La pistola lanciarazzi va catalogata come arma da sparo: punibile il possesso illegale

Definitiva la condanna per un uomo, punito con un anno di reclusione e 250 euro di multa. Per i Giudici una ‘lanciarazzi’ è una pistola vera e propria. Irrilevante la mancanza del c.d. ‘tromboncino’ esso è facilmente reperibile.

Punibile la detenzione illegale di una pistola lanciarazzi. Evidente, difatti, la sua pericolosità, testimoniata anche dalla qualificazione normativa come arma comune da sparo”. Irrilevante, invece il fatto che essa sia priva del cosiddetto ‘tromboncino’, facilmente reperibile, secondo i Giudici Cassazione, sentenza n. 39752/18, sez. I Penale, depositata oggi . Pericolosità. Negativo l’esito della battaglia giudiziaria portata avanti da un uomo. Per lui è definitiva ora la condanna a un anno di reclusione e 250 euro di multa per la detenzione illegale di una pistola modello ‘Perfecta’ calibro 6 millimetri . Respinte in Cassazione le obiezioni difensive proposte dal legale dell’uomo, obiezione centrate sul fatto che ci si trova di fronte a una semplice pistola lanciarazzi , per giunta priva sia del caricatore che del tromboncino di supporto per il razzo , elementi, viene sottolineato, funzionali e strutturali indispensabili per l’utilizzo dell’apparecchio come lanciarazzi . Molto più rigida la visione adottata dai Giudici del Palazzaccio, i quali ribadiscono che la lanciarazzi è una comune arma da sparo . A questo proposito viene citata la normativa del 1975, che stabilisce, in maniera chiara, che gli strumenti lanciarazzi, anche se hanno una potenzialità lesiva diversa da quella delle armi naturalmente destinate all’offesa alle persone, presentano caratteristiche e requisiti di intrinseca pericolosità, tali da giustificare pienamente e razionalmente la loro assimilazione ed equiparazione alle armi proprie . E questa valutazione non può essere modificata, spiegano i magistrati, dalla mancanza dell’ apposito tromboncino , poiché esso può essere facilmente reperito e fissato nell’apposita filettatura della canna .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 dicembre 2017 – 4 settembre 2018, n. 39752 Presidente Di Tomassi – Relatore Fiordalisi Ritenuto in fatto Va. An. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 20/12/2106 con la quale è stato condannato alla pena di un anno di reclusione e 250,00 Euro di multa per la detenzione illegale di una pistola modello perfetta cal. 6 mm. art. 10 e 14 legge n. 497 del 23 dicembre 1974 e un proiettile cal. 7,65, riqualificata la detenzione del solo proiettile nella contravvenzione di cui all'art. 697 cod. pen. ed unificati i reati per la continuazione. Con un primo motivo, il ricorrente deduce - la mancanza, contraddittorietà o la manifesta illogicità della sentenza, l'inosservanza o l'erronea applicazione della norma penale sostanziale nonché - motivazione contraddittoria e/o manifestamente illogica e la conseguente inosservanza o erronea applicazione della norma penale sostanziale, per il trattamento sanzionatone A seguito della perizia che ha qualificato la lanciarazzi in oggetto come arma comune da sparo, alla quale sarebbe stata ritenuta applicabile l'art. 2 della legge n. 110 del 18 aprile 1975 e la legge l'497/74, il ricorrente rileva che la legge richiama l'art. 44 R.d. n. 635 del 6 maggio 1940, che non ricomprende tutti i dispositivi lanciarazzi tra le armi comuni da sparo. Con un secondo motivo, ai sensi dell'art. 606, lett. b , cod. proc. pen., il ricorrente deduce l'inosservanza o l'erronea applicazione degli artt. 10 e 14 legge 497/74, dell'art. 44 del r.d. n. 635/40 e dell'art. 2 legge 110 del 1975, perché nel caso che ci occupa si è in presenza di una parte di arma non dell'intero dispositivo mancherebbe sia il caricatore che il tromboncino di supporto per il razzo, elementi funzionali e strutturali indispensabili per l'utilizzo dell'apparecchio come lanciarazzi, con la conseguenza che non può trovare applicazione l'art. 2 legge 110/1975. Col terzo motivo il ricorrente deduce illogicità e carenza di motivazione della sentenza impugnata ex art. 606 lett. e cod. proc. pen., nella parte relativa al trattamento sanzionatorio non determinato nel minimo di legge, senza adeguata motivazione. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile, perché la giurisprudenza ha stabilito che la lanciarazzi è arma comune da sparo, che anche parte di un'arma integra gli estremi del delitto ascritto all'imputato e che non è necessaria una articolata motivazione per determinare la pena in misura prossima al minimo edittale. In materia di reati concernenti le armi, la norma di cui all'art. 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975 n. 110 deve essere interpretata nel senso che le pistole lanciarazzi vanno considerate armi comuni da sparo ed invero gli strumenti lanciarazzi, anche se hanno una potenzialità lesiva diversa da quella delle armi naturalmente destinate all'offesa alle persone, presentano caratteristiche e requisiti di intrinseca pericolosità tali da giustificare pienamente e razionalmente la loro assimilazione ed equiparazione alle armi proprie e, quindi, alla disciplina giuridica di queste. In questo senso, Sez. 1 n. 7256 del 08/06/1999. La pistola lanciarazzi inoltre è da considerarsi arma comune da sparo, anche quando è priva dell'apposito tromboncino, potendo questo essere facilmente reperito e fissato nell'apposita filettatura della canna. Sez. 2, n. 4990, del 12/01/1985, Nunerotto, rv. 169344 Sez. 1, n. 2902, del 12/10/1981, Ascenzi, Rv. 152824 Sez. 1, n. 10701, del 19/05/1980, Magrone, Rv. 146284. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile perché il riferimento all'art. 44 R.d. n. 635 del 6 maggio 1940 è superato dall'art. 2 comma terzo legge 18 aprile 1975 n. 110, che espressamente qualifica come armi comune da sparo gli strumenti lanciarazzi , salvo che si tratti di armi destinate alla pesca ovvero di armi e strumenti per i quali il Banco nazionale di prova escluda, in relazione alle rispettive caratteristiche, l'attitudine a recare offesa alla persona . Sez.l n. 43478 del 10/10/2013. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile di conseguenza, il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende, in considerazione delle ragioni dell'inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.