui all’articolo 55, comma nono, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 e non il reato di truffa, che resta assorbito in quanto l’adozione di artifici o raggiri è uno dei possibili modi in cui si estrinseca l’uso indebito di una carta di credito Sez. 2, n. 48044 del 09/09/2015, Rv. 265363 . Difatti il delitto di frode informatica, a differenza di quello di cui all’articolo 55 n. 9 del D.Lgs. n. 231 del 2007, richiede necessariamente che si penetri abusivamente nel sistema informatico bancario e si effettui illecite operazioni sullo stesso al fine di trarne profitto per sé o per altri Sez. 2, n. 50140 del 13/10/2015, Rv. 265565 . Ed invero l’articolo 55 comma 9 citato, prevede la sanzione penale per chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 a 1.550 Euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi . Appare pertanto evidente che per consumare il suddetto delitto non è indispensabile il materiale possesso della carta di credito o di pagamento essendo anche solo sufficiente il possesso dei codici della stessa carta e dei codici personali utilizzati a fini di profitto personale od anche a vantaggio di terzi viceversa la frode informatica ex articolo 640 ter cod.pen. sanziona la condotta di colui il quale, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno e richiede quindi quale elemento differenziale e specifico l’accesso al sistema e non anche il semplice utilizzo di dati personali comunque illecitamente acquisiti. Pertanto la condotta di chi effettui operazioni di pagamento mediante una carta di credito o di pagamento di cui non risulti titolare anche senza il materiale possesso della carta stessa ma utilizzando il numero ed i codici personali della medesima carta di cui è venuto illegittimamente in possesso integra il delitto di cui all’articolo 55 citato. E poiché nel caso in esame i ricorrenti hanno fatto utilizzo della carta e dei codici senza esserne titolari per effettuare pagamenti presso un sito on line gli stessi, non avendo fatto accesso ad alcun sistema informatico riservato, appaiono essere responsabili del delitto loro esattamente contestato. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186 , al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro duemila ciascuna a favore della cassa delle ammende. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno a favore della cassa delle ammende.