Carcere duro: il colloquio con il Garante deroga al regime differenziato?

Il detenuto in regime di carcere duro” non può svolgere colloqui individuali con il Garante regionale in stanze senza vetro divisorio e controllo auditivo tale prerogativa è riservata dalla legge solo del Garante nazionale per i diritti dei detenuti .

Il caso. Il magistrato di sorveglianza accoglieva il reclamo presentato dal detenuto avente ad oggetto la fruizione dei colloqui con il garante regionale dei diritti dei detenuti, disponendo la disapplicazione della circolare dipartimentale e, dunque, autorizzando il detenuto in regime differenziato ex art. 41- bis ord. pen. a svolgere colloqui individuali con il garante in stanze senza vetro divisorio, senza controllo auditivo e senza computare tali colloqui nel numero massimo consentito con i familiari e terze persone. Il Procuratore generale proponeva reclamo ma il Tribunale di sorveglianza lo respingeva. Di qui il ricorso per cassazione proposto dal Procuratore generale presso la Corte d’appello che ha lamentato la violazione di legge. La figura del Garante nazionale e le sue prerogative. Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale è un’autorità collegiale di garanzia istituita con la funzione di vigilare su ogni forma di privazione della libertà personale attuata da soggetti istituzionali. L’introduzione della figura del Garante e la previsione dei mezzi di cui può avvalersi corrisponde a impegni internazionali, tra cui gli obblighi sanciti dal Protocollo opzionale alla Convenzione ONU contro la tortura OPCAT , trattato ratificato dall’Italia. Tra le prerogative del Garante vi è anche quella di incontrare le persone private dalla libertà personale, in qualsiasi regime e ovunque si trovino, riservatamente e senza limitazione temporale e controlli. È evidente che l’assenza di condizioni e controlli distingue tali colloqui da quelli disciplinati dalle norme penitenziarie. Per i Garanti territoriali, però Le speciali previsioni di cui gode il Garante nazionale però non sono estese ai preesistenti garanti territoriali solo per il primo, dunque, sono ammesse forme incondizionate di interlocuzione. Ne deriva che la disposizione di legge che disciplina i colloqui con i garanti territoriali è quella ordinaria dell’art. 18 ord. pen. secondo cui i detenuti e gli internati sono ammessi ai colloqui e alla corrispondenza con i congiunti e le altre persone, oltre che con il garante dei diritti dei detenuti. Inoltre, si sono inclusi i garanti dei diritti dei detenuti comunque denominati” – ivi compresi, dunque, quelli regionali – tra i soggetti cui compete la visita degli istituti penitenziari. Infine, tutti i garanti rientrano tra i soggetti a cui i detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami orali o scritti, anche in busta chiusa e quindi senza forme di controllo. Se il detenuto è in regime di carcere duro. Alcuna preclusione alle possibilità di contatto e di interlocuzione con i garanti territoriali visite, colloqui, reclami consegue alla sottoposizione alla detenzione con il regime del carcere duro”. Quali sono le modalità di fruizione dei colloqui con i garanti territoriali per il detenuto in regime di carcere duro? Secondo la Suprema Corte è infondata la tesi secondo cui i colloqui con i garanti dovrebbero distinguersi da quelli relativi a persone diverse da congiunti e conviventi perché in detta categoria persone diverse” rientrano anche i garanti territoriali. Pertanto, per chi è in regime c.d. di 41- bis il contenuto limitativo – circa le condizioni di ammissibilità e le modalità di espletamento dei colloqui visivi – deve essere riferito anche a quelli aventi come interlocutori i garanti locali. La decisione impugnata non risulta conforme ai canoni di interpretazione dell’art. 41 bis ord. pen. e, dunque, non può escludersi che nei colloqui con il garante regionale si possa prescindere dall’autorizzazione e dal controllo auditivo del vetro divisorio. Il controllo con il garante va computato al numero dei colloqui massimo? L’art. 41- bis ord. pen., quando fa riferimento al numero dei colloqui si confronta con quelli ordinariamente ammessi con i familiari, tanto che vieta, salvo casi eccezionali, i colloqui con persone diverse. Il carattere straordinario di tali colloqui è incompatibile con il loro esaurimento in un certo mese. Le peculiari ragioni di tutela per cui eccezionalmente viene ammesso il confronto diretto con il garante determinano che non possa computarsi il colloquio con il garante nel numero massimo così viene assicurato l’accesso alle garanzie di cui trattasi, senza incidere sugli altri interessi di rango costituzionale afferenti al mantenimento dei rapporti con i familiari tramite i colloqui mensili.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 luglio – 26 novembre 2018, n. 53006 Presidente Boni – Relatore Binenti Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Perugia, con l’ordinanza indicata in epigrafe, respingeva i reclami proposti dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Perugia e dal Ministro della Giustizia, avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di sorveglianza di Spoleto, in accoglimento di un reclamo presentato da O.U. in materia di fruizione dei colloqui con il garante regionale dei diritti dei detenuti, aveva disposto che disapplicata la circolare dipartimentale 3651/6101 del 7.11.2013 e le altre disposizioni che lo vietano, sia consentito al detenuto in regime differenziato ex art. 41 bis o.p. di svolgere ove ne abbia interesse colloqui individuali con il garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale in stanze senza vetro divisorio e senza controllo auditivo e senza che i detti colloqui siano computati nel numero massimo consentitogli con i familiari e terze persone dagli artt. 37 reg. esec. e 41 bis, comma 2 quater lett. b , ord. pen. . 2. A supporto della decisione si rileva che l’art. 18, comma 1, Ord. pen., elencando i soggetti con i quali sono ammessi i colloqui, individua specificamente il garante dei diritti dei detenuti . Tale figura, comprendente anche i garanti locali, fra cui quello regionale, assume una posizione diversa rispetto a quella dei congiunti e delle altre persone prima citate dalla norma. Ciò si desume dalla congiunzione nonché che precede l’aggiunta in ultimo della figura del garante. Sicché, l’art. 37 d.P.R. n. 230 del 2000, prevedendo il rilascio dell’autorizzazione ai colloqui con persone diverse dai congiunti o conviventi in presenza di ragionevoli motivi, non può riferirsi al garante di cui sopra. Del resto, l’operato di tale soggetto, a garanzia degli interessi del detenuto rispetto ai comportamenti tenuti dall’amministrazione, non può essere condizionato da un’autorizzazione concessa discrezionalmente dal medesimo direttore dell’istituto penitenziario. L’ampiezza del ruolo di garanzia e di controllo assegnato ai garanti locali rimane, altresì, dimostrata dall’inclusione di tali soggetti fra quelli istituzionali ai quali è consentito, secondo quanto previsto dall’art. 67 Ord. pen, in assenza di ogni autorizzazione e preavviso, di effettuare le visite agli istituti penitenziari. L’art. 41-bis Ord. pen. non prevede regole particolari per i colloqui con i garanti locali, ma ciò non può leggersi nel senso dell’esclusione di una garanzia che in tal caso risulta tanto più giustificata per il regime differenziato in peius. Pertanto, anche per i detenuti sottoposti a tale regime i colloqui con i garanti locali sono sempre garantiti senza che siano richieste le autorizzazioni e le condizioni eccezionali indicate dal comma 2-quater lett. b del citato art. 41-bis, dovendo tali limitazioni riferirsi solamente agli altri soggetti diversi dai familiari. E proprio in ragione delle particolari finalità dei colloqui di cui trattasi non è possibile ammettere il loro computo per raggiungere il limite numerico dei colloqui mensili con i familiari e le altre persone previsto dalle citate disposizioni. Altrimenti il detenuto, per poter accedere alle interlocuzioni a garanzia dell’esecuzione di un trattamento conforme alle regole costituzionali, verrebbe necessariamente a subire un ingiustificato pregiudizio nella piena fruizione di un altro diritto costituzionalmente garantito riguardante i legami affettivi familiari. I colloqui in questione, inoltre, per il loro particolare regime dovuto alla specificità funzionale di assicurare la verifica del trattamento, neppure possono sottostare alle modalità previste dalla lett. b del comma 2-quater dell’art. 41-bis Ord. pen., avuto riguardo al controllo auditivo e alla presenza del vetro divisorio. Diversamente opinando, d’altronde, si getterebbe un gravissimo sospetto sulle figure dei garanti locali, considerandoli soggetti che non potrebbero riservatamente comunicare con il detenuto sottoposto a quel regime poiché anch’essi individuabili come possibili canali di collegamento con la criminalità. Una cautela di certo non considerata dal legislatore, stante che l’art. 35 Ord. pen. consente a qualsiasi detenuto di inviare ai garanti locali istanze e reclami in busta chiusa, così da aversi comunicazioni scritte sempre prive di ogni controllo. 3. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Perugia, chiedendone l’annullamento in forza di articolati rilievi contenuti in un unico motivo, con il quale lamenta violazione degli artt. 41-bis Ord. pen. e 117, comma 2, Cost. Rilievi che si illustrano secondo quanto previsto dall’art. 173, comma 2, cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari ai fini della presente motivazione. Preliminarmente il ricorrente osserva che non vanno confusi i colloqui regolati dagli artt. 18 Ord. pen. e 37 d.P.R. n. 230 del 2000 con le visite contemplate dall’art. 67 Ord. pen., pacificamente consentite anche ai garanti regionali, pur trovandosi gli stessi, come gli altri garanti locali, in una posizione diversa da quella del garante nazionale, le cui ben più ampie prerogative sono riconosciute dalla disciplina speciale dettata dalla legge n. 10 del 2014, conformemente al contenuto di accordi internazionali resi esecutivi dallo Stato. Di contro, nessuna disposizione derogatoria si coglie in materia di colloqui per i garanti locali, considerato il cogente contenuto degli artt. 18 Ord. pen e 37 d.P.R. n. 230 del 2000 e delle previsioni speciali dettate dall’art. 41-bis Ord. pen. Né in senso contrario può richiamarsi la possibilità di invio di scritti riservati ai sensi dell’art. 35 Ord. pen, trattandosi di un diverso strumento di garanzia già esaustivamente concesso ai detenuti per comunicare anche con i garanti locali. Seguendo i ragionamenti svolti dal Tribunale, per altro verso, risulterebbe lesa la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia penitenziaria in violazione dell’art. 117 comma 2 Cost., avendosi infatti l’istituzione, attraverso atti normativi regionali o di altri enti locali, di organi di controllo dell’amministrazione penitenziaria con modalità che derogano la legge statale. 4. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, attraverso memoria tempestivamente depositata, ha chiesto anch egli l’annullamento con rinvio. Nell’ambito di un’ampia descrizione della disciplina dettata in materia ha indicato, a sostegno dei rilievi mossi alle ragioni della decisione, la necessità di rispettare sia la riserva di legge statale dettata dall’art. 117 Cost. in materia penitenziaria, sia il rapporto di specialità fra l’art. 41-bis e l’art. 18 Ord. pen. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato per le ragioni e nei termini di seguiti illustrati. 2. Il decreto-legge n. 146 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, ha istituito il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, quale autorità collegiale di garanzia avente la funzione di vigilare, attraverso diversi e penetranti poteri, su ogni forma di privazione della libertà personale attuata da soggetti istituzionali. L’introduzione di tale figura indipendente e la previsione dei mezzi di cui essa può avvalersi danno attuazione a precisi impegni internazionali. Al riguardo vengono in evidenza gli obblighi sanciti dal Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura OPCAT . Tale trattato, sottoscritto dall’Italia il 28 agosto del 2003, è stato ratificato con legge del 9 novembre 2012, n. 195. Fra le prerogative che sono state riconosciute al Garante Nazionale in forza della sopracitata normativa, vi è anche quella di incontrare i soggetti sottoposti alla privazione della libertà personale, in qualsiasi regime e ovunque si trovino, riservatamente, senza limitazioni temporale e la sottoposizione a controlli. L’assenza di condizioni e restrizioni allontana tali ampie prerogative, proprie del Garante nazionale, dalla figura dei colloqui come disciplinati dalle norme penitenziarie, accompagnandosi a questi ultimi invece verifiche e limitazioni. Né le speciali previsioni che hanno disciplinato in termini generale i poteri del Garante nazionale si sono preoccupate di estendere le sue prerogative ai preesistenti garanti territoriali, dato che l’art. 7, comma 5, della legge n. 110 del 2014 che elenca detti poteri, cita tali garanti solo come una delle figure rispetto alle quali il Garante nazionale promuove e favorisce rapporti di collaborazione. Correttamente dunque le disposizioni nella specie oggetto di disapplicazione hanno distinto la figura del Garante nazionale da quella dei garanti territoriali, ammettendo solo per il primo le suddette forme incondizionate di interlocuzione. 3. Ciò posto, la sola disposizione di legge cui far riferimento per quanto riguardo i colloqui con i garanti territoriali rimane quella dettata dal comma 1 dell’art. 18 Ord. pen. così formulato al momento della presente decisione I detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e corrispondenza con i congiunti e con altre persone, nonché con il garante dei diritti dei detenuti , come sostituito dall’at. 12 - bis, comma 1 lett. a , legge n. 14 del 2009. Tramite tale ultimo articolo è stata prevista inoltre l’aggiunzione della lett. 1-bis nel comma 1 dell’art. 67 Ord. pen, così includendosi i garanti dei diritti dei detenuti comunque denominati - e perciò anche quelli regionali - fra i soggetti ai quali compete la visita agli istituti disciplinata dallo stesso art. 67 citato. Per effetto della sostituzione dell’art. 35 Ord. pen., intervenuta con l’art. 3, comma 1 lett. a della legge n. 10 del 2014, tutti i garanti sopra menzionati rientrano fra i soggetti ai quali i detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami orali o scritti, anche in busta chiusa e quindi senza forme di controllo. Le possibilità di contatto e di interlocuzione con i garanti territoriali nelle diverse forme sopra indicate visite, colloqui, reclami pacificamente non sono in sé precluse dalla sottoposizione alla detenzione prevista dall’art. 41-bis Ord. pen 4. Le questioni poste con il ricorso riguardano l’ampiezza e le modalità della fruizione dei colloqui con i garanti territoriali nella specie quello regionale da parte dei detenuti sottoposti allo speciale regime appena sopra menzionato. I ragionamenti alla base delle conclusioni rassegnate a tal riguardo dai giudici di merito prendono le mosse da una lettura dell’art. 18 Ord. pen. che dovrebbe portare a distinguere - quanto al regime applicabile - i colloqui con i garanti locali da tutti gli altri ammessi con i restanti soggetti, congiunti o meno. Da ciò discenderebbe che i garanti locali non potrebbero rientrare fra le persone diverse dai conviventi e dai congiunti i cui colloqui, ai sensi dell’art. 37 d.P.R. n. 230 del 2000, vanno autorizzati in presenza di ragionevoli motivi. 5. L’assunto poggia su due argomenti destituiti di fondamento. 5.1. Il primo, di carattere letterale, valorizza la comparsa nel 1 comma dell’art. 18 Ord. pen. della congiunzione nonché prima del sostantivo garante e dopo essersi indicati i congiunti e le altre persone . L’approccio però non considera che la citata formulazione di tale comma deriva da un’aggiunta, ossia quella di cui all’art. 12-bis, comma 1 lett. a , della legge n. 14 del 2009, riguardante appunto l’espressa menzione dei garanti fra gli interlocutori nei colloqui di cui può beneficiare il detenuto. Di talché, le espressioni letterali rivelano solo il fine perseguito di includere i garanti fra le altre persone già considerate dalla specifica disciplina preesistente. Un’estensione la cui esplicita indicazione si è resa opportuna, trattandosi di soggetti che diversamente avrebbero potuto ritenersi sprovvisti di relazioni idonee a rappresentare ragioni di interlocuzione nella forma dei colloqui. Una questione non postasi per il Garante nazionale che neppure era stato istituito. L’approccio letterale sostenuto dal provvedimento impugnato appare ancor più privo di fondamento tenuto conto che lo stesso art. 18 citato, quando in seguito si occupa delle autorizzazioni, non opera distinzioni in relazione alle persone con le quali potere espletare i colloqui. Inoltre, nello stesso senso vanno considerate le previsioni dell’art. 37 d.P.R. n. 230 del 2000, dato che neppure in tal caso si è avvertita la necessità di procedere a precisazioni di carattere distintivo, essendo rimasta ancora dettata al comma 1, senza differenziazioni di sorta, la regola delle autorizzazioni e del riscontro dei ragionevoli motivi per i colloqui con le persone diverse dai congiunti o conviventi. Persone indistintamente considerate in modo da inferirsi l’inclusione fra le stesse pure dei garanti territoriali come sopra menzionati dal comma 1 dell’art. 18 Ord. pen 5.2. Il secondo argomento adoperato dal Tribunale finisce per conferire in sé alle esigenze di garanzia, poste alla base dei colloqui con il garante locale, un’attitudine a modificare il significato della norma che esse non possono avere. In proposito va, ad ogni modo, rilevato che a fronte dell’attribuzione al direttore del carcere di compiti autorizzativi, con conseguenti possibili interferenze su temi che potrebbero investire l’operatò dell’amministrazione, rimane la garanzia che la decisione assunta nel caso di diniego deve essere assistita da spiegazioni suscettibili di piena verifica tramite rimedi giurisdizionali. Si richiede una ragionevolezza nelle valutazioni, secondo quanto previsto dall’art. 37 d.P.R. n. 230 del 2000, che in assenza di comprovati e gravi motivi dovrà portare all’ammissione, considerando il ruolo di garanzia dell’interlocutore. Tutto ciò tenendo sempre conto che lo strumento dei colloqui non esaurisce le possibilità di interlocuzione diretta del detenuto con i garanti comunque denominati , potendo sempre operare il riservato strumento di contatto per iscritto, secondo quanto previsto dall’art. 35 Ord. pen. nell’attuale formulazione. 6. Le considerazioni appena svolte danno conto dell’infondatezza della tesi secondo cui i colloqui coi garanti dovrebbero distinguersi, alla stregua di quanto previsto in via generale dagli artt. 18 Ord. pen. e 37 d.P.R. n. 230 del 2000, da quelli indicati dalle medesime disposizioni relative alle persone diverse dai congiunti e conviventi categoria infatti comprendente anche i predetti garanti . Si tratta di un punto fermo che inevitabilmente rende prive di rilevanza le altre osservazioni svolte nel provvedimento impugnato che chiamano in causa l’assenza di specifiche previsioni per i garanti nelle disposizioni sui colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi dettate dall’art. 41-bis Ord. pen. Infatti, per quanto sopra rilevato, non vengono in evidenza distinzioni, in ragione del tipo di colloqui, previste da disposizioni generali gli artt. 18 Ord. pen. e 37 reg. esec. e non espressamente superate da quelle speciali relative al regime di rigore. Deve, pertanto, concludersi che le previsioni di cui comma 2-quater lett. f del citato art. 41-bis, aventi contenuto ulteriormente limitativo con riferimento alle condizioni di ammissione e alle modalità di espletamento dei colloqui visivi, debbono essere riferite anche a quelli aventi come interlocutori i garanti locali. 7. Relativamente agli altri rilievi svolti dal Tribunale circa l’autorità chiamata a decidere sull’autorizzazione non possono che richiamarsi le osservazioni già espresse a proposito della disciplina dettata in via generale dall’art. 18 Ord. pen È vero che il comma 2-quater lett. f del citato art. 41-bis indica il colloquio con i soggetti, quali i garanti locali, diversi dai congiunti o conviventi come uno strumento solo eccezionale, ma va ricordato che resta comunque aperta senza condizioni la strada della riservata comunicazione prevista dall’art. 35 Ord. pen Di talché, l’eccezionalità, quale condizione idonea a dare luogo all’ammissione al colloquio diretto, potrà rilevarsi anzitutto considerando proprio l’impossibilità di pervenire agli stessi risultati comunicativi adoperando il solo supporto scritto. La pienezza della tutela individuale rimane così assicurata attraverso la corretta integrazione dei due strumenti, secondo le diverse modalità consentite. In ordine alle critiche ulteriormente svolte, secondo cui il controllo auditivo e il vetro di separazione costituirebbero l’espressione di intollerabili sospetti sui garanti, va rilevato che si tratta di un approccio per nulla appropriato. Infatti, l’attenzione va piuttosto rivolta ai detenuti sottoposti allo speciale regime in ragione della pericolosità loro riconosciuta, che potrebbe portarli a strumentalizzare questo genere di opportunità di diretta interlocuzione anche per esercitare forme di coercizione volte ad attuare all’esterno finalità illecite. Una condizione di possibile esposizione dei garanti locali, chiamati ai colloqui con i detenuti sottoposti allo speciale regime, che non appare allo stesso modo configurabile nel caso in cui venga a interporsi lo scritto inviato secondo quanto previsto dall’art. 35 Ord. pen. Il che si presta rappresentare le ragioni per cui solo in quest’ultima ipotesi non è contemplato alcun tipo di controllo preventivo. 8. Conclusivamente, dunque, la decisione impugnata, in punto di esclusione dell’autorizzazione ai colloqui e del controllo auditivo e del vetro divisorio, non risulta conforme ai corretti canoni di interpretazione dell’art. 41-bis Ord. pen 10. Opposte osservazioni vanno invece svolte con riferimento all’ulteriore esclusione riguardante la possibilità di computare il colloquio con il garante regionale nel numero massimo di quelli ammessi coi familiari e le altre persone. Il comma 2-quater lett. b del citato art. 41-bis quando fa riferimento al numero dei colloqui mostra chiaramente di confrontarsi con quelli ordinariamente ammessi con i familiari, visto che la previsione letterale indica i colloqui con persone diverse come vietati, facendo poi salvi i casi eccezionali. E proprio il carattere straordinario evidenzia come questo genere di colloqui abbia un fondamento che non si addice a cadenze prestabilite. Si hanno, infatti, situazioni che ragionevolmente scaturiscono da esigenze incompatibili con i tempi legati al possibile esaurimento in un certo mese del numero dei colloqui. La lettura operata al riguardo dal Tribunale, considerando le particolari ragioni di tutela per cui eccezionalmente viene ammesso il confronto diretto con il garante, costituisce pertanto quella più idonea al fine di assicurare il previsto accesso alla garanzia di cui trattasi, senza incidere sugli altri interessi di rango costituzionale afferenti al mantenimento dei rapporti con i familiari tramite i colloqui mensili. 9. Il ricorso va quindi accolto, essendo fondati i rilievi che censurano le determinazioni intervenute in ordine all’esclusione dell’autorizzazione, del controllo auditivo e del vetro divisorio, con conseguente annullamento con rinvio del provvedimento impugnato per nuovo esame. A tal fine il Tribunale di sorveglianza, tuttavia, potrà considerare l’incidenza sulle conclusioni sopra rappresentate delle modifiche dell’art. 18 Ord pen. intervenute dopo la presente decisione, proprio avuto riguardo ai colloqui con i garanti dei diritti dei detenuti, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11 d. lgs. 2 ottobre 2018, n. 123. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Perugia.