La causa di non punibilità e la valutazione dei reati “della stessa indole”

Per la configurabilità dell’abitualità del comportamento, ostativa all’applicazione della causa di non punibilità, ex art. 131-bis c.p., l’identità dell’indole dei reati eventualmente commessi deve essere valutata dal giudice in relazione al caso esaminato.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 32577/18 depositata il 16 luglio. Il caso. Il PM ricorre contro la sentenza con la quale l’adito Tribunale dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato del reato di truffa, per la particolare tenuità del fatto, ex art. 131- bis c.p Il presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità. È orientamento consolidato della Suprema Corte quello secondo cui, ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità , ex art. 131- bis c.p., della non abitualità del comportamento criminoso , il comportamento ha carattere abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame ai fini della valutazione del predetto presupposto, il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili ed agli illeciti sottoposti alla sua cognizionema anche a reati già in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131- bis c.p. . Nella fattispecie, il Tribunale ha erroneamente escluso a carico dell’imputato l’esistenza di precedenti reati della stessa indole della truffa contestata, poiché questi presenta modesti precedenti penali, non considerando che invece sia gravato da ben due precedenti per reati inquadrabili come reati della stessa indole, ossia reati che presentano la stessa omogeneità sul piano oggettivo ovvero soggettivo, come si ravvisa tra i reati contro il patrimonio e i reati in materia di detenzione di sostanze stupefacenti, connotati da identica finalità di profitto.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 aprile – 16 luglio 2018, n. 32577 Presidente Cammino – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto Il PM territoriale ricorre contro la sentenza indicata in epigrafe, con la quale l’adito Tribunale ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di F.S. , generalizzato come in atti ed imputato di truffa, per la particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis c.p., lamentando erronea applicazione dell’art. 131-bis c.p. l’imputato sarebbe gravato da due precedenti ostativi . All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Deve premettersi Sez. 2, Ordinanza n. 2153 del 16/12/2016, dep. 2017, Rv. 269002 che la sentenza che dichiara l’improcedibilità dell’azione penale o l’estinzione del reato, quantunque resa su conformi conclusioni del P.M. e della difesa, se pronunciata - come nel caso di specie - in pubblica udienza dopo la costituzione delle parti, va comunque considerata come sentenza dibattimentale ed è, pertanto, soggetta all’appello, qualunque sia il nomen iuris attribuitole dal giudice. 1.1. Ne consegue che l’odierno ricorso risulta proposto dal PM per saltum, ex art. 569 c.p.p 2. Questa Corte Sez. U, Sentenza n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266591 ha già chiarito che, ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. della non abitualità del comportamento criminoso , previsto dalla medesima disposizione, il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame ai fini della valutazione del predetto presupposto, il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili ed agli illeciti sottoposti alla sua cognizione nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui -, ma anche a reati già in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131-bis cod. pen 2.1. La nozione di reati della stessa indole va necessariamente desunta dall’art. 101 cod. pen In proposito, questa Corte Sez. 1, Sentenza n. 44255 del 17/09/2014, Rv. 260800 Sez. 6, Sentenza n. 53590 del 20/11/2014, Rv. 261869 ha già ritenuto che vanno considerati della stessa indole , ai sensi della citata disposizione, non soltanto i reati che violano una medesima disposizione di legge, ma anche quelli che presentano profili di omogeneità - sul piano oggettivo, in relazione al bene tutelato ed alle modalità esecutive . - . ovvero sul piano soggettivo, in relazione ai motivi a delinquere che hanno avuto efficacia causale nella decisione criminosa come nel caso di delitti tutti connotati dallo scopo di lucro . 2.1.1. In applicazione del principio, è stata unanimemente configurata la medesimezza di indole tra reati contro il patrimonio e reati di traffico di sostanze stupefacenti ex art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, proprio perché tutti connotati dallo scopo di lucro. Così, in particolare, si sono espresse - Sez. 1, Sentenza n. 2097 del 12/07/1988, dep. 1989, Rv. 182164, che ha ravvisato la stessa indole nel reato di detenzione di sostanze stupefacenti ed in quello di furto in abitazione, in quanto connotati da una identica finalità di profitto - Sez. 2, Sentenza n. 10185 del 01/10/1992, Rv. 192288, che ha ravvisato la stessa indole nel reato di spaccio di sostanze stupefacenti ed in quello di furto - Sez. 1, Sentenza n. 44255 del 17/09/2014, Rv. 260800 cit., che ha ravvisato la stessa indole nel reato di cessione di sostanze stupefacenti ed in quello di ricettazione, in quanto connotati da una identica finalità di profitto - Sez. 6, Sentenza n. 53590 del 20/11/2014, Rv. 261869 cit., che ha ravvisato la stessa indole nel reato di spaccio di sostanze stupefacenti ed in quello di furto in abitazione, assumendo rilevanza, in entrambi i casi, omologhi motivi di indebito lucro. 2.1.2. Si è precisato che, ai fini della configurabilità dell’abitualità del comportamento, ostativa all’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., l’identità dell’indole dei reati eventualmente commessi deve essere valutata dal giudice in relazione al caso esaminato, verificando se in concreto i reati presentino caratteri fondamentali comuni Sez. 4, Sentenza n. 27323 del 04/05/2017, Rv. 270107 in applicazione del principio, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che aveva escluso la applicabilità della causa di non punibilità essendo l’imputato gravato da precedenti condanne per reati contro il patrimonio, senza tuttavia confrontarsi con la condotta in concreto contestata, relativa ad una ipotesi di concorso in spaccio di stupefacenti commesso al fine di ottenere una somma pari ad Euro 2, da ritenersi, pertanto, talmente esigua da rendere irrilevante il fine di lucro . 3. Ciò premesso, osserva il collegio che, senza alcuna argomentazione, ed allo stato erroneamente, il Tribunale ha escluso a carico dell’imputato l’esistenza di precedenti per reati della stessa indole della truffa contestata, osservando unicamente che l’imputato presenta modesti precedenti penali, non specifici , nonostante il fatto che l’imputato, come documenta il PM ricorrente, fosse gravato da ben due precedenti per reati ex art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, senz’altro potenzialmente valorizzabili come reati della stessa indole di quello contestato. 3.1. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata con rinvio per il giudizio alla Corte di appello di Ancona, che si uniformerà al seguente principio di diritto Ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., per valutare la configurabilità del presupposto ostativo della non abitualità del comportamento criminoso , vanno considerati della stessa indole non soltanto i reati che violano una medesima disposizione di legge, ma anche quelli che presentano profili di omogeneità sul piano oggettivo in relazione al bene tutelato ed alle modalità esecutive ovvero sul piano soggettivo in relazione ai motivi a delinquere che hanno avuto efficacia causale nella decisione criminosa, come nel caso di delitti tutti connotati dallo scopo di lucro . È possibile ravvisare la medesima indole di reati contro il patrimonio e reati in materia di sostanze detenzione che siano connotati da una identica finalità di profitto . P.Q.M. annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte di appello di Ancona.