Domicilio eletto presso il difensore d’ufficio e onere dell’imputato di informarsi sul processo

L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità giudiziaria procedente non riceve l’assenso del difensore domiciliatario, insieme alla dichiarazione di elezione.

Sul punto è tornata ad esprimersi la Corte di Cassazione con sentenza n. 40324/18 depositata l’11 settembre. La vicenda. L’imputata proponeva appello avverso la sentenza pronunciata in primo grado con la quale era stata condannata alla pena di giustizia. In particolare ella richiedeva la restituzione nel termine per proporre impugnazione ex art. 175 c.p.p. deducendo di non aver mai avuto conoscenza del procedimento celebrato nei suoi confronti se non all’atto di esecuzione, vista l’inidoneità a tal fine della notifica della sentenza contumaciale al difensore d’ufficio dell’imputata, cui non era seguita alcuna dimostrazione del fatto che il difensore fosse riuscito a contattare l’assistita. Il domicilio eletto per le notifiche. Con l’elezione di domicilio l’imputata giunge alla consapevolezza dell’esistenza di un procedimento penale a suo carico e la sua volontà di essere assistita da un difensore d’ufficio, non avendo proceduto alla nomina di un proprio difensore di fiducia, presso il quale ha l’onere di informarsi sullo sviluppo del procedimento stesso. Pertanto vengono meno i presupposti per la rescissione del giudicato, poiché essa non si applica nel caso in cui l’imputato sia stato dichiarato assente avendo eletto domicilio presso il difensore d’ufficio ciò perché dall’elezione di domicilio deriva una presunzione di conoscenza del processo che consente al giudice di procedere anche in assenza dell’imputato, il quale ha il dovere di attivarsi per informarsi sull’andamento del processo a suo carico.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 dicembre 2017 – 11 settembre 2018, numero 40324 Presidente Cavallo – Relatore Galterio Ritenuto in fatto A seguito di sentenza pronunciata dal Tribunale di Civitavecchia in data 21.7.2016, divenuta definitiva in data 19.6.2016, con la quale L.P. era stata condannata alla pena di due anni e 15 giorni di reclusione e di Euro 163.000 di multa, l’imputata ha proposto innanzi alla Corte di Appello di Roma, ricorso di restituzione nel termine per proporre impugnazione ex art. 175 cod. proc. penumero , adducendo di non aver mai avuto conoscenza del procedimento celebrato nei suoi confronti se non all’atto dell’ordine di esecuzione SIEP numero 315/2016, attesa l’inidoneità a tal fine della notifica della sentenza contumaciale al difensore di ufficio dell’imputata, cui non aveva fatto seguito alcuna dimostrazione che il suddetto difensore fosse riuscito a contattare la propria assistita. Il Tribunale di Civitavecchia, cui gli atti sono stati trasmessi per competenza in qualità di giudice dell’esecuzione, ha ritenuto, con ordinanza pronunciata in data 3.8.2017, che l’istanza, non contenendo alcuna doglianza sulla validità od efficacia del titolo esecutivo ovverosia sulla sentenza di primo grado con la cui pronuncia si era concluso il processo, essendosi la richiedente limitata a lamentare la mancata incolpevole conoscenza del procedimento e ad invocare il diritto a coltivare il processo in appello nonché ad ottenere il conseguente annullamento dell’ordine di esecuzione, dovesse essere qualificata come richiesta di rescissione del giudicato ai sensi del previgente art. 625-ter cod. proc. penumero seppur allo stato abrogato, a far data dal 3.8.2017, dalla l. 103/2017 ha pertanto disposto la trasmissione degli atti a questa Corte, in assenza di disposizioni di carattere transitorio rispetto al corrente art. 629-bis cod. proc. penumero , che devolve la competenza sulle richieste di rescissione del giudicato all’ufficio di Corte di Appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza. Considerato in diritto Il ricorso con il quale l’istante non lamenta la mancata conoscenza ab origine del processo, ma contesta l’idoneità della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di condanna al difensore di ufficio, deve ritenersi inammissibile per la manifesta infondatezza delle doglianze svolte. Risulta dagli atti del procedimento, cui questa Corte ha naturalmente accesso in ragione della natura processuale della articolata censura, che la condannata aveva sin dal 29.8.2014 eletto domicilio per le notifiche presso lo studio del difensore di ufficio, avvocato Giulio Piras, elezione questa da ritenersi pienamente valida ed efficace ratione temporis, essendo solo a partire dal 3.8.2017 entrata in vigore la disposizione di cui al comma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. penumero , aggìunto al testo previgente dall’art. 1, comma 24, L. 23 giugno 2017, numero 103, la quale prevede che l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario. Dal momento che dalla suddetta elezione di domicilio si ricava la consapevolezza in capo all’imputata dell’esistenza di un procedimento penale a suo carico e al contempo la sua volontà, non avendo proceduto alla nomina di un legale di sua fiducia, di essere assistita dal difensore di ufficio, presso il quale aveva perciò l’onere di informarsi sullo sviluppo del procedimento a suo carico, difettano nella specie i presupposti per la rescissione del giudicato. Invero, come già affermato da questa Corte, la rescissione ex art. 625 ter cod. proc. penumero non si applica al caso in cui l’imputato sia stato dichiarato assente avendo eletto domicilio presso il difensore d’ufficio, poiché, ai sensi degli artt. 420 bis, commi 2 e 3, e 175, comma secondo, cod. proc. penumero , dall’elezione di domicilio deriva una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato, sul quale grava l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento Sez. 5, numero 36855 del 07/07/2016 - dep. 05/09/2016, Baron, Rv. 268322 . Nella specie il processo risulta infatti essere stato celebrato nei confronti dell’odierna ricorrente non già contumace, bensì assente, sussistendo una presunzione legale di conoscenza a suo carico per vincere la quale gravava sulla stessa l’onere di dimostrare che il difetto di informazione fosse ascrivibile a cause diverse dal mancato assolvimento degli obblighi di ordinaria diligenza, sulle quali nulla è stato dedotto. Segue all’esito del ricorso la condanna della ricorrente a norma dell’art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo elementi per ritenere che abbia proposto la presente impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma equitativamente liquidata alla Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.