I concreti indicatori per il riconoscimento della continuazione tra reati

La disciplina della continuazione è volta ad assicurare un trattamento sanzionatorio attenuato verso chi, con un’unica deliberazione mentale consistente nella preventiva programmazione criminosa, commette più reati, la cui ratio risiede nella evidente minore pericolosità rispetto a colui che commette più reati in base a indipendenti e reiterate spinte criminogene .

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 51398/18 depositata il 13 novembre. Il caso. Il Tribunale di Palermo rigettava l’istanza nell’interesse dell’imputato volta al riconoscimento della continuazione tra i reati di furto e riciclaggio giudicati con diverse sentenze di condanna definitive. In particolare, il giudice dell’esecuzione escludeva l’unicità del disegno criminoso e avverso l’ordinanza il difensore dell’imputato propone ricorso per cassazione, denunciando mancanza di motivazione circa l’esclusione dell’unicità del disegno criminoso. La disciplina della continuazione. Lo scopo della disciplina della continuazione è quello di assicurare un trattamento sanzionatorio attenuato verso chi commette più reati, con un’unica deliberazione mentale consistente nella preventiva programmazione criminosa, la cui ratio risiede nella evidente minore pericolosità rispetto a colui che commette più reati in base a indipendenti e reiterate spinte criminogene . E per il riconoscimento della continuazione occorre effettuare una verifica, anche in sede di esecuzione, della sussistenza di concreti indicatori, come ad esempio l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto o la sistematicità e le abitudini programmate di vita e soprattutto del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero almeno stati programmati nelle loro linee essenziali. Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata non offre ragione del rigetto dell’istanza del richiedente ravvisandone il motivo nell’assenza di elementi specifici che consentano di apprezzare la preventiva rappresentazione da parte dell’imputato dei reati per cui è stata pronunciata condanna nelle varie sentenze. A fronte di ciò il diniego della continuazione è inadeguato, poiché la motivazione risulta astratta e, per tali ragioni, la Suprema Corte accoglie il ricorso, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 settembre – 13 novembre 2018, n. 51398 Presidente Di Tomassi – Relatore Liuni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 24/1/2018 emessa in sede esecutiva dal Tribunale di Palermo in composizione monocratica è stata rigettata l’istanza nell’interesse di T.A. diretta al riconoscimento della disciplina della continuazione tra i reati di furto e riciclaggio giudicati con diverse sentenze di condanna definitive sentenza emessa dal Tribunale di Palermo il 7/1/2011, irrevocabile il 21.5.2012 sentenza emessa dal Tribunale di Palermo il 28/11/2012, irrevocabile il 26/6/2015 sentenza emessa dal Tribunale di Palermo il 16/6/2015, irrevocabile il 8/4/2016 sentenza del Tribunale di Sciacca del 8/4/2013, irrevocabile il 24/6/2013 . Il giudice dell’esecuzione ha escluso l’unicità del disegno criminoso, rilevando che non vi era alcun elemento specifico che fondasse la preventiva rappresentazione da parte del T. delle condotte criminose oggetto delle sentenze indicate, da intendersi piuttosto ispirate da decisioni estemporanee riconducibili ad una scelta di vita di tipo delinquenziale. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del T. , avv. Giambruno Vitale, lamentando violazione di legge in relazione all’art. 125 Cost., art. 81 cod. pen., artt. 125 e 671 cod. proc. pen., e vizio della motivazione, ritenuta mancante, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen Rileva il ricorrente che i delitti per i quali sono intervenute le elencate condanne, sono dotati di identica indole, trattandosi di condotte ex art. 648 bis cod. pen. integrate al fine di riciclare i proventi dei furti commessi dal T. , e in sostanza differenziandosi soltanto per le condotte di attuazione in merito ad essi sarebbe stata apprezzabile anche l’identità del disegno criminoso, trattandosi di fatti deliberati ab origine dall’agente, il quale ne programmava l’esecuzione nel corso del tempo. Lamentava il difensore che l’impugnata ordinanza nulla avrebbe specificato circa le ragioni per cui il Giudice aveva escluso l’unicità del disegno criminoso. Tali carenze motivazionali avrebbero reso oscuro l’iter logico-giuridico del provvedimento reiettivo, senza indicare le ragioni per le quali erano state disattese le argomentazioni difensive, così incorrendo nel vizio di motivazione insufficiente o meramente apparente. In particolare, secondo il ricorrente, l’unicità del disegno criminoso costituisce oggetto di mero onere di allegazione delle sentenze relative ai reati per i quali si chiede la continuazione, senza necessità di specificare le ragioni da cui è desumibile l’identità della programmazione criminosa tale onere sarebbe stato adempiuto dal T. , il quale inoltre avrebbe indicato gli indici esteriori significativi dell’omogeneità delle condotte, del bene giuridico offeso, del contenuto intervallo temporale, della sistematicità e delle abitudini programmate di vita. 3. Il Procuratore generale, dott. Sante Spinaci, ha depositato requisitoria scritta, nella quale chiede il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. il ricorso è fondato. La disciplina della continuazione è intesa ad assicurare un trattamento sanzionatorio attenuato verso chi - con una unica deliberazione mentale, consistente nella preventiva programmazione criminosa - si determina a commettere più reati, la cui ratio risiede nella evidente minore pericolosità rispetto a colui che commette più reati in base a indipendenti e reiterate spinte criminogene. Per il riconoscimento della continuazione, è necessario effettuare, anche in sede di esecuzione, una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, RV 270074 . Nel caso in esame l’ordinanza impugnata, nell’estrema essenzialità dell’apparato motivazionale, non rende sufficiente ragione del rigetto dell’istanza ex art. 671 c.p.p. ravvisandone il motivo fondante - l’unico indicato dal GE nell’assenza di elementi specifici che consentano di apprezzare la preventiva rappresentazione da parte del T. dei reati per i quali è stata pronunciata condanna nelle varie sentenze. Come per ogni aspetto che attiene alla psiche e alla volontà dell’agente, regole naturali e logiche, prima ancora che giuridiche, richiedono che sia l’interessato ad allegare cioè quantomeno a prospettare gli specifici elementi da cui desumere che i reati erano obiettivo di un unico progetto originario. Nel caso di specie, sono rinvenibili prospettazioni di parte in tal senso, avendo il ricorrente riversato nell’impugnazione il contenuto dell’istanza di incidente di esecuzione, da cui emerge come il T. si sia diffuso a descrivere l’esistenza di tale progetto originario, i cui indici risiedevano nel ristretto arco temporale di commissione dei reati poco più di sei mesi , nell’offesa dello stesso bene giuridico e nella comune finalità di profitto dei reati commessi. A fronte di tali allegazioni, il diniego della continuazione è inadeguato, poiché la motivazione risulta per un verso astratta, richiamando alcuni principi generali per l’applicazione della continuazione in fase esecutiva ma senza dare conto della base fattuale esaminata, neppure indicando nello specifico i reati presi in esame, la data della loro commissione, le modalità con cui sono stati realizzati dall’altro carente, laddove il provvedimento impugnato afferma che la frequente perpetrazione di delitti, sia pure della stessa natura, sia stata dettata da decisioni del tutto estemporanee e sia riconducibile piuttosto ad una scelta di vita di tipo delinquenziale, ma non consente di comprendere quali sono i dati fattuali da cui trae tali conclusioni. Ora, la motivazione ha la funzione di dimostrare la corrispondenza tra la fattispecie concreta considerata dal giudice e la fattispecie astratta, che legittima il provvedimento, e di indicare i dati materiali e le ragioni che all’autorità giudiziaria hanno fatto ritenere esistente la fattispecie concreta S.U. n. 2451 del 27 settembre 2007, Magera S.U. 26 novembre 2003, n. 23/2004, Gatto . E se è vero che codesta funzione può, a seconda dei casi, richiedere uno svolgimento diffuso o poche parole, essa presuppone in ogni caso la indicazione chiara dei dati fattuali posti a fondamento della valutazione effettuata. Sicché un giudizio che non consente di verificare a cosa è stato ancorato, manca dei requisiti minimi di riconoscibilità del discorso giustificativo. Il provvedimento impugnato deve di conseguenza essere annullato con rinvio al Tribunale di Palermo in diversa persona fisica, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 183 del 3/7/2013 perché proceda a nuovo esame attenendosi ai principi sopra enunciati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo.