Uno stand fieristico è luogo di “privata dimora”?

La circostanza che nei luoghi di lavoro il soggetto compia atti della vita privata non basta ad affermare che tali luoghi rientrino nella nozione di privata dimora.

Il caso. Un uomo è stato condannato per furto mediante introduzione in luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora per essersi impossessato della borsa di una donna che si trovava in uno stand fieristico. La persona offesa aveva in uso tale stand e aveva lasciato la borsa in un locale di servizio spogliatoio dove gli operatori potevano lasciare gli effetti personali, luogo, quindi, precluso ai visitatori. Il condannato ricorre davanti alla Corte di cassazione contestando che uno stand commerciale non possa essere considerato luogo di privata dimora . Furto commesso in luogo destinato a privata dimora. Nel 2001 il legislatore ha ampliato l’ambito di punizione del furto commesso in luogo destinato ad abitazione estendendo la fattispecie incriminatrice, più grave rispetto al furto semplice, anche ad ogni luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora . La ratio del trattamento sanzionatorio più severo risiede nella convinzione che tale tipo di condotta sia sintomatico di maggiore audacia e pericolosità dell’agente e, quindi, desta un maggior allarme sociale. Ma cosa si intende per privata dimora”? L’espressione si ritrova nella giurisprudenza relativa al delitto di violazione di domicilio dove, per privata dimora”, si intende non solo l’abitazione ma anche ogni altro luogo che venga usato, anche in modo transitorio e contingente, per lo svolgimento di attività privata, quale quella di studio, di svago, di lavoro, di commercio che rientrano nell’accezione di libertà domestica . Insomma, anche i locali commerciali aperti al pubblico, alla loro chiusura, sono considerati luoghi di privata dimora” se l’avente diritto si soffermi per esplicare un’attività privata. in altri reati. La stessa nozione di privata dimora è utilizzata per delineare la fattispecie di violazione di domicilio commessa da pubblico ufficiale . Sul punto la giurisprudenza ha precisato che è compreso ogni luogo che assolva alla funzione di proteggere la vita privata compreso quello destinato ad attività culturale . Il richiamo vale anche per il delitto di interferenze illecite nella vita privata e vale a delimitare gli ambienti nei quali l’interferenza nella vita altrui assume rilevanza penale. nella legittima difesa. Anche nella disposizione che disciplina la legittima difesa si fa riferimento ai luoghi di privata dimora” attraverso il rinvio alla fattispecie di violazione di domicilio . Le Sezioni Unite hanno precisato che se la nozione di privata dimora comprendesse tutti i luoghi in cui un soggetto svolge atti della vita privata, la previsione che, nella disposizione sulla legittima difesa, estende l’applicazione anche ai luoghi di svolgimento di attività commerciale, professionale o imprenditoriale non avrebbe ragion d’essere. La precisazione, dunque, è stata ritenuta necessaria dal legislatore. Per furto e rapina non c’è richiamo alla violazione di domicilio. Una simile tecnica legislativa non è stata seguita nel caso di furto e rapina vi è, invece, un diretto riferimento ai luoghi destinati in tutto o in parte a privata dimora . L’utilizzo di tale espressione, comprensiva di una destinazione parziale dei luoghi a privata dimora , ha consentito una lettura ampia della tutela apprestata, di talché sono ivi ricompresi anche i luoghi accessibili al pubblico se abbiano, per taluni soggetti, la funzione di proteggere la vita privata. Nondimeno si è precisato che la fattispecie di furto in esame richiede che il luogo in cui si è verificato il fatto abbia, per struttura o per l’uso che ne è fatto in concreto, una destinazione legata e riservata all’esplicazione di attività proprie della vita privata, anche se non necessariamente coincidenti con quelle domestiche e familiari in senso stretto ma identificabili anche con attività produttive, professionali, culturali, politica. In altri termini, deve trattarsi di luoghi deputati allo svolgimento di attività che richiedano una apprezzabile permanenza, anche se transitoria o contingente, della persona offesa. Un’analisi a 360° gradi La Corte si sofferma sul significato della locuzione anche rispetto norme non incriminatrici. Sul fronte processuale, in particolare, rispetto all’intercettazione nei luoghi di privata dimora recte , nei luoghi richiamati dalla norma sulla violazione di domicilio , le Sezioni unite hanno precisato che la nozione di domicilio richiede un particolare rapporto con il luogo in cui si svolge la vita privata, in modo da sottrarre la persona da ingerenze esterne, indipendentemente dalla sua presenza. È stato chiarito che la vita privata che si svolge in tali luoghi, anche se per un tempo limitato, fa sì che il domicilio diventi un luogo che esclude violazioni intrusive, indipendentemente dalla presenza della persona che ne ha la titolarità, perché il luogo rimane connotato dalla personalità del titolare, anche se non presente. Un potere dispositivo sui luoghi di lavoro. Riguardo alla fattispecie di furto in discorso, l’estensione della tutela più forte ai luoghi di lavoro è stata considerata ragionevole solo per chi vi presti stabilmente la propria opera e vi esplichi attività della vita privata soggetta a riservatezza e non rispetto a coloro che siano utenti di questi luoghi o meri avventori. La tutela opera, quindi, in favore di chi, in relazione ad un determinato luogo, abbia un potere dispositivo. La categoria più ricorrente in giurisprudenza è quella degli esercizi commerciali, stabilimenti industriali, studi professionali e luoghi aperti al pubblico con gestione di un’attività di impresa. Le Sezioni unite. A seguito di un contrasto giurisprudenziale, le Sezioni unite si sono pronunciate chiarendo che, ai fini della configurabilità del reato in questione, nella nozione di privata dimora” rientrano esclusivamente i luoghi nei quali si svolgano non occasionalmente atti della vita privata, che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, ivi compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale. Vita privata, durata, non accessibilità. Gli elementi identificativi della privata dimora sono, dunque, l’utilizzo di un luogo di svolgimento di manifestazioni della vita privata in modo riservato e al riparo da intrusioni esterne, la durata apprezzabile del rapporto tra luogo e persona in modo che sia caratterizzato da una certa stabilità e la non accessibilità, da parte di terzi. Il Giudice di merito deve valutare se nel luogo in cui si è verificato il furto il soggetto che vi eserciti un’attività lavorativa compia altresì atti della vita privata e se tale luogo sia interdetto a terzi ius excludendi alios . Di regola, gli spogliatoi, i bagni privati, le zone riservate al deposito di effetti personali possiedono le caratteristiche richieste dalla giurisprudenza di legittimità. Nel caso di specie, conclude la Suprema Corte, il locale in cui è avvenuto il furto possiede le caratteristiche richieste, dunque la qualificazione giuridica oggetto di contestazione e condanna appare corretta il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 maggio – 26 luglio 2018, n. 35788 Presidente Palla – Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17 novembre 2017, la Corte d’Appello di Bologna ha confermato la pronunzia con la quale il Tribunale della stessa città aveva condannato S.A. per il reato di furto ex art. 624 bis cod. pen., per essersi impossessato di una borsa, sottraendola alla proprietaria B.B. , mentre quest’ultima si trovava in uno stand del padiglione 26 del quartiere fieristico di . La persona offesa aveva in uso lo stand e nella imputazione era stato precisato che in tale luogo si svolgevano atti di vita privata . Dalla ricostruzione dei fatti, come desumibile dalla sentenza impugnata, emerge che l’imputato aveva sottratto la borsa da un locale di servizio ove si era introdotto , locale adibito a spogliatoio ove gli operatori potevano lasciare gli effetti personali . 2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolato in un unico motivo, con il quale si sostiene che, in seguito alle ultime pronunce di questa Corte, la condotta contestata all’imputato deve essere riqualificata ai sensi dell’art. 624 cod. pen., giacché non può considerarsi luogo di privata dimora uno stand commerciale all’interno di un padiglione della fiera. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. La questione controversa attiene alla configurabilità del reato di cui all’art. 624 bis cod. pen. furto in abitazione ossia mediante introduzione in luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora quando l’azione delittuosa venga posta in essere in luoghi di lavoro. Nel caso in esame la questione è rilevante giacché, sulla base della ricostruzione dei fatti desumibile dalle sentenze di merito, l’imputato ha commesso il furto introducendosi in uno stand posto in un quartiere fieristico. 2. È necessario premettere delle osservazioni di carattere generale quanto alla nozione di privata dimora accolta dalla giurisprudenza nelle diverse fattispecie del codice penale e processuale penale nelle quali essa viene in considerazione, dovendosi evidenziare che si tende a proporne una interpretazione a volte estensiva e altre volte restrittiva, che denuncia una incomprimibile divergenza di vedute. Tenuto conto che l’art. 624 bis cod. pen. nasce da una novella del 2001, che intese ampliare l’ambito di punizione del furto, non più soltanto in luogo destinato ad abitazione art. 625 n. 1 cod. pen., ora abrogato , ma anche in ogni luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora , fondamentale appare richiamare le sentenze riguardanti il reato di violazione di domicilio art. 614 cod. pen. , che per prime hanno fornito una elaborazione della nozione di privata dimora , espressamente evocata nell’art. 624 bis cod. pen In quelle sentenze si era sottolineato, sulla base della stessa lettera dell’art. 614, che il concetto di privata dimora fosse più ampio di quello di abitazione , comprendendo ogni altro luogo che, pur non essendo destinato a casa di abitazione, venisse usato, anche in modo transitorio e contingente, per lo svolgimento dell’attività privata, come quella di studio, di svago, di lavoro, di commercio, rientranti nella larga accezione di libertà domestica . Sono stati considerati, pertanto, luoghi di privata dimora il bar, il negozio e gli altri luoghi, nei quali l’avente diritto, dopo la chiusura dell’esercizio al pubblico, si soffermi per l’esplicazione di un’attività privata Sez. 1, n. 8955 del 5/3/1976, Granzotto, Rv. 134378 Sez. 5, n. 5767 del 14/5/1981, Giacomelli, Rv. 149312 . Si è considerato luogo di privata dimora anche quello adibito all’esercizio di una attività, ove ogni persona ha diritto di svolgere liberamente e legittimamente senza turbamenti da parte di terzi, ai quali può essere vietata la introduzione o la permanenza nel luogo stesso. Ne consegue che anche il ristorante, ove il soggetto esplica la propria attività commerciale, è luogo che viene protetto dalla norma su indicata, che attribuisce, perciò, al gestore del locale il potere di impedire l’accesso e di espellere coloro che si introducono per azioni illecite Sez. 2, n. 1353 del 06/11/1984, Barbagallo, Rv. 167811 . 3. La stessa nozione di privata dimora è quella utilizzata, mediante richiamo espresso dell’art. 614 cod. pen. - nel delitto di cui all’art. 615 cod. pen. in relazione al quale si è ribadito che il concetto di privata dimora è più ampio di quello di casa d’abitazione, comprendendo ogni altro luogo che assolva alla funzione di proteggere la vita privata, come quello destinato ad attività culturale con soggiorno che, per quanto breve, abbia comunque una certa durata. Si è quindi ritenuto che anche le aree adiacenti ed esterne a un castello non possano che avere le medesime caratteristiche di esplicazione della vita privata e, quindi, rientrano pienamente nel disposto di cui all’art. 615 cod. pen. - Sez. 5, n. 29093 del 30/01/2015, Castiglioni, Rv. 264846 - nel delitto di cui all’art. 615 bis cod. pen. il riferimento contenuto nel primo comma di tale norma ai luoghi indicati nell’art. 614 ha la funzione di delimitare gli ambienti nei quali l’interferenza nella altrui vita privata assume penale rilevanza - Sez. 5, n. 9235 del 11/10/2011, M., Rv. 251999 - nell’aggravante prevista dall’art. 52, comma 2, cod. pen. si è posto il problema di delimitare l’ambito di applicabilità della norma, sicché - per esempio - si è escluso che la presunzione di proporzionalità a favore della reazione di difesa in luoghi di domicilio o ad esso equiparabili operi con riguardo a condotte compiute nell’abitacolo di una autovettura, precisandosi al riguardo che si tratta di spazio privo dei requisiti minimi necessari per potervi soggiornare per un apprezzabile periodo di tempo e nel quale non si compiono atti caratteristici della vita domestica - Sez. 4, n. 19375 del 14/03/2013, Todero, Rv. 255894 . In proposito le Sezioni Unite di questa Corte hanno sottolineato che nel richiamato secondo comma si fa riferimento, ai fini della presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa, ai luoghi previsti dall’art. 614 cod. pen. vale a dire a quelli di privata dimora . Se, dunque, la nozione di privata dimora comprendesse, indistintamente, tutti i luoghi in cui il soggetto svolge atti della vita privata, non vi sarebbe stata alcuna necessità di aggiungere il terzo comma nell’art. 52 per estendere l’applicazione della norma anche ai luoghi di svolgimento di attività commerciale, professionale o imprenditoriale. Evidentemente tale precisazione è stata ritenuta necessaria perché, secondo il legislatore, la nozione di privata dimora non è, in generale, comprensiva dei luoghi di lavoro così in motivazione Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017, D’Amico . 4. Nelle disposizioni sul furto in abitazione art. 624 bis e sulla rapina aggravata art. 628, terzo comma, n. 3-bis, mediante richiamo all’art. 624 bis , invece, senza operare un rinvio all’art. 614 cod. pen., vi è il riferimento diretto ai luoghi destinati in tutto o in parte a privata dimora . È del tutto evidente che la precisazione fatta dal legislatore sulla destinazione anche parziale del luogo a privata dimora abbia consentito una lettura ampia della tutela apprestata dalla norma, così da ricomprendere anche quei luoghi che, pur se accessibili al pubblico, comunque abbiano per alcuni soggetti la funzione di proteggere la vita privata. Si è tuttavia precisato che, al fine di individuare una linea di discrimine tra la più grave fattispecie sanzionata dall’art. 624 bis cod. pen. e quella di cui all’art. 624 cod. pen., occorre pur sempre poiché altrimenti vi sarebbe una tendenziale e arbitraria sovrapposizione delle due ipotesi - che il luogo nel quale è perpetrato il furto abbia, per sua struttura o per l’uso che ne è fatto in concreto, una destinazione legata e riservata alla esplicazione di attività proprie della vita privata della persona offesa, ancorché non necessariamente coincidenti con quelle propriamente domestiche o familiari ma identificabili anche con attività produttiva, professionale, culturale, politica. Deve, cioè, trattarsi di luoghi deputati allo svolgimento di attività che richiedano una qualche apprezzabile permanenza, ancorché transitoria e contingente, della persona offesa, per taluna delle finalità predette Ciò del resto conformemente alla ratio della previsione che è quella della tutela della sicurezza fisica della vittima che si trovi all’interno di luoghi nei quali essa soggiorni sia pure per breve tempo per attività privata, essendo inoltre tale tipo di condotta sintomatico di una maggiore audacia e pericolosità dell’agente e, quindi, determinante un maggiore allarme sociale così in motivazione Sez. 4, n. 51749 del 13/11/2014, Iorio, Rv. 261577 . 5. Giova qui sottolineare che anche l’ordinamento processuale - ed in particolare la disciplina sulle intercettazioni di conversazioni tra presenti - modula regime e strumenti autorizzatori del mezzo di ricerca della prova rispetto al presupposto che esso si realizzi o meno nei luoghi indicati dall’art. 614 cod. pen Invero, a norma dell’art. 266, comma 2, cod. proc. pen., qualora le attività investigative avvengano nei luoghi indicati dall’articolo 614 del codice penale, l’intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa . 5.1. Anche in tale ambito si sono dunque registrate puntualizzazioni sui luoghi indicati dall’articolo 614 in cui è legittimo effettuare l’intercettazione. Fondamentali in materia sono state le indicazioni delle Sezioni unite di questa Corte, che - in relazione alla nozione di domicilio , soggetta alla tutela costituzionale - esigono un particolare rapporto con il luogo in cui si svolge la vita privata, in modo da sottrarre la persona da ingerenze esterne, indipendentemente dalla sua presenza Sez. Un., 28 marzo 2006, Prisco, Rv 234269 . Così, con affermazione di carattere generale, sebbene resa nel contesto dell’interpretazione della normativa processuale in tema di videoriprese, si è osservato che non c’è dubbio che il concetto di domicilio individui un rapporto tra la persona e un luogo, generalmente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo anche da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e da garantirgli quindi la riservatezza. Ma il rapporto tra la persona e il luogo deve essere tale da giustificare la tutela di questo anche quando la persona è assente. In altre parole la vita personale che vi si svolge, anche se per un periodo di tempo limitato, fa sì che il domicilio diventi un luogo che esclude violazioni intrusive, indipendentemente dalla presenza della persona che ne ha la titolarità, perché il luogo rimane connotato dalla personalità del titolare, sia o meno questi presente . 5.2. La sentenza delle Sezioni Unite Prisco ha senz’altro influito anche sulla interpretazione delle fattispecie penali sostanziali. Quindi, in tema di tutela ex art. 624 bis relativa a luoghi destinati al lavoro, l’estensione è stata considerata ragionevole solo per chi vi presti stabilmente la propria opera e, ovviamente, vi esplichi attività della vita privata soggette a riservatezza e non per coloro che di questi luoghi siano utenti o comunque avventori più o meno occasionali. In altri termini, la tutela opera con riferimento a chi, in relazione ad un determinato luogo, abbia un potere dispositivo, come certamente accade nei contesti in cui un soggetto presti la propria attività lavorativa insieme ad atti della vita privata tra le tante, Sez. 5, n. 2768 del 01/10/2014, Baldassin, Rv. 262677 . Le maggiori applicazioni della sentenza Prisco si sono avute però in tema di interferenze illecite nella vita privata art. 615 bis cod. pen. , dando luogo ad indirizzi contrastanti. In applicazione dei principi della citata sentenza delle Sez.U., questa Sezione ha avuto modo di affermare che integra il reato di violenza privata art. 610 cod. pen. - e non quello di interferenze illecite nella vita privata art. 615 bis cod. pen. - la condotta di colui che introduca una telecamera sotto la porta di una toilette pubblica in modo da captare immagini di un minore che si trovi all’interno di essa nella specie bagno di una stazione ferroviaria - considerato che la toilette pubblica non può essere considerata un domicilio, ex art. 614 cod. pen. richiamato dall’art. 615 bis, neppure nel tempo in cui sia occupata da una persona . Sez. 5, n. 11522 del 03/03/2009, Fabro, Rv. 244199 . In una decisione più recente si è precisato che deve ritenersi luogo di privata dimora la toilette di uno studio professionale, trattandosi di locale il cui accesso è riservato al titolare ed ai dipendenti dello studio ed è consentito a clienti e fornitori solo in presenza di positiva volontà del personale Sez. 3, n. 27847 del 30/04/2015, R, Rv. 264196 . In altra decisione di questa Sezione, invece, si è escluso che i locali dove sono posizionate le docce di una piscina comunale possano essere considerati luoghi tutelati a norma dell’art. 615 bis cod. pen., giacché essi sono frequentati da un pubblico di avventori in numero non determinabile e che si avvicendano quali utenti del servizio così in motivazione Sez. 5, n. 28174 del 14/05/2015, Capanna Piscè, Rv. 265310, non massimata sul punto . In senso contrario, si è affermata la sussistenza del reato di cui all’art. 615 bis cod. pen. con riferimento alla condotta di colui che con l’uso di una macchina fotografica si procuri indebitamente immagini di ragazze, partecipanti al concorso di Miss Italia , ritratte nude o seminude nel camerino appositamente adibito per consentire loro di cambiarsi d’abito, in quanto detto camerino rientra nei luoghi di privata dimora, intesi come luoghi che consentono una sia pur temporanea esclusiva disponibilità dello spazio, nel quale sia temporaneamente garantita un’area d’intimità e di riservatezza Sez. 5 n. 36032 del 11/6/2008, Mistraletti, Rv. 241587 . 6. Venendo al tema specifico riguardante la interpretazione della nozione di privata dimora come rilevante ai fini della integrazione del reato di cui all’art. 624 bis destinata, però, a ripercuotersi sulla interpretazione delle norme sopra citate oltre che sull’art. 628, terzo comma, n. 3 bis, aggiunto da una novella del 2009 , va detto che la esatta locuzione utilizzata nel precetto, e cioè il riferimento a luoghi destinati in tutto o in parte a privata dimora , ha fatto registrare evidenti contrasti. E la categoria di luoghi contemplati ex art. 624 bis cod. pen. che ha dato vita alla maggior parte della casistica è quella degli esercizi commerciali, stabilimenti industriali, studi professionali e luoghi aperti al pubblico con gestione di un’attività d’impresa. 6.1. È stato in passato prevalente l’orientamento interpretativo fondato sul rilievo che per luogo di privata dimora possa intendersi pure ogni luogo che serva all’esplicazione di attività culturali, professionali e politiche ovvero nel quale le persone si trattengano per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata. Si è così ritenuto ravvisabile il delitto ex art. 624 bis cod. pen. nella condotta di chi, per commettere un furto, si introduca all’interno di una farmacia durante l’orario di apertura Sez. 4, n. 37908 del 25/06/2009, Apprezzo, Rv. 244980 , nel ripostiglio di un esercizio commerciale Sez. 5, n. 22725 del 05/05/2010, Dunca, Rv. 247969 , all’interno di un bar Sez. 5, n. 30957 del 02/07/2010, Cirlincione, Rv. 247765 o in uno studio odontoiatrico Sez. 5, n. 10187 del 15/02/2011, Gelasio, Rv. 249850 . In senso conforme risulta essersi pronunziata altra sentenza di questa Sezione, massimata nei seguenti termini In tema di furto in abitazione, luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora è qualsiasi luogo nel quale le persone si trattengano per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata, comprese le parti accessorie di un edificio. La fattispecie era comunque relativa al furto di denaro contenuto in una cassetta per la raccolta di elemosina, posta all’esterno di un edificio di culto, ritenuto rientrare nel paradigma dell’art. 624 bis in quando parte accessoria del fabbricato Sez. 5, n. 7266 del 08/10/2014, Oxley, Rv. 262546 . Allo stesso modo si è ritenuto che integri il delitto di furto in abitazione la condotta di colui che sottragga del danaro dal cestino delle offerte custodito in una sagrestia, la quale, in quanto funzionale allo svolgimento di attività complementari a quelle di culto, serve non solo l’edificio sacro, ma altresì la casa canonica e dunque deve ritenersi luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora , trattandosi di luogo in cui l’ingresso può essere selezionato a iniziativa di chi ne abbia la disponibilità Sez. 4, n. 40245 del 30/09/2008, P.M. in proc. Aljmi, Rv. 241331 . Secondo altra sentenza, poi, integra il reato previsto dall’art. 624 bis cod. pen. la condotta del soggetto che, per commettere un furto, si introduca all’interno di una farmacia, quando l’introduzione clandestina avvenga nelle parti dell’immobile destinate, per l’uso che in concreto ne è fatto, a privata dimora la già citata Sez. 4, n. 51749 del 13/11/2014, Iorio, Rv. 261577 . 6.2. Un secondo orientamento si è assestato sul criterio discretivo della considerazione della pubblica accessibilità del luogo, reputata incompatibile con la nozione di privata dimora. Si è così escluso, in linea generale, che i locali adibiti alla produzione e vendita di pane possano essere considerati luoghi tutelati a norma dell’art. 624 bis cod. pen., giacché essi sono frequentati da un pubblico di avventori in numero non determinabile e che si avvicendano quali clienti Sez. 5, n. 43672/2015, 22 dicembre 2015, Susic, non massimata . Sulla stessa linea altra decisione Sez. 6, n. 18200 del 8/5/2012, Padolecchia, Rv. 252647 nega la possibilità di configurare il reato di cui all’art. 624 bis cod. pen. nell’ipotesi di condotta commessa in un negozio durante l’orario di apertura, valorizzando anche la circostanza che il fatto è stato commesso ai danni di un avventore, cliente dell’esercizio commerciale e non, dunque, del lavoratore addetto al negozio . Negli stessi termini si è affermato che non integra il delitto di furto in luogo di privata dimora, ex art. 624 bis cod. pen., la condotta di colui che sottragga del danaro dalla cassetta delle elemosine custodita non all’interno della sagrestia, ma nella zona della chiesa destinata al culto, atteso che quest’ultima non può considerarsi privata dimora, trattandosi di luogo frequentato da un numero indeterminato di persone e non destinato allo svolgimento di atti della vita privata Sez. 5, n. 23641 del 29/01/2016, P.M. in proc. Della Gatta, Rv. 266913 . Egualmente nega la configurabilità del reato di furto in privata dimora altra pronunzia Sez. 2, n. 39134 del 28/9/2012, Biscotti, Rv. 253451 in un’ipotesi riferita a furto di merce esposta e venduta in orario di apertura. 6.3. Il criterio della libera e pubblica accessibilità è stato adottato - non senza contrasti - anche dalla giurisprudenza formatasi in tema di rapina aggravata ai sensi dell’art. 628, comma terzo, n. 3-bis, cod. pen., che richiama i luoghi di cui all’art. 624 bis. Si è precisato che, ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante citata costituisce luogo di privata dimora ogni ambiente in cui le persone autorizzate a soggiornarvi siano titolari di uno ius excludendi alios e che sia in concreto idoneo a proteggere il diritto alla riservatezza, consentendo lo svolgimento di atti di vita privata. Si è, pertanto, escluso che, all’interno dell’ufficio postale, possa considerarsi luogo di privata dimora lo spazio di fronte agli sportelli, dove chiunque può accedere liberamente a differenza dell’area degli uffici in cui il pubblico non può accedere senza autorizzazione, in quanto il divieto di accesso consente di attribuire all’ambiente le caratteristiche di privata dimora Sez. 2, n. 20200 del 21/04/2016, Ademaj e altro, Rv. 266759 si veda anche Sez. 2, n. 30419 del 16/03/2016, Favano, Rv. 267411 . In senso contrario si è affermato, che, ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 3-bis, cod. pen., costituisce luogo di privata dimora l’area aperta al pubblico durante gli orari di ufficio di un’agenzia bancaria Sez. 2, n. 28045 del 05/04/2012, Foglia, Rv. 253413 si vedano anche le risalenti Sez. 2, n. 9992 del 06/05/1983, Saraceno, Rv. 161358 Sez. 1, n. 5053 del 02/04/1979, Passalacqua, Rv. 142130 . 7. A fronte del variegato e contrastato panorama interpretativo prospettato, la questione è stata risolta da un recente arresto delle Sezioni Unite, secondo cui ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 624 bis cod. pen., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale la già citata Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017, D’Amico, Rv. 270076 . 7.1. Si è precisato che la interpretazione letterale e sistematica della norma, confortata dai principi enucleabili dalle sentenze della Corte costituzionale in tema di privata dimora, nonché dalla sentenza delle Sezioni Unite Prisco, consente di delineare la nozione di privata dimora sulla base dei seguenti, indefettibili elementi a utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere , in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne b durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità c non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare . Ne consegue, quindi, che la circostanza per cui nei luoghi di lavoro il soggetto compia atti di vita privata non può considerarsi, da sola, sufficiente per affermare che tali luoghi rientrino nella nozione di privata dimora e che, per i reati di furto in essi commessi, trovi applicazione la norma rubricata come furto in abitazione con conseguente tutela rafforzata in termini di trattamento sanzionatorio . Ciò in quanto i luoghi di lavoro sono, generalmente, accessibili ad una pluralità di soggetti anche senza il preventivo consenso dell’avente diritto ad essi è quindi estraneo ogni carattere di riservatezza, essendo esposti, per definizione alla intrusione altrui . 7.2. Ferma tale affermazione di principio, le Sezioni Unite hanno comunque precisato che la disciplina dettata dall’art. 624-bis cod. pen. può essere estesa ai luoghi di lavoro laddove essi presentino le caratteristiche proprie dell’abitazione . Non può, dunque, revocarsi in dubbio la possibilità che la privata dimora possa essere costituita anche dal luogo ove solitamente si svolge attività lavorativa, a condizione che in esso la persona, pur svolgendo attività lavorativa per molte ore nel corso della giornata, esplichi altresì attività di vita e dimora privata , manifestando in uno dei molteplici modi in cui può atteggiarsi,la realtà alcuni dei propri diritti individuali. E proprio alla luce di ciò, la giurisprudenza di questa Corte ha modulato le sue linee interpretative rispetto ai casi concreti, nei quali va accertato, di volta in volta, se il luogo in cui il soggetto svolge la propria attività costituisca, o meno, privata dimora. Si tratta di un accertamento rimesso, naturalmente, al giudice di merito, il quale, sulla base degli elementi raccolti, deve valutare se nel luogo in cui è stata posta in essere l’azione furtiva, sostanzialmente destinato ad attività lavorativa, il soggetto compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi, con la conseguente riconducibilità dello stesso nella categoria dei luoghi di privata dimora. 8. Il principio enucleato dalle Sezioni Unite non trova applicazione indiscriminata in ordine a tutti i luoghi di lavoro, essendo invece necessario condurre, caso per caso, una valutazione di fatto un’indagine volta ad accertare la sussistenza contestuale di tutte le caratteristiche, richiamate dalle predette Sezioni Unite, proprie della privata dimora. Solo l’esito positivo di tale accertamento consente di affermare con certezza la sussumibilità della condotta nell’alveo della previsione di cui all’art. 624-bis cod. pen., anche se perpetrata in un luogo in cui si svolge, solitamente, attività lavorativa. In altri termini, gli estremi del predetto reato risultano sicuramente integrati nei casi in cui l’azione furtiva venga posta in essere nei luoghi di lavoro comunque utilizzati per lo svolgimento, in modo riservato, di manifestazioni della vita privata riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere , nell’ambito di un rapporto tra il luogo cui i terzi non possono accedere senza il consenso del titolare e la persona caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità. In quest’ultima categoria rientrano, generalmente, i locali di luoghi di lavoro destinati a atti della vita privata, come gli spogliatoi, i bagni privati e le zone riservate al deposito di effetti personali, giacché tali luoghi possiedono tutte le caratteristiche generali individuate dalla giurisprudenza di legittimità a lo ius excludendi alios , secondo cui è luogo di privata dimora quello nei confronti del quale sussiste il diritto di ammettere o di escludere altre persone, poiché vi si svolge la vita intima di ciascun individuo b la apertura limitata del luogo al pubblico , secondo cui non può invocarsi la riservatezza in relazione a luoghi ai quali possono accedere un numero indiscriminato di persone c la stabilità della presenza nel luogo , secondo cui non può invocarsi la riservatezza in relazione a luoghi nei quali ci si trovi occasionalmente o transitoriamente. d la visibilità protetta dei luoghi , enunciata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 149/08 e dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione nella sentenza Sez. U, n. 26795 del 28/3/2006, Prisco, cit., che analizza e richiama Corte cost. n. 135 del 2002, riferita al dubbio di costituzionalità, ritenuto infondato, della disciplina normativa codicistica nella parte in cui non estende alle riprese visive in luoghi di privata dimora il procedimento autorizzatorio previsto per le intercettazioni ambientali nei medesimi luoghi. 9. Applicando gli anzidetti criteri esegetici, con particolare riferimento allo ius excludendi alios e alla visibilità protetta, ciò che emerge in modo evidente - dalla lettura della sentenza impugnata e da quella di primo grado - è che il furto è avvenuto in un locale dello stand fieristico destinato a spogliatoio e a atti della vita privata del soggetto che lavorava nello stesso stand. Si tratta, quindi, di un locale con le caratteristiche in precedenza delineate, in cui cioè si potessero svolgere in modo apprezzabile sotto il profilo cronologico atti della vita privata del titolare, in modo riservato e senza possibilità di accesso da parte di estranei. Permane dunque la necessità di riconoscere la particolare tutela che il legislatore ha inteso riconoscere ai luoghi ove si svolgono, o è possibile che si svolgano, atti afferenti alla vita privata delle persone, con incontestabile ius excludendi alios , sicché correttamente è stato contestato il reato di cui all’art. 624 bis cod. pen 10. In ragione dei suesposti motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, nonché della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della cassa delle ammende.