La legittima declaratoria di inammissibilità de plano

Il criterio discretivo della legittima declaratoria di inammissibilità de plano, a norma dell’art. 666, comma 2, c.p.p., risiede nel fatto che l’accertamento dei requisiti formali e sostanziali della domanda non deve richiedere alcun giudizio di merito né implicare la soluzione di questioni controverse.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 43241/18 depositata il 1° ottobre. La vicenda. Il Magistrato di Sorveglianza di Novara, con apposito decreto, dichiarava inammissibile il reclamo proposto avverso la sanzione disciplinare dell’esclusione del detenuto dalle attività in comune per 3 giorni. In particolare, quest’ultimo aveva partecipato ad una protesta collettiva dei detenuti, e dopo la sua negazione a tale partecipazione propone ricorso per cassazione avverso il decreto di inammissibilità. Il decreto di inammissibilità. In proposito, la Suprema Corte sottolinea che il criterio discretivo della legittima declaratoria di inammissibilità de plano, a norma dell’art. 666, comma 2, c.p.p., richiamato dall’art. 35- bis, comma 2, ord. pen., non risiede nella distinzione tra manifesta infondatezza per difetto dei presupposti formali della domanda e manifesta infondatezza per insussistenza dei requisiti sostanziali di essa, poiché entrambe le condizioni sono previste dalla legge, ma risiede nell’evidenza di tali difetti nel senso che il loro accertamento non deve richiedere alcun giudizio di merito né implicare la soluzione di questioni controverse. Qualora invece non sia chiaramente rilevabile l’infondatezza della domanda, il decreto di inammissibilità rischia di soppiantare l’ordinanza di rigetto nei casi di mancato accoglimento della richiesta, con violazione dei diritti di contraddittorio e di difesa. Pertanto, il decreto impugnato va annullato e rinviato per nuovo esame al Magistrato di Sorveglianza.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 marzo – 1 ottobre 2018, n. 43241 Presidente Mazzei – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con il decreto indicato in epigrafe, il Magistrato di Sorveglianza di Novara dichiarava inammissibile il reclamo proposto da B.G. avverso la sanzione disciplinare dell’esclusione del detenuto dalle attività in comune per giorni tre. Secondo il rapporto disciplinare, B. aveva partecipato ad una protesta collettiva dei detenuti mediante battitura, cui erano seguiti disordini il detenuto aveva negato di avere partecipato alla protesta. Il Magistrato rilevava l’insussistenza di irregolarità formali ed osservava che i rapporti disciplinari redatti dagli agenti di Polizia Penitenziaria hanno la natura di atti pubblici, con conseguente efficacia probatoria privilegiata ex art. 2700 cod. civ. i fatti dovevano ritenersi provati, salvo la presentazione di querela di falso. Inoltre, da parte dell’Amministrazione non vi era stata alcuna inosservanza di disposizioni della legge e del regolamento. Di conseguenza, la richiesta doveva ritenersi infondata per difetto delle condizioni di ammissibilità e di merito stabilite dalla legge e tale infondatezza doveva ritenersi manifesta in quanto non richiedeva valutazioni discrezionali o approfondimenti istruttori. 2. Ricorre per cassazione il difensore di B.G. , deducendo violazione dell’art. 35 bis ord. pen. e 666, comma 2 cod. proc. pen Il decreto di inammissibilità era stato emesso sulla base di presupposti differenti da quelli indicati dalla giurisprudenza di questa Corte. In realtà, B. aveva presentato reclamo con l’intento di contestare la qualificazione del suo comportamento alla stregua della partecipazione a disordini o a sommosse. In un secondo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge. Il diritto del detenuto di esporre le proprie discolpe rispetto alla contestazione di un addebito disciplinare sarebbe frustrato se egli venisse a conoscenza del fatto addebitato al momento dello svolgimento dell’udienza disciplinare. In un terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al merito della sanzione disciplinare, lamentando che il Magistrato di Sorveglianza non aveva affatto valutato il merito della sanzione disciplinare, così come previsto dalla legge. Il ricorrente conclude per l’annullamento del provvedimento impugnato. 3. Il Procuratore Generale dr. Stefano Tocci, con la requisitoria scritta, conclude per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Nella motivazione del provvedimento, il Magistrato di Sorveglianza si pone espressamente in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, che afferma il principio per cui il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso de plano, ai sensi dell’art. 666, comma secondo, cod. proc. pen., soltanto quando essa sia riscontrabile per difetto delle condizioni di legge e, cioè, per vizio di legittimità e non per ragioni di merito Sez. 1, n. 35045 del 18/04/2013 - dep. 14/08/2013, Giuffrida, Rv. 257017 Sez. 1, n. 6558 del 10/01/2013 - dep. 11/02/2013, Piccinno, Rv. 254887 . Tale orientamento consolidato deve essere confermato. In una più recente sentenza Sez. 1, n. 34256 del 12/06/2015 - dep. 05/08/2015, Olaru, Rv. 264237 , si osservava viene, dunque, all’attenzione della Corte l’iniziale provvedimento di inammissibilità del Magistrato di sorveglianza che postula l’equiparazione tra condizioni di inammissibilità formali e condizioni di inammissibilità sostanziali del reclamo. Ritiene, in proposito, la Corte che il criterio discretivo della legittima declaratoria di inammissibilità de plano, a norma dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., espressamente richiamato dall’art. 35 bis, comma 2, ord. pen., non risieda nella distinzione, osteggiata nel provvedimento impugnato, tra manifesta infondatezza per difetto dei presupposti formali della domanda e manifesta infondatezza per insussistenza dei requisiti sostanziali di essa, essendo le une e le altre condizioni previste dalla legge, che, ove palesemente carenti, giustificano l’inammissibilità della domanda, quanto piuttosto nella palmare evidenza di tali difetti nel senso che il loro accertamento non deve richiedere alcun giudizio di merito e apprezzamento discrezionale, né implicare la soluzione di questioni controverse si confrontino, in linea con l’orientamento qui espresso Sez. 1, n. 35045 del 18/04/2013, Giuffrida, Rv. 257017 Sez. 1, n. 277 del 13/01/2000, Angemi, Rv. 215368 Sez. 1, n. 2058 del 29/03/1996, Silvestri, Rv. 204688 Sez. 3, n. 2886 del 3/11/1994, Sforza, Rv. 200724 . Laddove, invece, non sia rilevabile ictu oculi l’infondatezza della domanda, il decreto di inammissibilità rischierebbe di soppiantare l’ordinanza camerale di rigetto in tutti i casi, anche complessi e delicati, di mancato accoglimento della richiesta, con evidente violazione dei diritti di contraddittorio e di difesa previsti dall’art. 666, commi 3 e 4 cod. proc. pen . Le considerazioni implicanti giudizi di merito e apprezzamenti discrezionali non sono consentitì nel provvedimento di inammissibilità, emesso ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. senza fissare l’udienza camerale e, quindi, eludendo il procedimento in contraddittorio previsto dall’art. 666 commi 3 e 4 cod. proc. pen., interamente richiamato dall’art. 35 bis Ord. Pen. in tema di reclamo proposto a norma dell’art. 69, comma 6, Ord. Pen Ciò determina la nullità di ordine generale e assoluto, rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, del provvedimento del Magistrato di sorveglianza assunto de plano, senza fissazione dell’udienza in camera di consiglio, fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge Sez. 1, n. 41754 del 16/09/2014, Cherni, Rv. 260524 Sez. 3, n. 11421 del 29/01/2013, Prediletto, Rv. 254939 Sez. 1, n. 37527 del 07/10/2010, Casile, Rv. 248694 . 2. In effetti, la decisione adottata dal Magistrato di Sorveglianza in adesione alla linea interpretativa enunciata nel provvedimento soffre vistosamente degli effetti della mancanza di contraddittorio il richiamo alla certezza legale privilegiata del verbale dei rapporti disciplinari redatto dagli agenti di Polizia Penitenziaria è argomento tranchant dal quale, in sostanza, deriverebbe l’inutilità dell’intero procedimento disciplinare e anche del controllo - che in questo caso doveva essere anche di merito - del Magistrato di Sorveglianza prima, del Tribunale di Sorveglianza poi e, infine di questa Corte di Cassazione. Eppure lo stesso art. 81 d.P.R. 230 del 2000 contiene due norme che avrebbero dovuto sollecitare una riflessione più approfondita quella del terzo comma, secondo cui il Direttore dell’Istituto penitenziario svolge accertamenti sul fatto , la cui utilità dovrebbe essere messa in dubbio se quanto esposto nel rapporto disciplinare fosse indiscutibile e intoccabile, e quella del sesto comma, secondo cui il fatto può risultare diverso da quello contestato . In definitiva, rinunciare al contraddittorio comporta inevitabilmente aderire alla prospettazione di uno dei soggetti coinvolti, ledendo il diritto di difesa del detenuto d’altro canto, non avrebbe senso celebrare un’udienza, ove fosse consentito ritenerla assolutamente superflua, per ragioni di mera economia di tempi processuali che giammai possono sacrificare il fondamentale diritto al contraddittorio oltre i casi espressamente previsti e di stretta interpretazione. Il decreto impugnato deve, quindi, essere annullato con rinvio al Magistrato di Sorveglianza di Novara. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame al Magistrato di Sorveglianza di N