Marijuana coltivata per uso personale terapeutico: inevitabile la condanna

Nessuna giustificazione per l’individuo colto ad allestire una vera e propria serra per la crescita di numerose piante di marijuana. Per lui condanna definitiva a venti mesi di reclusione. Irrilevante, spiegano i Giudici, il richiamo a un uso terapeutico della droga.

Sostanza stupefacente destinata ad un uso terapeutico personale. Così si difende il soggetto sorpreso a coltivare marijuana. L’obiezione però è irrilevante, ribattono i Giudici, anche in Cassazione. Confermata perciò la sua condanna a ben venti mesi di reclusione Corte di Cassazione, sentenza n. 49845/18, sezione VI Penale, depositata il 31 ottobre . Quantitativo . Chiara l’accusa mossa nei confronti dell’imputato produzione, detenzione e traffico illeciti di sostanze stupefacenti . Nello specifico, si fa riferimento alla coltivazione di marijuana in fase di essicazione e a un frammento di hashish . Decisivo si rivela anche il sopralluogo nella serra attrezzata dell’individuo. Per i Giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, è legittima di conseguenza la sua condanna a un anno e otto mesi di reclusione e al pagamento di 5mila euro di multa . E questa visione è condivisa anche dai Magistrati della Cassazione. A loro parere, innanzitutto, va esclusa l’ipotesi del fatto lieve” a questo proposito, viene posta in evidenza, a fronte delle obiezioni mosse dal difensore dell’imputato, la predisposizione di strumenti ed accorgimenti volti alla realizzazione di una serra, idonea alla coltivazione anche in periodo invernale . Evidente, quindi, che ci si trovi di fronte, spiegano i Giudici, ad una attività svolta a livello semiimprenditoriale , capace, quindi, di diffondere, in modo non episodico né occasionale, sostanza stupefacente di apprezzabile quantità . E in questa ottica vengono ricordati il peso complessivo delle piante reperite già in fase di essiccamento 647 grammi e il quantitativo di dosi ricavabili quasi 200 per la marijuana e 37 per l’hashish per i Giudici si parla di quantità di per sé ampiamente sufficienti per escludere il ‘piccolo spaccio’ . Resta, infine, il capitolo relativo alle condizioni di salute dell’imputato, condizioni che, a suo dire, giustificherebbero un uso terapeutico della marijuana . Su questo fronte i Giudici della Cassazione sono netti, e sanciscono l’irrilevanza concreta della destinazione dello stupefacente ad un uso personale anche terapeutico . E, viene aggiunto, comunque i quantitativi detenuti sono eccedenti il preteso uso personale terapeutico .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 settembre – 31 ottobre 2018, n. 49845 Presidente Fidelbo – Relatore Gianesini Ritenuto in fatto 1. Il Difensore di Ma. MA. ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di ROMA ha confermato la sentenza di primo grado che, in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato l'imputato alla pena di un anno e otto mesi di reclusione e 5.000,00 Euro di multa per il reato di cui all'art. 73 D.P.R. 309/90 riferito alla coltivazione di piante di marijuana in fase di essicazione e di un frammento di hashish. 2. Il ricorrente ha dedotto due motivi di ricorso, per violazione di legge penale processuale e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1 lett. b,c, ed e cod. proc. pen. 2.1 Con il primo motivo il ricorrente, dopo aver svolto plurime censure sui criteri con i quali la Corte di Appello aveva affermato la destinazione alla cessione della droga detenuta sia in merito alla individuazione della quantità massima detenibile, sia in riferimento alla bassa qualità della sostanza sia in merito alla non valutazione dello stato di salute dell'imputato che necessitava di una scorta per il suo fabbisogno personale e alla errata affermazione della sussistenza di una strumentazione atta al confezionamento al minuto di dosi di stupefacente, ha rilevato, sul punto specifico rappresentato dalla negazione della ipotesi cd. lieve di cui all'art. 73, comma 5 D.P.R. 309/90, che la motivazione della Corte era puramente assertiva perché riferita ad un parametro di accertamento ponderale non rilevante e aveva tralasciato di considerare che la consulenza tossicologica aveva accertato quantitativi che non permettevano di escludere aprioristicamente la sussistenza della fattispecie attenuata. 2.2 Con il secondo motivo il ricorrente ha censurato la motivazione della Corte sul punto specifico della valutazione della consulenza medico legale in atti che aveva ad oggetto lo stato di salute del ricorrente, valutazione che aveva ingiustificatamente affermato la necessità di un esame e di un accertamento diretto sull'imputato Considerato in diritto 1. Il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto proposto per motivi manifestamente infondati, con le conseguenze di cui all'art. 616 cod. proc. pen 2. Va subito affermato come il ricorso si dipani nella trattazione, non sempre lineare e spesso sovrapposta, di due tempi che invece devono essere tenuti accuratamente separati, quello della destinazione della sostanza ad uso meramente personale e quello, che costituisce invece il punto critico effettivamente investito dal ricorso, della affermata ricorrenza nel caso in esame della cd. ipotesi lieve di cui all'art. 73, comma 5 D.P.R. 309/90 questo perché, come è noto, costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale così, Cass. Sez. Unite 24/4/2008 n. 28605, Di Salvia, Rv 239921 e, da ultimo, negli stessi termini, Cass. Sez. 6 13/10/2009 n. 49528, P.m. in proc. Lanzo, Rv 245648 . 3. Chiarito quindi quanto sopra e identificato l'esatto perimetro argomentativo del ricorso nella censura circa il mancato riconoscimento da parte della Corte di Appello della cd. ipotesi lieve , va allora osservato come la motivazione della sentenza impugnata abbia correttamente ed esaurientemente affrontato il tema, richiamando del tutto pertinentemente le indicazioni di cui all'art. 73, comma 5 D.P.R. 309/90. 3.1 Sotto il profilo, infatti, dei mezzi, modalità e circostanze della azione, la Corte ha ricordato la predisposizione di strumenti ed accorgimenti voti alla realizzazione di una serra, idonea alla coltivazione anche in periodo invernale, così che ci si trova sostanzialmente di fronte ad una attività non occasionale ma svolta a livello semi-imprenditoriale, capace, per usare le parole della Corte, di diffondere in modo non episodico né occasionale sostanza stupefacente di apprezzabile quantità. 3.2 Sul versante poi della qualità e quantità della sostanza stupefacente detenuta, la Corte ha ricordato il peso complessivo delle piante reperite già in fase di essiccamento 647 gr. e il quantitativo di dosi ricavabili quasi 2000 per la marijuana, e 37 per l'hashish , quantità di per sé ampiamente sufficienti, comunque le si voglia concretamente accertare, per escludere la collocazione della fattispecie all'interno di quel piccolo spaccio che costituisce il sostrato materiale della ipotesi lieve di cui si sta trattando. 4. Il secondo motivo di ricorso soffre dello stesso equivoco che si è ricordato più sopra nel senso che le condizioni di salute dell'imputato, che avrebbero giustificato un uso terapeutico della marijuana ma solo di essa, posto che dell' hashish non è stato detto nulla non tengono conto delle osservazioni già svolte circa l'irrilevanza concreta della destinazione dello stupefacente ad uso personale anche terapeutico, il tutto poi a prescindere dalla considerazione che i quantitativi detenuti, comunque li si voglia individuare, sono esorbitantemente eccedenti il preteso, ma in ogni caso non effettivamente dimostrato, uso personale terapeutico. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa elle ammende. Così deciso il 25 settembre 2018.