È valida la notifica a mezzo PEC se il difensore non dichiara il malfunzionamento del sistema

In materia di notificazioni, qualora risulti che l’indirizzo PEC dell’istante corrisponde a quello del proprio difensore dichiarato domiciliatario, la comunicazione deve ritenersi ricevuta dal destinatario.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 40505/18 depositata il 12 settembre. Il caso. Il Tribunale di Savona, adito in secondo grado, dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’imputata avverso il provvedimento del GdP con cui venivano trasmessi gli atti alla Procura della Repubblica dopo la riqualificazione del fatto come reato non di competenza del GdP. Avverso l’ordinanza l’imputata ricorre per cassazione denunciando come errata la qualificazione giuridica della fattispecie ad opera del GdP che l’aveva ricondotta come diffamazione in calunnia. Il rinvio dell’udienza. Occorre innanzitutto esaminare l’istanza di rinvio dell’udienza avanzata dal difensore della ricorrente e fondata sulla mancata conoscenza, del tutto incolpevole, della fissazione dell’udienza di esame del ricorso. In particolare la parte sostiene di essere venuta a conoscenza di tale fissazione solo casualmente nel mentre si recava in cancelleria per effettuare altre ricerche di altri fascicoli e tale mancata conoscenza sarebbe dipesa da una erronea ricezione della notifica a mezzo PEC. Ma dagli atti risulta che l’indirizzo PEC dell’istante corrisponde a quello indicato dal proprio difensore, pertanto, ne consegue che la comunicazione deve ritenersi ricevuta dal destinatario, il quale non ha comunque dimostrato un malfunzionamento del suo sistema di ricezione della posta certificata. Per queste ragioni, il ricorso è inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 28 maggio – 12 settembre 2018, n. 40505 Presidente Pezzullo – Relatore Amatore Ritenuto in fatto 1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Savona, nella funzione di giudice d’appello, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla predetta imputata avverso il provvedimento del Giudice di Pace di Savona con cui si trasmettevano gli atti alla Procura della Repubblica in seguito alla riqualificazione del fatto come reato non di competenza del Giudice di pace. Avverso la predetta ordinanza ricorre l’imputata, per mezzo del suo difensore, affidando la sua impugnativa ad una unica ragione di doglianza. 1.1 Denunzia il ricorrente violazione di legge processuale giacché era errata la qualificazione giuridica operata dal Giudice di Pace che aveva ricondotto la fattispecie concreta originariamente contestata come diffamazione in calunnia e sulla base di ciò aveva denegato la sua competenza. Sulla base di ciò risultava erronea anche la declaratoria di inammissibilità del gravame adottata dal Tribunale ligure che non entrando nel merito delle censure che proponevano anche l’eccezione di prescrizione del reato si limitava ad una declaratoria di inammissibilità non conforme al dettato normativo di cui all’art. 568 cod. proc. pen Considerato in diritto 2.Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. 2.1 Deve tuttavia per prima essere esaminata la istanza di rinvio dell’udienza avanzata dall’avv. Golda con richiesta avanzata il 25 maggio 2018 e fondata sull’asserita mancata ed incolpevole conoscenza della fissazione della udienza di esame del ricorso. Assume la predetta parte istante che sarebbe venuta a conoscenza di tale fissazione in modo del tutto causale nel mentre si accingeva in cancelleria ad altre ricerche per altri fascicoli e che tale mancata conoscenza sarebbe dipesa da una erronea ricezione della notifica telematica. La predetta istanza deve essere disattesa. Dallo scrutinio degli atti ed in particolare della relata di notifica telematica è emerso che l’indirizzo di posta pec dell’istante cui era stata consegnata la comunicazione del decreto di fissazione della udienza camerale corrisponde a quello indicato dall’Avv. Golda anche nella carta intestata con la quale ha veicolato l’odierna istanza di rinvio. Ne consegue che la comunicazione predetta deve intendersi ricevuta dal destinatario che, comunque, non ha neanche dimostrato un possibile mal funzionamento del suo sistema di ricezione della posta certificata. 2.2 Venendo al merito della doglianza, deve precisarsi che il provvedimento impugnato innanzi al Tribunale di Savona non era in realtà impugnabile ai sensi dell’art. 568, secondo comma, cod. proc. pen., limitandosi lo stesso a trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica per aver il giudice rilevato una propria incompetenza per materia. Ne consegue la inammissibilità anche dell’odierno ricorso. 3. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 2000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.