Mail offensiva inviata a più destinatari: è reato di diffamazione

Qualora l’offesa venga arrecata con una comunicazione indirizzata sia alla persona offesa sia ad altri destinatari, che ne vengono messi a conoscenza, si realizza il concorso fra reato di ingiuria ex art. 594, comma 2, c.p. ormai depenalizzato e quello di diffamazione ex art. 595 c.p

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 34484/18 depositata il 20 luglio. Il caso. Il Giudice di Pace, nella sentenza di primo grado, considerava separatamente due fatti posti nel giudizio l’invio della missiva, tramite posta elettronica e con contenuto offensivo, alla diretta interessata, un funzionario doganale, qualificandolo come ingiuria e dichiarando non doversi procedere perché il reato è stato depenalizzato l’invio per conoscenza della stessa missiva a sei dirigenti funzionari responsabili dell’amministrazione doganale, qualificandolo come diffamazione e condannando l’imputato al risarcimento dei danni. Il Tribunale, chiamato in secondo grado e riformando la decisione del GdP, riteneva invece che l’invio della missiva offensiva della reputazione di un soggetto tramite posta elettronica all’interessata e per conoscenza a una pluralità diversa di destinatari, integrasse la fattispecie dell’ingiuria aggravata, reato ormai depenalizzato. La destinataria della missiva propone così ricorso in Cassazione denunciando violazione di legge poiché la mail di contenuto ingiurioso inviata all’offesa e a terzi configura ingiuria, ex art. 594, comma 2, c.p. e diffamazione, ex art. 595 dello stesso codice, in concorso fra loro. Ingiuria e diffamazione. Il concorso fra i due reati. Ribadisce la Suprema Corte che nel caso in cui l’offesa sia arrecata a mezzo di uno scritto e sia indirizzata non solo all’interessato ma anche a terzi estranei si evince il concorso tra ingiuria e diffamazione e questa tesi non muta se alla comunicazione epistolare tradizionale si sostituisce l’invio della lettera tramite posta elettronica, poiché si giunge al medesimo risultato. Come ha più volte dichiarato il Collegio, inoltre, secondo un diverso orientamento giurisprudenziale, l’invio di una e-mail a contenuto diffamatorio integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ed il fatto che tra i fruitori del messaggio vi sia anche la persona destinataria delle offese non comporta il mutamento del titolo del reato nella ipotesi diversa di ingiuria secondo questa impostazione, il reato di ingiuria, ormai depenalizzato, rimane assorbito. Per queste ragioni, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere annullata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 – 20 luglio 2018, numero 34484 Presidente Sabeone – Relatore Scotti Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Sondrio con sentenza del 15/5/2017 in riforma della sentenza del Giudice di pace di Sondrio, appellata dall’imputato, ha assolto B.G. dal reato ascrittogli al capo B , diversamente qualificato in quello di cui all’articolo 594, ultimo comma, cod.penumero , perché il fatto non era previsto dalla legge come reato. L’accusa di cui al predetto capo B , originariamente contestata e accertata in primo grado come diffamazione aggravata, ai sensi degli artt. 595 e 61, numero 10, cod.penumero riguardava l’offesa arrecata alla reputazione del funzionario doganale D.V.V. , contenuta in una comunicazione a mezzo mail inviata alla stessa e a numerosi dirigenti apicali dell’Amministrazione doganale Direttore dell’Agenzia delle Dogane Direttore dell’Ufficio centrale audit interno Direttore centrale personale e organizzazione Direttore centrale gestione tributi Direttore dell’Ufficio Dogane di Tirano Responsabile assistenza e informazione agli Utenti delle Dogane di Tirano . 2. Ha proposto ricorso l’avv. Elena Martinelli, difensore di fiducia della parte civile D.V.V. , svolgendo unico motivo per denunciare violazione di legge perché l’abrogato delitto di ingiuria presupponeva la presenza fisica della persona offesa nel caso del primo comma e anche quella di terzi nel caso del quarto comma, mentre nel caso di cui al secondo comma l’aggravante del quarto comma non era applicabile, in difetto della presenza fisica tanto dell’offeso quanto di terzi. La mail di contenuto ingiurioso inviata all’offeso e a terzi non può mai costituire ingiuria aggravata ai sensi dell’articolo 594, commi 1 e 4, ma configura piuttosto ingiuria ex articolo 594, comma 2, e diffamazione ex articolo 595 cod.penumero in concorso fra loro. 3. Con memoria depositata il 20/6/2018 l’avv. Fabrizio dè Sanna, difensore di fiducia di B.G. , ha chiesto per il caso in cui fosse rilevata l’astratta sussumibilità del fatto nell’ipotesi di diffamazione ex articolo 595, comma 3, cod.penumero , l’annullamento della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti alla Procura competente oppure, in caso contrario, la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso. La difesa dell’imputato sottolinea che la condotta in contestazione era stata realizzata con unico messaggio trasmesso sia alla persona offesa, sia in copia per conoscenza ai titolari di vari Uffici. Se fosse esatta la prospettazione, il reato integrerebbe l’ipotesi aggravata di cui al 3 comma dell’articolo 595, in ragione del suo aggravamento derivante da uno strumento di pubblicità di notevole capacità diffusiva, di competenza del Tribunale, ai sensi dell’articolo 6 cod.proc.penumero e della limitata investitura determinata dall’articolo 4 d.lgs. 274/2000 per i soli casi di diffamazione di cui commi 1 e 2 dell’articolo 595 cod.penumero In secondo luogo, il difensore dell’imputato osserva che l’offesa era stata apportata con unica missiva, incontrovertibilmente diretta alla persona offesa, e pertanto unidirezionale, e trasmessa per conoscenza agli altri destinatari, così configurandosi l’ipotesi di ingiuria aggravata di cui al comma 4 dell’articolo 594 e dovendosi leggere il requisito della presenza dell’offeso non in senso rigorosamente fisico-spaziale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e va accolto. 1.1. Il Giudice di Pace di Sondrio, nella sentenza di primo grado, aveva separatamente considerato il fatto di cui al capo A , ossia l’invio della missiva di posta elettronica offensiva alla diretta interessata D.V.V. , qualificandola come ingiuria e dichiarando al proposito non doversi procedere perché il fatto, in conseguenza della depenalizzazione determinata dall’articolo 1 del d.lgs. 15/1/2016 numero 7, e il fatto di cui al capo B , ossia l’invio per conoscenza della stessa missiva ai sei dirigenti e funzionari responsabili dell’amministrazione doganale, qualificandola come diffamazione e condannando per ciò l’imputato alla pena di 500 Euro di multa e al risarcimento del danno, liquidato equitativamente, in favore della parte civile. Il Tribunale di Sondrio, riformando la decisione di primo grado, ha invece ritenuto che l’invio tramite posta elettronica per conoscenza a una pluralità di destinatari di una comunicazione offensiva della reputazione di un soggetto, trasmessa in via principale anche a costui, integrasse la fattispecie dell’ingiuria aggravata ex articolo 594, commi 1 e 4 cod.penumero , reato abrogato dall’articolo 1, comma 1, lett. c del d.lgs. 15/1/2016 numero 7. 1.2. Indubbiamente con l’articolo 1 del d.lgs. 7/2016 il reato di ingiuria è stato integralmente depenalizzato, anche quanto alla forma aggravata di cui al quarto comma. In suo luogo, l’ordinamento ora prevede un illecito civile, di cui all’articolo 4, comma 1, lett. a del decreto 7/2016, secondo cui soggiace alla sanzione pecuniaria civile da Euro 100 a Euro 8.000 chi offende l’onore o il decoro di una persona presente, ovvero mediante comunicazione telegrafica, telefonica, informatica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa. Ai sensi dell’articolo 3 del decreto tali fatti previsti, se dolosi, obbligano anche alle restituzioni e al risarcimento del danno secondo le leggi civili. 1.3. La tesi propugnata dal Tribunale non appare convincente alla luce dell’analisi testuale dell’articolo 594 cod.penumero , pur abrogato ma vigente all’epoca del fatto. Il primo comma riguardava l’ipotesi dell’offesa arrecata ad una persona presente. Il secondo comma assoggettava alla stessa sanzione l’offesa dell’onore o del decorro, arrecata a distanza , ossia con comunicazione telegrafica o telefonica o con scritti e disegni diretti alla persona offesa. Il quarto comma contemplava, infine, un’aggravante nel caso in cui l’offesa sia commessa in presenza di più persone. Tale aggravante, che presuppone la presenza degli spettatori, non è riferibile riferimento all’ipotesi di ingiuria a distanza, considerata nel ricordato comma 2 dell’articolo 594. Il concetto di presenza implica necessariamente la presenza fisica, in unità di tempo e di luogo, di offeso e spettatori o almeno una situazione ad essa sostanzialmente equiparabile, realizzata con l’ausilio dei moderni sistemi tecnologici si pensi ad esempio alla call conference, audioconferenza o videoconferenza . Non è ravvisabile invece nel mero fatto di essere destinatari di una missiva, pur inoltrata con un mezzo, quello telematico, infinitamente più rapido ed efficiente dell’antico sistema postale, poiché in tale ipotesi, oltre all’insuperabile dato testuale normativo, viene a mancare la necessaria contestualità dell’effetto comunicativo, che caratterizza l’aggravante Sez. 5, numero 18919 del 15/03/201, Laganà, Rv. 266827 . 1.4. Allorché l’offesa sia arrecata con una comunicazione scritta indirizzata sia alla persona offesa, sia a più altri destinatari, che ne vengono quindi messi a conoscenza si realizza il concorso fra il reato di ingiuria ex articolo 594, comma 2, cod.penumero , ormai depenalizzato, e quello di diffamazione ex articolo 595 cod.penumero , tuttora previsto dalla legge come reato. Infatti allorché l’offesa sia arrecata a mezzo di uno scritto e sia indirizzata all’interessato ed a terzi estranei, non può escludersi il concorso tra ingiuria e diffamazione, nel caso in cui la concreta fattispecie comprenda elementi costitutivi delle due distinte norme incriminatrici Sez. 5, numero 12160 del 04/02/2002, Gaspari A, Rv. 221252 non è lo stesso fatto ad assumere rilievo ma due fatti ben distinti, ossia la trasmissione della lettera al diretto interessato e la trasmissione delle altre missive, seppur di analogo contenuto, ai terzi destinatari, per la cui realizzazione occorre porre in essere distinte condotte, sorrette dal correlativo coefficiente psicologico. 1.5. Tali conclusioni non mutano se alla comunicazione epistolare tradizionale si sostituisce, per effetto dell’evoluzione tecnologica, l’invio di una missiva per posta elettronica che includa fra i destinatari sia la persona offesa, sia gli ulteriori soggetti portati a conoscenza dell’offesa, trattandosi di strumento moderno che realizza, con semplicità ed efficacia esponenziali, il medesimo risultato in passato ottenuto con l’invio di una pluralità di lettere a più destinatari. Ed anche in questo caso, occorre notare per chiarezza, l’autore pone in essere una condotta specifica rivolta a comunicare il messaggio a ciascuno dei destinatari prescelti, digitando il suo indirizzo di posta elettronica nell’apposita casella, e sorregge psicologicamente tale azione con coscienza e volontà, rappresentandosi e volendo le conseguenze della condotta realizzata. 1.5. Questa Sezione in varie occasioni ha affermato che l’invio di e-mail a contenuto diffamatorio, realizzato tramite l’utilizzo di internet, integra un’ipotesi di diffamazione aggravata e l’eventualità che fra i fruitori del messaggio vi sia anche la persona a cui si rivolgono le espressioni offensive, non consente di mutare il titolo del reato nella diversa ipotesi di ingiuria Sez. 5, numero 44980 del 16/10/2012, P.M. in proc. Nastro, Rv. 254044 ed ancora che la missiva a contenuto diffamatorio diretta a una pluralità di destinatari, oltre l’offeso, non integra il reato di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, bensì quello di diffamazione, stante la non contestualità del recepimento delle offese medesime e la conseguente maggiore diffusione della stessa Sez. 5, numero 18919 del 15/03/2016, Laganà, Rv. 266827 secondo questa impostazione il reato, comunque ormai depenalizzato, di ingiuria, in tal caso rimane assorbito. Secondo altro orientamento più tradizionale si configurava il concorso tra i reati di ingiuria e diffamazione qualora le lettere offensive indirizzate a più persone fossero inviate anche alla persona offesa tra le altre Sez. 5, numero 48651 del 22/10/2009, Nascè, Rv. 245827 Sez. 5, numero 12160 del 4/2/2002, Gaspari A, Rv. 221252 impostazione questa che farebbe residuare, mutatis mutandis, il concorso fra l’illecito civile di cui all’articolo 4 d.lgs.7/2016 e il reato di diffamazione. Di segno apparentemente contrario appare la decisione assunta da questa Sezione 5, numero 24325 del 20/04/2015 R. e altro, Rv. 263911 che ha ravvisato il reato di ingiuria nell’invio a soggetti diversi dalla persona offesa di una mail contenente espressioni offensive con la consapevolezza che essa sarebbe stata comunicata al soggetto offeso tale pronuncia risulta tuttavia esclusivamente focalizzata sulla volontà offensiva del mittente, in concreto esclusa per i pessimi rapporti fra destinatario della lettera e persona offesa, e resa in un contesto in cui non era prospettabile la diffamazione perché la lettera era stata indirizzata a una sola persona. Un recente arresto di questa Sezione Sez. 5, numero 12603 del 02/02/2017, Segagni ha ribadito che la missiva a contenuto diffamatorio diretta a una pluralità di destinatari, oltre l’offeso, integra il reato di diffamazione, stante la non contestualità del recepimento delle offese medesime e la conseguente maggiore diffusione della stessa, senza prender posizione sulla concorrente persistenza o meno dell’illecito di ingiuria. In questa pronuncia la Corte ha posto in evidenza il fatto che quando la corrispondenza con più destinatari avviene per via telematica, se è vero che la digitazione della missiva avviene con unica azione, la sua trasmissione si realizza attraverso una pluralità di atti operati dal sistema e di cui l’agente è ben consapevole di qui la coerente conclusione che in ogni caso il fatto contestato integra quantomeno anche il reato di diffamazione. Tali considerazioni appaiono condivisibili, anche se appare opportuno precisare che il mittente, che pur digita la missiva uno actu, appone separatamente e consapevolmente l’indirizzo telematico di ciascun destinatario a cui vuole render nota la mali. 1.6. Le conclusioni esposte non possono essere inficiate dal fatto che la missiva sia stata inoltrata ai Dirigenti doganali per conoscenza , poiché questa connotazione soddisfa tutti i requisiti della fattispecie incriminatrice che esige solamente che l’offesa all’altrui reputazione sia comunicata a una pluralità di destinatari, senza ascrivere alcun rilievo al titolo e alle ragioni per cui la comunicazione viene effettuata. 2. La difesa dell’imputato B.G. ha chiesto, per il caso in cui fosse rilevata l’astratta sussumibilità del fatto nell’ipotesi di diffamazione ex articolo 595, comma 3, cod.penumero , l’annullamento della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti alla Procura competente. 2.1. La difesa dell’imputato osserva che la condotta in contestazione era stata realizzata con unico messaggio trasmesso sia alla persona offesa, sia in copia per conoscenza ai titolari di vari Uffici. Se fosse esatta la prospettazione, il reato, a suo dire, integrerebbe l’ipotesi di cui al terzo comma dell’articolo 595, in ragione del suo aggravamento derivante da uno strumento di pubblicità di notevole capacità diffusiva. Di qui la competenza residuale del Tribunale, ai sensi dell’articolo 6 cod.proc.penumero , tenuto conto della limitata investitura determinata dall’articolo 4 d.lgs.274/2000 per i soli casi di diffamazione di cui commi 1 e 2 dell’articolo 595 cod.penumero 2.2. La tesi non può essere condivisa il terzo comma dell’articolo 595 riguarda il caso in cui l’offesa sia arrecata con il mezzo della stampa o comunque con mezzo pubblicitario potenzialmente diffusivo e non può essere esteso sino a ricomprendere il caso in cui l’offesa sia stata arrecata con uno scritto inoltrato per conoscenza a un numero circoscritto e limitato di destinatari, personalmente individuati e determinati, a cui la missiva è stata diretta per renderli informati del suo contenuto, sia pure per posta elettronica. Questa Corte ha ritenuto che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’articolo 595, comma terzo, cod. penumero , sotto il profilo dell’offesa arrecata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità diverso dalla stampa, proprio perché la condotta in tal modo realizzata è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone Sez. 5, numero 4873 del 14/11/2016 - dep. 2017, P.M. in proc. Manduca, Rv. 269090 . Non può invece condividersi l’apparente generalizzazione espressa dalla massima che sintetizza la decisione di questa Sezione 5, numero 29221 del 06/04/2011, De Felice, Rv. 250459, secondo cui integra il reato di diffamazione aggravato ai sensi dell’articolo 595, comma 3, cod. penumero offese recate con la stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità , la diffusione delle espressioni offensive mediante il particolare e formidabile mezzo di pubblicità della posta elettronica, con lo strumento del forward a pluralità di destinatari. Non è il ricorso alla posta elettronica, che è solo uno strumento tecnologico più agevole, comodo ed efficiente della posta tradizionale, che configura, di per sé e automaticamente, un mezzo pubblicitario , al quale tuttavia può essere equiparato in concreto quando per le particolari modalità della condotta sia stato possibile raggiungere un gruppo indeterminato o molto elevato di destinatari il che certamente non si è verificato nella presente fattispecie, in cui la missiva è stata inviata ad un numero determinato e contenuto di persone ben scelte sei . 2.3. In ogni caso, il ricorso è stato proposto dalla parte civile e quindi rileva ai soli effetti civili, e non si giustificherebbe i comunque la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero. 3. Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata deve essere annullata, agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice civile competente per valore in grado di appello.