“La mia ragazza è scomparsa”, invece lei è a casa con i genitori: la telefonata ai carabinieri non vale una condanna

Cade definitivamente l’accusa nei confronti di un uomo, di quasi 40 anni, che ha segnalato ai carabinieri la scomparsa – assolutamente falsa – della fidanzata. I militari hanno scoperto il bluff in neanche mezz’ora, ma l’uomo è finito sotto processo. Anche per i Giudici della Cassazione è impossibile parlare di allarme sociale”.

Goliardata davvero poco comprensibile chiama i carabinieri segnalando la scomparsa della fidanzata, che, invece, è tranquillamente a casa coi propri genitori. Lo scherzo dura poco, appena 25 minuti, ma porta comunque l’autore sotto processo per procurato allarme”. Comportamento censurabile, di sicuro, ma, osservano i giudici, assolutamente non punibile, poiché il fatto denunciato non è tale da poter creare allarme sociale, non essendo stato prospettato né essendo configurabile nessun rischio di danno alla persona” Cassazione, sentenza numero 43815, sezione prima penale, depositata oggi . Segnalazione. Chiaro l’addebito mosso nei confronti di un uomo, di quasi 40 anni, di origini palermitane avere suscitato allarme presso i carabinieri attraverso la segnalazione della inesistente scomparsa della fidanzata . A sorpresa, però, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo fa cadere ogni accusa, ma questa decisione suscita la reazione della Procura, che propone ricorso in Cassazione, sottolineando che la prospettata, ma simulata, irreperibilità della fidanzata ha comportato la rappresentazione di un pericolo idoneo a procurare allarme presso le forze dell’ordine . La visione proposta dalla Procura palermitana non convince però i Giudici del Palazzaccio, i quali confermano l’assoluzione dell’uomo, nonostante sia accertato l’assurdo comportamento da lui tenuto. Rischio. Proprio la ricostruzione dell’episodio è decisiva, secondo i magistrati. Più precisamente, viene evidenziato che alle 17.10 l’uomo ha comunicato ai carabinieri che la fidanzata si era resa irreperibile dalle 15 del giorno precedente , mentre alle 17.30 egli ha nuovamente chiamato i carabinieri, riferendo di aver trovato la fidanzata , e aggiungendo che però ella è nuovamente riuscita a scappare, dirigendosi verso la spiaggia , ma, osservano i giudici, alle 17.35 i carabinieri chiudono il cerchio, contattando i genitori della ragazza e apprendendo che ella aveva regolarmente dormito a casa la notte precedente e che era rintracciabile sul suo telefonino . Così, una volta scoperta la bugia, l’uomo è costretto – solo alle 20.42 , però –, ad ammettere di avere simulato l’allontanamento della fidanzata . A fronte di questo quadro, anche per i Giudici di Cassazione è evidente che la segnalazione fatta dall’uomo si è sostanzialmente risolta nella comunicazione – impropria, per le funzioni dell’autorità cui era stata rivolta – di essere stato abbandonato dalla fidanzata mentre era sceso dall’autovettura per recarsi in un bar del paese . Impossibile, in sostanza, parlare di allarme sociale a seguito della telefonata fatta dall’uomo, poiché, concludono i giudici, non è stato prospettato alcun rischio di danno alla persona .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 4 ottobre 2017 – 3 ottobre 2018, n. 43815 Presidente Mazzei – Relatore saraceno Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, con sentenza emessa in data 18 giugno 2015, decidendo su richiesta di applicazione della pena proposta dalle parti, in applicazione dell'art. 129 cod. proc. pen., mandava assolto An. Bo. dal reato di cui all'art. 658 cod. pen. per insussistenza del fatto. Il Bo. era stato accusato di aver suscitato allarme presso i carabinieri della Stazione di Cinisi per avere comunicato l'inesistente scomparsa della fidanzata, Antonina Pepe. 2. Avverso tale decisione ha interposto appello, riqualificato come ricorso per cassazione, il Pubblico ministero presso il Tribunale di Palermo, lamentandone l'erroneità, in quanto la prospettata, ma simulata, irreperibilità della fidanzata da parte dell'imputato avrebbe comportato la rappresentazione di un pericolo idoneo a procurare allarme presso le forze dell'ordine. 3. Il ricorso è infondato. 3.1 Preliminarmente va rilevato che correttamente la Corte di appello ha qualificato l'interposto gravame come ricorso per cassazione in adesione all'orientamento espresso da Sez. 1 n. 37575 del 18.3.2014, Yordanov, Rv. 260803, secondo il quale la sentenza di proscioglimento emessa, ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen., all'esito dell'esame della concorde istanza delle parti di applicazione della pena, è impugnabile esclusivamente con ricorso per cassazione, l'esito del proscioglimento essendo strettamente correlato alla fisionomia tipica del rito e dovendo, pertanto, ritenersi ricompreso negli altri casi di inappellabilità indicati dall'art. 448 comma secondo cod. proc. pen 3.2 Quanto al giudizio di merito sull'accusa il G.i.p. ha evidenziato che alle ore 17.10 del 28.10.2014 il Bo. aveva comunicato ai carabinieri di Cinisi che la fidanzata si era resa irreperibile dalle ore 15.00 del giorno precedente, precisando di aver lasciato la ragazza in macchina per recarsi in un bar e di non averla più trovata al suo ritorno alle ore 17.30 il Bo. aveva nuovamente chiamato i carabinieri, riferendo di aver trovato la fidanzata, ma che ella era nuovamente riuscita a scappare , dirigendosi verso la spiaggia alle ore 17.35 i carabinieri contattavano i genitori della ragazza, apprendendo che la Pepe aveva regolarmente dormito a casa la notte precedente e che era rintracciabile sul suo cellulare alle ore 20.42 l'imputato, sentito dai militari, ammetteva di aver simulato l'allontanamento della fidanzata. Tanto non integrava la contestata contravvenzione, in quanto la segnalazione del prevenuto si era sostanzialmente e all'evidenza risolta nella comunicazione -impropria per le funzioni dell'Autorità cui era stata rivolta di essere stato abbandonato dalla fidanzata mentre era sceso dall'autovettura per recarsi in un bar del paese . E tale motivazione, che il ricorrente censura rimarcando l'incontrovertibile falsità della denunciata scomparsa, circostanza che si assume essere di per sé sola sufficiente a dar ragione dello scopo perseguito dall'imputato, ossia quello di procurare allarme presso le forze dell'ordine, è al contrario plausibile in fatto e corretta in diritto, bastando qui ricordare che il bene giuridico protetto dalla fattispecie incriminatrice è l'ordine pubblico, inteso come pubblica tranquillità, e che la condotta sanzionata è il falso annuncio di disastri, infortuni o pericoli che susciti allarme presso l'Autorità o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio. Ora, poiché costituisce pericolo ogni situazione di probabile o imminente danno a persone o cose, la segnalazione dell'imputato, nei termini delineati dall'accusa e ritratti dalla stessa relazione di servizio in atti, non ha attinenza di sorta con la prospettazione di un pericolo tale, alla stregua dell'oggetto giuridico della norma incriminatrice, da ingenerare pubblico allarme, potenzialmente idoneo a turbare l'ordine pubblico o, comunque, i servizi di vigilanza e tutela della pubblica sicurezza, intralciandone l'attività o determinando l'esplicazione di attività senza effettiva necessità. Deve rilevarsi per vero che la telefonata dell'imputato che ha lamentato in sostanza di non essere riuscito a rintracciare la fidanzata dal giorno precedente per poi comunicare di averla ritrovata, ma che la ragazza era riuscita nuovamente a scappare, non può integrare il reato di cui all'art. 658 cod. pen. per la tipologia stessa del fatto denunciato che è tale da non poter creare allarme sociale, non essendo stato prospettato né essendo configurabile nessun rischio di danno alla persona, sicché l'adottato epilogo assolutorio risulta pienamente conforme ai parametri normativi di riferimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso.