Il money transfer non trasmette le somme ricevute: è appropriazione indebita

Integra il reato di appropriazione indebita la condotta del gestore di un esercizio di trasferimento di denaro che non versa le somme ricevute dalla clientela alla società per la quale opera.

Così ha stabilito il Tribunale di Milano, Sezione Seconda Penale, con la sentenza n. 7323/18, depositata l’11 settembre. Il servizio di money trasfer. Siamo abituati a vederli a decine nelle nostre città ubicati in locali commerciali solitamente situati nelle zone densamente abitate dagli stranieri, consentono di trasferire somme di denaro verso paesi esteri. Operano su autorizzazione e svolgono una funzione che, normalmente, si è portati a pensare che sia di competenza bancaria. Il gestore di uno sportello money transfer” è legato da un contratto di mandato con una società di intermediazione finanziaria, alla quale deve riversare le somme raccolte dalla clientela mediante l’effettuazione di un bonifico. Dopodichè riceverà un compenso in base alle operazioni eseguite. Chiaramente, il circuito operativo – come possiamo ben immaginare – è su base telematica. Infatti, leggiamo nella sentenza, non appena il singolo gestore registra l’incasso, e prima ancora di avere eseguito il bonifico alla società finanziaria, quest’ultima compie l’operazione di trasferimento delle somme. Nel caso che ci occupa un agente” operante sul territorio aveva sì raccolto una somma di denaro di alcune migliaia di euro, ma non aveva mai eseguito il bonifico alla società madre. Dopo un sollecito, il gestore inviava una ricevuta di esecuzione di un bonifico che, in seguito, si rivelerà taroccata. Denunciato, viene processato in primo grado nelle forme del rito abbreviato e riconosciuto colpevole del delitto di appropriazione indebita. La sentenza, ancorchè suscettibile di essere riformata nei successivi gradi di giudizio, merita la nostra attenzione per la lucidità con cui si individuano, in quella condotta, gli estremi del delitto in esame. Possesso o detenzione? L’intero settore dei delitti contro il patrimonio ha una caratteristica che lo rende particolarmente interessante sotto il profilo scientifico buona parte delle fattispecie che ne fanno parte – l’appropriazione indebita non fa eccezione – contengono, nella loro componente oggettiva, elementi normativi extrapenali. La norma in esame ruota attorno al concetto di possesso. Ora, sulla nozione di possesso rilevante ai fini della condotta appropriativa si è discettato a lungo. Sostanzialmente, gli orientamenti ermeneutici sono riconducibili a due macrogruppi dei quali il primo propende per un richiamo alla nozione civilistica di possesso, mentre quello opposto è fautore di una interpretazione autonoma di tale requisito ai fini penali. In buona sintesi, possiamo dire che è prevalente l’idea che per possesso si debba intendere una relazione di fatto soggetto-oggetto caratterizzata dall’esercizio di un’autonoma signorìa sul bene denaro o cosa mobile , pur se animata dalla consapevolezza che l’oggetto materiale del reato sia altrui”. La possibilità di esercitare un dominio sulla res vale a distinguere il possesso dalla semplice detenzione richiamata, ad esempio, nella fattispecie di furto , che invece non esclude il mantenimento, da parte del proprietario della cosa, di un potere di controllo su quest’ultima. La nozione di detenzione, evidentemente, consente una tutela penale a più ampio raggio, permettendo di reprimere, come nel caso, appunto, del furto, qualsiasi spoliazione del bene, indipendentemente dall’esercizio su di esso, da parte di colui che ne materialmente disponga, di un potere autonomo. L’interversione del possesso. Ecco, invece, il momento consumativo del reato di appropriazione indebita coincide con l’istante in cui il possessore del denaro o della cosa mobile altrui inizia a comportarsi – appropriandosene – come titolare” dell’oggetto materiale del reato. Nel caso che ci occupa, ad esempio, la mancata esecuzione del bonifico dal gestore alla società finanziaria, costituisce lo spartiacque tra possesso lecito e appropriazione illecita. Questo istante, spesso di problematica rappresentazione probatoria, è importantissimo perché, coincidendo con il momento consumativo, consente di individuare sia l’inizio del termine di prescrizione, sia di discernere il delitto consumato da quello tentato.

Tribunale di Milano, sez. II Penale, sentenza 15 giugno – 11 settembre 2018, n. 7232 Giudice monocratico Crepaldi Motivi della decisione 1. Con Decreto del 14.9.2017 DE MA. Br. è sfato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui in epigrafe. All'udienza del 13.4.2018, disposto procedersi in assenza dell'imputato, si è costituita parte civile la persona offesa TRANFER MONEY MOVERS EP S.a. All'udienza odierna il difensore e procuratore speciale dell'imputato ha chiesto procedersi con ti rito abbreviato. La parte civile ha dichiarato di accettare il rito e il giudice ha ammesso il rito richiesto. Le parti hanno, quindi, concluso come in epigrafe e il giudice, previa camera di consiglio, ha dato lettura del dispositivo di sentenza. 2. Dalla denuncia della p.o. del 6.12.2013 si evince che la società TRANFER MONEY MOVERS EP S.a., intermediario finanziario abilitato e dedita all'attività di money transfer, in data 23 settembre 2013 ha sottoscritto con l'imputato un contratto di mandato il quale il DE MA. ha assunto l'incarico di erogare il servizio di trasferimento di denaro, facendo sottoscrivere al soggetto interessato l'ordine di trasferimento e, contestualmente, raccogliendo l'importo relativo, con l'obbligo di versare tali somme entro 24 ore dalla ricezione dell'ordine. La società mandataria, infatti, esegue la transazione ancora prima che il mandatario effettui il versamento. In data 25 ottobre 2013 il De Ma. ha ricevuto ordini di trasferimento e di deposito come da prospetto allegato alla querela - dai quali è emerso un saldo a favore della TRASFER MONEY pari a Euro 3.367,00. Pertanto, atteso il ritardo nel pagamento, la società mandante ha sollecitato l'imputato a versare la predetta somma e provveduto contestualmente a bloccare l'account informatico dello stesso. In data 26 ottobre 2013, l'imputato ha inviato alla società denunciate l'ordine di un bonifico bancario di Euro 13.500,00 effettuato in quella stessa data e con valuta 28.10.00, senza causate. Tale cifra sarebbe da imputare, quando a Euro 3.367,00 al saldo del debito accumulalo e Euro 10.133,00 al fine di farsi aumentare il proprio fido operativo. Ricevuta copia dell'ordine di bonifico anzidetto, la I-TRANSPER ha provveduto a rendere nuovamente operarivo l'account informatico del signor De Ma Il 29 settembre 2013 la società querelante, non avendo ricevuto alcun accredito, ha chiesto al proprio Istituto di credito notizie sul bonifico, apprendendo che la disposizione in suo favore non era mai stata effettuata la società, inoltre, ha constatato come il signor De Ma. avesse nel frattempo sottratto ulteriori importi per la somma complessiva di Euro 9.263.00. La stessa società ha in seguito richiesto formalmente la restituzione delle somme senza successo. Dalla visione della conferma di esecuzione del bonifico si evinco come la stessa sia effettivamente contraffatta in quanto la parte relativa all'imposto, al beneficiario e al CRO risultano compilate con un carattere differente rispetto al resto del modulo, frutto di un evidente collage. 3. Sulla scorta del contenuto della predetta quercia e degli allegati alla stessa, è possibile affermare la penale responsabilità dell'imputato. La persone offesa, infatti, ha riferito e documentato l'intervenuta appropriazione del denaro da parte del DE MA., denaro che non è mai stato girato dal mandatario alla mandante come da obblighi contrattuali. L'imputato, del resto, non ha opposto in alcun modo una versione alternativa, né sono stati dedotti elementi che possano mettere in dubbio la ricostruzione operaia dal querelante, del resto assolutamente logica e lineare e supportata da idonea documentazione. Quanto alla qualificazione giuridica della condotta, dalla lettura del contratto di mandato allegato alla querela si evince come l'impunito fosse un semplice intermediario, chiamato a concludere un contratto non già in nome proprio ina in nome e per conto della querelante, nonché alla riscossione del denaro. Ciò comporta che l'imputato non fosse mai divenuto proprietario del denaro ricevuto dai clienti, non solo perché appunto la titolare del rapporto contrattuale con la clientela è sempre e comunque la ITRANSFER ma anche perché egli è tenuto a depositare per utilizzare le parole del contratto il denaro ricevuto da clienti sui conti della società mandante entro 24 ore in modo integrale, senza neppure trattenere alcun margine per l'intermediazione. La remunerazione del mandatario, infatti, avviene successivamente, sulla base delle commissioni maturate sulle transazioni effettuate art 11 del contratto . Ciò comporta che l'imputato ha acquisito il solo possesso delle somme di cui all'imputazione, indebitamente trattenendole ed anzi inducendo in errore la persona offesa circa l'avvenuta restituzione delle stesse mediante l'invio di una falsa contabile di bonifico. Tale ragionamento è valido tanto per le somme trattenute nella prima fase pari ad Euro 3.367 , quanto quelle oggetto di trattenimento in seguito pari ad Euro 9.263 . La condotta dell'imputato ha certamente realizzato la cd. interversione del possesso e, quindi, il suo comportamento deve essere correttamente qualificato come violazione dell'art. 646 c.p. Sotto il profilo soggettivo, l'imputato era certamente consapevole del proprio obbligo di consegnare immediatamente la cosa alla mandante, com'è dimostrato non solo dalla sottoscrizione del contratto ma anche dalla fraudolenta condotta successiva. L'imputato va, quindi, dichiarato colpevole del delitto lui ascritto. 4. In tema di dosimetria sanzionatoria. Quanto alla dosimetria della pena, va preliminarmente verificato se possano essere concesse all'imputato le circostanze attenuanti generiche. Queste ultime, lungi dal costituire automatico elemento di alleggerimento del trattamento sanzionarono, rispondono all'esigenza di pieno adattamento della pena al caso concreto, in presenza di circostanze puntuali che, nella specie, facciano apparire la pena come eccessiva e, dunque, non conforme all'intento rieducativo di cui all'art 27 cost. Anche di recente la Suprema Corte ha ribadito che dette attenuanti non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale concessione del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostante da valutare ai sensi dell'art. 133 ad. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena1 . La prassi dell'applicazione pressoché automatica delle generiche, riconosciute solo in ragione dell'incensuratezza o in maniera del tutto apodittica, oltre a contrastare con la ratio stessa dell'art. 62-bis c.p. e a frustrarne l'efficacia perequativa, non fa i conti con il dato positivo introdotto con la novella del 2008, tesa proprio a ostacolare la prassi lassista. Le attenuanti generiche, secondo costante giurisprudenza2, non vanno intese come oggetto di una benevola concessione da parte del giudice il riconoscimento delle stesse non costituisce un diritto in assenza di elementi negativi, ma deve derivare dall'esistenza di elementi suscettibili di concreto e positivo apprezzamento. Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, pertanto, non e necessario die il giudice prenda in considerazione tuta gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superali tutti gli altri3. Nel caso di specie, in disparte l'incensuratezza dell'imputato, nessun elemento suscettibile di una valutazione positiva emerge dagli atti, essendosi la difesa limitata ad addurre la ludopatia dalla quale l'uomo sarebbe affetto ma senza documentarla, neppure in modo embrionale. Correttamente è stata contestata dal PM raggravatile dell'abuso della relazione d'opera, che deve essere ritenuta sussistente in relazione al legame contrattuale tra parte civile e imputato. Alla luce dei criteri di cui all'art. 133 c.p. e, in particolare, sulla scorta del danno cagionato alla p.o. dell'intensità del dolo e del comportamento fraudolento successivo all'appropriazione, si stima equa la pena di mesi 9 di reclusione. L'imputato deve essere altresì condannato al pagamento delle spese processuali. Possono essere riconosciuti all'imputato i benefici di legge in relazione all'ammontare della pena irrogata e all'incensuratezza dello stesso, subordinando tuttavia la sospensione condizionale della pena all'integrale risarcimento del danno in favore della parte civile. 5. Quanto alle statuizioni civili, deve essere ordinata la restituzione delle somme oggetto dell'appropriazione indebita, pari ad curo 12.630. Tali somme, infatti, sono state ricevute dall'imputato in nome e per conto della mandante e devono essere a questa restituite, con gli interessi legali dal dovuto al soddisfo. Poiché la parte civile non ha indicato alcun elemento da cui desumere la sussistenza di ulteriori voci di danno in particolare del danno all'immagine , la pronuncia di condanna deve essere limitata in tal senso. L'imputato deve, altresì, essere condannalo alla rifusione delle spese di costituzione e difesa in giudizio della parte civile, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. visti gli artt. 533, 535 c.p.p. DICHIARA Br. DE MA. colpevole del reato lui ascritto e lo CONDANNA alla pena di mesi 9 di reclusione ed curo 600 di multa, nonché a pagamento delle spese processuali, visti gli artt. 163,175 c.p.p. RICONOSCE all'imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel casellario giudiziale, condizionando il primo al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita. visti gli artt. 538 e ss. c.p.p. CONDANNA l'imputato al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile che si liquidano in Euro 12.630 oltre interessi di legge dal dovuto al soddisfo nonché alla rifusione delle spese di costituzione e difesa in giudizio che si liquidano in Euro 1.200 oltre IVA e CPA come per legge e spese generali al 15%. visto l'art. 544, comma 3, c.p.p. FISSA in 90 giorni il termine per il deposito della motivazione della sentenza. Così deciso in Milano, il 15.6.2018. 1 Così Cass. 15/7 10/9/2015 n. 36729, Pezzoni in senso conforme v. Cass. 26/5-8/9/2015 n. 36172, Pappalettera Cass. 20/1-27/2/2015 n. 8906,Guaman Diaz. 2 fra le tante v. Cass. 27/1/2012, Gallo e altri, RV 252900 Cass. 29/5/2012, Di Vuono e altro, RV 255192 Cass. 17/1/2013, La Stiva, RV 254716. 3 ex plurimis v. Cass. 20/9/2012 n. 8056, Tonini e altri Cass. 11/2/2013 n. 11793, Abbate Cass. 28/5/2013 n. 37743, Caligaro Cass. 19/6/2013 n. 32150, Sejdic e altri Cass. 26/6/2013 n. 45672, Maniaci Cass. 23/7/2013 n. 34277, D'Ambra.