Rilevanza penale dello scarico di acque in violazione dell’autorizzazione integrata ambientale

La Corte di legittimità definisce i confini delle ipotesi di reato previste dall’art. 29-quaterdecies del c.d. codice dell’ambiente d.lgs. n. 152/2006 in relazioni alle ipotesi di scarichi idrici in violazione delle prescrizioni dell'AIA o di quelle imposte dall'autorità indicate nell'art. 29-quaterdecies, comma 3.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 51480/18, depositata il 14 novembre. La vicenda. Il Tribunale di Grosseto riconosceva l’imputato colpevole per reati ambientali, in particolare, per non aver osservato, in qualità di amministratore di una s.r.l., le prescrizioni contenute nell’autorizzazione integrata ambientale AIA rilasciata dall’amministrazione provinciale ed avente ad oggetto i limiti di scarico delle acque piovane. Avverso la condanna ricorre in Cassazione l’imputato deducendo, sostanzialmente, l’insussistenza del reato. Sussistenza del reato. La Corte coglie l’occasione per ricostruire il quadro normativo applicabile in materia. La disciplina dell’AIA è contenuta nel Titolo II bis del d.lgs. n. 152/2006 c.d. codice dell’ambiente , modificato dal d.lgs. n. 46/2014 che ha dato attuazione alla direttiva 2010/75/UE. Quest’ultimo intervento legislativo prevedeva anche la depenalizzazione parziale dell’inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale di cui all’art. 29 quaterdecies , comma 2. Il comma successivo prevede tuttora, sempre che il fatto non costituisca reato più grave, la responsabilità penale di che, essendo in possesso dell’AIA, non ne osservi le prescrizioni o non osservi quelle imposte dall’autorità competente, nel caso in cui l’inosservanza a sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell’autorizzazioni o nel corso di ispezioni di cui all’art. 29 decies , commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell’autorizzazione stessa b sia relativa alla gestione di rifiuti c sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’art. 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette . Il Collegio precisa dunque che per emissione deve intendersi lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell’impianto, opera o infrastruttura, di sostanza, vibrazioni, calore o rumore, agenti fisici o chimici, radiazioni, nell’aria, nell’acqua ovvero nel suolo . Concludendo, la Corte formalizza il principio per cui le diverse condotte di inosservanza delle prescrizioni dell'AIA o di quelle imposte dall'autorità indicate nell'art. 29 quaterdecies , comma 3, d.lgs. n. 152/2006, lett. a e c costituiscono autonome ipotesi di reato, riguardando la lettera a ogni caso di emissione, secondo la definizione data dall'art. 5, comma 1, lett. i septies d.lgs. n. 152/2006, in violazione dei valori limite rilevata durante i controlli previsti nell'autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all'art. 29 decies , commi 4 e 7 ed a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell'autorizzazione stessa e, pertanto, anche e non solo gli scarichi idrici, mentre quella di cui alla lettera c riguarda i soli scarichi idrici recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'art. 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, indipendentemente dal fatto che gli stessi superino valori limite predeterminati . Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 settembre – 14 novembre 2018, numero 51480 Presidente Lapalorcia – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Grosseto, con sentenza del 17 novembre 2017 ha affermato la responsabilità penale di B.S.B. , condannandolo alla pena dell’ammenda, per il reato di cui all’articolo 29-quaterdecies, comma 3, d.lgs. 152/2006, perché, in qualità di amministratore della B. Ecologia s.r.l. , non osservava le prescrizioni contenute nell’autorizzazione integrata ambientale AIA rilasciatagli dalla amministrazione provinciale di Grosseto e, segnatamente, per aver violato la prescrizione di cui al punto 1 del paragrafo 4.3.5.1 dell’Allegato Tecnico dell’AIA, il quale prevede che lo scarico delle acque meteoriche dilavanti di prima pioggia deve rispettare i limiti di emissione in acque superficiali riportate nella Tabella 3, Allegato 5 alla Parte Terza del d.lgs. 152/2006, risultando il superamento dei limiti massimi di emissione in acque superficiali per i parametri COD, Alluminio, Ferro, Rame e Zinco a seguito di campionamento al punto di scarico S2 effettuato in data 8 ottobre 2013 da personale della ARPAT fatti accertati in Grosseto, il 20 novembre 2013 . L’imputato veniva peraltro assolto dai ulteriori addebiti ascritti in altri punti dell’imputazione perché fatto non è previsto dalla legge come reato. Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. penumero . 2. Con un primo motivo di ricorso deduce l’erronea applicazione della legge penale e, segnatamente, dell’articolo 29-quaterdecies d.lgs. 152/06 come modificato dal d.lgs. 4 marzo 2014, numero 46. Richiamato il contenuto della disposizione, osserva che il giudice avrebbe erroneamente ricondotto la condotta contestata all’imputato nell’ipotesi di cui alla lettera a del comma 3 dell’articolo 29-quaterdecies, escludendo aprioristicamente la possibile applicazione della diversa ipotesi di cui alla lettera c del medesimo comma. Osserva che, in ogni caso, la condotta risulterebbe depenalizzata, in quanto non sarebbe stato indicato nel capo di imputazione, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, né, tanto meno, in sentenza, che la violazione dei limiti di emissione non era contenuta nei margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell’autorizzazione stessa, così come specificamente previsto dalla norma. Aggiunge che non risultando superati o non essendo stato dimostrato che siano stati superati tali limiti di tolleranza, la condotta ascrittagli potrebbe essere ricondotta solo alla fattispecie di cui alla lettera c della stessa norma, la quale punisce unicamente le condotte di scarico non autorizzato che recapitino direttamente in un corpo idrico situato all’interno di un’area protetta, circostanza, questa, espressamente esclusa dal giudice del merito. 3. Con un secondo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione con riferimento alle modalità del prelievo dei campioni da parte dell’organo accertatore. Osserva che il giudice avrebbe erroneamente escluso la possibilità del campionamento medio sulla base di riscontri analitici, effettuati, però, a distanza di giorni dal prelievo e non sul posto al momento dell’acquisizione del campione e che, in calce al verbale di prelievo, è scritto laconicamente che il campionamento medio non poteva essere effettuato, trattandosi di impianto di trattamento di acque meteoriche di prima pioggia con funzionamento discontinuo, sicché tale motivazione sarebbe del tutto apparente e non esaustiva, perché non avrebbe spiegato le ragioni per le quali un secondo prelievo non sarebbe stato possibile. Insiste pertanto per l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Come è noto, attraverso il terzo correttivo al d.lgs. 152/06 d.lgs. 29 giugno 2010 numero 128 , si è proceduto alla formale abrogazione del d.lgs. 59/2005 - con il quale era stata data completa attuazione alla direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento IPPC , abrogando anche il precedente d.lgs. 372/99, fatto salvo quanto previsto all’articolo 4, comma 2 - ed alla trasposizione, con sostanziali modifiche, della relativa disciplina nella Parte Seconda del d.lgs. 152/06, effettuando anche il coordinamento, prima mancante, delle procedure di VIA ed AIA. La specifica disciplina dell’AIA è contenuta nel Titolo 111-bis, appositamente inserito nel d.lgs. 152/06 e che ha subito ulteriori e rilevanti modifiche ad opera del d.lgs. 4 marzo 2014, numero 46, con cui è stata data attuazione alla direttiva 2010/75/UE, mediante la quale è stato completamente riesaminato e trasfuso in un unico provvedimento il contenuto di sette precedenti direttive. Il d.lgs. 46/2014 è intervenuto anche sul regime sanzionatorio, depenalizzando in parte la condotta di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale di cui all’art. 29-quaterdecies, comma 2. Il terzo comma dell’art. 29-quaterdecies sanziona ancora penalmente, sempreché il fatto non costituisca più grave reato, la condotta di chi, pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale, non ne osserva le prescrizioni o non osserva quelle imposte dall’autorità competente, nel caso in cui l’inosservanza a sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell’autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all’articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell’autorizzazione stessa b sia relativa alla gestione di rifiuti c sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa. 2. La questione posta all’attenzione di questa Corte con il primo motivo di ricorso riguarda l’individuazione della fattispecie astratta nella quale può essere collocata la condotta ascritta all’imputato, contestando il ricorrente la scelta interpretativa effettuata dal Tribunale, il quale ha ritenuto configurabile l’ipotesi di cui alla lettera a del comma 3 dell’art. 29- quaterdecies d.lgs. 152/06 e sostenendo, invece, l’applicabilità della fattispecie di cui alla lettera c . La soluzione adottata dal Tribunale risulta giuridicamente corretta. 3. Va preliminarmente chiarito, a tale proposito, che il richiamo alle emissioni , contenuto nella lettera a , deve essere letto in relazione alla specifica definizione offerta dall’art. 5, comma 1, lettera i-septies d.lgs. 152/06, secondo cui si intende per emissione lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell’impianto, opera o infrastruttura, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore, agenti fisici o chimici, radiazioni, nell’aria, nell’acqua ovvero nel suolo . Si tratta, conseguentemente, di una definizione che estende notevolmente l’ambito di operatività della disposizione in esame. Lo stesso articolo 5 contiene, alla lettera i-octies , l’ulteriore definizione di valori limite di emissione la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero il livello di un’emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, indicate nel allegato X. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano, tranne i casi diversamente previsti dalla legge, nel punto di fuoriuscita delle emissioni dell’impianto nella loro determinazione non devono essere considerate eventuali diluizioni. Per quanto concerne gli scarichi indiretti in acqua, l’effetto di una stazione di depurazione può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dall’impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell’ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell’ambiente, fatto salvo il rispetto delle disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto . Come si evince dal contenuto letterale delle definizioni appena richiamate, appare di tutta evidenza che la ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 29 quaterdecies, comma 3, lettera a è senz’altro applicabile anche agli scarichi, sussistendo, ovviamente, le ulteriori condizioni richieste dalla legge. Da ciò consegue che la diversa ipotesi di cui alla lettera c riguarda i soli scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, indipendentemente dal superamento di limiti di emissione, che non vengono, infatti, indicati. Tale scelta del legislatore, peraltro, trova evidentemente giustificazione nella particolarità delle aree ove lo scarico recapita, rispetto alle quali è avvertita un’esigenza di particolare tutela, tale da imporre la sanzione penale per qualsiasi inosservanza delle prescrizioni dell’AIA o di quelle imposte dall’autorità, prescindendo dall’eventuale inosservanza di limiti tabellari predeterminati. Risulta peraltro evidente come sia del tutto errata l’affermazione del ricorrente secondo cui, accedendo alla soluzione interpretativa scelta dal giudice del merito, la norma incriminatrice di cui alla lettera c sarebbe assorbita integramente dalla previsione della lettera a in quanto andrebbe a specificare inutilmente la rilevanza penale di ciò che è già stato previsto nell’ipotesi di cui alla lettera a , stante l’autonomia di ciascuna delle due fattispecie esaminate. 4. Può conseguentemente affermarsi che le diverse condotte di inosservanza delle prescrizioni dell’AIA o di quelle imposte dall’autorità indicate nell’art. 29-quaterdecies, comma terzo, d.lgs. 152/06, alle lettere a e c costituiscono autonome ipotesi di reato, riguardando la lettera a ogni caso di emissione, secondo la definizione data dall’art. 5, comma 1, lettera i-septies d.lgs. 152/06, in violazione dei valori limite rilevata durante i controlli previsti nell’autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all’articolo 29-decies, commi 4 e 7 ed a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell’autorizzazione stessa e, pertanto, anche - e non solo - gli scarichi idrici, mentre quella di cui alla lettera c riguarda i soli scarichi idrici recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, indipendentemente dal fatto che gli stessi superino valori limite predeterminati. 5. Quanto alla dedotta mancanza di riferimenti specifici, in atti, al fatto che la violazione dei limiti di emissione non fosse contenuta nei margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell’autorizzazione stessa, così come specificamente previsto dalla norma, occorre rilevare che il capo di imputazione contiene una tabella indicante l’elenco completo dei parametri rilevati, il risultato delle analisi ed il limite di legge, evidenziando quindi nel dettaglio lo sforamento dei parametri tabellari, che il Tribunale ha peraltro correttamente definito considerevole . Del resto, posto che il controllo effettuato rientra nell’ambito di quelli indicati dalla norma ed è stato effettuato dall’ARPAT, soggetto al quale la legge attribuisce tale funzione tecnica, ai sensi dell’art. 29-decies d.lgs. 152/06, la conseguente segnalazione all’autorità giudiziaria rende evidente che la violazione dei parametri non era contenuta entro i margini di tolleranza di cui alla lettera a dell’art. 29-quaterdecies, comma 3, come evidenziato dai valori riportati nella tabella riprodotta nell’imputazione, né risulta che una simile evenienza sia stata posta in rilievo dall’imputato, il quale ne avrebbe avuto tutto l’interesse e che si è, invece, limitato a formulare la censura nei termini ricordati in premessa. 6. Parimenti infondato risulta il secondo motivo di ricorso. Come si è già avuto modo di affermare Sez. 3, numero 16054 del 16/3/2011, Catabbi, Rv. 250309 , anche le disposizioni vigenti, nell’indicare le modalità di campionamento, non stabiliscono alcun criterio legale di valutazione della prova, limitandosi a specificare che la metodica normale è quella del campionamento medio, ma non escludendo che l’organo di controllo possa procedere con modalità diverse di campionamento, anche istantaneo, in situazioni particolari. Infatti, si è rilevato, sempre nella sentenza Catabbi, come il d.lgs. 152/06, nell’Allegato 5, specifichi che le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono, di norma, riferite ad un campione medio prelevato nell’arco di tre ore, ma precisi che l’autorità preposta al controllo può, con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuarlo su tempi diversi, al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico, qualora lo giustifichino particolari esigenze, quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute nell’autorizzazione allo scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico in relazione alle caratteristiche di continuità dello stesso , dal tipo di accertamento accertamento di routine, accertamento di emergenza, ecc. . Si è dunque chiarito che tale giustificazione, anche sommaria, dovrà consentire di verificare che il campione prelevato sia comunque rappresentativo delle condizioni reali dello scarico secondo la valutazione dell’organo accertatore. Tale valutazione, come risulta chiaramente dal testo in precedenza richiamato, non attiene esclusivamente ad aspetti tecnici, riferendosi anche alle condizioni dello scarico ed alla tipologia dell’accertamento, con la conseguenza che sarà fondata sull’insieme di tali elementi, globalmente considerati, poiché è di tutta evidenza che se l’accertamento riguarda scarichi effettuati in assenza di autorizzazione o superando i limiti tabellari, richiederà modalità ben diverse da quelle di un controllo di routine presso un insediamento che svolge regolarmente la propria attività. Tali principi, riferiti ad ipotesi di inquinamento idrico, sono stati successivamente ribaditi Sez. 3, numero 26437 del 13/4/2016, Copreni e altro, Rv. 267110 Sez. 3, numero 30135 del 5/4/2017, Boschi, Rv. 270325 e vanno ancora una volta confermati, non rilevando il Collegio alcuna ragione per discostarsi da tale consolidato orientamento anche con riferimento alla fattispecie contravvenzionale oggetto del presente procedimento e non rilevandosi indicazioni di segno contrario neppure nella richiamata definizione di valori limite di emissione di cui all’art. 5 d.lgs. 152/06 richiamata in precedenza. 7. Nel caso di specie, il giudice del merito ha fornito una spiegazione logica e coerente delle ragioni per le quali ha ritenuto giustificata la metodica utilizzata, osservando come la necessità di una modalità di campionamento diversa da quello istantaneo era stata evidenziata, come peraltro ricorda lo stesso ricorrente, all’atto del prelievo, sul presupposto che la verifica riguardava un impianto di trattamento di acque meteoriche di prima pioggia con funzionamento discontinuo e che, a posteriori, la necessità di un ulteriore accertamento era stata esclusa dal macroscopico sforamento dei limiti tabellari evidenziato dal referto analitico. Si è dunque in presenza di una adeguata motivazione sia da parte dell’organo accertatore che del giudice. 8. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.