Chi commette un reato elettorale non può più votare, nemmeno in caso di sospensione condizionale della pena

La Cassazione risolve un conflitto fra norme. In caso di reati elettorali la privazione del diritto di voto va rubricata quale effetto extrapenale della condanna, dunque non sospendibile condizionalmente ai sensi dell’art. 166 c.p

Così la Cassazione, prima sez. penale, n. 52522/18, depositata il 21 novembre. La vicenda processuale. Veniva emesso ordine di esecuzione nei confronti di un condannato per vicende attinenti ad una tornata elettorale – violazione dei sigilli ex art. 349 c.p. -, per l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e seguente privazione del diritto di elettorato attivo e passivo ai sensi dell’art. 28 c.p., misure entrambe condizionalmente sospese. Ricorreva il Procuratore deducendo che la sospensione condizionale della pena non avrebbe avuto effetto sulla privazione al condannato del diritto di elettorato attivo e passivo e sul ritiro della scheda elettorale, ai sensi dell’art. 2 d.P.R. n. 223/1967 – come modificato dalla l. n. 15/1992 -. Per il Procuratore prevarrebbe una prospettiva general-preventiva di particolare rigore nei confronti dei committenti reati elettorali e di particolare tutela dell’esigenza di tutelare l’esercizio del voto libero e consapevole da parte della collettività. Le norme coinvolte. L’art. 113 d.P.R. n. 139/1957 prescrive che le condanne per reati elettorali, ove venga dal giudice applicata la pena della reclusione, producono sempre la sospensione del diritto di elettorato e l’interdizione dai pubblici uffici. Inoltre, l’art. 2 d.P.R. n. 223/1967 prevede che le sentenze di condanna per reati elettorali producono la perdita del diritto di elettorato solo se passate in giudicato. La perdita del diritto di elettorato viene rubricato ad effetto extrapenale della pena e non dispiega effetto la concessione della sospensione condizionale della pena, ex artt. 163 e ss. c.p. Per gli altri reati l’art. 166 c.p., come modificato dall’art. 4 l. n. 19/1990, regolante gli effetti della sospensione condizionale della pena, ne dispone l’estensione alle pene accessorie, anche di quelle previste ex art. 28 c.p. – interdizione pubblici uffici e perdita del diritto di elettorato ed eleggibilità -. La soluzione della Cassazione. Gli Ermellini forniscono una specifica lettura logico-sistematica e di successione fra norme. In caso di reati specificamente elettorali, la legge n. 15/1992, che ha modificato l’art. 2 d.P.R. n. 223/1967, è seguente all’art. 4 l. n. 19/1990, che ha modificato l’art. 166 c.p., e disciplina gli effetti extrapenali specifici alla condanna – i quali non coincidono con le pene iure proprio, quali quelle accessorie - determinando un diverso regime normativo anche in ordine agli effetti della sospensione condizionale della pena. Questa non ha effetto sulla perdita del diritto di elettorato del condannato. L’intento del legislatore è stato evidentemente quello di normare con più rigore la privazione del diritto di elettorato, rendendolo immune alle vicende specifiche inerenti alle pene principali ed accessorie, quali la sospensione condizionale. Occorre tuttavia che l’effetto extrapenale della condanna segua la specifica commissione di un reato elettorale – non ritenuto tale la violazione di sigilli ex art. 349 c.p. -. Nel caso non si tratti di reato elettorale la privazione del diritto di elettorato può seguire l’interdizione dai pubblici uffici, dunque condizionalmente sospendibile ai sensi dell’art. 166 c.p

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 gennaio – 21 novembre 2018, n. 52522 Presidente Tardio – Relatore Siani Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 31 maggio - 13 giugno 2017, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nell’articolazione territoriale di Caserta, ha accolto l’istanza avanzata da D.V.A. , volta a ottenere la revoca dell’ordine di esecuzione n. 30877/2016 SIEP con il quale era stata posta in esecuzione la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni uno, inflittagli dal Tribunale suddetto con sentenza del 22 gennaio 2014, che lo aveva condannato alla pena di mesi sei di reclusione per il reato di cui all’art. 349 cod. pen., con la sospensione condizionale, e ha dichiarato la non eseguibilità della condanna relativamente alla pena accessoria, siccome condizionalmente sospesa, e con essa dell’ordine di esecuzione suddetto con cui era stato disposto il ritiro della tessera elettorale. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere chiedendone l’annullamento senza rinvio e adducendo un unico motivo con cui lamenta inosservanza o erronea applicazione della legge penale. Ad avviso dell’Autorità ricorrente il provvedimento in esame era palesemente viziato, in quanto non aveva tenuto conto del fatto che - a seguito della modifica normativa introdotta dalla legge n. 15 del 1992 - i condannati a pena che importava interdizione dai pubblici uffici erano espressamente esclusi dalle liste elettorali, con la specificazione dettata dalla stessa norma che, con riferimento alle sentenze penali producevano la perdita del diritto elettorale soltanto quando erano passate in giudicato, la sospensione condizionale della pena non aveva effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato stante tale chiarimento normativo, il Tribunale avrebbe dovuto considerare che la sospensione condizionale della pena inflitta a D.V. non poteva avere effetti anche sull’esigibilità della connessa pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, e quindi la conseguente perdita del diritto elettorale. 3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, facendo rilevare che la modificazione normativa introdotta dalla legge n. 15 del 1992, che aveva sostituito l’art. 2 d.P.R. n. 223 del 1967, era relativa alla privazione del diritto elettorale costituente effetto penale delle sentenze di condanna per reati elettorali, non già all’effetto della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, sicché per l’ambito estraneo ai reati elettorali non era da ritenersi derogata l’efficacia della sospensione condizionale delle pene, inerente anche alle pene accessorie, come da art. 166 cod. pen., con l’effetto che l’interdizione dai pubblici uffici costituente pena accessoria derivata da reato diverso da quello elettorale seguiva la disciplina ordinaria ed era quest’ultimo il caso in esame, atteso che la condanna del D.V. aveva riguardato il reato di cui all’art. 349 cod. pen Considerato in diritto 1. L’impugnazione, pur involgente una delicata questione interpretativa, va ritenuta alfine infondata e deve essere, quindi, rigettata. 2. Essa sottende un’esegesi dell’ultima parte del secondo comma dell’art. 2 d.P.R. n. 223 del 1967, come sostituito dall’art. 1 legge n. 15 del 1992 - quella secondo cui la sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato - come riferita alla sospensione del diritto di elettorato, non soltanto come effetto extrapenale autonomo scaturente in modo specifico dalla commissione di un delitto elettorale, ma più in generale come conseguenza derivante anche da una pena accessoria, in particolare dall’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici. Epperò, la diversa interpretazione sollecitata dal Procuratore generale in sede con la formulazione dell’articolato parere sopra richiamato si profila persuasiva e contrasta efficacemente le ragioni poste dal P.m. ricorrente alla base dell’impugnazione. 2.1. L’esegesi ora indicata non è nuova. Essa circoscrive la portata della novità introdotta dalla legge n. 15 del 1992 per quanto concerne la perdita del diritto di elettorato come effetto penale derivante esclusivamente dalla condanna dell’interessato per fattispecie antigiuridiche costituenti reati elettorali in concreto puniti con la reclusione. Si è già precisato che la privazione del diritto elettorale e di eleggibilità per la durata non inferiore ad anni cinque e non superiore ad anni dieci, che, ai sensi dell’art. 113, commi primo e secondo, d.P.R. n. 361 del 1957, scaturisce da una sentenza irrevocabile di condanna pronunciata per reati elettorali nei confronti di un candidato, costituisce effetto extrapenale della condanna e non pena accessoria , in relazione al quale non opera la sospensione condizionale della pena principale eventualmente disposta Sez. 1, n. 31499 del 04/06/2013, Diodato, Rv. 256794 . 2.2. Si richiama il contenuto delle tre norme che rilevano ai fini della presente vicenda. L’art. 2 d.P.R. n. 223 del 1967, come sostituito dall’art. 1 legge n. 15 del 1992, stabilisce, al primo comma, che non sono elettori a . b coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, alle misure di prevenzione di cui all’art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come da ultimo modificato dall’art. 4 della legge 3 agosto 1988, n. 327, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi c coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, a misure di sicurezza detentive o alla libertà vigilata o al divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province, a norma dell’art. 215 del codice penale, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi d i condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici e coloro che sono sottoposti all’interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il tempo della sua durata. La disposizione, al secondo comma, prevede che le sentenze penali producono la perdita del diritto elettorale solo quando sono passate in giudicato e questo è il punto di più diretto interesse specifica che la sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato. Questa disciplina va coordinata con l’art. 113 d.P.R. n. 139 del 1957, in base al cui primo comma le condanne per reati elettorali, ove venga dal giudice applicata la pena della reclusione, producono sempre la sospensione dal diritto elettorale e l’interdizione dai pubblici uffici. Il secondo comma dispone che, se la condanna colpisce il candidato, la privazione dal diritto elettorale e di eleggibilità è pronunziata per un tempo non minore di cinque anni e non superiore a dieci. Poi il terzo comma prescrive che il giudice può ordinare, in ogni caso, la pubblicazione della sentenza di condanna. Infine, l’art. 166 cod. pen., come sostituito dall’art. 4 legge n. 19 del 1990, che regola gli effetti della sospensione condizionale della pena, dispone che tale sospensione si estende alle pene accessorie. 2.3. Nel solco dell’interpretazione richiamata - premesso che gli effetti penali della condanna, alla cui categoria appartengono anche le pene accessorie, conseguono solo a una sentenza irrevocabile di condanna non da provvedimenti discrezionali della pubblica amministrazione, ancorché aventi la condanna come necessario presupposto e posseggono una natura sanzionatoria, pur se incidente in ambito diverso da quello del diritto penale sostanziale e processuale - va osservato che tali effetti devono essere individuati in tutte quelle conseguenze giuridiche di carattere afflittivo che scaturiscono dalla condanna penale, conseguenze, peraltro, che non possono essere individuate esclusivamente in quelle derivanti ope legis dalla sentenza affermativa della responsabilità, bensì ricomprendono anche ogni altra sanzione o privazione di benefici che nella sentenza di condanna rinvenga, senza mediazioni, il suo necessario e indefettibile presupposto. Ciò posto, l’interpretazione della lettera dei primi due commi dell’art. 113 cit. persuade che la norma non contempla due diversi tipi di conseguenze derivanti dalla condanna alla reclusione per un reato elettorale il riferimento fatto dal secondo comma alla privazione dal diritto di eleggibilità va letto in relazione al chiaro nesso operante tra diritto di elettorato passivo e attivo, dal momento che l’elettorato attivo costituisce il presupposto indefettibile del diritto di elettorato passivo, sussistendo una sostanziale coincidenza tra elettorato attivo e passivo, in quanto chiunque sia elettore è anche, a sua volta, eleggibile e le cause di esclusione dell’elettorato attivo implicano, di per sé, anche il venir meno dell’elettorato passivo, considerato che la Costituzione e le leggi ordinarie stabiliscono requisiti positivi e negativi comuni sia alla capacità attiva che a quella passiva. Nell’ambito di tali principi e considerati anche quelli enunciati dalla Corte costituzionale sent. n. 132 del 2001, la quale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, primo comma, lett. c, legge n. 55 del 1990, come modificato dall’art. 1 legge n. 475 del 1999, nella parte in cui non prevede l’applicabilità alle ipotesi di ineleggibilità dalla stessa previste del disposto di cui all’art. 166, primo comma, cod. pen., secondo cui la sospensione condizionale della pena si estende alle pene accessorie, e non fissa all’ineleggibilità limiti temporali ragionevolmente proporzionati all’entità della pena, in riferimento agli art. 3, 27, terzo comma, e 51, primo comma, Cost. , è, in particolare, da ritenere che le conseguenze scaturenti, per effetto dell’applicazione della norma ora richiamata, dalla sentenza irrevocabile di condanna pronunziata a carico di soggetto candidato ritenuto responsabile di reati elettorali vadano qualificate come effetto extrapenale della condanna stessa. In tale contesto, vanno quindi distinti i due profili della privazione del diritto elettorale e di eleggibilità quale effetto extrapenale scaturente dalla sentenza irrevocabile di condanna alla pena della reclusione per un reato elettorale pronunziata nei confronti del candidato ai sensi dei primi due commi dell’art. 113 cit. e della privazione del diritto elettorale conseguente alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Tenendo presente la distinzione di questi due profili, relativamente alla privazione del diritto elettorale conseguente all’interdizione dai pubblici uffici, l’interpretazione corretta del principio di cui al primo comma dell’art. 166 cod. pen. deve tener conto delle successive modifiche normative e, in particolare, dell’art. 2, secondo comma, d.P.R. n. 223 del 1967, come sostituito dall’art. 1 legge n. 15 del 1992, che ha introdotto un’espressa clausola derogatoria alla regola generale contenuta nell’art. 166 cit., prevedendo espressamente che le condanne penali per reati elettorali, in presenza dell’applicazione della pena della reclusione, producono sempre la perdita del diritto elettorale e l’interdizione dai pubblici uffici, una volta passate in giudicato e che la sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato . La lettura logico-sistematica dell’art. 2 d.P.R. n. 223 del 1967 cit. come sostituito dall’art. 1 legge n. 15 del 1992 e dell’art. 166 cod. pen. come a sua volta modificato dall’art. 4 legge n. 19 del 1990 ha condotto alla conclusione che, in applicazione del generale principio di successione delle leggi nel tempo di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ., la deroga all’estensione del beneficio della sospensione condizionale alla privazione temporanea dei diritti elettorali, introdotta dell’art. 2 cit. - siccome è stata apportata dalla legge n. 15 del 1992, successiva alla modifica dell’art. 166 cit. ad opera della legge n. 19 del 1990 conserva senza dubbio la sua validità e la sua efficacia e non consente di richiamare, per il relativo ambito, le disposizioni di segno contrario contenute nella legge n. 19 del 1990, per sostenere l’applicabilità della sospensione condizionale della pena disposta per la sanzione principale della reclusione anche alla privazione dei diritti elettorali. Va, tuttavia, ribadito che la legge n. 19 del 1990 non ha introdotto una nuova previsione rispetto alle conseguenze dell’illecito diverse dalle pene accessorie sicché per gli effetti penali della condanna l’espressa esclusione dall’ambito di operatività degli effetti estintivi della sospensione condizionale della pena ex art. 167 cod. pen. trova logica giustificazione nel rilievo che gli effetti penali conseguono alla sentenza di condanna, ma non coincidono con nessuna delle pene e nella considerazione che il nostro ordinamento conosce varie ipotesi di effetti penali derivanti dalla condanna a pena oggetto di sospensione condizionale si considerino quelli relativi alla limitazione dalla possibilità di concedere un ulteriore beneficio, quelli inerenti alla contestazione della recidiva e alla qualificazione del reo quale delinquente o contravventore abituale o professionale, quelli afferenti all’iscrizione della condanna nel casellario giudiziale e quelli relativi alla concessione delle sanzioni sostitutive. Il fatto che l’ordinamento disponga la persistenza di tali effetti si spiega in una prospettiva di prevenzione generale, in quanto dalla corrispondente evenienza si desumono gli elementi necessari per predeterminare una più incisiva e grave prospettazione punitiva nei confronti di chi abbia già commesso reati. 2.4. Sempre in virtù dell’interpretazione logico-sistematica delle indicate norme emerge fatto che qui rileva primariamente la stretta correlazione tra il bene offeso dai delitti elettorali - che va individuato nel libero e incontaminabile dispiegarsi della libertà di voto - e il permanere della privazione dell’elettorato attivo e passivo anche in caso di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena detentiva principale, perché è per tale specifico ambito che risultano preminenti le esigenze di tutela della libertà del corpo elettorale, pregiudicata dall’autore di reati di tale specie. Nella corrispondente ottica lo stesso bene tutelato con la condanna a pena detentiva per delitto elettorale impone il prodursi - quale effetto extrapenale della pronunzia irrevocabile per tale tipologia di reato - della privazione dei diritti elettorali, anche ove la pena principale sia condizionalmente sospesa. Pertanto, si deve ribadire che l’irrilevanza della sospensione condizionale della pena sulla privazione dell’esercizio del diritto di elettorato del condannato non costituisce un aspetto del trattamento sanzionatorio penale del reato elettorale, ma costituisce il difetto di un requisito soggettivo per l’esercizio di quel diritto. 2.5. La ratio della conseguenza, particolarmente rigorosa, inerente alla privazione del diritto di elettorato quale effetto extrapenale della condanna e dell’ininfluenza della sospensione condizionale della pena ai fini di tale privazione ha coerentemente imposto di riferire il precetto di cui al secondo comma dell’art. 2 d.P.R. n. 223 del 1967 alle sole condanne a pena detentiva aventi ad oggetto reati elettorali in tal senso, l’eccezione al dispiegamento degli effetti sospensivi stabiliti anche per le pene accessorie dall’art. 166, primo comma, cod. pen. concerne la privazione del diritto di elettorato contemplato espressamente in tema di reati elettorali dall’art. 113, primo comma, d.P.R. n. 361 del 1957 come effetto autonomo e ulteriore rispetto alla pure stabilita interdizione dai pubblici uffici. Questo approdo - che trova conforto anche nell’interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimità civile Sez. 1, Civ., n. 25732 del 01/12/2011, Rv. 620753 - 01 ha ribadito che la privazione dei diritti elettorali, conseguente alla commissione di delitto elettorale, rimane efficace anche quando sia stata disposta la sospensione condizionale della pena detentiva inflitta, atteso che il principio dell’estensione del beneficio alla pena accessoria, stabilito in via generale nell’art. 166 cod. pen., è stato espressamente derogato, con riferimento ai reati elettorali, dall’art. 2, secondo comma, d.P.R. n. 223 del 1967, come sostituito dall’art. 1 legge n. 15 del 1992 lì dove ha stabilito che la sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato - ricollega al bene offeso dai delitti elettorali, ossia la libera espressione del voto, la permanenza della privazione dell’elettorato attivo e passivo pure in caso di beneficio della sospensione della pena detentiva, a più pregnante tutela della libertà del corpo elettorale è, dunque, lo stesso bene tutelato con la condanna a pena detentiva nel delitto elettorale che giustifica il permanere degli effetti della privazione dei diritti elettorali, anche se è sospesa la pena principale. Tale specificità convince che la scelta del legislatore, come circoscritta, sia da ritenersi l’effetto di discrezionalità politica legittimamente dispiegata, senza l’emersione di profili di irragionevolezza, sicché non sarebbe concludente comparare la relativa situazione con altre per le quali, applicandosi la sola pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, non si determina la privazione dei diritti di elettorato. 2.6. Così interpretata, la norma è stata rettamente applicata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, giacché l’effetto della privazione del diritto di elettorato nel caso di specie è derivata dall’esecuzione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni uno, inflitta ad D.V.A. dal Tribunale suddetto con sentenza del 22 gennaio 2014, che lo aveva condannato alla pena di mesi sei di reclusione per il reato di cui all’art. 349 cod. pen., pena che però era stata condizionalmente sospesa sicché, vertendosi in ambito diverso dalla condanna per reati elettorali, il principio dell’effetto sospensivo anche delle pene accessorie determinato dalla sospensione condizionale, di cui all’art. 166, primo comma, cod. pen. è stato ritenuto operante in modo corretto. 3. In definitiva, la complessiva doglianza formulata dal Procuratore della Repubblica ricorrente deve essere disattesa. Il ricorso va, pertanto, rigettato, senza statuizioni ulteriori, considerata la natura della parte ricorrente. P.Q.M. Rigetta il ricorso.