La liquidazione dell’onorario dell’avvocato e l’impossibilità di procedere al recupero del compenso

In materia di liquidazione dell’onorario e delle spese al difensore di ufficio, gli artt. 116 e 117 d. lgs. n. 115/2002 prevedono la liquidazione dei compensi al difensore dell’imputato quando non sia possibile esperire procedure per il recupero dei crediti o quando l’assistito sia irreperibile.

Sul punto è tornata ad esprimersi la Corte di Cassazione con sentenza n. 44117/18 depositata il 4 ottobre. La vicenda. La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado che aveva affermato la responsabilità penale dell’imputato per il reato di tentato furto aggravato di una bottiglia di vino all’interno di un supermercato. Avverso tale sentenza, il difensore dell’imputato ricorre in Cassazione, lamentando che il suo assistito era stato dichiarato irreperibile con la liquidazione dei compensi professionali al difensore d’ufficio e che il processo di appello avrebbe dovuto essere sospeso. La liquidazione dell’onorario. Ai sensi della disciplina riportata nel testo degli artt. 116 e 117 d. lgs. n. 115/2002, la liquidazione dei compensi al difensore dell’imputato è prevista quando non sia possibile esperire procedure per il recupero dei crediti o quando l’assistito sia irreperibile. Nel caso in esame, la liquidazione è stata disposta sulla base del succitato art. 116, per la dedotta impossibilità del difensore di esperire la procedura per il recupero del compenso professionale, essendo l’imputato senza fissa dimora non era quindi stata accertata alcuna irreperibilità rilevante dell’imputato ai fini della sospensione del processo. Infatti, l’imputato risulta avere eletto domicilio presso lo studio del suo difensore. Per queste ragioni, il ricorso è dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 giugno – 4 ottobre 2018, n. 44117 Presidente Fumo – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa il 28/11/2016 la Corte di Appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Pordenone che aveva affermato la responsabilità penale di T.V. per il reato di tentato furto aggravato di una bottiglia di vino all’interno di un supermercato. 2. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di T.V., Avv. Edoardo Longo, lamentando che l’imputato era stato dichiarato irreperibile con la liquidazione dei compensi al difensore d’ufficio, e che il processo di appello avrebbe dovuto essere sospeso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. La doglianza, infatti, postula l’applicazione della disciplina sulla sospensione del processo per assenza dell’imputato art. 420 quater cod. proc. pen. sulla base di una pretesa equiparazione tra la disciplina dell’irreperibilità e la disciplina sulla liquidazione dei compensi professionali per l’attività difensiva prestata in favore di soggetti anche divenuti irreperibili. L’equiparazione, tuttavia, è del tutto fallace, in quanto la disciplina prevista dagli artt. 116 e 117 d.lgs. 115/2002 prevede la liquidazione dei compensi al difensore d’ufficio o di fiducia dell’imputato, quando non sia possibile esperire le procedure per il recupero dei crediti art. 116 o quando l’assistito sia irreperibile art. 117 Sez. 4, n. 4576 del 13/11/2012, dep. 2013, Galli, Rv. 254661 In tema di patrocinio dei non abbienti, il difensore che intenda ottenere dallo Stato il compenso dovutogli è esentato dal previo esperimento delle procedure per il recupero dei crediti professionali nel caso in cui l’assistenza risulti prestata a favore di un soggetto irreperibile, sia che l’irreperibilità sia stata dichiarata formalmente con decreto, sia che essa corrisponda ad una situazione di fatto ma l’irreperibilità rilevante può essere anche successiva alla celebrazione del processo, come si evince dal riferimento anche al condannato irreperibile . L’art. 420 quater, commi 1 e 2, cod. proc. pen., invece, prevede la sospensione del processo nei confronti dell’imputato assente, fuori dei casi previsti dagli articoli 420 bis e 420 ter tra questi, l’art. 420 bis, comma 2, prevede l’elezione di domicilio quale indice di conoscenza del procedimento che impedisce la sospensione del processo. Nel caso in esame, innanzitutto la liquidazione è stata disposta sulla base dell’art. 116 d.lgs. 115/2002, per la dedotta impossibilità del difensore di esperire le procedure per il recupero del credito professionale, essendo l’imputato senza fissa dimora, e non dell’art. 117 cit. quindi, non era stato accertata alcuna irreperibilità di diritto dell’imputato peraltro, l’irreperibilità rilevante ai fini della sospensione del processo sarebbe solo quella accertata durante il giudizio, non successivamente e nella fattispecie la richiesta di liquidazione risulta proposta successivamente alla definizione del processo. Al contrario, l’imputato risulta avere, in occasione dell’identificazione successiva al reato accertato, eletto domicilio presso lo studio del difensore, Avv. Longo, così integrando uno degli indici di conoscenza del procedimento che, ai sensi dell’art. 420 bis, comma 2, cod. proc. pen., impediscono una sospensione del processo. 2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.