Gravidanza e necessità di cure mediche: permesso di soggiorno alla cittadina extracomunitaria

Azzerate condanna e ammenda decise dal Giudice di Pace nei confronti di una donna di origini marocchine. Era stata fermata e il controllo aveva fatto emergere l’assenza del permesso di soggiorno”. Questo dato è stato però smentito dal richiamo al certificato medico che ne attestava lo stato di gravidanza.

Il pancione salva la straniera presente in maniera irregolare in Italia. Il controllo effettuato dalle forze dell’ordine è disinnescato difatti dalla gravidanza della donna, che le ha consentito di ottenere un permesso di soggiorno” per cure mediche. Cancellata la condanna e la connessa ammenda Cassazione, sentenza n. 47047/2018, Sezione Prima Penale, depositata il 16 ottobre . Permesso. L’episodio incriminato risale al marzo del 2010 e si verifica nella zona di Padova. Lì una donna – di origini marocchine – viene fermata dalle forze dell’ordine il conseguente controllo fa emergere la mancanza dei presupposti per una legittima presenza in Italia. E questo elemento è ritenuto sufficiente dal Giudice di pace per condannare la straniera per soggiorno illegale e per sanzionarla con 4mila euro di ammenda . Il castello accusatorio viene però demolito dal legale della donna. Decisivo è il riferimento a un certificato di gravidanza , che attesta il fatto che ella è in attesa di un bambino e alla sesta settimana gestazionale . Questo elemento è ritenuto centrale dai giudici della Cassazione, i quali prendono atto che la cittadina marocchina non disponeva del permesso di soggiorno , in apparenza, mentre, in realtà, esso le era stato rilasciato per cure mediche , proprio alla luce del suo stato di gravidanza . Impossibile, quindi, parlare di assenza di un valido titolo di soggiorno a legittimarne la permanenza in Italia .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 luglio – 16 ottobre 2018, n. 47047 Presidente Mazzei – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del Giudice di pace di Padova in data 28/11/2012, Zi. La. era stata condannata alla pena di 4.000 Euro di ammenda in quanto riconosciuta colpevole del reato di cui all'art. 10-bis del D.Lgs. n. 286 del 1998, accertato in Padova in data 8/03/2010. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la stessa La. a mezzo del difensore di fiducia, avv. El. Co., deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen 3.1. Con il primo di essi, la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. C , cod. proc. pen., l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione all'art. 39 del D.Lgs. n. 274 del 2000, a mente del quale il giudice dispone l'annullamento della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti al giudice di pace competente, quanto l'imputato provi di non essere potuto comparire per non avere avuto conoscenza del provvedimento di citazione a giudizio. Tale situazione sarebbe stata sussistente nel caso di specie, avendo questa Corte rimesso in termini l'imputata per impugnare la sentenza in epigrafe sul presupposto che ella avesse eletto domicilio presso un difensore d'ufficio e che, quindi, non fosse stato riscontrato che la donna avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento de quo. 3.2. Con il secondo motivo, la difesa di Zi. LA. censura, ex art. 606, comma 1, lett. E , cod. proc. pen., la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla penale responsabilità dell'imputata, dal momento che la sentenza avrebbe, per un verso, dato atto dell'avvenuto deposito di un certificato di gravidanza alla sesta settimana gestazionale e avrebbe, per altro verso, affermato che tale stato di gravidanza non fosse stato accertato. Certificato sulla base del quale sarebbe stato rilasciato il permesso di soggiorno temporaneo. 3.3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. E , cod. proc. pen., la mancanza della motivazione in relazione alla mancata piena applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Considerato in diritto 1. Il secondo motivo di ricorso è fondato, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, perché il fatto non sussiste, con assorbimento dei restanti motivi di doglianza. 2. L'art. 10-bis del D.Lgs. n. 286 del 1998 sanziona il trattenimento nel territorio dello Stato avvenuto in violazione delle disposizioni contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina della immigrazione. Il reato è, pertanto, integrato dalla condotta dello straniero che, pur avendo titolo a ottenere il permesso di soggiorno, omettendo di chiederlo nel termine stabilito, si trattenga nel territorio dello Stato, così violando le disposizioni della legge. 3. Nel caso di specie, nondimeno, risulta dalla documentazione in atti che alla data dell'8/03/2019, nella quale, secondo l'imputazione, Zi. La. non disponeva del permesso di soggiorno, esso le era stato in realtà rilasciato per cure mediche , atteso lo stato di gravidanza della donna, anch'esso attestato da idonea certificazione acquisita agli atti. Pertanto, nella situazione concreta difettava l'essenziale requisito di fattispecie costituito dall'assenza di un valido titolo di soggiorno che legittimasse la permanenza nel territorio dello stato. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, deve procedersi all'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. PER QUESTI MOTIVI annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.