Rilevanza penale della falsificazione dell’assegno bancario non trasferibile

Va esclusa la riconducibilità della falsificazione dell’assegno bancario alla fattispecie di cui all’art. 491 c.p., riferibile unicamente alla falsificazione dell’assegno bancario non munito di clausola di non trasferibilità, donde la contraffazione di un assegno bancario non trasferibile, girato solo per l’incasso, è un fatto non più previsto dalla legge come reato in quanto rientrante nella previsione di cui all’art. 485 c.p

Lo ha affermato la Cassazione con sentenza n. 43795/18 depositata il 3 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello di Lecce – Sezione Distaccata di Taranto – in parziale riforma della statuizione di prime cure, assolveva tizio dalla imputazione ex art. 485 c.p. per non essere il fatto più previsto dalla legge come reato, mentre confermava la condanna per la contraffazione di un assegno bancario ex art. 491 c.p La perizia non rientra nel concetto di prova decisiva. Il ricorrente deduceva, in via principale, violazione della legge penale in relazione alla circostanza che la Corte territoriale avrebbe omesso di disporre la perizia grafologica richiesta, finalizzata ad accertare la paternità della firma apposta sull’assegno bancario. I Supremi Giudici hanno avuto pertanto modo di ribadire il consolidato orientamento di legittimità secondo cui la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per Cassazione ex art. 606, comma 1, lett. d , c.p.p., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva trattandosi, al contrario, di un mezzo di prova neutro, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove, invece, l’articolo de quo, attraverso il richiamo all’art. 495 comma 2 c.p.p., si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività. La contraffazione di un assegno e l’incidenza della clausola di non trasferibilità sulla rilevanza penale della condotta il contrasto giurisprudenziale. La Suprema Corte ha rilevato d’ufficio ex art. 129 c.p.p. che il fatto attribuito all’imputato più previsto dalla legge come reato, ed ha annullato la sentenza – per altri profili impugnata dal ricorrente – senza rinvio. La giurisprudenza di legittimità si era ultimamente divisa relativamente alla persistenza della sanzione penale in ordine alla falsificazione di assegni non trasferibili per girata dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 7/2016. Da un lato l’orientamento che, in applicazione del nuovo testo dell’art. 491 c.p., ha escluso la riconducibilità generalizzata della falsificazione dell’assegno bancario alla fattispecie in questione, ritenuta riferibile unicamente alla falsificazione dell’assegno bancario non munito di clausola di non trasferibilità, ed ha conseguentemente ritenuto fatto non più previsto dalla legge come reato la contraffazione di un assegno bancario non trasferibile, girato solo per l’incasso. In effetti, la clausola di non trasferibilità apponibile all’assegno bancario o all’assegno circolare, immobilizzando il titolo nelle mani del prenditore, ne esclude la trasmissibilità per girata, poiché non si può considerare tale la girata ad un banchiere per l’incasso, che ha natura di semplice mandato a riscuotere ed è priva di effetti traslativi del diritto inerente al titolo. Di conseguenza, la falsità commessa in assegno bancario o in assegno circolare munito della clausola di non trasferibilità non è punibile a norma dell’art. 491 ma a norma dell’art. 485 c.p L’orientamento contrapposto aveva invece affermato il persistente rilievo penale della condotta di falsificazione della firma di traenza di un assegno bancario, purché sorretta dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di causare ad altri un danno a seguito della abrogazione dell’art. 485 c.p. e della nuova formulazione dell’art. 491 c.p., permane la rilevanza penale della condotta di falsificazione di assegno bancario, anche se dotato di clausola di non trasferibilità, in quanto il titolo è comunque girabile per l’incasso – c.d. girata impropria – potendo esercitare la sua funzione dissimulatoria almeno nei confronti dell’impiegato della banca e dell’istituto da questi rappresentato. La decisione delle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 40256/2018, hanno risolto in senso negativo il contrasto giurisprudenziale circa la perdurante rilevanza penale della falsificazione di assegno bancario non trasferibile, sottolineando che la clausola di non trasferibilità dell’assegno bancario, circolare e postale, nel corso del tempo ha cambiato la propria posizione a seguito di una serie di specifici interventi normativi sulla c.d. disciplina antiriciclaggio tale clausola risulta imposta dalla legge in via automatica per gli assegni di importi pari o superiori a mille euro, posto il dovere per le banche di confezionare e rilasciare solamente assegni già muniti della clausola in prestampato. Donde, la clausola di non trasferibilità risulta, ad oggi, un elemento inevitabile degli assegni che posseggano sostanziale riscontro economico, ma quasi inevitabile anche per gli altri in ragione della richiesta espressa necessaria al fine di ottenere assegni c.d. liberi.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 21 agosto – 3 ottobre 2018, numero 43795 Presidente Piccialli – Relatore Scotti Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, con sentenza del 28/11/2016, in riforma della sentenza del Tribunale di Taranto del 23/6/2014, appellata dall’imputato N.P. , lo ha assolto dal reato di falso di cui all’articolo 485 cod.penumero di cui al capo B della rubrica, per aver falsificato e fatto uso, in un giudizio civile, di una quietanza di spese condominiali mediante apposizione di firma apocrifa dell’amministratore, perché non più previsto dalla legge come reato, eliminando pertanto il relativo aumento di pena, e ha confermato nel resto la sentenza appellata, con la conferma della condanna alla pena di mesi sette di reclusione per il reato di cui al capo A , con aggravio delle spese del grado a favore della parte civile Il predetto capo A riguardava il reato di cui agli artt. 81, 485 e 491 cod.penumero per la contraffazione di un assegno bancario di Euro 917,32, mediante falsa indicazione come beneficiario di C.A. , amministratore del Condominio, mentre l’assegno in questione era stato emesso dal N. intestato a sé stesso ed era stato da lui incassato. 2. Ha proposto ricorso l’avv. Giovanni Vinci, difensore di fiducia dell’imputato, svolgendo due motivi. 2.1. Con il primo motivo, proposto ex articolo 606, comma 1, lett. d , cod.proc.penumero , il ricorrente lamenta violazione della legge penale in relazione al reato di cui agli artt. 81, 485 e 491 cod.penumero . In primo luogo, la Corte aveva omesso di disporre la perizia grafologica richiesta, tesa ad accertare la paternità della firma apposta sull’assegno bancario sol perché appariva identico ad altro titolo intestato all’imputato e da lui riscosso, dovendosi inoltre tener conto della sottoscrizione a stampatello, inusualmente adottata dalla parte offesa, come da essa chiarito all’udienza del 22/4/2013, e della mancanza di documenti in originale. Inoltre era stata rigettata la richiesta di escussione dei testi ex articolo 195 cod.proc.penumero , con riferimento alla deposizione, inutilizzabile perché de relato, del teste dell’accusa, Maresciallo P. , con riferimento alle informazioni da lui ricevute dal Direttore o da un addetto allo sportello della Unicredit di . 2.2. Con il secondo motivo, proposto ex articolo 606, comma 1, lett. b e c , cod.proc.penumero , il ricorrente lamenta violazione della legge penale in relazione all’articolo 507 cod.proc.penumero e 62 bis cod.penumero perché il Giudice di primo grado aveva ritenuto le circostanze generiche equivalenti alla recidiva reiterata specifica infra-quinquennale, mai contestata in capo di imputazione o in udienza, mentre il Giudice di appello, investito dal motivo di gravame, aveva negato operatività al rilievo critico poiché aveva reputato altrettanto immotivata la concessione delle attenuanti generiche, evidentemente riconosciute sol per riequilibrare gli effetti negativi della recidiva, così incorrendo nel divieto di reformatio in peius. Inoltre l’imputato lamenta la violazione del combinato disposto degli articolo 62 bis e 132 cod.penumero , in difetto di qualsiasi motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, definita solamente immotivata. Quanto, infine, alla condanna al pagamento della provvisionale, la somma liquidata era stata giustificata solo ricorrendo a clausole di stile, senza alcuna dimostrazione dell’esistenza di un danno risarcibile per il quale si riteneva già raggiunta la prova. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo, proposto ex articolo 606, comma 1, lett. d , cod.proc.penumero , il ricorrente deduce violazione della legge penale in relazione al reato di cui agli artt. 81, 485 e 491 cod.penumero . 1.1. In primo luogo, il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia omesso di disporre la perizia grafologica richiesta, tesa ad accertare la paternità della firma apposta sull’assegno bancario solo perché appariva identico ad altro titolo intestato all’imputato e da lui riscosso, dovendosi inoltre tener conto della sottoscrizione a stampatello, inusualmente adottata dalla parte offesa, come da essa chiarito all’udienza del 22/4/2013, e della mancanza di documenti in originale. Il motivo in parte qua è inammissibile perché la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lett. d , cod. proc. penumero , in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova neutro , sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l’articolo citato, attraverso il richiamo all’articolo 495, comma 2, cod.proc.penumero , si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività Sez. U, numero 39746 del 23/03/2017, A e altro, Rv. 270936 . In ogni caso, il Giudice del merito ha ampiamente motivato sulle ragioni che rendevano evidente la superfluità della richiesta perizia, essenzialmente basate sul fatto che un assegno, identico in ogni altro particolare e soprattutto nel numero di identificazione omissis , era stato presentato con indicazione come beneficiario-prenditore dello stesso traente N.P. e da questi negoziato con distinta di versamento presso altro Istituto creditizio, mentre non risultava affatto che il C. avesse mai presentato e riscosso lo stesso titolo di credito. Il che rendeva evidente che era stato proprio il N. , emittente prenditore, a predisporre una copia alterata nel nome del beneficiario e a utilizzarla a fini di prova nel giudizio civile che lo contrapponeva al C. . 1.2. Lamenta ancora il ricorrente che la Corte tarantina abbia rigettato la richiesta di escussione dei testi ex articolo 195 cod.proc.penumero , con riferimento alla deposizione, altrimenti inutilizzabile perché de relato, del teste dell’accusa, Maresciallo P. , con riferimento alle informazioni da lui ricevute dal Direttore o da un addetto allo sportello della Unicredit di . Il Maresciallo P. ha riferito che sia il Direttore della Banca, sia l’addetto allo sportello, gli avevano riferito che la firma sull’assegno era quella del N. e in ogni caso la circostanza risulta dalla lettera in atti dell’Istituto bancario e dall’informativa 2/10/2010 dei Carabinieri. Comunque appare risolutivo il fatto che l’assegno identificato con lo stesso numero seriale di quello figurante sulla copia prodotta in causa civile dall’imputato era stato emesso a suo stesso nome e da lui negoziato, mentre nulla del genere risulta quanto al C. , non essendovi la minima prova, tantomeno documentale, dell’incasso o della negoziazione dell’assegno da parte sua. 2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione della legge penale in relazione all’articolo 507 cod.proc.penumero e 62 bis cod.penumero . 2.1. Il Giudice di primo grado aveva ritenuto le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva reiterata specifica infra-quinquennale, che non era mai stata contestata, né con il capo di imputazione, né in udienza. Il Giudice di appello, investito da specifico motivo di gravame, ha negato operatività al rilievo critico dell’appellante, affermando di reputare altrettanto immotivata la concessione delle attenuanti generiche, a suo dire riconosciute sol per riequilibrare gli effetti negativi della recidiva, ed era così incorso nel divieto di reformatio in peius. Inoltre il ricorrente lamenta la violazione del combinato disposto degli articolo 62 bis e 132 cod.penumero , in difetto di qualsiasi motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, definita solamente immotivata. 2.2. Il motivo coglie il segno. La Corte di appello, pur riconoscendo la fondatezza della censura dell’appellante circa la mancata contestazione della recidiva effettivamente essa non appare essere stata contestata , ha omesso di trarne le dovute conseguenze, opinando che la recidiva non avrebbe sviluppato concrete conseguenze sol perché i suoi effetti erano stati controbilanciati dal giudizio di equivalenza con le circostanze attenuanti generiche concesse dal Giudice di prime cure e assumendo che tale concessione fosse in realtà ingiustificata. Così ragionando, la Corte territoriale è incorsa nella violazione del divieto di reformatio in peius di cui all’articolo 597 cod.proc.penumero , poiché, in difetto di impugnazione del Pubblico Ministero, ha di fatto eliminato l’effetto favorevole prodotto sul trattamento sanzionatorio dalle attenuanti generiche che avrebbe dovuto dispiegarsi in pieno, una volta esclusa la necessità del giudizio di bilanciamento con la recidiva mai contestata e conseguentemente eliminata. 3. La Corte deve tuttavia rilevare, d’ufficio ex articolo 129 cod.proc.penumero , che il fatto attribuito al N. con il capo B di imputazione non è più previsto dalla legge come reato. 3.1. La giurisprudenza di questa Corte si era divisa circa la persistenza della sanzione penale in ordine alla falsificazione di assegni non trasferibili per girata dopo l’entrata in vigore del d.lgs.15/1/2016 numero 7 e la questione è stata recentemente risolta dalle Sezioni Unite. 3.1.1. La 5 Sezione sentenza numero 3422 del 22.11.2016, dep. 2017, Merolla chiamata ad applicare il nuovo testo dell’articolo 491 cod.penumero aveva escluso la riconducibilità generalizzata della falsificazione dell’assegno bancario alla fattispecie di cui al riformulato articolo 491, riferibile unicamente alla falsificazione dell’assegno bancario non munito di clausola di non trasferibilità, e ha di conseguenza ritenuto fatto non più previsto dalla legge come reato la contraffazione di un assegno bancario non trasferibile, girato solo per l’incasso. Nella lettura della nuova disposizione incriminatrice tale orientamento si era rifatto a precise indicazioni interpretative fornite dalla risalente sentenza delle Sezioni Unite Sez. U, numero 4 del 20/02/1971, Guarracino, Rv. 118012. È pur vero che tale risalente pronuncia si era data carico di segnare il confine tra i reati di cui agli artt. 485 e 491 cod.penumero in riferimento a un diverso testo normativo e in un contesto in cui la falsità materiale di scrittura privata costituiva tuttora reato tuttavia le Sezioni Unite avevano pur sempre analizzato e interpretato elementi costitutivi della fattispecie comuni alla vecchia e alla nuova disposizione incriminatrice, ossia la nozione di altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore , e avevano colto la ragione della più rigorosa tutela accordata dall’articolo 491 cod.penumero ai titoli di credito al portatore o trasmissibili per girata, equiparati quoad poenam agli atti pubblici, nel maggiore pericolo di falsificazione insito nel regime di circolazione proprio del titolo al portatore o trasmissibile per girata rispetto al regime di circolazione dei titoli nominativi. Per tale ragione le Sezioni Unite avevano ritenuto che la libera trasferibilità doveva esistere in concreto, come requisito essenziale condizionante l’applicabilità della norma, non potendosi, dunque, prescindere, a tal fine, dalle clausole che in concreto ostacolino giuridicamente la circolazione dei titoli anzidetti. Di qui il principio di diritto secondo il quale la clausola di non trasferibilità apponibile all’assegno bancario o all’assegno circolare artt. 43 e 86 r.d. 21.12.1933, n 1736 , immobilizzando il titolo nelle mani del prenditore, ne esclude la trasmissibilità per girata, poiché non si può considerare tale la girata a un banchiere per l’incasso, che ha natura di semplice mandato a riscuotere ed è priva di effetti traslativi del diritto inerente al titolo di conseguenza la falsità commessa in assegno bancario o in assegno circolare munito della clausola di non trasferibilità non era punibile a norma dell’articolo 491 cod. penumero bensì a norma dell’articolo 485 cod. penumero ora abrogato . Poiché la clausola di non trasferibilità apposta all’assegno bancario o all’assegno circolare artt. 43 r.d. 21/12/1933, numero 1736 , dal punto di vista civilistico, ne determina la perdita della qualità di titolo trasferibile mediante girata articolo 17 r.d. 1736/1933 , la trasposizione degli esposti principi nel nuovo contesto normativo modificato dal d.lgs. 15/1/2016, numero 7, caratterizzato dall’abrogazione del reato di cui all’articolo 485 cod.penumero , dal punto di vista penalistico escludeva la riconducibilità del fatto alla fattispecie dell’articolo 491 cod.penumero e lo espungeva conseguentemente dall’area della rilevanza penale. Una diversa conclusione non era consentita dalla rigorosa applicazione del principio di legalità. Occorreva inoltre tener presente che la legislazione speciale diretta a limitare l’uso del contante e dei titoli al portatore articolo 49 d.lgs. 21/11/2007, numero 231 articolo 27, comma 1-ter del d.lgs. 13/8/2010 numero 141 , con il palese obiettivo di contrastare i fenomeni di riciclaggio, ha progressivamente eliso la possibilità marginalmente tuttora sussistente articolo 49, comma 4, del d.lgs. numero 231 del 2007 di ottenere il rilascio di ottenere il rilascio di moduli in forma libera , ossia senza l’ordinaria stampigliatura della clausola di non trasferibilità. 3.1.2. La sentenza della Sez. 2, numero 52218 del 28/10/2016, P.G. in proc. Grassano, Rv. 268761, aveva invece affermato il persistente rilievo penale della condotta di falsificazione della firma di traenza di un assegno bancario, purché sorretta dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di causare ad altri un danno, non si pone necessariamente in contrasto, vista la natura astratta del principio formulato, anche se non risulta che nella fattispecie l’assegno bancario falsificato fosse corredato della clausola di intrasferibilità. 3.1.3. Nel senso della persistente incriminazione della condotta a prescindere dalla apposizione della clausola di intrasferibilità si sono successivamente schierate le pronunce della Sezione 2 numero 36670 del 22/06/2017, Milani, Rv. 271111, e numero 13086 del 01/03/2018, Solla, Rv. 272540, secondo le quali in tema di falso in scrittura privata, a seguito dell’abrogazione dell’articolo 485 cod. penumero e della nuova formulazione dell’articolo 491 cod. penumero ad opera del d.lgs. 15 gennaio 2016, numero 7, permane la rilevanza penale della condotta di falsificazione di assegno bancario, anche se dotato di clausola di non trasferibilità, in quanto il titolo è comunque girabile per l’incasso cd. girata impropria , potendo esercitare la sua funzione dissimulatoria almeno nei confronti dell’impiegato della banca e dell’istituto da questi rappresentato. In senso contrario, altre pronunce hanno affermato che a seguito dell’abrogazione dell’articolo 485 cod. penumero e della nuova formulazione dell’articolo 491 cod. penumero ad opera del d.lgs. numero 7 del 2016, la condotta di falsificazione di assegno bancario avente clausola di non trasferibilità non rientra più tra quelle soggette a sanzione penale, mentre permane la rilevanza penale dei falsi in titoli di credito trasmissibili per girata Sez. 5, numero 14628 del 16/01/2018, Freda, Rv. 272864 Sez. 5, numero 11999 del 17/01/2017 - dep. 13/03/2017, Torna, Rv. 269710 Sez. 5, numero 32972 del 04/04/2017, P.M. in proc. Valentini, Rv. 270677 . 3.1.4. Con sentenza numero 40256 del 19/7/2018, Felughi al momento della decisione ancora in corso di motivazione e nota solo attraverso l’informazione provvisoria, e quindi depositata il 10/9/2018 le Sezioni Unite di questa Corte hanno risolto in senso negativo il contrasto giurisprudenziale insorto fra le Sezioni semplici circa la perdurante rilevanza penale della falsificazione di assegno bancario non trasferibile, ritenendo corretto l’orientamento appena sopra richiamato. Le Sezioni Unite hanno sottolineato che la clausola di non trasferibilità dell’assegno bancario, circolare e postale, nel corso del tempo ha cambiato la propria posizione a seguito di una serie di specifici interventi normativi sulla c.d. disciplina antiriciclaggio, a cominciare dal d.l. 3/5/1991, numero 143, convertito dalla legge 5/7/1991, numero 197, aventi ad oggetto assegni di importi via via minori, e hanno quindi ricordato che l’attuale contesto normativo, dal 4/7/2017 entrata in vigore del d.lgs. 25/5/2017, numero 90, di attuazione della IV direttiva antiriciclaggio conferma il divieto di utilizzo di denaro contante o di titoli al portatore per gli importi pari o superiori ad Euro 3.000,00 articolo 1, comma 898, legge 28/12/2015, numero 208 , fermo il limite di Euro 999,99 per l’emissione di assegni senza clausola di intrasferibilità. Tale clausola risulta imposta dalla legge in via automatica per gli assegni di importi pari o superiore a 1.000,00 Euro, posto il dovere delle banche di confezionare e rilasciare solamente assegni già muniti della clausola in prestampato. Le Sezioni Unite hanno quindi affermato che la clausola di non trasferibilità risulta, ad oggi, un elemento inevitabile degli assegni che posseggano sostanziale riscontro economico, ma quasi inevitabile anche per gli altri in ragione della richiesta espressa necessaria al fine di ottenere assegni cd. liberi. Tale diversa considerazione normativa della clausola di non trasferibilità, divenuta parte integrante dell’assegno, con dichiarata finalità antiriciclaggio, e non più apposta nell’interesse del traente o del girante, non ha tuttavia apportato indirettamente, secondo il Supremo Consesso, un mutamento del significato da attribuire al termine girata di cui al citato articolo 43 r.d. numero 1736/33 ed alla locuzione titoli di credito trasmissibili per girata di cui all’articolo 491 cod. penumero nonché al concetto di concreta circolazione enunciato dalle Sezioni Unite Guarracino. Nella fattispecie non solo non risulta che l’assegno in questione fosse liberamente trasferibile ma dalle produzioni documentali ex articolo 234 e 238 bis cod.proc.penumero atti di primo grado, f.26 risulta che vi figurava regolarmente apposta la clausola di intrasferibilità. 3.2. Inoltre, sotto altro profilo, è il caso di aggiungere per completezza che la falsificazione attribuita al N. non era comunque idonea a integrare la fattispecie dell’articolo 491 cod.penumero che concerne la falsificazione o l’alterazione di un titolo di credito trasmissibile per girata, e quindi idoneo a circolare secondo il particolare regime previsto dalla legge civile. Infatti, pacificamente, l’alterazione è stata praticata e comunque utilizzata dall’imputato dopo l’incasso del titolo da parte sua, non già sull’originale ma su di una copia e al fine specifico di produrre la predetta copia alterata in una causa civile come documento finalizzato a dimostrare, al pari della quietanza contestualmente falsificata, l’avvenuto pagamento del credito del condominio da parte sua. Ricorre quindi la fattispecie dell’articolo 485 cod.penumero della falsità materiale in scrittura privata, ormai depenalizzata ad opera del d.lgs. 15/1/2016 numero 7. Questa Corte, in analoga fattispecie di falsificazione postuma rispetto alla circolazione del titolo, ha ritenuto che integrasse il delitto di falso in scrittura privata, all’epoca ancora sussistente - e non quello di falso in titoli di credito ex articolo 491 cod. penumero - l’apposizione di una falsa firma di girata su un assegno già posto all’incasso e protestato, in quanto con il protesto si esaurisce la funzione tipica dell’assegno e viene meno la sua capacità di circolazione privilegiata, che giustifica la tutela penale rafforzata pertanto un’eventuale contraffazione successivamente operata sullo stesso costituisce falsità in scrittura privata comune, non equiparata, sia pure quoad poenam, agli atti pubblici. Sez. 5, numero 1720 del 04/12/2008 - dep. 2009, Caputo e altro, Rv. 242964 . 4. Alla luce dei principi espressi dalle Sezioni Unite Sez. U, numero 46688 del 29/09/2016, Schirru e altro, Rv. 267884 vengono travolti anche gli effetti civili infatti in caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del d.lgs. 15/1/2016, numero 7, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile di agire ex novo nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l’eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile rimane di conseguenza assorbita la censura, peraltro di per sé inammissibile, inerente la condanna al pagamento della provvisionale. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.