La linea sottile tra abberratio delicti plurioffensiva e deviazione individuale dal piano concordato

La Suprema Corte approfitta della controversia per analizzare l’istituto dell’abberratio delicti plurioffensiva e la sua diversità rispetto al caso di deviazione individuale del piano concordato disciplinata dall’art. 116 c.p., nella specie in riferimento al concorso tra il reato di lesioni e rapina.

Sul tema la Cassazione con sentenza n. 39075/18, depositata il 28 agosto. La vicenda. I Giudici di merito avevano ritenuto l’imputato colpevole dei reati di rapina e lesione aggravate in concorso con il coimputato. Nel dettaglio i due condannati avevano aggredito un gruppo di transessuali e si erano impossessati della borsa di una delle vittime. Contro la sentenza di merito il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione lamentando che la Corte territoriale non avesse tenuto conto delle deduzioni difensive in quanto, nel caso di specie, si era verificata una abberratio delicti plurilesiva. Secondo la difesa il ricorrente al momento del fatto non si era reso conto della gravità dell’azione e non aveva partecipato alla sottrazione del bene, quest’ultima di esclusiva iniziativa del coimputato. Abberratio delicti plurioffensiva. Secondo la Suprema Corte il ricorso è infondato in quanto nella motivazione i Giudici di merito hanno compiuto un ampia disamina in punto d’integrazione del concorso ex art. 110 c.p. tanto da ritenere provata una partecipazione piena e dirette nella consumazione della rapina. I Giudici di legittimità approfittano poi per chiarire l’applicazione dell’istituto dell’ abberratio delicti che, nel caso di specie, è stato mal invocato. Ai sensi dell’art. 83 c.p. l’evento non voluto addebitabile all’agente a titolo di colpa, frutto di errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o di altra causa, è tale soltanto quando sia assolutamente diverso e, cioè, di altra natura rispetto a quello perseguito, perché, ove, invece, tale diversità sia da escludere anche il secondo evento va addebitato all’agente a titolo di dolo, sia pure alternativo od eventuale . Nella fattispecie in esame si verte nell’ipotesi di reato complesso a realizzazione plurisogettiva e la divergenza tra il voluto e realizzato è disciplinata dall’art. 116 c.p. Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti che è un norma speciale rispetto all’art. 83 c.p Deviazione individuale dal piano concordato. Ricordano gli Ermellini che nell’ambito del concorso di persone la differenza tra la disciplina dell’abberratio delicti plurilesiva e la deviazione del piano concordato, ai sensi dell’art 116 c.p., si spiega nel fatto che quando il concorrente affida ad altri il dominio dell’accadimento può succedere, in relazione anche alla natura del reato concordato, che uno de partecipanti possa andare oltre i limiti dell’accordo o che prenda di sua iniziativa delle decisioni autonome per superare le difficoltà che possono insorgere durante l’esecuzione dell’impresa criminosa . Di conseguenza se il reato diverso si prospetti come lo sviluppo logico e prevedibile dell’accordo criminoso entrambi rispondono anche di tale reato a titolo di dolo. In conclusione la Suprema Corte ha rigettato il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 3 luglio – 28 agosto 2018, n. 39075 Presidente Cervadoro – Relatore De Santis Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Catania confermava la decisione del Gip del locale Tribunale che aveva riconosciuto l’imputato colpevole dei delitti di rapina e lesioni aggravate in concorso in danno di Spina Massimo, condannandolo alla pena di anni tre, mesi sei di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa. 2. Ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato a mezzo del difensore, Avv. Maria Lucia D’Anna, deducendo la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione. La difesa lamenta che la Corte territoriale non ha considerato le doglianze formulate dalla difesa in punto di qualificazione giuridica della condotta ascritta al prevenuto, rendendo al riguardo una motivazione solo apparente. Infatti, la difesa aveva sostenuto che nel caso di specie si fosse verificata una aberratio delicti plurilesiva in quanto il ricorrente, mosso dal fine di percuotere la p.o., non ha previsto né si è rappresentato che il fatto avrebbe potuto assumere connotazioni più gravi per effetto delle imprevedibili azioni poste in essere da uno dei coimputati. Secondo la difesa, essendosi realizzato l’evento voluto oltre quello non voluto, il prevenuto deve rispondere a titolo di dolo del primo violenza privata e del reato aberrante a titolo di colpa ove punibile a tale titolo . In ogni caso, la Corte ha omesso di considerare anche la configurabilità della circostanza di cui all’art. 116 cod.pen., pur risultando che il F. non ha potuto prevedere né evitare la commissione del più grave reato. La sentenza impugnata risulta viziata da carenza e illogicità della motivazione anche in relazione alla quantificazione della pena e alla negazione delle circostanze attenuanti generiche, attesa l’assenza di qualsivoglia riferimento ai parametri che hanno condotto alla reiezione delle doglianze difensive. Considerato in diritto 3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza delle censure proposte. Quanto alla qualificazione giuridica del fatto deve rilevarsi come il primo giudice avesse già evidenziato la piena corresponsabilità del prevenuto per il concorso nella rapina e nelle lesioni in danno dello Spina, argomentando che sia il F. che il coimputato R.G. separatamente giudicato avevano ammesso in fase di indagini di essersi avvicinati al gruppo di transessuali per farci due risate e che l’azione era successivamente degenerata con l’aggressione alla vittima colpita con calci e pugni e l’asportazione della sua borsa. In sede di convalida il ricorrente, pur confermando di aver dato dei calci allo Spina, assumeva di non essersi accorto che il R. gli aveva sottratto la borsa, dato che il suo ciclomotore era partito prima dell’altro sul quale viaggiavano i complici. Siffatta ricostruzione è stata confutata dal primo giudice, il quale ha rilevato come la stessa sia contraddetta dal tenore delle dichiarazioni del denunziante, il quale ha riferito che l’aggressione e l’asportazione della borsa erano state realizzate da tutti e quattro i giovani tratti in arresto dalla P.g., e dalle analoghe dichiarazioni rese nell’immediatezza dal prevenuto e dal complice R. mentre gli operanti avevano notato e inseguito due ciclomotori che viaggiavano insieme e solo successivamente si erano separati. 3.1 A fronte dell’accurata disamina dei profili concorsuali svolta dalla sentenza di primo grado la difesa ha introdotto in sede d’appello e qui riproposto la tesi di un’aberratio delicti plurioffensiva sull’assunto della mancata partecipazione dell’imputato alla sottrazione del bene, da ascrivere ad iniziativa esclusiva del R. . La sentenza impugnata ha disatteso il gravame sul punto argomentando in ordine all’impossibilità di accedere all’alternativa ricostruzione dell’episodio accreditata dalla difesa in quanto smentita dalle dichiarazioni della p.o. che descrive il pestaggio come finalizzato allo strappo della borsetta , pienamente utilizzabili in ragione del rito a prova contratta prescelto. La motivazione, per quanto sintetica, non può essere tacciata di apparenza o patente illogicità ove la si apprezzi in correlazione alla cennata, ampia disamina operata dal primo giudice in punto d’integrazione del concorso ex art. 110 cod.pen. e, soprattutto, si tenga conto della manifesta infondatezza delle doglianze in punto di stretto diritto. Al riguardo va, infatti richiamato il principio secondo cui non costituisce causa di annullamento della sentenza impugnata il mancato esame di un motivo di appello che risulti manifestamente infondato Cass. sez. 5 11 dicembre 2012 n. 27202, Tannoia e altro sez. 6 27 novembre 2012 n. 47983, D’Alessandro sez. 4 17 aprile 2009 n. 24973, Ignone e altri . 3.1 L’applicazione dell’istituto dell’aberratio delicti è nella specie mal invocato. Invero, secondo la previsione dell’art. 83 cod.pen. l’evento non voluto addebitabile all’agente a titolo di colpa, frutto di errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o di altra causa, è tale soltanto quando sia assolutamente diverso e, cioè, di altra natura rispetto a quello perseguito, perché, ove, invece, tale diversità sia da escludere - o perché l’evento verificatosi costituisca una sorta di progressione naturale e prevedibile di quello voluto, ovvero perché risulti di entità maggiore o più grave di questo ultimo - anche il secondo evento va addebitato all’agente a titolo di dolo, sia pure alternativo od eventuale Sez. 1, n. 3168 del 20/12/1988, Ingrassia, Rv. 180658 Sez. 2, n. 19293 del 03/02/2015, Bedogni, Rv. 263519 . Trattasi di norma da riferire, dunque, all’esecuzione monosoggettiva di un reato in cui il determinismo causale aberrante sia stato cagionato da errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o da qualsiasi altra causa e in relazione al quale il condizionamento materiale comunque esistente tra l’azione o l’omissione e l’evento diverso giustifica l’addebitabilità a titolo di colpa in conseguenza del dolo che sottende il reato voluto Sez. 4, n. 1673 del 20/06/1985, Perinciolo, Rv. 171975 . Nella specie si verte, invece, in ipotesi di reato complesso a realizzazione plurisoggettiva rispetto al quale la divergenza tra il voluto e realizzato è disciplinato dall’art. 116 cod. pen. che costituisce norma speciale rispetto a quella generale dell’art. 83 cod. pen Questa Corte ha precisato che la diversità di disciplina che caratterizza l’aberratio delicti plurilesiva e la deviazione individuale del piano concordato, disciplinato dall’art. 116, nell’ambito del concorso di persone e l’impossibilità di applicare alla ipotesi di realizzazione cumulativa la regola contenuta nel secondo comma dell’art. 83, si spiega considerando che nell’ipotesi di concorso, contrariamente a quanto avviene nella realizzazione monosoggettiva, il concorrente, che affida ad altri o anche ad altri il dominio dell’accadimento, necessariamente si rappresenta, in relazione anche alla natura del reato concordato, che taluno dei partecipi possa andare oltre i limiti dell’accordo o che prenda di sua iniziativa delle decisioni autonome per superare le difficoltà, che possono insorgere durante l’esecuzione dell’impresa criminosa. Di conseguenza, qualora il reato diverso, commesso dall’esecutore materiale, si prospetti come lo sviluppo logico e prevedibile dello accordo criminoso, nell’evolversi delle situazioni umane, egli risponde anche di tale reato a titolo di dolo e la pena per esso prevista, è diminuita, ove il reato realizzato sia più grave Sez. 1, n. 5250 del 27/04/1987, Guarino, Rv. 178264 . 3.2 Nel caso a giudizio, nondimeno, le modalità dell’azione e le dichiarazioni della p.o. nella logica lettura fornitane dai giudici di merito danno conto di una partecipazione piena e diretta del prevenuto alla consumazione della rapina in danno dello Spina in considerazione della finalizzazione dell’aggressione allo spossessamento del bene e sul punto il ricorso, al pari dell’atto di appello, s’appalesa del tutto generico, facendo esclusivamente leva sulla difforme ricostruzione dell’imputato in sede di convalida, senza confrontarsi con le obiezioni del primo giudice in punto di inattendibilità della versione difensiva. 4. Analogamente destituite di pregio sono le censure in punto di trattamento sanzionatorio e diniego delle circostanze attenuanti generiche, avendo la Corte territoriale ritenuto la congruità della pena base e dell’aumento a titolo di continuazione sulla scorta delle allarmanti modalità esecutive del fatto e dell’elevata intensità del dolo, richiamando in senso adesivo le considerazione svolte dal primo giudice a sostegno del diniego delle attenuanti ex art. 62 bis cod. pen Questa Corte ha evidenziato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la sanzione sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197 ovvero abbia fatto riferimento alla gravità del reato o alla capacità a delinquere dell’autore Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro e altro, Rv. 271243 n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596 . Pertanto, alla luce dei richiamati principi, la motivazione resa sul punto dalla Corte distrettuale va esente da censura e analogamente insindacabile s’appalesa il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, avendo la sentenza impugnata conferito assorbente rilievo, in aderenza alle valutazioni già espresse dal primo giudice, all’efferatezza dell’episodio e alla negativa valutazione personologica del ricorrente. 5. Alla declaratoria d’inammissibilità accede la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo in ragione dei profili di colpa ravvisabili nella sua determinazione. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.