Legittima la custodia cautelare in carcere per il rapinatore seriale

Respinte le obiezioni proposte dal legale dell’imputato. I giudici ritengono concreto il pericolo di reiterazione dei reati. Decisivo il richiamo non solo ai suoi precedenti penali, ma anche alla sua personalità e alle modalità standard dell’attività criminosa.

Datati i precedenti episodi di furto. Questo dato non è però sufficiente per escludere il concreto pericolo di reiterazione dei reati”. Confermata, di conseguenza, la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del soggetto sotto accusa per plurimi furti in abitazione Cassazione, sentenza n. 48021/18, sezione IV Penale, depositata il 22 ottobre . Furti. Chiara l’accusa plurimi furti in abitazione . Consequenziale e legittima, sia secondo il GIP che secondo i Giudici del Tribunale, l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti del presunto rapinatore seriale. Decisivo è ritenuto il richiamo alla concretezza del pericolo di reiterazione dei reati . Questa valutazione è contestata, ovviamente, dal difensore egli sottolinea, soprattutto, che il pericolo di reiterazione dell’illecito deve essere valutato nella sua concretezza ed attualità e aggiunge che a carico del suo cliente sono stati richiamati sì precedenti episodi di furto però risalenti agli anni 1995-2000. Secondo il legale è stato trascurato un dettaglio importante, cioè il tempo trascorso tra vecchi e nuovi furti. Questa obiezione – plausibile, in apparenza – viene respinta dai Giudici della Cassazione, i quali ribattono sottolineando che le esigenze cautelari sono state poggiate non solo sui numerosi precedenti penali dell’imputato ma anche sulle modalità del fatto e sulla sua personalità . Per essere precisi, i Magistrati sottolineano il carattere seriale dell’attività criminosa , posta in essere con modalità ripetitive ben collaudate . E, per chiudere il cerchio, viene anche posto in evidenza il fatto che l’imputato, dichiarato delinquente abituale , è stato ristretto in detenzione sino all’aprile del 2017 e ha ripreso l’attività criminosa immediatamente dopo l’espiazione della pena . Nessun dubbio, quindi, sulla legittimità della custodia cautelare in carcere nei confronti del soggetto accusato di essere un rapinatore seriale.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 luglio – 22 ottobre 2018, n. 48021 Presidente Ciampi – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Trieste, con ordinanza emessa in data 13/2/2018, ha rigettato il riesame proposto nell'interesse di Br. De., avverso l'ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Gorizia, di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere in relazione alla contestazione di plurimi furti in abitazione. 2. Il Br., a mezzo del difensore, ha proposto un unico motivo di ricorso, contenente plurime doglianze riconducibili a violazione di legge e vizio di motivazione in punto di valutazione delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura custodiale. Nell'atto di ricorso si afferma che la motivazione offerta dal Tribunale in ordine al necessario requisito della attualità delle esigenze cautelari è generica. Secondo la giurisprudenza di legittimità, a seguito della introduzione della legge 47/2015, che ha novellato l'art 274, comma 1, lett. c cod. proc. pen., il pericolo di reiterazione dell'illecito deve essere valutato nella sua concretezza ed attualità. Nel caso in esame, si evidenzia, l'attualità del pericolo sarebbe desunta da precedenti episodi di furto, risalenti agli anni 1995-2000. Il Tribunale avrebbe omesso di considerare il tempo trascorso dalla commissione di tali fatti, con conseguente mancanza di una motivazione corretta e logica. Con la seconda doglianza lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all'art. 275 cod. proc. pen. Si afferma che il provvedimento impugnato è caratterizzato da una motivazione apodittica, anche con riferimento alla inadeguatezza di misure cautelari diverse da quella carceraria a tutela delle esigenze cautelari. In particolare, per quanto riguarda la misura degli arresti domiciliari, non sarebbe stata fornita una motivazione soddisfacente sulle ragioni per le quali le esigenze cautelari non sarebbero tutelabili con la misura degli arresti domiciliari. A tal proposito si evidenzia come, nell'ambito di un recente procedimento esecutivo, l'indagato è stato sottoposto alla misura della detenzione domiciliare con positivi risultati, avendo egli scrupolosamente osservato tale regime. Pertanto, il Tribunale non avrebbe operato una congrua e completa valutazione in relazione alla concedibilità di analoga misura cautelare in relazione ai fatti di cui al procedimento in esame, contravvenendo alla ratio della disciplina dettata dalla legge n. 47/2015. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato per infondatezza dei motivi proposti. 2. Il Tribunale ha dato atto in maniera precisa e congrua delle ragioni fondanti il provvedimento di rigetto dell'appello, riepilogando in modo dettagliato i gravi indizi esistenti a carico del prevenuto ed esprimendo una motivazione logica e soddisfacente sia in relazione al profilo della concretezza e attualità delle esigenze cautelari, sia in relazione a quello dell'adeguatezza della misura prescelta. 3. In proposito va osservato che la motivazione della ordinanza impugnata soddisfa pienamente i criteri imposti dalla disciplina che regola la materia, come innovata dalla legge n. 47 del 2015. In tema di misure cautelari personali, ai fini delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274, comma 1, lettera c , cod. proc. pen., il requisito della concretezza riguarda l'indicazione di elementi non meramente congetturali sulla base dei quali possa affermarsi che l'imputato, verificandosi l'occasione, possa facilmente commettere reati che offendono lo stesso bene giuridico di quello per cui si procede, mentre il requisito della attualità sussiste in relazione alla riconosciuta esistenza di potenziali occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati Sez. 2, n. 47905 del 13/10/2016, Campo . In buona sostanza, il pencolo di recidiva può dirsi attuale ogni qual volta sia possibile una prognosi in ordine alla ricaduta nel delitto che indichi la probabilità di devianze prossime all'epoca in cui viene applicata la misura, seppur non specificatamente individuate, né tantomeno imminenti, ovvero immediate. Ne consegue che il relativo giudizio non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, desunti sia dall'analisi della personalità dell'indagato valutabile anche attraverso le modalità del fatto per cui si procede , sia dall'esame delle concrete condizioni di vita di quest'ultimo Sez. 2, n. 47891 del 07/09/2016, Vicini e altri, Rv. 26836601 . L'analisi della personalità e delle concrete condizioni di vita dell'indagato deve indurre a ritenere probabile una ricaduta nel delitto prossima - anche se non specificamente individuata - all'epoca in cui la misura viene applicata tuttavia la valutazione prognostica non può estendersi alta previsione di una specifica occasione per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice Sez. 2, n. 47619 del 19/10/2016, Esposito, Rv. 26850801 . 4. Ebbene, l'ordinanza impugnata ha fatto buon governo dei principi richiamati, sviluppando un iter argomentativo conciso, ma adeguato e puntuale con riferimento alte esigenze cautelari ritenute sussistenti nei confronti del ricorrente, traendo dalle modalità del fatto, dai numerosi precedenti penali annoverati dal ricorrente e dalla sua personalità, gli elementi su cui fondare il giudizio circa il requisito dell'attualità dell'esigenza di prevenzione del pericolo recidivante. In proposito ha messo in rilievo come l'attività criminosa posta in essere dal ricorrente avesse un carattere seriale , svolgendosi secondo modalità ripetitive ben collaudate. Ha poi evidenziato come il ricorrente, dichiarato delinquente abituale, fosse stato ristretto in detenzione definitiva sino all'aprile 2017, riprendendo l'attività criminosa immediatamente dopo la espiazione della pena. Il requisito dell'attualità del pericolo di reiterazione dei reati non è desunto semplicemente dai precedenti penali annoverati dal ricorrente, come si sostiene nell'atto di ricorso, ma da un esame puntuale delle modalità dei fatti per i quali è stata emessa la misura, delle condizioni di vita e della personalità del Br., sicché il profilo riguardante la risalenza dei precedenti penali annoverati dal ricorrente, assume un carattere del tutto recessivo ove rapportato alla complessiva, approfondita analisi effettuata dal Tribunale di tutti gli ulteriori elementi indicati in motivazione. 5. Parimenti infondata è la doglianza riguardante la valutazione espressa dal Tribunale sull'adeguatezza della misura della custodia in carcere. Sul punto è stata fornita una spiegazione che appare congrua rispetto alla situazione indiziaria e cautelare esistente al momento della decisione, avendo i Giudici evidenziato che la recente esperienza detentiva in espiazione pena, non era valsa a svolgere alcuna funzione deterrente in ordine alla ripresa di attività criminose da parte del ricorrente, desumendo da tale aspetto l'inidoneità di ogni altra misura meno afflittiva a tutela delle esigenze cautelari. Trattasi di ponderata valutazione che, in quanto congrua e non manifestamente illogica, non è sindacabile in cassazione. 6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e la trasmissione di copia del presente provvedimento al Direttore dell'istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall'art. 94, comma 1-ter, disp. att. del cod.proc.pen. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall'art. 94 comma 1-ter disp. att. c.p.p.