Il GIP che autorizza la proroga delle intercettazioni non può celebrare l'udienza preliminare

La decisione di autorizzare la proroga delle intercettazioni rientra pienamente nell'esercizio della funzione di giudice per le indagini preliminari, considerata incompatibile dal codice di rito con quella di giudice per l'udienza preliminare atteso che non figura tra le ipotesi derogatorie tassativamente elencate nel codice stesso.

Così ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Seconda Penale, con la sentenza n. 55231/18, depositata il 10 dicembre. GIP & amp GUP stesso ufficio, funzioni diverse. L'interessante pronuncia che oggi commentiamo, oltre a segnalarsi per la chiarezza espositiva – connotazione sempre ben accolta dagli addetti ai lavori – si distingue perchè segna un punto a favore della concretizzazione del principio di terzietà ed impregiudicatezza del giudicante. Il caso che vi sta alla base è estremamente semplice un GUP viene ricusato dalle difese di alcuni imputati perchè, durante la fase delle indagini preliminari, ha autorizzato, in qualità di GIP, la proroga di alcune intercettazioni telefoniche riguardanti anche quei determinati soggetti. La richiesta viene respinta, e da qui il ricorso per cassazione affidato ad un'argomentazione alquanto lineare nel codice di rito si prevede espressamente che il giudice per le indagini preliminari non possa celebrare l'udienza preliminare, tranne in casi rari e circoscritti espressamente elencati. Non è previsto, tra le circostanze derogatorie, il rilascio dell'autorizzazione alla prosecuzione delle intercettazioni. Tutto sembrerebbe chiaro e lampante. Eppure, manco a dirlo, così non è due orientamenti, almeno fino ad oggi, si sono contesi il terreno operativo. Primo orientamento la proroga delle intercettazioni non conta. La norma sulla incompatibilità endoprocessuale del giudice, per avere questi adottato specifici provvedimenti in altre e diverse fasi del processo, è un istituto che nasce con il codice, ma che ha subito negli anni un'intensa attività di maquillage , tanto che i suoi connotati appaiono oggi molto dissimili da quelli che possedeva in partenza il bisturi che ne ha stravolto i lineamenti è stato impugnato a più riprese dalla Consulta e dal legislatore, entrambi animati dall'intento di garantire – non soltanto a parole – il principio di terzietà ed impregiudicatezza del giudicante. Si è così stabilito che il giudice per le indagini preliminari non possa celebrare l'udienza preliminare l'obiettivo della norma è quello di impedire che l'espressione di una qualsiasi valutazione sulla pregnanza dell'accusa possa influenzare il successivo giudizio di necessità/superfluità dell'accertamento dibattimentale nel caso di svolgimento dell'udienza preliminare classica” o di colpevolezza/innocenza nel caso di accesso ad un rito alternativo . Il principio va sotto il pomposo nome di alterità soggettiva” tra GIP e GUP. Eppure, nonostante questo indirizzo di pensiero, trasformato in norma positiva, non sono mancati i dubbi uno di essi riguarda proprio l'autorizzazione alla proroga delle intercettazioni. Una decisione della Sesta Sezione del 2017 ha, invero, affermato il principio secondo cui essa non intaccherebbe la verginità del giudice, in ragione del fatto che l'autorizzazione genetica alla captazione proviene da altro magistrato autorizzare la proroga non avrebbe carattere decisorio. Il secondo orientamento oggi prevalente se il giudice autorizza la proroga diventa incompatibile. Un altro orientamento, sempre della Sesta Sezione ma risalente al 2016 ed oggi prescelto, afferma invece il principio nettamente opposto le eccezioni alla incompatibilità soggettiva tra GIP e GUP sono tassative, e tra esse non figura l'autorizzazione alla proroga. Ebbene sì il legislatore, come spesso accade, crea la norma e poi si rende conto che così com'è non può funzionare. L'affermazione di principio secondo cui il chi ha svolto funzioni di GIP non può ricoprire, nel medesimo procedimento, anche quelle di GUP era lineare ma troppo drastica l'ennesimo intervento di chirurgia plastica è servito ad introdurre, con la consueta opera di novellazione che rende i codici di procedura caduchi come le foglie d'autunno, una sequenza di eccezioni alla regola generale. Sono tassative oppure no? Gli Ermellini ritengono – e gliene siamo grati – di sì le circostanze che consentono al GIP di essere anche GUP nello stesso procedimento nascono come deroghe e, come tali, vanno considerate di stretta interpretazione. Per addivenire a questa conclusione si è fatto appello ai principi generali del diritto, ai quali va aggiunto un rilievo del tutto intuitivo valutare la necessità di proseguire nella captazione delle conversazioni telefoniche, atto d'indagine certamente invasivo, comporta una previa valutazione della consistenza dell'ipotesi d'accusa e dei progressi o dei regressi? che quest'ultima ha compiuto dopo lo spirare del primo step” temporale. Non è forse questa una valutazione pre-giudicante?

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 28 novembre – 10 dicembre 2018, n. 55231 Presidente Gallo – Relatore Pazienza Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18/07/2018, la Corte d’Appello di Palermo ha rigettato le istanze di ricusazione proposte da C.F.P. , O.R. , L.P.G. e T.G. nei confronti del G.u.p. dr. N. , avendo quest’ultimo svolto - nel medesimo procedimento a loro carico funzioni anche di G.i.p., in particolare emettendo alcuni decreti di proroga delle intercettazioni telefoniche in corso, in accoglimento di richieste fondate su atti della Squadra Mobile di Palermo nei quali si faceva espresso riferimento ai predetti indagati. 2. Ricorrono per cassazione il C. , la O. e il T. , a mezzo dei propri difensori, deducendo, con argomentazioni sostanzialmente analoghe, violazione di legge e vizio di motivazione. 2.1. Si lamenta in primo luogo la non corretta interpretazione dei motivi di ricorso nella parte in cui era stata dedotta l’incompatibilità funzionale del giudicante a tenere l’udienza preliminare, avendo svolto funzioni di G.i.p. incompatibilità prevista dall’art. 34, comma 2-bis, cod. proc. pen., che nei commi successivi enuncia alcune ipotesi di deroga, che devono essere interpretate tassativamente deve quindi escludersi la possibilità di inserire, tra le situazioni con implicanti incompatibilità a tenere l’udienza preliminare, l’adozione di provvedimenti autorizzativi o di proroga delle intercettazioni telefoniche o ambientali. 2.2. Si censura inoltre la motivazione dell’ordinanza nella parte in cui aveva escluso che il G.i.p., nei provvedimenti di proroga, avesse valutato il compendio indiziario offerto a sostegno delle richieste. Nel ribadire l’illegittimità di un’interpretazione volta ad inserire la situazione in discorso tra quelle derogatorie dell’incompatibilità funzionale, i ricorrenti evidenziano l’illogicità della tesi per cui il G.i.p., nel verificare la permanenza degli indizi di reato legittimanti l’attività captativa e il rispetto dei presupposti normativi necessari per una legittima compressione di diritti di rilievo costituzionale, non abbia espresso considerazioni di merito. Nella specie, al contrario, nei provvedimenti di proroga era stata integralmente condivisa la prospettazione di fatti che, ovviamente, devono essere valutati in sede di udienza preliminare e di giudizio abbreviato. 3. Con requisitoria del 18/10/2018, il Procuratore Generale ha sollecitato l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo l’impostazione del ricorso quanto alla natura tassativa delle eccezioni previste, nei commi 2-ter e 2-quater dell’art. 34 cod. proc. pen., alla incompatibilità funzionale contemplata nel comma 2-bis del medesimo articolo. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso proposto in ciascuna delle odierne impugnazioni che possono quindi essere qui trattate congiuntamente è fondato. 2. Le censure dei ricorrenti, di tenore sostanzialmente sovrapponibile, hanno ad oggetto il percorso motivazionale compiuto dalla Corte d’Appello di Palermo nel rigettare le reiezione delle istanze di ricusazione del G.u.p. dr. N. , formulate deducendo la sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dal comma 2-bis dell’art. 34 cod. proc. pen., ai sensi del quale il giudice che, nel medesimo procedimento, ha esercitato funzione di giudice per le indagini preliminare non può - tra l’altro - tenere l’udienza preliminare. In particolare, l’incompatibilità del dr. N. a tenere l’udienza preliminare trae origine - nella prospettiva dei ricorrenti - dal fatto che il predetto magistrato ha, nel corso delle indagini preliminari, emesso alcuni decreti di proroga delle intercettazioni telefoniche, motivati aderendo alle note della Squadra Mobile di Palermo poste a base delle richieste di proroga del P.M. che, tra l’altro, facevano espresso riferimento alla posizione dei ricorrenti. Nella più recente giurisprudenza di legittimità, la portata applicativa di tale disposizione, con riguardo ai provvedimenti emessi dal G.i.p., nel medesimo procedimento, in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, è stata oggetto di soluzioni interpretative divergenti nella diversa ipotesi di decreti emessi in altro procedimento, a carico di soggetti diversi dall’imputato ricusante, l’incompatibilità è stata esclusa da una recente decisione cfr. Sez. 5, Sentenza n. 11982 del 07/12/2017, dep. 2018, Di Marco, Rv. 272662 . 2.1. Secondo un primo indirizzo - espresso dalla Sesta Sezione di questa Suprema Corte e fatto proprio anche dal provvedimento della Corte d’Appello impugnato dai ricorrenti - l’incompatibilità in questione deve essere esclusa nelle ipotesi in cui il G.i.p. si sia limitato ad emettere decreti di proroga di intercettazioni telefoniche già autorizzate, o a convalidare l’attività captativa disposta in via d’urgenza dal P.M. dovendo la predetta incompatibilità essere ravvisata solo con riferimento ad attività e provvedimenti di natura giurisdizionale di carattere decisorio , ed esclusa, invece, in relazione a provvedimenti che non incidono sul merito delle questioni oggetto del giudizio e ciò in ragione della finalità della causa di incompatibilità tra G.i.p. e G.u.p. che è quella della configurazione del G.u.p. come giudice terzo e quindi privo della conoscenza di atti in precedenza compiuti Sez. 6, n. 41776 del 05/07/2017, Di Giovanni . Tale decisione ha richiamato - a sostegno dell’insussistenza dell’incompatibilità per l’asserita mancanza, nei provvedimenti di proroga, di qualsiasi valutazione nel merito - altro precedente arresto Sez. 1, n. 27838 del 08/04/2013, Iozzi, Rv. 256074 , peraltro relativo ad una fattispecie diversa da quella che qui interessa, come avvertito dalla stessa sentenza Di Giovanni era stata dedotta, in quel procedimento, la nullità del provvedimento emesso dal Tribunale del Riesame composto anche dal giudice che, in quel procedimento, aveva in precedenza autorizzato la proroga delle intercettazioni telefoniche . 2.2. In una diversa prospettiva, sostenuta dalla medesima Sezione in composizione parzialmente diversa e fatta propria dal P.G. nella propria requisitoria, si è invece sostenuto che l’incompatibilità a tenere l’udienza preliminare, prevista dall’art. 34 per chi ha svolto funzione di G.i.p., trova eccezione unicamente nelle ipotesi previste nei commi successivi del medesimo art. 34 si tratta di norme rigide, frutto di successivi interventi legislativi e caratterizzate dalla specificità e chiarezza dei riferimenti, alle quali l’interprete non può aggiungere in via analogica elementi ulteriori Sez. 6, n. 44687 del 09/07/2015, Lamberti, che, muovendo da tali presupposti ermeneutici, ha ritenuto incompatibile a tenere l’udienza preliminare il magistrato che, nel medesimo procedimento, aveva proceduto agli adempimenti di cui al comma 6 dell’art. 268 cod. proc. pen., ovvero all’acquisizione delle conversazioni indicate dalle parti indicate dalle parti e ritenute non manifestamente irrilevanti . 3. Ritiene il Collegio che debba darsi seguito al secondo indirizzo interpretativo, per la sua maggiore aderenza all’assetto normativo delineato dai plurimi interventi del legislatore succedutisi, a partire dal 1998, sull’art. 34 cod. proc. pen 3.1. Com’è noto, la portata applicativa della incompatibilità delineata dal secondo comma dell’art. 34 che precludeva, in origine, solo la partecipazione al giudizio del giudice che aveva emesso il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare, il decreto di giudizio immediato, il decreto penale di condanna, ovvero che aveva deciso sull’impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere è stata oggetto di numerosi interventi additivi della Corte costituzionale, soprattutto nei primi anni dall’entrata in vigore del codice Vassalli. Nell’ovvia impossibilità di ripercorrere in questa sede le tappe di tale evoluzione, ci si limita qui a ricordare che le decisioni della Consulta hanno individuato una serie di ulteriori ipotesi di incompatibilità, in buona parte riconducibili a provvedimenti adottati dal giudice per le indagini preliminari, ritenuti pregiudicanti - non solo in relazione al giudizio dibattimentale, ma anche alla definizione del procedimento con i riti alternativi - perché connotati da una significativa pregnanza contenutistica , e non meramente formale, della valutazione operata basti qui richiamare le sentenze concernenti il rigetto dell’istanza di patteggiamento, l’ordine di formulazione dell’imputazione coatta, il rigetto della domanda di oblazione per la diversità del fatto, l’applicazione di misure personali . 3.2. Altrettanto noto è il fatto che, dinanzi ai ripetuti interventi additivi della Corte costituzionale, il legislatore ha fissato - in sede di istituzione del giudice unico di primo grado - il principio della alterità soggettiva tra giudice per le indagini preliminari e giudice dell’udienza preliminare, operando in una duplice direzione. Da un lato, su un piano strettamente ordinamentale, il d.lgs. n. 51 del 1998 ha modificato l’art. 7-ter ord. giud., introducendo - nel quadro dei criteri obiettivi e predeterminati per l’assegnazione degli affari al G.i.p. - l’obbligo della designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice dell’udienza preliminare . D’altro lato, il principio dell’alterità tra G.i.p. e G.u.p. è stato stabilito dal legislatore del 1998 anche all’interno del processo, attraverso appunto l’introduzione, al comma 2-bis dell’art. 34 cod. proc. pen., dell’incompatibilità a tenere l’udienza preliminare oltre che ad emettere il decreto penale di condanna e a partecipare al giudizio, anche fuori dei casi di cui al comma 2 del giudice che, nel medesimo procedimento, ha esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari. 3.3. La drastica scelta legislativa di non ricorrere a criteri casistici nell’individuazione dell’incompatibilità, ma di optare seccamente per la necessaria alterità soggettiva tra G.i.p. e G.u.p. con conseguente rinuncia alla verifica, in concreto, dell’effettivo carattere pregiudicante dell’attività anteriormente svolta in funzione di G.i.p. , era stata apprezzata in dottrina perché soprattutto faceva chiarezza, semplificando, almeno in parte, il quadro frastagliato e pur sempre inevitabilmente aperto risultante dalla giurisprudenza costituzionale . Peraltro, l’assolutezza di quella scelta ha ben presto indotto il legislatore ad intervenire ulteriormente, temperandone il rigore attraverso l’individuazione di alcune ipotesi di deroga all’incompatibilità funzionale delineata dal comma 2-bis dell’art. 34. In particolare, ai sensi del comma 2-ter del predetto articolo introdotto dalla l. n. 479 del 1999, e modificato dalla l. n. 95 del 2004 , le incompatibilità previste dal comma 2-bis non si applicano al giudice che, nel medesimo procedimento, ha emesso i provvedimenti previsti da specifiche disposizioni in tema di ordinamento penitenziario autorizzazioni sanitarie, permessi di colloquio, corrispondenza telefonica, controllo sulla corrispondenza, permessi , ovvero provvedimenti di restituzione nel termine ex art. 175 cod. proc. pen., o di dichiarazione della latitanza ex art. 296 dello stesso codice. Inoltre, ai sensi del comma 2-quater dell’art. 34 introdotto dal di. n. 82 del 2000, conv. con mod. dalla l. n. 144 del 2000 , le disposizioni del comma 2-bis non si applicano al giudice che, nel medesimo procedimento, ha adottato uno dei provvedimenti previsti dalle disposizioni in tema di incidente probatorio. Si è osservato, in dottrina, che le fattispecie di deroga all’operatività del comma 2-bis appaiono accomunate dall’assenza, nelle corrispondenti decisioni di qualsivoglia coefficiente di valutazione contenutistica dell’ipotesi accusatoria . Tale connotazione, di intuitiva evidenza quanto alle ipotesi individuate dal comma 2-ter dell’art. 34, può dirsi riscontrabile anche nella deroga all’incompatibilità correlata all’adozione di provvedimenti in sede di incidente probatorio nel valutare la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della relativa richiesta art. 398 cod. proc. pen. , nell’adottare i provvedimenti necessari all’espletamento dell’incidente artt. 399, 400 e nella stessa assunzione della prova in contraddittorio art. 401 , l’attività del giudice risulta priva di momenti valutativi in ordine all’intrinseca configurabilità e consistenza dell’ipotesi accusatoria, essendo funzionale unicamente all’assicurazione della prova in vista della fase dibattimentale. Il quadro fin qui delineato trova riscontro in una decisione della Corte costituzionale sent. n. 153 del 21 giugno 2012 , secondo cui il comma 2-bis dell’art. 23 sancisce, in termini generali, l’incompatibilità alla funzione di giudizio oltre che alla funzione di giudice dell’udienza preliminare o all’emissione del decreto penale di condanna del magistrato che, nel medesimo procedimento, abbia esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari, fatta eccezione per le ipotesi in cui si sia limitato ad assumere uno dei provvedimenti di marginale rilievo o anticipatori dell’istruzione dibattimentale specificamente elencati nei successivi commi 2-ter e 2-quater. Con tale disposizione - come emerge dalla relazione al d.lgs. n. 51 del 1998 - il legislatore ha inteso recepire le numerose dichiarazioni di illegittimità costituzionale pronunciate in precedenza da questa Corte in tema di incompatibilità del giudice per le indagini preliminari . accorpandole in una previsione unitaria di più immediata leggibilità, che peraltro ne supera l’ambito con la configurazione di una incompatibilità di tipo funzionale , nella precipua prospettiva di prevenire ulteriori pronunce del medesimo segno cfr. § 4 del Considerato in diritto . 4. Tale assetto normativo induce a ritenere non condivisibile l’orientamento interpretativo accolto nell’ordinanza impugnata, che attribuisce un pregiudiziale quanto dirimente rilievo, per l’affermazione dell’incompatibilità del giudice a tenere l’udienza preliminare ai sensi del comma 2-bis dell’art. 34, alla verifica del carattere decisorio, con incidenza nel merito, del provvedimento adottato da quel magistrato in funzione di giudice per le indagini preliminari cfr. Sez. 6, n. 41776 del 2017, cit. . Se è vero infatti che tale criterio ha concorso a guidare il percorso compiuto dalla Consulta, con le richiamate sentenze dichiarative della illegittimità costituzionale dell’art. 34 cfr. supra, § 3.1. , altrettanto vero è che la scelta legislativa seguita a quel percorso - con la quale l’indirizzo qui avversato non sembra confrontarsi compiutamente - è stata quella di recepire quelle decisioni, ma al contempo di superare la prospettiva casistica conseguente ai plurimi interventi della Corte costituzionale si è infatti optato per la configurazione, al comma 2-bis dell’art. 34, di una incompatibilità direttamente correlata alla funzione esercitata dal giudice non a caso definita incompatibilità di tipo funzionale dalla sentenza n. 153 del 2012 , peraltro successivamente mitigata dalle ipotesi derogatorie specificamente indicate nei commi 2-ter e 2-quater dell’art. 34. Sembra del resto opportuno porre in evidenza che, se davvero si dovesse espungere per via interpretativa, dal tenore apparentemente onnicomprensivo dell’incompatibilità delineata dal comma 2-bis dell’art. 34, tutti i provvedimenti del G.i.p. non implicanti una valutazione nel merito dell’ipotesi accusatoria, risulterebbe alquanto arduo comprendere il senso delle disposizioni derogatorie di cui ai commi 2-ter e 2-quater, essendo queste ultime accomunate - come già osservato - proprio dall’assoluta assenza di aspetti valutativi della fondatezza dell’accusa. Si tratterebbe anzi di disposizioni totalmente superflue, in quanto l’insussistenza dell’incompatibilità sarebbe stata agevolmente ricavabile, pur in assenza dei commi 2-ter e 2-quater, facendo appunto leva sulla mancanza di contenuto valutativo nel senso indicato che caratterizza i provvedimenti di rimessione in termini, di dichiarazione di latitanza, di ammissione dell’incidente probatorio, di autorizzazione ai sensi degli artt. 11, 18, 18-ter, 30 ord. pen Al contrario, il senso e la finalità dell’introduzione dei predetti commi si coglie e si apprezza compiutamente laddove si consideri che il legislatore, con il loro inserimento, ha inteso temperare gli effetti della riforma, limitando la portata applicativa di una incompatibilità funzionale che il d.lgs. n. 51 del 1998 aveva inteso delineate come espressamente chiarito nella Relazione ministeriale con caratteri di assolutezza. 5. Alla luce di quanto fin qui esposto, deve ritenersi, da un lato, che l’attività di proroga delle intercettazioni svolta dal dr. N. nel procedimento a carico dei ricorrenti rientri appieno nell’esercizio della funzione di giudice per le indagini preliminari, presa in considerazione dal comma 2-bis dell’art. 34 quale situazione di incompatibilità a tenere l’udienza preliminare d’altro lato, risulta del tutto evidente che la predetta attività non sia riconducibile ad alcuna delle ipotesi derogatorie contemplate dai commi 2-ter e 2-quater dello stesso articolo. È necessario chiedersi se tali previsioni siano suscettibili di interpretazione analogica, o se sia comunque possibile individuare - pur nel silenzio del legislatore - ulteriori ipotesi in cui all’adozione di provvedimenti in funzione di G.i.p. non consegua l’incompatibilità di quel magistrato a tenere l’udienza preliminare, ad emettere il decreto penale di condanna, a partecipare al giudizio. A tale quesito, i ricorrenti e lo stesso Procuratore Generale hanno risposto in senso negativo, argomentando anzitutto dal divieto previsto dall’art. 14 disp. prel. cod. civ. anche la sentenza Lamberti ha escluso la possibilità di estensioni per via interpretativa, sottolineando il carattere rigido delle disposizioni e la specificità e chiarezza dei riferimenti operati dalle norme derogatorie. Al riguardo, deve osservarsi che, anche a voler ritenere superabile l’ostacolo rappresentato dall’art. 14 delle preleggi, e a voler concordare quindi con l’impostazione dottrinale e giurisprudenziale favorevole ad integrare il catalogo delle deroghe all’incompatibilità, per esigenze di ragionevolezza correlate alla incompletezza del catalogo stesso, non potrebbe che aversi riguardo - per intuitive ragioni di carattere sistematico - alle sole ipotesi pienamente assimilabili a quelle individuate dal codice ovvero, come sottolineato in dottrina, ai soli casi che davvero non pongano in dubbio l’effettiva assenza di apprezzamenti contenutistici . In tale prospettiva è stata appunto esclusa, in giurisprudenza, l’incompatibilità a partecipare al giudizio dibattimentale del magistrato che abbia esercitato, nel medesimo procedimento, le funzioni di G.i.p., conferendo un incarico peritale per la verifica, ai sensi dell’art. 299, comma quarto-ter, cod. proc. pen., della compatibilità delle condizioni di salute di un coindagato con il regime custodiale carcerario Sez. 6, n. 18525 del 26/04/2012, De Stefano, Rv. 252717. Sulla possibilità di escludere l’incompatibilità ex art. 34 comma 2-bis, estendendo ai provvedimenti effettivamente adottati dal giudice la medesima ratio sottesa alle ipotesi derogatorie previste dai commi 2-ter e 2-quater dello stesso art. 34, cfr. anche Sez. 5, a n. 371 del 12/12/2007, dep. 2008, Ruffoni, Rv. 238336 . 6. Appare peraltro superfluo, a questo Collegio, soffermarsi sull’impossibilità di ricondurre, in tale ambito di sostanziale omogeneità alle ipotesi codificate di deroga, i decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche o ambientali, o di proroga dell’attività captativa già autorizzata, emessi dal G.i.p. nell’ambito del medesimo procedimento. È noto infatti che, per legittimare la compressione di un diritto di rilievo anche costituzionale, quale quello alla segretezza delle comunicazioni, il G.i.p. è tenuto a verificare tra l’altro - alla luce degli elementi acquisiti e dedotti dal P.M. a sostegno della richiesta di intercettazione o di proroga - la sussistenza/persistenza di gravi indizi di reato art. 267 cod. proc. pen. , ovvero, nelle ipotesi di cui all’art. 13 l. n. 203 del 1991, di sufficienti indizi di reato. Trattasi, con ogni evidenza, di attività non assimilabile in alcun modo alle ipotesi codificate di deroga all’incompatibilità, proprio perché caratterizzata da una valutazione contenutistica dell’ipotesi accusatoria, operata nel medesimo procedimento pur se al solo fine di autorizzare le captazioni, e pur se non necessariamente ancorata all’individuazione delle responsabilità di un determinato soggetto ovvero proprio da quelle connotazioni che, invece, mancano totalmente nelle fattispecie elencate ai commi 2-ter e 2-quater dell’art. 34. In buona sostanza, il G.i.p. che autorizza l’intercettazione, o la proroga dell’attività captativa, non si limita ad un intervento di natura formale o comunque estraneo all’oggetto dell’imputazione, né si limita a conoscere il contenuto degli atti procedimentali acquisiti a sostegno di un’ipotesi accusatoria egli è tenuto ad una delibazione delle risultanze allegate a sostegno della richiesta, in funzione squisitamente valutativa della configurabilità, su quelle basi, di gravi o sufficienti indizi del reato ipotizzato dal P.M. richiedente. Né può dubitarsi dell’effettivo esercizio di tali attività nella fattispecie in esame, avendo il dr. N. autorizzato la proroga delle intercettazioni con una motivazione per relationem al contenuto della richiesta del P.M. e delle note della Squadra Mobile di Palermo, nelle quali si fa - tra l’altro - espresso riferimento al C. all. 1, 2, 3 al ricorso , alla O. all. 1, 2 e al T. all. 4, 5. Sulla legittimità di una motivazione per relationem del decreto di autorizzazione o di proroga, mediante il richiamo al provvedimento del pubblico ministero e alle note di polizia, con implicito giudizio di adesione ad essi, cfr. ad es. Sez. 1, n. 9764 del 10/02/2010, Femia, Rv. 246518 . 7. Le considerazioni fin qui svolte rendono ultroneo l’esame delle ulteriori doglianze prospettate, imponendo l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, e la restituzione degli atti alla Corte d’Appello di Palermo. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la restituzione degli atti alla Corte d’Appello di Palermo.