Condannato il datore di lavoro che non fornisce scarpe antinfortunistiche ai lavoratori

Per prevenire infortuni sul lavoro, è obbligo del datore di lavoro analizzare tutti i fattori di pericolo presenti nell’azienda per poi redigere ed aggiornare periodicamente il documento di valutazione dei rischi.

Sul punto la Suprema Corte con sentenza n. 30173/18 depositata il 5 luglio. Il caso. Il datore di lavoro veniva condannato dal Tribunale al pagamento di un’ammenda per non aver provveduto a fornire i propri dipendenti di scarpe antinfortunistiche, come dispositivi di protezione individuale, per lo svolgimento delle attività. Ribatte il datore di lavoro, con ricorso in Cassazione, che il piano di valutazione dei rischi prevedeva espressamente l’utilizzo di scarpe chiuse anche in estate. La prevenzione degli infortuni e gli obblighi del datore di lavoro. Affermano gli Ermellini che, in tema di prevenzione degli infortuni sul luogo di lavoro, il datore di lavoro ha l’obbligo giuridico di analizzare tutti i possibili fattori di pericolo, andando poi a redigere ed aggiornare periodicamente il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 d. lgs. n. 81/2008, con l’indicazione al suo interno dei dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Tale obbligo viene rispettato dal datore di lavoro anche attraverso l’intervento e la consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Nel caso concreto, la generica sensibilizzazione dei lavoratori all’uso di scarpe chiuse il cui acquisto era anche lasciato alla loro libera scelta , contenuta nel documento giustamente considerato inadeguato dal Tribunale , non era sufficiente a tutelare i lavoratori dai pericoli incombenti nel luogo di lavoro. Pertanto il ricorso per cassazione è inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 aprile – 5 luglio 2018, n. 30173 Presidente Di Nicola – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza, il tribunale di Forlì condannava R.R. alla pena di euro 6.400 di ammenda, perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 87, comma 2, lett. d , in relazione all’art. 75, d.lgs. n. 81 del 2008, per non avere provveduto a fornire i lavoratori di alcuni dispositivi di protezione individuale d’ora in avanti, DPI - ossia scarpe antinfortunistiche - per la maggior parte delle lavorazioni svolte. Accertato il omissis . 2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 2.1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b cod. proc. pen. in relazione all’art. 18 d.lgs. n. 81 del 2008. Assume il ricorrente che il piano di valutazione dei rischi prevedeva espressamente l’uso di scarpe chiuse anche d’estate, con la conseguenza che la valutazione dei rischi fosse completa. 2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 606,comma 1, lett. e cod. proc. pen., perché il tribunale non avrebbe motivato in ordine al fatto che la soluzione adottata nel caso concreto non fosse conforme alla migliore scienza ed esperienza . Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in considerazione dell’omogeneità delle censure, sono manifestamente infondati. 3. Va, in primo luogo, osservato che, in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori per tutti, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261109 . Nel solco tracciato dalle Sezioni Unite, si è ulteriormente precisato che il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016 - dep. 16/05/2016, Serafica e altro, Rv. 267253 . 4. Nel caso in esame, il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi ora ricordati, ritenendo che la generica sensibilizzazione dei lavoratori sull’uso di scarpe chiuse, contenuta nel documento di valutazione dei rischi, anche per il periodo estivo, non fosse sufficiente per tutelare i lavoratori dagli specifici pericoli incombenti nei luoghi di lavoro. Invero, secondo quanto accertato dal Tribunale, sulla scorta degli esiti degli accertamenti svolti dall’Asl di presso il omissis , nella sede di omissis , i lavoratori maneggiavano pesi da mezzo chilogrammo a tre chilogrammi, vi erano macchinari di metallo appoggiati per terra, nonché scaffali in metallo, pure appoggiati per terra, con angoli vivi e strutture rigide. A tal proposito, il documento di valutazione dei rischi è stato correttamente ritenuto inadeguato dal Tribunale, posto che era necessario adottare la massima protezione per il lavoratore, rappresentata non da una scarpa qualunque, per di più lasciata alla libera scelta del lavoratore quanto a fattura e materiale, ma dalle scarpe antinfortunistiche, ossia quelle rispondenti ai requisiti stabiliti dall’art. 76 d.lgs. n. 81 del 2008. Di conseguenza, come affermato dal Tribunale con motivazione non manifestamente illogica, per fronteggiare le specifiche fonti di pericolo presenti sul luogo di lavoro, era doveroso l’obbligo di dotare i lavoratori di scarpe antinfortunistiche, ossia il DPI specificatamente diretto a evitare i rischi da caduta e da urto, presenti nell’ambiente di lavoro considerato. Si tratta di una motivazione giuridicamente corretta e immune da vizi che, quindi, supera il vaglio di legittimità. 5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.