Confisca di un appartamento occupato da immigrati clandestini: quando deve essere disposta?

E’ da considerarsi persona estranea al reato”, ai sensi dell’art. 12, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998, e nei suoi confronti non può essere disposta la confisca dell’immobile locato, in cui alloggiano soggetti clandestini, il proprietario dell’appartamento che non abbia ricavato vantaggi ed altre utilità dal reato e che sia in buona fede, non potendo conoscere l’utilizzo del bene per fini illeciti, pur con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta.

Così la Cassazione con sentenza n. 29071/18, depositata il 22 giugno. Il caso. Il Tribunale di Milano, in sede di riesame, confermava il sequestro preventivo di un immobile di proprietà dell’indagato stante, a suo carico, la sussistenza del fumus del reato di cui all’art. 12, comma 5- bis , d.lgs. 286/1998. Nell’appartamento, infatti, locato a terzi, avrebbero alloggiato, ancor prima del suo acquisto da parte dell’indagato, diversi cittadini di nazionalità cinese al costo di 10 euro l’uno al giorno. Il sequestro, dunque, era giustificato dall’effettiva conoscenza dell’utilizzo fatto dalla locataria. Ricorreva per cassazione l’indagato, invece, deducendo la mancanza del fumus . Invero, lo stesso, affermava che l’attività del dare alloggio” a soggetti clandestini veniva commessa dall’affittuario. Il ricorrente avrebbe potuto, al massimo, concorrere nel reato, ma di fatto risultavano del tutto assenti i presupposti oggettivi del concorso di persone. In secondo luogo, riteneva insussistente anche l’elemento soggettivo del reato, non potendo avere alcuna contezza della presenza di soggetti clandestini all’interno dell’immobile, occupato da un parente del conduttore. Venuto, infatti, a conoscenza dell’illecito, dava disdetta del contratto. La normativa di riferimento. L’art. 12, comma 5- bis , d.lgs. 286/1998 dispone che Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La condanna con provvedimento irrevocabile comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato . La norma, in sostanza, prevede uno di quei casi di confisca obbligatoria di un immobile, ai sensi dell’art. 240, comma 2 e 3 c.p., quando lo stesso sia fonte di profitto per l’agente. Ed infatti, l’inserimento dello scopo di ingiusto profitto, che costituisce il dolo specifico della condotta incriminata, esclude dalla sfera d’applicazione della norma tutte le condotte di ospitalità gratuita o, comunque senza profitto, così come le cessioni d’immobile, a qualsiasi titolo, senza onerosità per il beneficiario. Contratto di locazione regolare. Invero, non dovrebbe ritenersi integrato l’elemento soggettivo neanche nel caso di regolare” onerosità dell’offerta d’alloggio o della cessione a qualsiasi titolo di immobile. Nel caso di specie, infatti, il canone di locazione risultava regolarmente versato al locatore, il quale percepiva unicamente questo e non altre somme, che invece, venivano trattenute dalla locataria. Ebbene, la Corte, ritenuto fondato il ricorso, afferma che l’elemento discretivo che va preso nella giusta considerazione al fine di escludere o meno il fumus del reato a carico dell’odierno indagato è rappresentato dalla dimostrazione dell’estraneità al reato della persona cui appartiene l’immobile. Ed invero, il provvedimento ablativo di sequestro può considerarsi legittimo solo ove l’indagato non risulti, al di là del concorso, persona estranea al reato. Secondo la Corte, il Giudice di merito, anche in sede cautelare, e diversamente da quanto fatto concretamente, deve valutare l’eventuale difetto dell’elemento soggettivo, purché di immediato rilievo , e ciò a prescindere da una verifica sulla fondatezza dell’accusa. Configurabilità del reato. Ed allora, posto che, nel caso di specie, l’indagato fosse a conoscenza della sublocazione dell’immobile, secondo i Giudici di legittimità, il Tribunale avrebbe dovuto, in primo luogo, valutare l’effettiva consapevolezza del proprietario della condizione di clandestinità di tutti o alcuni degli occupanti. Superato tale aspetto, poi, i Giudici avrebbero dovuto, ai fini del riconoscimento del concorso nel reato, con la conseguente legittimità del mantenimento del sequestro sull’immobile, verificare se il proprietario locatore avesse, in effetti, ricavato vantaggi e utilità dal reato. Pertanto, ove non abbia percepito alcun profitto, e in totale buona fede non abbia potuto sapere, con la normale diligenza richiesta nel caso specifico, dell’utilizzo del bene per fini illeciti, è certamente da ritenersi persona estranea al reato”, con la conseguente, immediata restituzione all’avente diritto.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 – 22 giugno 2018, numero 29071 Presidente Di Tomassi – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Milano, in procedura incidentale di riesame reale, con ordinanza emessa in data 22 dicembre 2017 ha confermato il sequestro preventivo di un immobile provvedimento GIP del 6 ottobre 2017 , in danno di V.A.T. , indagato per l’ipotesi di reato di cui all’art. 12 comma 5 bis d.lgs.numero 286 del 1998. 1.1 L’immobile risulta essere in proprietà della Edil Cavi srl e secondo l’accusa al suo interno trovavano alloggio numerosi cittadini di nazionalità cinese in condizioni di degrado, al costo di 10 Euro al giorno per un mero giaciglio. In sede di accesso da parte della polizza locale - il omissis - si è accertata, secondo quanto esposto nel provvedimento, la creazione di un vero e proprio dormitorio attraverso la messa in opera di paretine in cartongesso in un locale dalla ampiezza complessiva di circa 170 metri quadrati, per più di venti posti letto. Tra i cinesi presenti all’atto del sopralluogo, sette erano privi di permesso di soggiorno. Le condizioni di igiene e di sicurezza erano molto precarie. La società Edil Cavi, intestataria dell’immobile, risulta detenuta ed interamente amministrata da V. Tiziano, e l’immobile risulta locato formalmente nell’anno 2008 per Euro 1500 mensili a tal A.W. . Costui, peraltro, risulta emigrato per Reggio Emilia nell’anno 2012 ed i cinesi trovati sul posto hanno affermato che alla riscossione del denaro provvedeva una donna, tal Z.H. , o in alternativa il di lei fratello. La società Edil Cavi srl risulta, altresì aver acquistato l’immobile, subentrando anche nel contratto di locazione, il 9 febbraio 2015 circa 8 mesi prima del sopralluogo e durante le trattative per l’acquisto è dato per certo dichiarazione del mediatore R.L. che l’indagato abbia visionato l’immobile in questione. 1.2 Secondo il Tribunale, pure a fronte delle contestazioni dell’indagato che sostiene di aver acquistato l’immobile al fine di ristrutturarlo e rivenderlo, senza aver contezza della presenza di immigrati irregolari, con immediata disdetta del contratto di locazione dopo il sopralluogo della polizia locale il sequestro va confermato. Ed invero, quanto al fumus il Tribunale evidenzia che l’appartamento in questione era pacificamente adibito a dormitorio di cittadini cinesi ben prima dell’acquisto da parte della società del V. e costui venne posto al corrente dal mediatore immobiliare R.L. , soggetto della cui attendibilità non vi è serio motivo di dubitare, anche in ragione del fatto che è del tutto verosimile che il V. , avendo chiesto l’erogazione di un mutuo, si sia recato sul posto e abbia preso contezza della situazione, con evidente violazione del divieto di sublocazione emergente dal contratto originario. Secondo il R. , il precedente proprietario aveva fatto un esposto alla P.S. per segnalare la situazione, venutasi a determinare per volontà dell’affittuario e una copia di tale esposto venne consegnata al V. durante le trattative per l’acquisto. L’attivazione del V. , si afferma, è posteriore al sopralluogo, che segue di diversi mesi la conclusione del contratto. Se ne deduce che il V. aveva piena contezza delle modalità di sfruttamento dell’immobile e della presenza di numerosi stranieri al suo interno, alcuni privi del permesso di soggiorno. Le condizioni di estrema precarietà igienica e di sicurezza rendevano inoltre sproporzionato il prezzo del canone corrisposto e ciò concretizza la condizione in fatto ingiusto profitto per l’applicazione della previsione incriminatrice. In ciò viene ritenuta irrilevante la presentazione di un progetto di ristrutturazione, dato che l’esistenza del fumus comporta la prevedibilità della confisca obbligatoria salva l’appartenenza a persona estranea al reato . 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - in proprio e nella qualità di amministratore della società - V.A.T. . 2.1 Dopo ampia premessa in fatto il ricorrente deduce al primo motivo erronea applicazione della disposizione incriminatrice, sotto il profilo dell’elemento oggettivo del reato. Si afferma che mancherebbe del tutto il fumus. L’attività veniva svolta dalla cittadina cinese, mandataria del soggetto che aveva la condizione di affittuario. Dunque il V. sarebbe, al più, un concorrente. Ma del concorso, si afferma, mancano i presupposti oggettivi. Gli occupanti avevano contatti solo con la cittadina cinese la stessa coindagata ha affermato di non dividere con alcuno il ricavato il V. percepiva solo il canone di locazione e non altro profitto. In altre parole non vi è prova della interferenza gestionale del V. , il che esclude che possa applicarsi nei suoi confronti la previsione di legge del dare alloggio”. 2.2 Al secondo motivo si deduce erronea applicazione della disposizione incriminatrice, sotto il profilo dell’elemento soggettivo del reato, quanto al dolo specifico dell’ingiusto profitto e consapevolezza della clandestinità. Non è logica la deduzione del Tribunale quanto agli indicatori di consapevolezza soggettiva circa la presenza di soggetti clandestini. Al più il V. poteva essere al corrente di sub-locazioni, ma resta il fatto che il canone da lui percepito era in linea con i valori di mercato. La persona che occupava l’immobile - Z.H. - era titolare di permesso di soggiorno ed era parente del conduttore. La disdetta viene fatta appena si è posti a conoscenza dell’utilizzo illecito. Si ritiene inoltre carente la valutazione dei denunziati profili di inattendibilità di R.L. , che si reiterano. Si afferma, in particolare che A. , precedente proprietario, non avrebbe confermato la circostanza dell’esposto inoltre la banca ha regolarmente erogato il mutuo. Insomma si sarebbe realizzata una illegittima presunzione di ricorrenza del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, con le precisazioni e nei limiti che seguono. 1.1 Ad avviso del Collegio vi è un erroneo inquadramento iniziale della fattispecie, che si riflette tanto sulla decisione del Tribunale che su taluni profili del ricorso. Ed invero, in fatto, non è posto in dubbio da alcuno che la cittadina cinese mandataria dell’affittuario ha tenuto una condotta che consente di ritenere integrato il presupposto del fumus boni juris circa la sussistenza, in concreto, della fattispecie incriminatrice a carico di costei. La disposizione azionata in fase cautelare incrimina essenzialmente la condotta di chi, consapevolmente ed al fine di trarne profitto, dà alloggio ad uno straniero privo del permesso di soggiorno. È incontestato che tale condotta sia stata tenuta, quantomeno sotto il profilo di concreti indizi a carico, dalla signora Z.H. . 1.2 Ciò posto, la medesima disposizione di legge art. 12 co. 5 bis del d.lgs. numero 286 del 1998 prevede la confisca obbligatoria dell’immobile salvo che appartenga a persona estranea al reato . Con ciò si intende affermare che il mantenimento del provvedimento di sequestro preventivo in tanto può dirsi legittimo, rispetto al V. ed alla società proprietaria dell’immobile in quanto costui, al di là dei profili concorsuali, non sia da qualificarsi come persona estranea al reato . 1.3 D tema non risulta trattato in modo congruo nel tessuto motivazionale del provvedimento impugnato, che si direziona verso il V. in modo del tutto diverso, ritenendolo concorrente nel reato commesso dalla Z.H. . 2. Sul punto, il sostegno logico e giuridico alla decisione risulta meramente apparente. Come è noto, la limitazione legislativa dei motivi di ricorso per cassazione alla violazione di legge art. 325 cod.proc.penumero non rende insindacabile l’apparato argomentativo posto a fondamento della decisione, posto che per costante orientamento interpretativo la violazione di legge ricomprende i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice tra le molte Sez. II numero 18951 del 14.3.2017, rv 269656 . 2.1 Ciò posto, va evidenziato che nella decisione impugnata - così come evidenziato nel ricorso - mancano reali argomenti di chiarificazione di alcuni passaggi logici essenziali al fine di ritenere - come invece si afferma - il V. raggiunto da elementi indizianti in punto di concorso nel reato. Va ricordato, infatti, che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, in tema di qualificazione dello standard dimostrativo necessario al fine di ritenere integrato il presupposto applicativo del sequestro preventivo ha più volte affermato che il Tribunale del riesame in materia di sequestro, pur non dovendo verificare la concreta fondatezza dell’accusa ha il dovere di operare un controllo non meramente cartolare in rapporto al fumus del reato ipotizzato Sez. I numero 21736 del 11.5.2007, rv 236474 Sez. VI numero 16153 del 6.2.2014, rv 259337 ed in riferimento al caso concreto oggetto dell’incidente cautelare ed anche in riferimento all’eventuale difetto dell’elemento soggettivo, purché di immediato rilievo. È stato, dunque recepito - in tali arresti - il contenuto della decisione Corte Cost. numero 153 del 2007, lì dove si era affermata la necessità di realizzare, sul tema del controllo giurisdizionale in punto di ricorrenza del fumus commissi delicti una verifica non meramente cartolare, includente l’esame dei dati indizianti in punto di ricorrenza dell’elemento psicologico del reato. Del resto, è la stessa linea interpretativa adottata in sede cautelare civile a richiamare in punto di identificazione dei caratteri del fumus - la qualità della verifica giurisdizionale di tale aspetto in termini di formulazione di un giudizio prognostico sull’esito del giudizio, sia pure in termini probabilistici v. Sez. I civ. numero 4712 del 12.5.1999, rv 526248, ove si identifica il fumus boni juris con quel minimo di elementi di fatto sufficienti a far apparire prima facie non avventata la richiesta e a far ragionevolmente supporre che essa, pur con le opportune integrazioni e gli indispensabili accorgimenti, possa trovare accoglimento nel successivo giudizio di accertamento . 2.2 Pertanto, può dirsi che ad avviso del Collegio tale verifica è stata realizzata con fondatezza, in particolare, del secondo motivo di ricorso in modo incompleto e non comprensibile, lì dove il percorso argomentativo lascia intendere che, al più, il V. fosse al corrente dell’attività di sub-locazione posta in essere da chi conduceva” di fatto l’immobile. Ma tale consapevolezza non può automaticamente estendersi alla conoscenza dell’unico dato realmente rilevante ai fini della integrazione della previsione incriminatrice, rappresentato dalla condizione di clandestinità di taluno degli occupanti. Circa tale aspetto va rilevata la mera apparenza motivazionale. 3. Tuttavia, come si è detto in apertura, ciò non risolve la quaestio iuris relativa al mantenimento o meno del vincolo reale, atteso che, pur essendo stata sin qui affermata la precarietà argomentativa dell’ipotesi che vede il V. concorrente nel reato, la restituzione del bene può avvenire solo lì dove gli elementi di conoscenza disponibili portino alla qualificazione della sua posizione in termini di persona estranea al reato. Per tale, anche al fine di orientare il contraddittorio in sede di rinvio, va intesa - come è noto - una condizione di effettiva distanza” dalla condotta illecita, con possibile rilievo anche di atteggiamenti antidoverosi di tipo colposo v. da ultimo Sez. III numero 29586 del 17.2.2017, rv 270250 secondo cui è persona estranea al reato - nei cui confronti non può essere disposta la confisca, ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 240 cod. penumero - il soggetto che non abbia ricavato vantaggi ed utilità dal reato e che sia in buona fede, non potendo conoscere - con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta - l’utilizzo del bene per fini illeciti . Trattandosi di tema sostanzialmente non trattato nella decisione impugnata, lo stesso va rimesso al giudice del rinvio. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Milano competente ai sensi dell’art. 324 c.p.p