Bambino investito mentre attraversa la strada: madre condannata per omicidio colposo

Sotto accusa il conducente. Per i Giudici, però, anche la mamma va ritenuta responsabile per la morte del figlio in quanto non ha posto in essere le dovute cautele nella fase di attraversamento della strada, non tenendo neanche per la mano il bambino.

Disattenzione fatale, quella della mamma il bambino – di appena 3 anni di età – attraversa la strada all’improvviso e viene centrato in pieno da un’automobile. Letale l’impatto tra la testa del bimbo e lo specchietto retrovisore esterno della vettura. A finire sotto accusa non è solo la persona alla guida, ma anche la madre della piccola vittima. Per la donna, già colpita dalla terribile perdita, arriva la condanna a otto mesi di reclusione – con sospensione condizionale della pena – per il reato di omicidio colposo” Cassazione, sentenza n. 29505/18, sez. IV Penale, depositata oggi . Vigilanza. Ricostruito nei dettagli il drammatico episodio, verificatosi nel novembre del 2009 a Messina è stato possibile appurare che una vettura ha urtato il minore, mentre questi stava attraversando la strada, cagionandogli gravissime lesioni cranio-encefaliche da cui derivava poi la morte . A essere chiamata in causa dalla giustizia, come detto, non solo la persona alla guida dell’automobile, ma anche la madre del bambino rimasto ucciso. Per quanto concerne il ruolo della donna, i Giudici messinesi, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, ritengono che ella ha contribuito a cagionare la morte del figlio , in cooperazione colposa , ovviamente, con l’automobilista. Consequenziale è la sua condanna a otto mesi di reclusione , con sospensione condizionale della pena . E questa decisione viene ora resa definitiva dal pronunciamento della Cassazione, che ritiene evidente come l’incidente occorso al minore durante l’attraversamento della strada sia frutto anche della condotta della madre. Quest’ultima, difatti, come già stabilito in Appello, ha omesso di esercitare la necessaria vigilanza sul figlio all’atto dell’attraversamento della strada e in particolare ha omesso di porre in essere le dovute cautele, come quella di accertarsi previamente che non provenissero veicoli e, soprattutto, quella di tenere per mano il figlio . In sostanza, la donna va condannata perché, pur ricoprendo la massima posizione di garanzia sulla vittima, un bambino di appena 3 anni , non ha impedito il verificarsi del drammatico evento.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 aprile – 28 giugno 2018, n. 29505/18 Presidente Fumu – Relatore Miccichè Ritenuto in fatto 1. La Corte d'Appello di Messina, con sentenza del 7 aprile 2017, confermava la sentenza del Tribunale di Messina del 16 gennaio 2015, con la quale Gr. Mi. Li. veniva condannata, concesse le circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi otto di reclusione, per il reato p. e p. dagli artt. 113 e 589, commi 1 e 2, cod.pen., perché, in cooperazione colposa con La Ro. Gi. per cui si è proceduto separatamente ha contribuito a cagionare la morte del figlio, Ra. Ma Veniva concessa la sospensione condizionale della pena. 2. Il fatto veniva pacificamente ricostruito. Il giorno 1. novembre 2009, La Ro. Gi., circolando a bordo dell'autovettura targata omissis . , urtava il minore Ra. Ma. di anni omissis . , mentre egli stava attraversando la strada, con la parte anterolaterale sinistra della vettura, cagionandogli gravissime lesioni cranio-encefaliche da cui derivava poi la morte. La madre del minore, l'odierna imputata, veniva ritenuta responsabile del reato a lei ascritto in quanto, avendo omesso di esercitare la necessaria vigilanza sul figlio all'atto dell'attraversamento della strada ed in particolare avendo omesso di porre in essere le dovute cautele nella predetta fase di attraversamento, come quella di accertarsi previamente che non provenissero veicoli e, soprattutto, quella di tenere per mano il figlio, non impediva il verificarsi dell'evento, che aveva l'obbligo giuridico di impedire, ricoprendo la massima posizione di garanzia sulla vittima, bambino di appena tre anni. 2. L'imputata, a mezzo del proprio difensore d'ufficio, propone ricorso per cassazione, deducendo due motivi. 3. Con primo motivo, la ricorrente lamenta, ex art. 606, e. 1, lett. b e lett. e , cod.proc.pen., violazione di legge e conseguente vizio della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso causale. Si sostiene che l'incidente possa essere considerato evento eccezionale capace di escludere il rapporto di causalità. 4. Con secondo motivo, la ricorrente rileva l'intervenuta prescrizione del reato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, in quanto generico. 2. E' inammissibile II ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato Sez. 3, n. 44882 del 18 luglio 2014, Cariolo ed altri, Rv. 260608 Sez. 2, n. 11951 del 29 gennaio 2014, Lavorato, Rv. 259425 Sez. 5, n. 28011 del 15 febbraio 2013, Sammarco, Rv. 255568 . 3. Nel caso in esame non può revocarsi in dubbio la ricostruzione operata dalle sentenze di merito, né il ricorso è dotato dei richiesti requisiti di specificità è pregnanza, non essendo infatti ammissibile considerare l'incidente occorso al minore durante l'attraversamento della strada causa interruttiva del nesso causale, ma dovendosi, al contrario, considerare l'evento come realizzato in cooperazione colposa fra la conducente del veicolo e la madre, odierna ricorrente. 4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una multa, come da dispositivo, a favore della cassa delle ammende. 5. L'inammissibilità del ricorso, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, preclude la possibilità di rilevare d'ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609 comma secondo, cod.proc.pen., l'estinzione del reato per prescrizione Sez. Un., 12602 del 17 dicembre 2015, Ricci, Rv. 266818 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.