Appropriazione indebita e riciclaggio, inevitabile il sequestro preventivo senza la prova dell’interesse societario

Confermato dai Giudici di legittimità il sequestro preventivo disposto dal GIP nei confronti di alcuni amministratori di una società indagati per riciclaggio. Le mere affermazioni difensive sull’interesse societario delle operazioni contestate non esclude la configurabilità dell’appropriazione indebita come reato presupposto al delitto di riciclaggio.

Sul tema la Cassazione con sentenza n. 35460/18, depositata il 25 luglio. La vicenda. Il Tribunale del riesame di Bolzano confermava il decreto del GIP con il quale veniva disposto il sequestro preventivo dei beni di proprietà del soggetto indagato per il reato di cui all’art. 648- bis c.p. Riciclaggio . L’interessato ha proposto ricorso per cassazione contro detta decisione. Tra le doglianze il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 646 c.p. per aver il Tribunale confermato la configurabilità del reato di appropriazione indebita come reato presupposto del reato di riciclaggio. Secondo la Cassazione il motivo è infondato. Appropriazione indebita come presupposto del riciclaggio e interesse della società. Rileva il Supreme Collegio che nel provvedimento cautelare reale al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al fumus del reato e, nel caso di specie, il Tribunale ha ampiamente motivato il fumus del delitto di riciclaggio e del reato presupposto di emissione di fatture per operazioni inesistenti. Inoltre, in merito alla configurabilità dell’ulteriore reato presupposto di appropriazione indebita, ricordano gli Ermellini che secondo la giurisprudenza di legittimità tale reato è integrato dal comportamento dell’amministratore di una società di capitali che versi somme di denaro della società a terzi al fine di un interesse estraneo all’oggetto sociale della società . Nella fattispecie in esame, precisano i Giudici di legittimità, non vi sono dubbi che la distrazione dei fondi sociali da parte degli amministratori deve essere fondata da un interesse riconducibile l’oggetto sociale che deve essere provato dal gestore di tali occulte riserve . Dagli atti, invece, emerge solo che venivano sottratte ingenti somme di denaro dalle cassa societaria attraverso la fatturazione falsa e, per questo motivo, è ampiamente giustificata la contestazione del delitto di riciclaggio avente come reato presupposto il delitto di appropriazione indebita. L’interesse della società quale scopo della operazioni contestate resta una mera affermazione difensiva della quale non vi è alcun riscontro. Per queste ragioni la Cassazione ha rigettato il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 maggio – 25 luglio 2018, n. 35460 Presidente Cammino – Relatore Rago Ritenuto in fatto 1. B.R. - indagato per il reato di cui all’art. 648 bis cod. pen. - ha proposto ricorso per cassazione contro l’ordinanza in epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Bolzano aveva confermato il decreto con il quale il giudice delle indagini preliminari del medesimo Tribunale, in data 27/10/2017, aveva ordinato, nei confronti di esso ricorrente, il sequestro preventivo di beni fino alla concorrenza di Euro 5.015.099,00. Il ricorrente, a mezzo del proprio difensore, ha dedotto 1.1. La violazione dell’art. 292/2 lett. c cod. proc. pen. per avere il Tribunale ritenuto erroneamente che il giudice delle indagini preliminari avesse motivato il sequestro, in modo autonomo, rispetto alla richiesta del Pubblico Ministero. Ad avviso del ricorrente, infatti a il giudice delle indagini preliminari si sarebbe appiattito sulla richiesta del Pubblico Ministero senza neppure considerare che la Guardia di Finanza, nella sua relazione del 21/09/2017, aveva indicato in Euro 1.637.754,00 la misura patrimoniale cautelare del sequestro preventivo b d’altra parte, la diversa qualificazione giuridica del reato che avrebbe commesso il coindagato R. autoriciclaggio ex art. 648 ter 1 cod. pen. invece che impiego di denaro, beni o altre utilità ex art. 648 ter cod. pen. sarebbe indice di leggerezza e disattenzione nella redazione della parte motiva del decreto di sequestro se non addirittura di un disattento esame degli atti di indagine e della stessa relazione della Guardia di Finanza c infine, la circostanza che il giudice delle indagini preliminari aveva indicato come reato presupposto oltre che il reato di cui all’art. 2 dlgs 74/2000, anche il reato di cui all’art. 646 cod. pen. dimostrava che il giudice delle indagini preliminari si era riferito unicamente alla richiesta del Pubblico Ministero e non anche alla relazione della Guardia di Finanza che non conteneva alcun cenno al reato di appropriazione indebita 1.2. La violazione dell’art. 646 cod. pen. per avere il Tribunale confermato la configurabilità del reato di appropriazione indebita come reato presupposto del reato di riciclaggio. Ad avviso del ricorrente, invece, pur a voler ritenere fondata la ricostruzione in punto di fatto effettuata dal tribunale utilizzo di fattura per operazione inesistente per l’abbattimento degli utili della società ed il contestuale reimpiego della somma uscita dal patrimonio sociale per finanziare la società stessa , il suddetto reato non sarebbe configurabile essendo evidente e conclamato tanto il perseguimento di un interesse della Selimex s.r.l. sotto il duplice profilo del conseguimento di risparmio di imposta, recte evasione, ed ottenimento di liquidità sotto forma di finanziamento soci , quanto il formale e sostanziale assenso dei soci, siccome destinatari finali della somma versata al terzo B. ed autori del finanziamento alla società mediante la stessa . Pertanto, ad avviso della difesa, il sequestro avrebbe dovuto essere disposto, al più, per la somma di Euro 1.637.754,00 corrispondente all’imposta evasa e non a quella di Euro 5.015.099,00 non essendo in nessun modo configurabile l’asserito reato di appropriazione indebita. Considerato in diritto 1. La violazione dell’art. 292/2 lett. C cod. Proc. Pen. In punto di diritto, è opportuno chiarire cosa debba intendersi per autonoma valutazione . Questo Collegio condivide il consolidato principio di diritto secondo il quale In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma primo, lett. c , cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, è osservata anche quando il giudice ripercorra gli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini e segnalati dalla richiesta del pubblico ministero, potendo egli condividere integralmente le argomentazioni del pubblico ministero stesso, purché dia conto, in motivazione, del proprio esame critico dei predetti elementi, e delle ragioni per cui egli li ritenga idonei a supportare l’applicazione della misura ex plurimis Cass. 5497/2016 Rv. 266336. Il principio dell’autonoma valutazione, va, però, inteso cum grano salis. Questa Corte, ha infatti, chiarito il Giudice nel provvedimento cautelare ben può ripercorrere gli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini e segnalati nella richiesta del Pubblico Ministero non potendosi certo pretendere che egli ne debba individuare di diversi che potrebbero anche non esistere , così come ben può anche condividere in toto le argomentazioni espresse dall’Autorità Inquirente il concetto di autonoma valutazione espresso dal Legislatore, infatti, non può che essere inteso come valutazione non condizionata che è cosa ben diversa da una valutazione non conforme in quanto, se così non fosse, si dovrebbe giungere al paradosso di sostenere che il Giudice potrebbe dimostrare la propria autonomia così da evitare vizi dell’emittendo provvedimento cautelare solo non accogliendo in tutto od in parte la richiesta del Pubblico Ministero o ricorrendo, pur in presenza di fatti di palese evidenza e di univoca interpretazione, a motivazioni distoniche rispetto a quelle del Pubblico Ministero che però portino comunque al medesimo condiviso risultato Cass. 5497/2016 cit. in motivazione . Nel caso di specie, il tribunale ha preso in esame la suddetta censura ma l’ha disattesa con motivazione amplissima in cui, dopo avere ripercorso tutto il contenuto del decreto impugnato, ha indicato, in modo analitico, i punti in cui il giudice delle indagini preliminari aveva autonomamente valutato gli indizi addotti dal Pubblico Ministero a sostegno della richiesta cautelare cfr ordinanza impugnata da pag. 4 a pag. 9 . Questo Collegio ha avuto cura, a sua volta, di controllare il decreto del giudice delle indagini preliminari e concorda con la valutazione del Tribunale tanto più ove si tenga presente che è lo stesso ricorrente che evidenzia come il giudice delle indagini preliminari abbia privilegiato la diversa richiesta del Pubblico Ministero di disporre il sequestro per una somma di gran lunga superiore a quella prospettata dalla Guardia di Finanza che l’aveva limitata ad Euro 1.637.754,00 corrispondente alla sola imposta evasa. 2. La violazione dell’art. 646 cod. Pen. Preliminarmente deve darsi atto che la stessa difesa del ricorrente non contesta né la configurabilità del reato di riciclaggio - per il quale è indagato e per il quale è stato disposto il sequestro impugnato - né il reato presupposto di cui all’art. 2 dlgs 74/2000. Il motivo di ricorso si appunta solo sull’entità della somma per il quale il sequestro è stato disposto in quanto, ad avviso del ricorrente, non sarebbe configurabile il reato di appropriazione indebita, ossia il secondo ed ulteriore reato presupposto oltre a quello di cui all’art. 2 dlgs cit. ipotizzato dal tribunale pag. 10 dell’ordinanza impugnata Per meglio comprendere la problematica, in punto di fatto, occorre premettere che gli amministratori della Selimex srl R.S. e della Euro Trade srl, Selecta e Selimex Vertriebes GmbH R.W. , bonificarono su un conto riferibile al B. la somma di Euro 5.015.099,00 a saldo di fatture false emesse da vari fornitori pag. 7 - 9 ss ordinanza impugnata . Ora, secondo l’ipotesi accusatoria, fatta propria dal giudice delle indagini preliminari e confermata dallo Tribunale del riesame, correttamente il sequestro fu emesso per la suddetta intera somma e non per quella minore di Euro 1.637.754,00 corrispondente alla sola imposta evasa in quanto quella somma fu prelevata dagli amministratori per perseguire un interesse estraneo a quello dell’ente pag. 10 ordinanza impugnata . Ad avviso del ricorrente, invece, quel prelievo fu effettuato nell’interesse della società e con il consenso dei soci quindi, non vi sarebbe alcuna appropriazione indebita e, quindi, neppure il reato presupposto per la maggior somma del riciclaggio. La censura, nei termini in cui è stata dedotta, va rigettata. Sul punto, va premesso che, trattandosi di un’impugnazione di un provvedimento cautelare reale, in sede di ricorso, ex art. 325 cod. proc. pen. possono essere dedotti solo violazioni di legge e che, al fine della motivazione al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al fumus del reato ipotizzato ex plurimis Cass. 18331/2016 Rv. 266896 . Ora, nel caso di specie, il fumus del delitto di riciclaggio e del reato presupposto di emissione di fatture per operazioni inesistenti deve ritenersi ampiamente motivato sulla base di puntuali elementi fattuali che neppure lo stesso ricorrente contesta. Resta da verificare, la configurabilità - come reato presupposto dell’ulteriore reato di appropriazione indebita. In questa sede, si può solo dare atto che, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell’amministratore di una società di capitali che versi somme di denaro della società a terzi, per il perseguimento di un interesse estraneo a quello dell’ente ed in mancanza di un formale assenso dei soci al compimento di tali erogazioni Cass. 39008/2016 rv. 268090 Cass. 20062/2011 riv 250439 che, in motivazione, ha precisato che è configurabile il reato di appropriazione indebita ove il denaro sia utilizzato per scopi estranei all’oggetto sociale della società. Quindi, quella stessa giurisprudenza invocata dal ricorrente non dubita che la distrazione dei fondi sociali da parte degli amministratori deve rispondere pur sempre ad un interesse riconducibile anche indirettamente all’oggetto sociale e comunque che il gestore di tali occulte riserve deve ritenersi gravato da un rigoroso onere di provarne l’effettiva destinazione allo scopo predetto in terminis Cass. 1245/1998 rv 210031 . Ora, allo stato degli atti, quello che risulta è solo che dalle casse societarie sono state prelevate e sottratte con il marchingegno delle fatturazioni false ingenti somme di denaro quindi, ampiamente giustificata, allo stato, è anche la contestazione del delitto di riciclaggio avente come reato presupposto il delitto di cui all’art. 646 cod. pen La difesa del ricorrente ha sostenuto che, in realtà si trattava di operazioni effettuate nell’interesse della società si tratta, però, allo stato, di una mera affermazione difensiva della quale non vi è alcun riscontro, sicché è del tutto irrilevante discutere della questione giuridica dedotta dal ricorrente. 3. In conclusione, l’impugnazione deve rigettarsi con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.