L’accertamento del giudice sulla causa di irreperibilità del testimone

Ai fini dell’acquisizione al fascicolo del dibattimento, mediante lettura degli atti assunti in fase di indagini preliminari, contenenti dichiarazioni rese da testimoni, persone offese o informate sui fatti, partendo dal presupposto che sia divenuto impossibile l’esame testimoniale durante la fase dibattimentale per la sopravvenuta irreperibilità dei dichiaranti, è necessario che siano espletate le ricerche previste per imputato dall’art. 159, comma 1, c.p.p., anche quando le stesse possano essere effettuate all’estero nei luoghi ivi indicati .

Lo ha confermato la Corte Suprema di Cassazione con sentenza n. 34130/18 depositata il 20 luglio. Il caso. La Corte d’Appello confermava parzialmente la sentenza di primo grado che riteneva l’imputato responsabile dei reati di sfruttamento della prostituzione e lesioni personali in danno di una donna straniera e possesso di falsi documenti validi per l’espatrio. L’imputato ricorre in Cassazione sul rilievo che non risulta essere stato esperito alcun tentativo di citazione all’estero della persona offesa per escuterla nel dibattimento come testimone. La legittimità della lettura delle dichiarazioni. Circa le dichiarazioni rese da una cittadina straniera in sede di indagini preliminari alla polizia giudiziaria e circa la valutazione sull’impossibilità di loro ripetizione, non sono elementi sufficienti a ritenere prevedibile che il testimone si renda irreperibile la condizione di straniero e l’esercizio di attività, da parte sua, di meretricio. Però, l’acquisizione, ex art. 512 c.p.p., delle dichiarazioni testimoniali rese in fase di indagini preliminari al fascicolo del dibattimento è consentita solo se il teste abbia avuto effettiva contezza della citazione e la sua assenza non sia frutto della sua libera scelta di sottrarsi all’esame, con la necessità da parte del giudice di svolgere qualsiasi accertamento sulla causa di irreperibilità, anche in campo internazionale. Tali ricerche del giudice devono coincidere con quelle richieste per la contestazione della irreperibilità dell’imputato, poiché, come nel caso di specie, le dichiarazioni contenute nella denuncia acquisita rappresentano la principale forma di prova utilizzata per la conferma della responsabilità penale dell’imputato in ordine ai reati contestatigli. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere sul punto annullata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 aprile – 20 luglio 2018, n. 34130 Presidente Cavallo – Relatore Reynaud Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 5 luglio 2017, la Corte d’appello di Roma, Sezione per i minorenni, ha parzialmente confermato - assolvendolo dal contestato reato di violenza sessuale e rideterminando conseguentemente la pena - la sentenza con cui l’odierno ricorrente D.H. era stato ritenuto responsabile dei reati di sfruttamento della prostituzione e lesioni personali in danno di G.G. e possesso di falsi documenti validi per l’espatrio. 2. Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen 3. Con il primo motivo si deduce il vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. c , cod. proc. pen. in relazione alla violazione dell’art. 526 cod. proc. pen. per essere stato utilizzato il verbale di denuncia sporta dalla G., illegittimamente acquisito ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen. pur essendo prevedibile che la donna si sarebbe resa irreperibile. 4. Con il secondo motivo si deduce la medesima violazione di legge sul rilievo che non risulta essere stato esperito alcun tentativo di citazione all’estero della persona offesa per escuterla come testimone nel dibattimento. 5. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 526, comma 1-bis, cod. proc. pen. allegando che la responsabilità dell’imputato è stata affermata sulla base delle suddette dichiarazioni, pur essendosi la donna sottratta all’esame per libera scelta. 6. Con il quarto motivo si prospetta il vizio di mancanza e contraddittorietà della motivazione sotto diversi profili. In primo luogo per essere stata utilizzata ai fini di ritenere la imprevedibilità della sopravvenuta irreperibilità della persona offesa - la sentenza non definitiva emessa contro i correi maggiorenni, acquisita nonostante l’opposizione della difesa. In secondo luogo per non aver i giudici di merito verificato se l’affermazione di responsabilità dell’imputato poggiasse esclusivamente o prevalentemente sulle dichiarazioni acquisite ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen., dovendo ritenersi privi di significativo rilievo gli addotti riscontri. 7. Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 69 cod. pen. per non essere stata effettuata alcuna riduzione di pena con riguardo al reato, ritenuto più grave, di sfruttamento della prostituzione in relazione alla diminuente della minore età, erroneamente riconosciuta in regime di equivalenza rispetto a circostanze aggravanti inesistenti rispetto alla contestazione di quel delitto. 8. Con il sesto motivo si deducono violazione degli artt. 62 bis e 69 cod. pen. e vizio di motivazione per non essere state riconosciute, con motivazione carente, le richieste circostanze attenuanti generiche. 9. Con l’ultimo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 163, secondo comma, cod. pen., nonché il vizio di motivazione, per essere stato negato, senza alcuna giustificazione, il richiesto beneficio della sospensione condizionale della pena. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato, mentre è fondato il secondo motivo, dovendosi conseguentemente ritenere assorbiti tutti gli altri. Ed invero, va premesso, in conformità ad un consolidato orientamento interpretativo, che ai fini della legittimità della lettura in dibattimento di dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari da cittadina straniera alla polizia giudiziaria e della valutazione circa l’impossibilità di loro ripetizione, non sono elementi sufficienti a ritenere prevedibile che il testimone si renda irreperibile la sua condizione di straniero e l’esercizio, da parte sua, di attività di meretricio Sez. 3, n. 12038 del 24/02/2015, C., Rv. 262983 . L’acquisizione al fascicolo del dibattimento, ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen., delle dichiarazioni testimoniali rese in sede di indagini preliminari, è però consentita a condizione che il teste abbia avuto effettiva contezza della citazione e la sua assenza non sia frutto di una libera scelta di sottrarsi all’esame Sez. 6, n. 57243 del 15/11/2017, Afif, Rv. 271713 , essendo necessario che il giudice abbia svolto ogni possibile accertamento sulla causa dell’irreperibilità e che, appunto, risulti esclusa la riconducibilità dell’omessa presentazione del testimone al dibattimento ad una libera scelta dello stesso Sez. 5, n. 13522 del 18/01/2017, S., Rv. 269397 Sez. 1, n. 46010 del 23/10/2014, D’Agostino e a., Rv. 261265 . 2. Nel caso di specie, dalla disamina degli atti processuali - consentita a questa Corte per essere stato dedotto, con il secondo motivo di ricorso, la violazione della legge processuale - si ricava che all’udienza dibattimentale di primo grado del 20 giugno 2016, su richiesta del pubblico ministero e nonostante l’opposizione del difensore, che sollecitava ricerche in XXXXXXX, è stato acquisito al fascicolo del dibattimento, ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen., il verbale di denuncia del 7 marzo 2012 delle dichiarazioni rese in fase di indagine dalla persona offesa G.G., sul rilievo che la sua richiesta audizione testimoniale non potesse avere luogo per irreperibilità della stessa. Tale ultimo presupposto risulta essere stato ricavato dal verbale di vane ricerche del 3 luglio 2015, effettuate dunque quindici mesi prima rispetto all’indicata udienza e oltre tre anni dopo la denuncia. Da tale verbale si evince che le ricerche erano state effettuate soltanto in territorio italiano sulla scorta dei dati ricavabili dalla denuncia-sporta oltre tre anni prima presso i domicili che in allora la persona offesa aveva in Roma, presso l’anagrafe comunale e l’Amministrazione Penitenziaria, mediante il tentativo di rintraccio alle utenze telefoniche a lei in uso al momento della denuncia e risultate inattive . Nel citato verbale si legge tuttavia che G.G. - identificata con il passaporto, rilasciato il 17 ottobre 2011 e di cui sono indicati gli estremi - è nata in OMISSIS ed era all’epoca ivi residente. Erano certamente possibili, dunque, anche sulla scorta di accordi internazionali di cooperazione giudiziaria v., da ultimo, l’Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Albania siglato a Tirana il 3 dicembre 2007 e ratificato con legge 14 giugno 2011, n. 97 , ulteriori ricerche finalizzate alla citazione della teste nel luogo di nascita e di residenza anagrafica, ricerche previste dall’art. 159 cod. proc. pen. allorquando si tratti di reperire l’imputato. Questa Corte ha peraltro già statuito che le ricerche dell’imputato previste da tale disposizioni debbano essere effettuate anche all’estero, laddove si conoscano indirizzi presso i quali effettuare i tentativi Sez. 6, n. 29147 del 03/06/2015, Ben Khelifa, Rv. 264104 Sez. 1, n. 27552 del 23/06/2010, Loncaric e a., Rv. 247719 Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Cassa di Risparmio di Rieti S.p.a. e aa., Rv. 247317 . 3. Reputa il Collegio che il parametro di cui all’art. 159, cod. proc. pen., sia certamente utilizzabile allorquando si tratti di valutare l’impossibilità di ripetizione dell’assunzione di dichiarazioni da parte di soggetto che al momento del processo non sia reperibile, come questa Corte ha più volte ritenuto, avendo anzi affermato che, ai fini della lettura e della utilizzabilità di dichiarazioni predibattimentali di soggetti divenuti successivamente irreperibili, non è sufficiente l’infruttuoso espletamento delle ricerche previste dall’art. 159 cod. proc. pen., ma è necessario che il giudice compia tutti gli accertamenti sulla causa dell’irreperibilità, attraverso rigorose e accurate verifiche, se del caso da effettuarsi anche in campo internazionale Sez. 1, n. 14243 del 26/11/2015, dep. 2016, N., Rv. 266601 Sez. 6, n. 16445 del 06/02/2014, C., Rv. 260155 Sez. 6, n. 24039 del 24/05/2011, Methani, Rv. 250109 . Nella motivazione di tale ultima decisione - che il Collegio condivide e che espressamente cita ulteriori precedenti conformi, ed in particolare la sent. Sez. 2, n. 43331 del 18/10/2007, Poltronieri, Rv. 238198 - si legge che le ricerche necessarie per verificare l’irreperibilità del testimone ovvero di uno dei soggetti indicati dall’art. 210 c.p.p. , da cui derivi l’impossibilità di ripetizione delle sue dichiarazioni, debbono coincidere con quelle richieste per la constatazione della irreperibilità dell’imputato, in ragione della natura eccezionale della regola dettata dall’art. 512 c.p.p., norma che deroga al principio del contraddittorio e richiede quindi necessariamente un’interpretazione di particolare rigore . l’interpretazione costituzionalmente adeguatrice dell’art. 512 c.p.p. impone siano espletate tutte quelle rigorose ricerche che consentano, in relazione al singolo caso, di affermare con certezza l’irreperibilità del teste e, quindi, 1 impossibilità del suo esame in contraddittorio di un accertamento con rigore aveva parlato anche S.U. sent. 36747 del 28.5-24.9.2003, Torcasio . Argomentando poi specificamente sul punto della diversità di posizione tra imputato la cui situazione è espressamente disciplinata dagli artt. 159 e 160 c.p.p. e teste, la sentenza 43331/2007 ha avvertito che a fondamento dei rigorosi accertamenti in merito all’irreperibilità del testimone, come situazione rilevante ai fini di cui all’art. 512 c.p.p., sta il rispetto del principio del contraddittorio nella formazione della prova che, al pari del diritto di difesa, è oggetto di un espresso riconoscimento costituzionale . Sicché, la deroga che il sistema acquisitivo ex art. 512 c.p.p. apporta ai principi di oralità, immediatezza e formazione dialettica della prova, impone di verificare tutte le possibilità di cui si dispone per assicurare la presenza della prova in dibattimento . Da qui l’avvenuta formulazione del principio di diritto che la lettura ai sensi dell’art. 512 c.p.p. è legittima, tra l’altro, solo se l’irreperibilità del teste sia stata accertata sulla base di rigorose e accurate ricerche condotte a tal fine Sez. 6, n. 24039 del 24/05/2011, Methani, in motivazione . Anzi, dalla necessità che siano svolti tutti gli accertamenti utili in relazione al caso concreto, deriva che le modalità di cui all’art. 159 c.p.p. non sono che il parametro per individuare il minimo che va fatto per ricercare il teste, un minimo suscettibile di integrazione congrua, appunto, alle particolarità del caso concreto. Così, esemplificando, l’eventuale esistenza in vita e reperibilità di genitori o fratelli/sorelle rende ovvia anche l’assunzione di informazioni presso di loro così come gli eventualmente conosciuti contesti di pregressa attività lavorativa o di contatti di qualsiasi genere con strutture pubbliche Sez. 6, n. 24039 del 24/05/2011, Methani, in motivazione . Del resto - osserva ancora la citata decisione - la necessità ai fini di cui si discute di un’interpretazione rigorosa del concetto di irreperibilità deriva dai principi della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, quali risultanti dall’elaborazione della Corte Europea dei diritti dell’uomo, in particolare con riferimento all’art. 6, lettera 3 d della Convenzione che prevede esplicitamente, tra l’altro, il diritto di esaminare o far esaminare i testimoni a carico . Il che rafforza, davvero in modo francamente poco superabile, la conclusione che il diritto al contraddittorio riconosciuto nella formazione della prova, nella specie dichiarativa, impone che l’impossibilità oggettiva di procedere al confronto orale sia assistita dall’esclusione di ogni ulteriore ragionevole possibilità di utile contatto. In definitiva, in assenza di un’esplicita disciplina codicistica dei contenuti e dei limiti delle ricerche del teste, sia l’intrinseca natura derogatoria dell’art. 512 c.p.p. ai normali principi sistematici endoprocessuali, sia la previsione costituzionale del diritto al contraddittorio nella formazione della prova e dell’eccezionalità delle deroghe, sia i principi posti dall’art. 6 della Convenzione Europea nell’elaborazione della Corte Europea dei diritti dell’uomo ed ora con la potenziale immediata efficacia interna anche al singolo processo concorrono a concludere che l’irreperibilità del dichiarante, quale primo dei presupposti per l’utilizzabilità delle sue pregresse dichiarazioni, rese al di fuori del contraddittorio, sussista solo quando non siano più possibili ulteriori ragionevoli accertamenti, oltre quelli minimi, già previsti dall’art. 159 c.p.p. per l’imputato Sez. 6, n. 24039 del 24/05/2011, Methani, in motivazione . 4. Poiché le dichiarazioni contenute nella suddetta denuncia acquisita ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen. rappresentano la principale fonte di prova utilizzata in sentenza per la conferma della penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati di sfruttamento della prostituzione di cui al capo B e di lesioni di cui al capo D , la sentenza impugnata dev’essere sul punto annullata con rinvio per nuovo esame alla Sezione minorenni della Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale si atterrà al seguente principio di diritto ai fini dell’acquisizione al fascicolo del dibattimento, mediante lettura a norma dell’art. 512 cod. proc. pen., degli atti assunti nella fase delle indagini preliminari e contenenti dichiarazioni rese da testimoni, persone offese o persone informate sui fatti, sul presupposto che sia divenuto impossibile l’esame testimoniale in dibattimento per la sopravvenuta irreperibilità dei dichiaranti, è necessario che siano espletate infruttuosamente quantomeno le ricerche previste per l’imputato dall’art. 159, comma 1, cod. proc. pen. anche quando le stesse possano essere effettuate all’estero nei luoghi ivi indicati . Poiché la penale responsabilità per il reato di cui all’art. 497-bis contestato al capo E è stata ritenuta in base a prove diverse dal suddetto verbale e nel ricorso non sono state mosse al riguardo censure, ai sensi dell’art. 624, comma 2, cod. proc. pen. deve dichiararsi irrevocabile tale statuizione, mentre sono assorbiti i motivi afferenti al trattamento sanzionatorio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B e al reato di lesioni di cui al capo D con rinvio alla Sezione Minorenni della Corte di appello di Roma in diversa composizione. Dichiara irrevocabile l’affermazione della penale responsabilità in relazione al reato di cui all’art. 497-bis cod. pen Dispone, a norma dell’art. 52 del D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, che - a tutela dei diritti o della dignità degli interessati - sia apposta a cura della cancelleria, sull’originale della sentenza, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati sulla sentenza.