Prodotti originali ma difettosi e destinati alla vendita: illegittima la confisca

Decisa in Cassazione la restituzione di scialli marchiati ‘Louis Vuitton’ alla persona che li aveva acquistati dalla società che regolarmente li produce su input dell’azienda titolare del marchio. Inesistenti i presupposti per ipotizzare la ricettazione o il commercio di prodotti contraffatti.

Prodotti originali, con tanto di notissimo marchio, ma difettosi, catalogati come campioni e, quindi, non destinati alla vendita. Censurabile perciò la scelta di proporre quella merce ai clienti, ma ciò non è sufficiente per renderne legittimo il sequestro Cassazione, sentenza n. 50949/18, depositata l’8 novembre . Difformità . Pomo della discordia sono circa 200 scialli recanti il marchio ‘Louis Vuitton’ . A finire sotto accusa per ricettazione e vendita di prodotti contraffatti è il negoziante che ha ottenuto quegli scialli dalla società che li produce regolarmente e in maniera legittima. Le indagini preliminari spingono però il Giudice a emettere decreto di archiviazione . Ciò nonostante, viene ordinata la confisca degli scialli . Su questo fronte il GIP mette per iscritto che le indagini hanno evidenziato la sussistenza di elementi inequivoci di contraffazione , ricordando che un esperto dipendente della società produttrice aveva descritto in modo dettagliato le difformità dei beni in sequestro rispetto ai prodotti che Louis Vuitton mette in commercio e quindi originali e aggiungendo che in ogni caso tali prodotti erano di seconda scelta” ovvero con imperfezioni, e come tali non commerciabili senza il consenso del titolare del marchio , che, spiega ancora il GIP, vedrebbe circolare sul mercato beni di scarsa qualità con il proprio marchio . Per completare il quadro, poi, viene anche sottolineata la mancanza del consenso del titolare del marchio alla commercializzazione degli scialli su questo punto vengono richiamate le dichiarazioni rese da un manager della società produttrice di tali capi di abbigliamento per conto della titolare del marchio, secondo cui gli scialli vennero consegnati al rivenditore come materiale campionario, ovvero in visione, e che essi non avrebbero dovuto essere venduti al pubblico, tanto che al rivenditore venne richiesta la restituzione di tali beni . Commercializzazione. Le valutazioni compiute dal GIP vengono duramente contestate dal legale del rivenditore. In particolare, l’avvocato sostiene nel contesto del Palazzaccio che non poteva essere disposta la confisca obbligatoria , poiché la commercializzazione di scialli di seconda scelta, ovvero con imperfezioni, recanti il marchio autentico, non determina la sussistenza di alcuna ipotesi di reato . A sostegno di questa visione, però, anche il Procuratore Generale della Cassazione, il quale osserva che il marchio caratterizzante le merci sequestrate non risulta contraffatto tali merci non hanno i requisiti di commercializzazione previsti dalla società titolare del marchio la detenzione in funzione della relativa commercializzazione di capi di abbigliamento con difetti di fabbricazione recanti il marchio autentico non è vietata dalla legge penale, bensì costituisce illecito civile e aggiunge che, in sostanza, la confisca è stata utilizzata come una sorta di permanente sequestro preventivo volto ad impedire una commercializzazione civilisticamente ‘illecita’, non ancora commessa, di un bene il cui commercio non è illegale di per sé, ma soltanto in quanto non autorizzato dal titolare del diritto di privativa . La posizione del Procuratore è condivisa anche dai Giudici della Cassazione, i quali ricordano che sì anche in assenza di condanna, il giudice penale debba confiscare le cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato , ma aggiungono che nessuna norma sanziona penalmente l’uso non autorizzato di marchi o segni distintivi autentici apposti su beni che non abbiano caratteristiche intrinseche tali da non potere essere commercializzati secondo il contratto fra titolare del marchio e produttore dei beni dal marchio contrassegnati . Non vi sono dubbi, tale commercializzazione costituisce, in tesi, illecito civile . E in questa vicenda è stato appurato che il rivenditore acquistò dalla società produttrice di capi di abbigliamento contrassegnati dal marchio ‘Luis Vuitton’ in esecuzione di contratto stipulato con la società titolare del marchio gli scialli in seta di cui si discute e che tali beni, contrassegnati da marchio in sé non contraffatto, non avevano le caratteristiche qualitative necessarie per potere essere commercializzate secondo le indicazioni della società titolare del marchio . Di conseguenza, si può affermare che la detenzione, ai fini della relativa commercializzazione, degli scialli, contrassegnati dal marchio in questione, che siano difettosi, ovvero di seconda scelta”, ovvero costituenti campioni può fare ipotizzare solo una frode in commercio , peraltro, in questo caso, non ancora concretizzatasi . Assolutamente illegittima, perciò, la confisca della merce. Di conseguenza, i Giudici della Cassazione ordinano la restituzione degli scialli marchiati ‘Vuitton’ al rivenditore.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 24 settembre – 8 novembre 2018, n. 50949 Presidente Bonito – Relatore Vannucci Osservato in fatto e considerato in diritto che con ordinanza emessa il 19 maggio 2017 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione rigettò la domanda di An. Mo. per la restituzione di 200 scialli, recanti il marchio Louis Vuitton , a tale persona sequestrati il 24 gennaio 2012 nell'ambito di indagini preliminari relative ai delitti di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen., definite con decreto di archiviazione dallo stesso giudice emesso il 8 ottobre 2012 ordinò la confisca degli stessi scialli in applicazione del precetto contenuto nell'art. 240, secondo comma, n. 2 , cod. pen. che, adito dal ricorrente con l'opposizione di cui agli artt. 676, 667, comma 4, cod. proc. pen., lo stesso giudice dell'esecuzione, con ordinanza emessa il 6 settembre 2017, confermò tali decisioni che questa, in sintesi, è la motivazione di tale ordinanza il decreto di archiviazione sopra indicato era stato emesso sul rilievo del dubbio in ordine alla sussistenza dell'elemento psicologico caratterizzante i reati di commercio di prodotti con marchio contraffatto e di ricettazione di tali cose, avendo le indagini evidenziato la sussistenza di elementi inequivoci di contraffazione di prodotti recanti il marchio Louis Vuitton non è necessaria perizia relativa alla non originalità del prodotto recante un marchio registrato, dal momento che esperto dipendente della società produttrice aveva nel corso delle indagini descritto in modo dettagliato le difformità dei beni in sequestro rispetto ai prodotti che Louis Vuitton mette in commercio e quindi originali in ogni caso tali prodotti erano di seconda scelta ovvero con imperfezioni come del resto affermato dallo stesso Mo. , come tali non commerciabili senza il consenso del titolare del marchio, che vedrebbe infatti circolare sul mercato beni di scarsa qualità con il proprio marchio la mancanza del consenso del titolare del marchio alla commercializzazione degli scialli si ricava dalle dichiarazioni rese da manager della Canepa s.p.a. produttrice di tali capi di abbigliamento per conto della titolare del marchio secondo cui gli scialli vennero consegnati a Mo. come materiale campionario, ovvero in visione, e che gli stessi non avrebbero dovuto essere venduti al pubblico, tanto che a Mo. venne richiesta la restituzione di tali beni. che per la cassazione di tale ordinanza Mo. ha proposto ricorso atto sottoscritto dal difensore, avvocato Gi. Fe. deducendo contraddittorietà e manifesta illogicità della relativa motivazione in quanto l'ordinanza da un lato afferma che dal contenuto degli atti di indagine preliminare da essa menzionati risultano elementi inequivoci da cui risulta che gli scialli recanti il marchio Louis Vuitton e, dall'altro, afferma che gli scialli sequestrati erano di seconda scelta o con imperfezioni, con la conseguenza che essi non potevano formare oggetto di successiva commercializzazione senza il consenso del titolare del marchio in effetti gli scialli vennero ad esso ricorrente consegnati dalla Canepa s.p.a. che, su licenza della società titolare del marchio, tali accessori per abbigliamento fabbricava nel caso di specie, pertanto, non poteva essere disposta la confisca obbligatoria di cui all'art. 240, secondo comma, n. 2 , cod. pen. perché la commercializzazione di scialli, di seconda scelta ovvero con imperfezioni, recanti il marchio autentico in discorso non determina la sussistenza di alcuna ipotesi di reato. che il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta chiedendo l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata in quanto il marchio caratterizzante le merci sequestrate non risulta contraffatto tali merci non hanno i requisiti di commercializzazione previsti dalla società titolare del marchio la detenzione in funzione della relativa commercializzazione di capi di abbigliamento con difetti di fabbricazione recanti il marchio autentico non è vietata dalla legge penale, bensì costituisce illecito civile in sostanza, la confisca è stata utilizzata come una sorta di permanente sequestro preventivo volto ad impedire una commercializzazione civilisticamente illecita , non ancora commessa, di un bene il cui commercio non è illegale di per sé ma soltanto in quanto non autorizzato dal titolare del diritto di privativa che il ricorso è manifestamente fondato, dal momento che l'art. 240, secondo comma, n. 2 , cod. pen., prevede che, anche in assenza di condanna, il giudice penale debba confiscare le cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato che nessuna norma sanziona penalmente l'uso non autorizzato di marchi o segni distintivi autentici apposti si beni che non abbiano caratteristiche intrinseche tali da non potere essere commercializzati secondo il contratto fra titolare del marchio e produttore dei beni dal marchio contrassegnati tale commercializzazione costituisce, in tesi, illecito civile, atteso che, per il divieto di analogia in materia di norme incriminatrici, non può ritenersi configurabile né il reato previsto dall'art. 474 cod. pen. che punisce, per quanto qui interessa, il commercio di prodotti con marchi o segni distintivi contraffatti o alterati, ma non l'utilizzazione di marchi o segni distintivi autentici senza o oltre il consenso del titolare , né quello previsto dall'art. 471 cod. pen. - che punisce l'uso non autorizzato di sigilli e strumenti di autenticazione veri , ma non quello di marchi o altri segni distintivi in questo senso, cfr. Cass. Sez. 5, n. 5247 del 4 novembre 1999, dep. 2000, Eisemberg, Rv. 216763 Cass. Sez. 1, n. 15727 del 27 marzo 2002, Morlacchi, Rv. 221296 Cass. Sez. 2, n. 21168 del 27 febbraio 2003, Bertaggia, Rv. 225085 che, in tale ordine di concetti, si osserva che, secondo quanto evidenziato dall'ordinanza impugnata il ricorrente acquistò dalla Canepa s.p.a. produttore di capi di abbigliamento contrassegnati dal marchio Luis Vuitton in esecuzione di contratto stipulato con la società titolare del marchio gli scialli in seta di cui si discute tali beni, contrassegnati da marchio in sé non contraffatto, non avevano le caratteristiche qualitative necessarie per potere essere commercializzate secondo le indicazioni della società titolare del marchio all'evidenza contenute nel contratto fra questa e la produttrice Canepa la detenzione, ai fini della relativa commercializzazione, di scialli, contrassegnati dal marchio in questione, che siano difettosi, ovvero di seconda scelta , ovvero costituenti campioni, non costituisce il reato di cui all'art. 474 cod. pen., trattandosi di fatto al più genericamente sussumibile nell'astratta fattispecie di frode in commercio, peraltro ancora, forse, nelle intenzioni dell'istante, ma certamente non ancora sussistente secondo la condivisibile argomentazione contenuta nella requisitoria del Procuratore generale che non sussiste, pertanto, alcuno dei presupposti richiesti dall'art. 240, secondo comma, n. 2 , per ordinare la confisca nel caso di specie che l'ordinanza ordinanza impugnata deve dunque essere annullata senza rinvio e gli scialli al ricorrente sequestrati debbono essere a lui restituiti. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la restituzione dei beni sequestrati il 24.01.2012 a Mo. An