L’onere del giudice di accertare l’effettiva conoscenza del provvedimento da parte del condannato

Ai sensi del d.l. n. 17/2005, convertito con modificazioni nella l. n. 60/2005, la prova della non conoscenza del procedimento – che in passato doveva essere fornita dal condannato – è stata sostituita con una sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza, ponendo a carico del giudice l’onere di accertare se il condannato abbia o meno avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento.

Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 38651/18 depositata il 20 agosto. Il caso. Il Tribunale di Locri rigettava, con apposita ordinanza, l’istanza avanzata dall’attrice volta ad ottenere una declaratoria di non esecutività della sentenza emessa dallo stesso organo giudicante per nullità degli atti a motivo della erronea notifica degli stessi al difensore d’ufficio quale domiciliatario e non anche all’interessata. Avverso tale ordinanza l’interessata propone ricorso a mezzo del difensore, sostenendo che non vi era mai stata alcuna elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio. L’incidente di esecuzione e la domanda di restituzione del termine. Per quanto riguarda il rapporto che intercorre tra l’incidente di esecuzione volto a far dichiarare la non esecutività del titolo e la domanda di restituzione nel termine, ex art. 175, comma 2, c.p.p., ai sensi dell’art. 670 dello stesso codice, la declaratoria di non esecutività trova la premessa nel difetto di conoscenza legale del provvedimento, invece la restituzione nel termine presuppone che il procedimento che deve assicurare la conoscenza legale sia valido, ma vi sia divergenza tra conoscenza legale e conoscenza effettiva della decisione . Ciò comporta che l’istanza formulata ai sensi dell’art 175 c.p.p. è subordinata all’accertamento della validità del titolo esecutivo, ossia può esserci una decisione sulla restituzione nel termine solo in caso di rigetto della questione sulla non esecutività del titolo e deve essere valutata autonomamente. Valuterà il giudice dell’esecuzione se la richiesta ex art. 175 c.p.p. era tempestiva o meno. Per queste ragioni l’ordinanza impugnata deve essere cassata limitatamente alla restituzione nel termine.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 aprile – 20 agosto 2018, n. 38651 Presidente Tardio – Relatore Minchella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 28/09/2017 il Tribunale di Locri, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata da P.C. volta ad ottenere una declaratoria di non esecutività della sentenza emessa dal Tribunale di Locri il 03/11/2016 per nullità degli atti a motivo della erronea notifica degli stessi al difensore di ufficio quale domiciliatario e non anche all’interessata. Rilevava il giudice dell’esecuzione che in atti vi era il verbale in cui si riportava l’identificazione della interessata e l’elezione del domicilio presso il difensore di ufficio Avv. Maddalena Taverna del Foro di Locri, domicilio che non era mai stato mutato dalla condannata, ed a nulla rilevava l’assenza di comunicazioni tra il difensore di ufficio e l’interessata, atteso che l’elezione di domicilio non faceva sorgere un particolare rapporto giuridico, ma era una libera scelta dell’imputata. 2. Avverso detta ordinanza propone ricorso l’interessata a mezzo del difensore, Avv. Angela Porcelli, deducendo, con motivo unico, ex art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod.proc.pen., erronea applicazione di legge e manifesta illogicità della motivazione sostiene che non vi era mai stata alcuna elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, poiché l’atto cui si faceva riferimento e cioè il verbale di identificazione redatto dalla Stazione Carabinieri di Mammola e notificato presso la residenza della ricorrente conteneva una serie di opzioni accompagnate da apposte caselle da barrare, tutte prestampate nella specie, vi era anche una dizione prestampata circa l’elezione di domicilio presso il difensore, ma essa non era stata sbarrata e non indicava nemmeno il difensore, per cui sostanzialmente la ricorrente era stata poi considerata, nel corso del processo, una sorta di irreperibile mentre ella era reperibile in Italia, avendo residenza e risultanze anagrafiche la mancata scelta di un domicilio diverso dalla residenza aveva poi convinto la ricorrente che gli avvisi sarebbero pervenuti al suo domicilio effettivo e così non aveva mai avuto conoscenza del processo, venendo a sapere della condanna soltanto nel momento dell’esecuzione il decreto di citazione a giudizio non le era mai stato notificato, dando così luogo ad una nullità assoluta . 3. Il P.G. chiede il rigetto del ricorso. Con memoria di replica la difesa della ricorrente evidenzia che il verbale di identificazione non è sostitutivo delle notifiche della chiusura delle indagini e dell’avviso di fissazione dell’udienza e che comunque si trattava di un modulo prestampato contenente apposite caselline corrispondenti a varie opzioni e nessuna di esse era barrata o in altro modo segnata, per cui non poteva dirsi che fosse stata espressa una volontà di elezione di domicilio presso un difensore di ufficio con il quale non era mai stato instaurato un rapporto professionale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato soltanto nei limiti di seguito indicati. 2. In primo luogo va affrontata la doglianza relativa alla richiesta ex art. 670 cod.proc.pen Si tratta di doglianza infondata con l’incidente di esecuzione de quo, la ricorrente non aveva fatto valere alcuna questione concernente la notifica dell’avviso di deposito della sentenza di condanna, ma soltanto l’affermata irritualità della notifica eseguita nel corso del processo, con invocata nullità di quanto conseguito. Ma la giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel ritenere che lo strumento dell’incidente di esecuzione non può essere utilizzato per far valere vizi afferenti al procedimento di cognizione ed alla sentenza che lo ha concluso, ostandovi le regole che disciplinano sul giudicato, che si forma anche nei confronti di provvedimenti affetti da nullità assoluta Sez. 1, n. 17529 del 02/04/2012 . Nella fattispecie, non è stata dedotta una nullità concretizzatasi nella fase successiva all’emissione della sentenza di condanna ed allora va concluso che il giudice dell’esecuzione, davanti al quale è stata dedotta la non esecutività del titolo, ha correttamente proceduto alla verifica della ritualità della notificazione del titolo sotto un profilo formale, essendo gli accertamenti previsti dall’art. 670, comma 1, cod.proc.pen., limitati al controllo dell’esistenza del titolo esecutivo, della legittimità della sua emissione e dell’esecuzione della sua notificazione nel rispetto delle disposizioni del codice resta invece estranea, agli effetti di tale verifica, l’effettiva conoscenza che del titolo esecutivo abbia avuto l’interessato, la quale può rilevare solo ai fini dell’eventuale istanza di restituzione nel termine per impugnare, comunque soggetta a decadenza a seguito del decorso di trenta giorni da quello in cui l’istante abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento in tal senso Sez. 1, n. 29363 del 21/05/2009, Tosti Croce, Rv. 244307 . In altri termini, il giudice dell’esecuzione non può attribuire rilievo alle nullità asseritamente verificatesi nel corso del processo di cognizione, in epoca precedente a quella del passaggio in giudicato della sentenza, le quali possono farsi valere solo nell’ambito del processo di cognizione con i normali mezzi di impugnazione previsti dalla legge, essendo altrimenti sanate e coperte dalla formazione del giudicato Sez. 1, n. 5880 del 11/12/2013, Rv 258765 la ricorrente afferma di essere stata considerate una sorta di soggetto irreperibile, ma anche da questo punto di vista l’art. 670, comma 1, cod.proc.pen., nel demandare, fra l’altro, al giudice dell’esecuzione il compito di valutare anche nel merito, l’osservanza delle garanzie previste nel caso di irreperibilità del condannato , intende riferirsi soltanto alle eventuali irregolarità successive alla pronuncia della sentenza e quindi potenzialmente idonee ad impedire il passaggio in giudicato della medesima, con esclusione, pertanto, di altre irregolarità concernenti la reperibilità valutata nel corso del procedimento di cognizione Sez. 1, n. 5003 del 14/07/1999, Rv 214211 Sez. 1, ord. n. 37979 del 10/06/2004, Rv 229580 Sez. 1, n. 8776 del 28/01/2008, Rv. 239509 . 3. Tuttavia, deve rilevarsi che nella istanza iniziale della ricorrente era stata chiesta anche la restituzione nel termine per impugnare ma su questa richiesta il giudice dell’esecuzione non si è pronunziato. Il giudice dell’esecuzione non poteva, però, arrestarsi all’esame delle deduzioni pregiudiziali, afferenti la formazione del titolo, ma doveva altresì esaminare la prospettazione relativa alla mancanza di effettiva conoscenza dello stesso. Il rapporto esistente tra l’incidente d’esecuzione volto a far dichiarare la non esecutività del titolo e la domanda di restituzione nel termine ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod.proc.pen. è difatti il seguente ai sensi dell’art. 670 cod.proc.pen. la declaratoria di non esecutività trova la necessaria premessa nel difetto di conoscenza legale del provvedimento la restituzione nel termine presuppone, invece, che il procedimento che deve assicurare la conoscenza legale sia valido, ma vi sia divergenza tra conoscenza legale e conoscenza effettiva della decisione Sez. 3, 21.12.2004, Rv. 230819 Sez. 1, 26.3.2003, Rv. 224801 . Sicché l’istanza formulata ai sensi dell’art. 175 cod.proc.pen. è logicamente subordinata all’accertamento della validità del titolo esecutivo, nel senso che può esservi decisione sulla restituzione in termine solo nel caso di rigetto della questione sulla non esecutività del titolo Sez. 1, n. 15526 del 7.4.2006, Brancaccio Sez. 1, n. 11606, 15.3.2006, Francucci , e deve essere autonomamente esaminata. Infatti, il D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito, con modificazioni, nella L. 22 aprile 2005, n. 60, modificando l’art. 175 cod.proc.pen. alla luce del comando di legislazione impartito dalla CEDU con la sentenza Sejdovic allo Stato italiano cfr. 10 novembre 2004 n. 56581 ric. SEJDOVIC c/ Italia , ha sostituito alla prova della non conoscenza del procedimento - che in precedenza doveva essere fornita dal condannato - una sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza Sez. 6, sentenza n. 23549 del 09/05/2006, Kera , ponendo in tal modo a carico del giudice l’onere di reperire negli atti l’eventuale dimostrazione del contrario ovvero, più in generale, l’onere di accertare se il condannato avesse avuto effettivamente conoscenza del procedimento o del provvedimento e avesse volontariamente e consapevolmente rinunziato a comparire o a proporre impugnazione Sez. 1, n 16523 del 16.03.2011, Rv 250438 . In questa sede resta impregiudicata ogni valutazione circa l’istanza ex art. 175 cod.proc.pen. valuterà il giudice dell’esecuzione se la suddetta richiesta era tempestiva o meno e poi, eventualmente, procederà nel giudizio di spettanza. 4. Di conseguenza, l’ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente alla restituzione nel termine, con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Locri. Nel resto il ricorso deve essere rigettato. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla restituzione nel termine e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Locri. Rigetta nel resto il ricorso.