Figli e nipoti in Italia, confermata l’espulsione dello straniero condannato per droga

Confermata la legittimità del provvedimento adottato dal Gip in Tribunale. Irrilevante la situazione dell’uomo, di origini albanese. Decisiva, invece, la sua pericolosità, emersa dalle condotte penalmente rilevanti da lui tenute.

Condannato a cinquantadue mesi di carcere – e al pagamento di 16mila euro di multa – per droga. Lo straniero – un uomo di origini albanese – deve non solo scontare la pena ma anche preparare i bagagli una volta concluso il periodo dietro le sbarre, difatti, verrà messa in atto la sua espulsione dal territorio dello Stato, decisa dal Gip in Tribunale. Provvedimento legittimo, sanciscono ora i Giudici del Palazzaccio. Irrilevante il richiamo fatto dall’uomo ai suoi familiari presenti in Italia. Decisiva, invece, la valutazione della sua pericolosità, dedotta dall’organizzazione che ha caratterizzato il traffico di stupefacenti Cassazione, sentenza numero 39251, sezione terza penale, depositata oggi . Espulsione. Chiara la linea difensiva proposta dall’avvocato dello straniero la misura dell’espulsione va messa in discussione, poiché non è stata tenuta in considerazione la condizione familiare dell’uomo né la sua incensuratezza . In particolare, il legale si sofferma sul fatto che il suo cliente vive in Italia con entrambi i figli e i nipoti, come emerge dalla documentazione allega al ricorso . Questa lettura della vicenda viene però respinta dai Giudici della Cassazione, i quali si soffermano, invece, come fatto già dal Gip del Tribunale, sulla pericolosità dello straniero, alla luce delle complessive modalità dei fatti , ossia sulla base dell’apprezzabile quantitativo dello stupefacente trasportato e del carattere necessariamente organizzato delle operazioni , elemento, questo, che denota il collegamento con altri soggetti che si occupano, in modo professionale, del traffico di stupefacenti . Da escludere, invece, la presenza di condizioni ostative all’espulsione, derivanti dalle complessive condizioni di vita dello straniero . Quest’ultimo, difatti, osservano i magistrati, ha richiamato la propria condizione familiare , ma, in realtà, è emerso che egli non convive né con i figli – i quali risultano essere tutti maggiorenni e coniugati, e quindi ciascuno con un proprio nucleo familiare – né con i nipoti, né, infine, con la sorella .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 maggio – 30 agosto 2018, n. 39251 Presidente Lapalorcia – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con l’impugnata sentenza, il g.i.p. del Tribunale di Ancona, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., applicava a Z.H., previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche, ritenuta la continuazione e la riduzione per il rito, la pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro 16.000 di multa, in relazione a plurime violazioni degli artt. 81 cod. pen., 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, contestate ai capi A , B e C . L’imputato veniva, altresì, interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque e, nei suoi confronti, veniva disposta l’espulsione dal territorio dello Stato a pena espiata. 2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, a mezzo dei difensori di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 2.1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e cod. proc. pen. sotto il profilo della carenza di motivazione in punto di insussistenza di una causa di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. Assume il ricorrente che il g.i.p. si sarebbe limitato a richiamare l’ordinanza applicativa della custodia in carcere e il decreto di fermo, senza esplicitare le ragioni per cui deve escludersi la sussistenza di cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen 2.2. Con il secondo motivo si eccepisce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b ed e cod. proc. pen. in relazione all’applicazione della misura di sicurezza ex art. 235 cod. pen. Deduce il ricorrente che il g.i.p., come affermato dalla giurisprudenza di legittimità si indica Sez. 3, n. 30493 del 24/06/2015 - dep. 15/07/2015, P.G., Taulla, RV. 264804 , per disporre la misura dell’espulsione avrebbe dovuto anche considerare la condizione familiare dell’imputato e gli altri criteri di cui all’art. 133 cod. pen. nel caso in esame, per contro, il g.i.p. non avrebbe valutato né lo stato di incensuratezza, né il contegno processuale, e nemmeno la situazione familiare dell’imputato, il quale vive in Italia con entrambi i figli e i nipoti, come emerge dalla documentazione allega al ricorso. 3. Il ricorso è inammissibile. 4. Il primo motivo è inammissibile perché il vizio dedotto non è deducibile con ricorso per cassazione. Si osserva che, ai sensi del nuovo art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen., introdotto con la legge 23 giugno 2017, n. 103, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. solo per motivi attinenti l’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza”. Come emerge dal chiaro tenore letterale della norma, la rilevanza dell’intervento riformatore è consistita nell’esclusione, dal novero dei casi di ricorso per cassazione, del difetto di motivazione del giudice sull’insussistenza delle condizioni per pronunciare sentenza di proscioglimento, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. Pertanto, a seguito della nuova previsione, va ribadito che, pur continuando a sussistere l’obbligo, in capo al giudice, di pronunciarsi sulla insussistenza di condizioni per proscioglimento, il mancato assolvimento di detto obbligo ovvero il difetto della pronuncia sul punto non può essere fatto valere con ricorso per cassazione e rimane in concreto non più sanzionabile Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018 - dep. 01/02/2018, Oboroceanu, RV. 272014 . 5. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo. 5.1. La misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato a pena espiata, prevista in ordine al reato di spaccio di sostanze stupefacenti dall’art. 86, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, può essere applicata con la sentenza di patteggiamento quando la pena irrogata superi i due anni di pena detentiva sola o congiunta a pena pecuniaria Sez. 4, n. 42841 del 02/10/2008 - dep. 17/11/2008, Salazar, RV. 241333 , a condizione che sia accertata la concreta pericolosità dello straniero, in ossequio alla sentenza della Corte Costituzionale n. 58 del 1998 Sez. F, n. 35432 del 14/08/2013 - dep. 22/08/2013, Weng e altri, RV. 255815 Sez. 6, n. 45468 del 23/11/2010 - dep. 27/12/2010, Gjondrekaj, RV. 248961 . Peraltro, come precisato da questa Corte, ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero ex art. 86 d.P.R. n. 309 del 1990, è necessario non solo il previo accertamento della sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato, in conformità all’art. 8 CEDU in relazione all’art. 117 Cost., ma anche l’esame comparativo della condizione familiare dell’imputato, ove ritualmente prospettata, con gli altri criteri di valutazione indicati dall’art. 133 cod. pen., in una prospettiva di bilanciamento tra interesse generale alla sicurezza sociale ed interesse del singolo alla vita familiare Sez. 4, n. 52137 del 17/10/2017 - dep. 15/11/2017, Talbi, RV. 271257 Sez. 3, n. 30493 del 24/06/2015 - dep. 15/07/2015, P.G., Taulla, RV. 264804 Sez. 4, n. 50379 del 25/11/2014 - dep. 02/12/2014, Xhaferri, RV. 261378 . 5.2. Nel caso in esame, il g.i.p. ha fatto corretta applicazione dei principi ora richiamati avendo accertato, con motivazione logica, la pericolosità dell’imputato in relazione alle complessive modalità dei fatti, ossia sulla base dell’apprezzabile quantitativo dello stupefacente trasportato e del carattere necessariamente organizzato delle operazioni”, ciò che denota il collegamento con altri soggetti che si occupano, in modo professionale, del traffico di stupefacenti peraltro, non emergendo dagli atti, né essendo state ritualmente prospettate dall’imputato, il g.i.p. ha evidentemente escluso la sussistenza di condizioni ostative all’espulsione, derivanti dalle complessive condizioni di vita dello H A tal proposito, il ricorso è, infatti, generico, non indicando le ragioni per le quali la disposta espulsione potrebbe negativamente incidere sulla condizione familiare dell’imputato, il quale, peraltro, come emerge dalla documentazione allegata al ricorso, non convive né con i figli – i quali risultano essere tutti maggiorenni e coniugati, e quindi ciascuno con un proprio nucleo familiare – né con i nipoti, né, infine, con la sorella. 6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.