Esclusa la punibilità della tentata rapina ai danni di madre e fratello

Ai sensi dell’art. 649, comma 1, c.p. deve essere esclusa la punibilità dell’indagato al quale venga contestato il delitto di tentata rapina ai danni del fratello e della madre, anche se la condotta era caratterizzata da violenza sulle cose.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28196/18, depositata il 19 giugno. Il caso. Il Tribunale della libertà di Napoli annullava l’ordinanza con cui il GIP aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere ad un uomo indagato per tentata rapina ai danni del fratello e della madre. In particolare, la decisione si fondata sul fatto che l’indagato aveva esercitato violenza non sulle persone ma solo sul portone di casa, prendendolo a spallate, calci e pugni, circostanza che portava all’esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 649 c.p. Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti . Il PM ricorre per la cassazione della pronuncia deducendo inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. Esclusione della punibilità per fatti commessi a danno di congiunti. L’art. 649 c.p. esclude la punibilità per i delitti contro il patrimonio commessi a danno del coniuge non separato, di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta, dell'adottante o dell'adottato e di un fratello o di una sorella che con lui convivano. Il comma 3 pone un’eccezione all’applicazione del primo comma con riferimento ai delitti di cui agli artt. 628 Rapina , 629 Estorsione e 630 Sequestro di persona a scopo di estorsione e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone . Il PM ricorrente invoca il principio affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 10959/16 nella quale veniva precisato che la locuzione violenza alle persone” deve essere intesa in senso ampio, comprensiva non solo delle aggressioni fisiche ma anche morali e psicologiche . Il Collegio precisa però che il precedente citato si riferisce alla diversa questione dell’applicabilità della disciplina relativa alla necessità di avvisare la persona offesa di reato commesso con violenza alle persone” della richiesta di archiviazione. Caso ben diverso da quello qui rilevante posto che il tenore letterale dell’art. 649 c.p. impone una diversa lettura . Il comma 3 della norma fa infatti espresso riferimento alla sola violenza alle persone”, escludendo le ipotesi in cui i reati siano commessi con minaccia. E’ possibile comunque giungere alla medesima conclusione considerando che il reato di rapina tentata contestato all’imputato non rientra tra quelli per i quali è esclusa l’applicabilità dell’art. 649, comma 1 che non contempla infatti i delitti tentati in considerazione dell’autonomia di essi rispetto a quelli consumati, pacifica in giurisprudenza . Per questi motivi, la Corte di legittimità rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 16 maggio – 19 giugno 2018, n. 28196 Presidente Gallo – Relatore Monaco Ritenuto in fatto Il Tribunale della libertà di NAPOLI, con ordinanza in data 18/12/2017, annullava l’ordinanza pronunciata dal GIP del Tribunale di NAPOLI NORD, in data 30/11/2017, che aveva applicato a F.P. la misura cautelare della custodia cautelare in carcere per il reato di cui agli artt. 56 e 628 CP. 1. I fatti oggetto delle indagini e, quindi, dell’ordinanza si riferiscono al tentativo di tapina che il F. avrebbe posto in essere nei confronti del fratello e della madre in data 28 novembre 2017, giorno in cui con violenza e minaccia consistita nell’avere preso a spallate, calci e pugni il portone di ingresso ed avendo minacciato i familiari di morte, aveva cercato di impossessarsi di denaro. Il Tribunale del riesame, considerato che la violenza del F. era diretta alle sole cose il portone e che alle persone erano state riservate le sole minacce, ha ritenuto operare la causa di non punibilità di cui all’articolo 649 cod. pen. ed ha annullato la misura. 2. Propone ricorso per cassazione il Pubblico Ministero deducendo l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. Il ricorrente, facendo riferimento alla sentenza delle Sezioni Unite 10959/2016, evidenzia che l’espressione violenza alle persone deve essere intesa in senso ampio e che, pertanto, la causa di non punibilità non può essere ritenuta operativa nel caso di specie. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. La questione posta dal ricorrente è se la causa di non punibilità di cui all’articolo 649 cod. pen. si applichi o meno al caso di specie. Ai sensi del terzo comma di tale norma, infatti, le disposizioni dell’articolo 649 cod. pen. non si applicano ai delitti di cui agli articoli 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza contro le persone. Il Tribunale, preso atto che il F. aveva diretto la propria violenza esclusivamente contro il portone, ha ritenuto che la causa di esclusione della punibilità operasse e, pertanto, ha accolto la richiesta di riesame ed annullato l’ordinanza che aveva disposto la misura della custodia cautelare in carcere. Avverso questa decisione propone ricorso il pubblico ministero evidenziando che la locuzione violenza alle persone , citando testualmente Sezioni Unite 10959/2016, Rv 265893, deve essere intesa in senso ampio, comprensiva non solo delle aggressioni fisiche ma anche morali e psicologiche . La pronuncia citata dal pubblico ministero, nel quale vi è un riferimento all’articolo 649 cod. pen., invero, si riferisce ad una ben diversa questione. Il quesito posto alle Sezioni Unite, infatti, si riferiva all’applicabilità della disciplina che prevede la necessità di avvisare la persona offesa di determinati reati, e di quelli commessi con violenza sulle persone , della richiesta di archiviazione anche qualora la persona offesa non abbia espressamente richiesto di essere avvisata. Per tale motivo la decisione nella quale le Sezioni Unite hanno richiamato le convenzioni internazionali e la peculiare situazione afferente la violenza di genere ed i casi in cui la violenza e minaccia è connotata da una componete di sopraffazione e prevaricazione psicologica che ben può essere considerata anche nei termini di violenza alla persona non è riferibile al caso oggetto del ricorso. Il tenore letterale dell’articolo 649 cod. pen. impone infatti una diversa lettura. Il terzo comma dell’articolo 649 cod. pen., considerata la formulazione degli articoli 628 e 629 e 630 cod. pen., facendo specifico riferimento alla sola violenza alle persone , esclude espressamente le ipotesi in cui tali reati siano commessi con la minaccia, condotta pure specificamente prevista nelle singole fattispecie incriminatrici Non appare condivisibile il contrario orientamento, espresso, in epoca recente da due sole decisioni della stessa sezione Cass. pen., sez. 6, 18 dicembre 2007, n. 19299/2008, Casale, rv. 240500, e 4 luglio 2008, n. 35528, P.M. in proc. Paskovic ed altri, rv. 241512 , e superato dalla giurisprudenza più recente, per il quale nella nozione di violenza alle persone, di cui all’ultima parte dell’articolo 649 c.p., comma 3, rientrerebbe anche la violenza morale, perché tutte le fattispecie criminose a cui si riferisce la causa di non punibilità si connotano per l’equiparazione della violenza alla minaccia. Invero, il legislatore mostra inequivocabilmente di distinguere la valenza della violenza e della minaccia quale possibile elemento costitutivo di reati contro il patrimonio per quello che, con riguardo al caso di specie più immediatamente rileva, la loro contemporanea menzione, ai fini dell’integrazione della materialità del delitto di estorsione articolo 629 cod. pen. si rivelerebbe, accogliendo l’orientamento non condiviso, meramente tautologica, piuttosto che come è necessario ritenere descrittiva di due condotte ben distinte, la cui distinzione assume necessariamente rilievo anche ai fini dell’interpretazione dell’articolo 649 c.p., comma 3, ult. parte”. Sez. 2, n. 24643 del 21/03/2012, Rv 252832 La questione, d’altro canto, avrebbe potuto, ed in realtà dovuto, essere risolta considerando, in generale, che il reato di rapina tentata contestato al F. non rientra comunque tra quelli per i quali è esclusa l’applicabilità della disciplina di cui al comma 1 dell’articolo 649 cod. pen In relazione al reato tentato, infatti, è opportuno precisare che l’articolo 649 esclude la non punibilità del reato di cui all’articolo 629 cod. pen., ma la previsione non ricomprende i delitti tentati, in considerazione dell’autonomia di essi rispetto a quelli consumati, pacifica in giurisprudenza da ultimo, Cass. pen., sez. 2, 27 febbraio 2009, n. 12403, Freguglia, rv. 244054 L’esclusione dell’esimente per i delitti contro il patrimonio in danno di congiunti si riferisce, nel fare menzione dei delitti di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione, alle sole forme consumate e non anche al tentativo , oltre che in dottrina per la quale il tentativo è una fattispecie di reato autonomo risultante dalla combinazione di una norma principale fa norma incriminatrice speciale e di una norma secondaria quella sancita dall’articolo 56 c.p., che ha efficacia estensiva -, le quali danno vita ad una nuova figura di reato, pur conservando il medesimo nomen iuris della figura corrispondente di delitto consumato . La qualificazione del delitto tentato quale autonoma fattispecie di reato rispetto a quello consumato non risponde ad esigenze meramente classificatorie, ma produce rilevanti conseguenze pratiche . nei casi in cui l’ordinamento ricolleghi determinati effetti giuridici alla commissione di reati specificamente indicati mediante l’elencazione degli articoli che li prevedono, senza ulteriori precisazioni, dovrà ritenersi che essi si producono esclusivamente per le fattispecie consumate e non anche per quelle tentate , Sez. 2, n. 24643 del 21/03/2012, Rv 252832, nello stesso senso Sez. 2, n. 5504 del 22/10/2013 dep. 2014, Rv 258198 . P.Q.M. Rigetta il ricorso.