Truffa in negozio: il cassiere è persona offesa dal reato e titolare del diritto di querela

Il diritto di querela per il reato di truffa spetta, indipendentemente dalla formale attribuzione del potere di rappresentanza, anche all’addetto di un esercizio commerciale che,trovandosi al bancone di vendita, si sia occupato della transazione commerciale con cui si è consumato il reato.

Lo ha ricordato la Corte di Cassazione con sentenza n. 41785/18 depositata il 26 settembre. Il caso. La Corte d’Appello, ritenendo procedibile il reato di truffa poiché emergeva dagli atti la querela proposta dal commesso di un’area di servizio dove si era consumata la truffa, confermava la responsabilità degli imputati e li condannava alla pena di giusitizia. Avverso tale sentenza gli imputati propongono ricorso per cassazione, deducendo la mancanza della condizione di procedibilità. La querela nella truffa. Secondo costante orientamento giurisprudenziale il diritto di querela per il delitto di truffa spetta, indipendentemente dalla formale attribuzione del potere di rappresentanza, anche all’addetto di un esercizio commerciale che si sia occupato della transazione commerciale, trovandosi al bancone di vendita, con cui si è consumato il reato, assumendo egli, in quella fattispecie, la responsabilità in prima persona del negozio, rivestendo così la titolarità dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice. Rilevante è la valorizzazione del possesso, inteso come relazione di fatto con il bene alla cui apprensione è funzionale la condotta illecita, possesso che si configura anche in assenza di un titolo giuridico . Si ritiene quindi che quando si procede per il delitto di truffa, la titolarità del diritto di querela spetta sia al soggetto raggirato e materialmente truffato, sia al soggetto che ha patito il danno patrimoniale, ossia a colui che ha il diritto di proprietà sul bene appreso illecitamente, dato che è possibile la coesistenza di più soggetti passivi di un medesimo reato. Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale riteneva giustamente titolare del diritto di querela il cassiere poiché destinatario dell’azione fraudolenta dunque, i ricorsi devono essere rigettati.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 luglio – 26 settembre 2018, n. 41785 Presidente Prestipino – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Trieste, ritenendo che il fatto contestato fosse inquadrabile nella fattispecie astratta prevista dall’art. 640 cod. pen., e ritenuto procedibile il reato in quanto era in atti la querela proposta dal commesso dell’area di servizio dove si era consumata la truffa, confermava la responsabilità degli imputati e li condannava alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 300 ciascuno. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione gli imputati con ricorsi distinti ma sovrapponibili si deduceva la mancanza della condizione di procedibilità in quanto il R. , addetto alle casse dell’area si servizio non sarebbe soggetto legittimato alla sua presentazione inoltre si deduceva il mancato rispetto delle forme previste dagli artt. 333 comma 2, 337 comma 1 e 122 cod. proc. pen. si deduceva infine che non poteva essere estesa al caso della truffa la giurisprudenza che legittimava l’addetto al supermercato a sporgere querela nel caso di furto, dato che in tal caso esiste una stretta relazione tra persona e cosa sottratta, diversamente da quanto accade nel caso della truffa, che prevede la possibilità che gli artifici e raggiri siano proposti nei confronti di persona diversa da quella che patisce il danno, con conseguente non riconoscibilità in capo al raggirato sia della qualifica di persona offesa , che del correlato diritto di proporre querela. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. Il collegio intende dare continuità alla giurisprudenza secondo cui il diritto di querela per il delitto di truffa spetta, indipendentemente dalla formale attribuzione del potere di rappresentanza, anche all’addetto di un esercizio commerciale che si sia personalmente occupato, trovandosi al bancone di vendita, della transazione commerciale con cui si è consumato il reato, assumendo egli, in quel frangente, la responsabilità in prima persona dell’attività del negozio e rivestendo pertanto la titolarità di fatto dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice Cass. Sez. 2, n. 50725 del 04/10/2016 - dep. 29/11/2016, P.M. in proc. Filannino, Rv. 268382 . 1.2. Alla base di tale scelta ermeneutica si rinviene la valorizzazione del possesso inteso come relazione di fatto con il bene alla cui apprensione è funzionale la condotta illecita, possesso che si configura anche in assenza di un titolo giuridico tale condizione fattuale di possesso è stata ritenuta decisiva ai fini del riconoscimento in capo al detentore del bene della titolarità del diritto di querela non solo nel caso del furto Cass. Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013 - dep. 30/09/2013, Sciuscio, Rv. 255975 , ma anche in quello dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni Cass. Sez. 6, n. 24641 del 27/02/2014 - dep. 11/06/2014, P.C. in proc. Scocco e altri, Rv. 260061 e nel caso dell’appropriazione indebita Cass. Sez. 2, n. 2862 del 27/01/1999 - dep. 02/03/1999, Brogi R, Rv. 212766 . Tale qualificata relazione di fatto può assumere diverse sfumature, che comprendono senz’altro il potere di custodire, gestire, alienare il bene. Essa, dunque, si attaglia senz’altro alla figura del responsabile dell’esercizio commerciale che, conseguentemente, vede vulnerati i propri poteri sul bene ed è perciò persona offesa, legittimata alla proposizione della querela così Cass. Sez. un. n. 40354 del 18/07/2013 - dep. 30/09/2013, Sciuscio, § 10 . La stretta relazione tra il bene illecitamente appreso e la persona che patisce l’azione fraudolenta consente dunque di identificare nel possessore raggirato nel caso di specie l’addetto alla cassa la persona offesa dal reato, anche se il danno patrimoniale incide la sfera patrimoniale di un altro soggetto nel caso di specie il titolare dell’esercizio commerciale . La valorizzazione ai fine della identificazione della persona offesa, e dunque del titolare del diritto di querela, del possesso penalistico inteso come stretta relazione tra cosa e persona, che si realizza indipendentemente dall’esistenza di un titolo di rilevanza civilistica non è incompatibile con la condivisa giurisprudenza secondo cui il delitto di truffa è configurabile anche quando il soggetto passivo del raggiro è diverso dal soggetto passivo del danno ed anche in difetto di contatti diretti tra il truffatore e il truffato, sempre che sussista un nesso di causalità tra i raggiri o artifizi posti in essere per indurre in errore il terzo, il profitto tratto dal truffatore ed il danno patrimoniale patito dal truffato Cass. Sez. 2, n. 2281 del 06/10/2015 - dep. 20/01/2016, P.M. in proc. Della Monica e altro, Rv. 265773 Cass. Sez. 2, n. 43143 del 17/07/2013 - dep. 22/10/2013, Saracino, Rv. 257495 Cass. pen., sez. II, n. 2705 dell’11 maggio 1973, dep. 2 aprile 1974, rv. 126644 sez. V, n. 950 del 26 agosto 1969, rv. 112507 sez. VI, n. 8418 del 25 agosto 1975, rv. 130681 sez. II, n. 6335 del 29 ottobre 1998, dep. 29 gennaio 1999, rv. 212266 sez. II, n. 10085 del 5 marzo 2008, rv. 239508 . Tale giurisprudenza, infatti, non si sofferma sul tema del possesso, determinante per la identificazione della persona offesa, ma si limita a rilevare la possibilità che il danno sia patito da persona diversa dalla vittima dei raggiri. La relazione tra la persona e la cosa è stato invece valorizzato espressamente da quella giurisprudenza che ha ritenuto che l’atto di disposizione patrimoniale del terzo ingannato può avere rilievo ai fini della configurazione del reato solo nel caso in cui questi abbia la gestione degli interessi patrimoniali del titolare e la possibilità di compiere atti aventi efficacia nella sfera patrimoniale aggredita Cass. Sez. 5, n. 18968 del 18/01/2017 - dep. 20/04/2017, F, Rv. 271060 . 1.3. Si ritiene dunque che quando si procede per truffa la titolarità del diritto di querela spetta sia al soggetto raggirato e materialmente defraudato del bene alla cui apprensione era diretta la condotta illecita, sia al soggetto che ha patito il danno patrimoniale, ovvero a colui che vanta il diritto di proprietà sul bene appreso illecitamente, essendo possibile la coesistenza di più soggetti passivi di un medesimo reato. 1.4. Nel caso di specie, in coerenza con tali indicazioni ermeneutiche, la Corte territoriale riteneva titolare del diritto di querela l’addetto alle casse dell’esercizio commerciale ovvero la persona che era stata destinatario dell’azione fraudolenta e che aveva consegnato le somme provento del reato delle quali aveva la materiale disponibilità pag. 5 della sentenza impugnata . 2.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, le parti private che lo hanno proposto devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.