La mera inerzia del Comune non configura silenzio-assenso sulla domanda di condono

Per la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di condono dell’abuso edilizio, occorre la prova della sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalle norme di settore, essendo insufficiente la mancata risposta del Comune nel termine perentorio decorrente dalla domanda di sanatoria.

Così ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 55374/18, depositata l’11 dicembre. Il caso. Dei manufatti venivano dichiarati abusivi dalla Corte d’Appello attraverso sentenza divenuta irrevocabile. Il condannato, a seguito del diniego di concessione edilizia in sanatoria, presentava istanza di accertamento di conformità urbanistica con relativa domanda di sospensione dell’ordine di demolizione. La Corte d’Appello, in funzione di Giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta. Il condannato ricorre in Cassazione lamentando la violazione alle normativa riferita alla condonabilità delle opere e deducendo che il Comune, rigettando la domanda di sanatoria, non aveva provveduto a formulare un nuovo ordine di demolizione, fattispecie che avrebbe comportato la formazione del silenzio-assenso. Interesse ad agire. Gli Ermellini affermano in primo luogo che la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio secondo cui in tema di reati edilizi, a seguito dell’inutile decorso del termine impartito al condannato per l’esecuzione dell’ordine di demolizione di opere dichiarate abusive, viene meno l’interesse alla revoca o alla sospensione dello stesso ordine se il manufatto diviene di proprietà del Comune . Silenzio-assenso sulla richiesta di condono. Ai fini della condonabilità dell’opera abusiva, la S.C. ricorda che il silenzio-assenso si forma a condizione che vi sia rispondenza della domanda di condono edilizio ai requisiti previsti dalla legge per il prodursi dell’effetto sanante . Inoltre occorre altresì l’acquisizione della prova della sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi stabiliti delle specifiche disposizioni di settore . Gli Ermellini ribadiscono poi che il giudice dell’esecuzione, a cui sia richiesto di revocare l’ordine di demolizione di un’opera abusiva in ragione di sopravvenuto provvedimento di condono, ha il potere di sindacare tale atto concessorio predisponendone la disapplicazione ove lo stesso sia stato emesso in assenza delle condizioni formali e sostanziali di legge previste per la sua esistenza e non anche nell’ipotesi di mancato rispetto delle norme che, regolando l’esercizio del potere amministrativo, determinano solo l’invalidità . Nel caso di specie la S.C. rigetta il ricorso poiché è ravvisabile un buon governo dei principi richiamati, infatti, a seguito dell’inutile decorso del termine assegnato al condannato per l’esecuzione dell’ordine di demolizione, essendo il bene divenuto di proprietà del Comune, viene meno l’interesse a chiedere la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 novembre – 11 dicembre 2018, n. 55374 Presidente Liberati – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata ordinanza, la Corte d’appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione a cui gli atti erano stati trasmessi da questa Corte con ordinanza del 8 febbraio-27 dicembre 2017, rigettava l’istanza presentata nell’interesse di S.S. , diretta ad ottenere la sospensione dell’ordine di demolizione emesso dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Palermo ed avente ad oggetto il manufatto abusivo di cui alla sentenza emessa a carico della S. dalla Corte di appello di Palermo in data 5 novembre 1999, irrevocabile il 24 dicembre 1999. 2. Avverso l’indicata ordinanza, S.S. , per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 14 l.r. Sicilia n. 16 del 2016, 32, comma 25, d.l. n. 269 del 2003, 39 I. n. 724 del 1994 e 31 d.P.R. n. 380 del 2001. Osserva la ricorrente che la Corte territoriale avrebbe erroneamente disapplicato il provvedimento amministrativo di conformità urbanistica, in quanto i termini di cui all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 non risultavano decorsi in virtù delle disposizioni in tema di condono edilizio, in conseguenza della presentazione della domanda di sanatoria. Peraltro, poiché il Comune, a seguito del diniego di concessione edilizia in sanatoria , non avrebbe emesso un nuovo ordine di demolizione, la S. ha legittimamente proposto istanza di accertamento di conformità urbanistica ai sensi dell’art. 14 l.r. Sicilia, in relazione al quale si sarebbe formato il silenzio-assenso, con il conseguente rilascio del titolo concessorio, ciò che comporterebbe la caducazione dell’ordine di demolizione. 2.2. Con il secondo motivo si lamenta vizio di mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione. Assume la ricorrente che la Corte territoriale avrebbe errato nell’affermare la scadenza dei termini di cui all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, i quali non sarebbero decorsi in quanto sospesi ai sensi dell’art. 38, comma 1, l. n. 47 del 1985, quale automatica conseguenza della presentazione della domanda di condono, poi esitata favorevolmente. La Corte territoriale avrebbe perciò errato nella disapplicazione dell’atto concessorio, per il cui rilascio, peraltro, la ricorrente avrebbe sostenuto un costo economico non irrilevante. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi, che possono essere esaminati congiuntamente stante l’omogeneità delle questioni dedotte. 2. La motivazione addotta dalla Corte d’appello si fonda su solide ragioni giuridiche ed è immune da vizi logici e, quindi, non merita censure. 3. In primo luogo, la Corte territoriale si è correttamente appellata al principio, affermato da questa Sezione, secondo cui in tema di reati edilizi, a seguito dell’inutile decorso del termine assegnato al condannato per l’esecuzione dell’ordine di demolizione, viene meno l’interesse alla revoca o alla sospensione dello stesso, essendo il bene ormai divenuto di proprietà del Comune Sez. 3, n. 45432 del 25/05/2016 - dep. 27/10/2016, Ligorio, Rv. 268133 . Nel caso in esame la Corte ha osservato che detto termine, pari a 90 giorni, era abbondantemente decorso, a fronte di un ordine di demolizione impartito con sentenza passata in giudicato nel 1999 e di un’ingiunzione alla demolizione notificata il 1 ottobre 2015 essendo, perciò, il bene acquisito il patrimonio del Comune, era venuto meno l’interesse alla revoca o alla sospensione dell’ordine di demolizione. E tanto basta per dichiarare l’inammissibilità del ricorso. 4. In secondo luogo, la Corte ha correttamente osservato come il termine di cui all’art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001 - espressamente richiamato dall’art. 14, comma 1, l.r. Sicilia n. 16 del 2016 - fosse parimenti decorso in relazione alla domanda di condono presentata dalla ricorrente il 30 settembre 2016 quindi in epoca successiva alla presentazione dell’incidente di esecuzione, depositato in data 14 marzo 2016 ai sensi dell’indicata legge regionale, e in relazione alla quale si era formato il silenzio-assenso. Invero, ai fini della condonabilità dell’opera abusivamente realizzata, il silenzio-assenso si forma a condizione che vi sia rispondenza della domanda di condono edilizio ai requisiti previsti dalla legge per il prodursi dell’effetto sanante Sez. 3, n. 764 del 02/12/2010 - dep. 14/01/2011, Conte, Rv. 249308 Sez. 4, n. 15210 del 05/03/2008 - dep. 10/04/2008, Romano, Rv. 239606 . In altri termini, il silenzio-assenso sulla domanda di condono non si perfeziona per il solo fatto dell’inutile decorso del termine perentorio a far data dalla presentazione della domanda di sanatorio e del pagamento dell’oblazione, se non sopravviene la risposta dal Comune, occorrendo altresì l’acquisizione della prova della sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi stabiliti della specifiche disposizioni di settore. Ne deriva che il giudice dell’esecuzione, a cui sia richiesto di revocare l’ordine di demolizione di manufatto abusivo in ragione di sopravvenuto provvedimento di condono, ha il potere di sindacare detto atto concessorio, disapplicandolo soltanto ove lo stesso sia stato emesso in assenza delle condizioni formali e sostanziali di legge previste per la sua esistenza e non anche nell’ipotesi di mancato rispetto delle norme che, regolando l’esercizio del potere amministrativo, determinano solo invalidità Sez. 3, n. 25485 del 17/03/2009 - dep. 18/06/2009, Consolo, Rv. 243905 Sez. 3, n. 1104 del 25/11/2004 - dep. 19/01/2005, P.G. in proc. Calabrese ed altro, Rv. 230815 . Nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto buon governo dei principi ora richiamati, disapplicando l’atto concessorio formatosi a seguito di silenzio-assenso, stante l’accertata assenza dei requisiti richiesti per la sanatoria, in conseguenza dell’indicato decorso del termine di cui all’art. 31, comma 3, d.P.R. 380 del 2001, espressamente richiamato dall’art. 14, comma 1, l.r. Sicilia n. 16 de 12006, che, al momento della presentazione della domanda di condono da parte della S. , era spirato. 5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000 , alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.