Anche le Onlus che svolgono attività convenzionate hanno natura privatistica

La qualifica di soggetto di incaricato di pubblico servizio non può conseguire né alla semplice attività socio-assistenziale, né alla ricezione del corrispettivo per le prestazioni rese. Per tale ragione, anche in caso di esercizio di attività convenzionata da enti pubblici, non può configurarsi il reato di peculato a carico del gestore di una Onlus, giacchè siffatta entità giuridica non acquisisce in nessun caso natura pubblicistica.

La Corte di Cassazione, Sesta Sezione Penale, con la sentenza n. 27202/18, depositata il 13 giugno u.s., si è pronunciata in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente. La quaestio. Il Tribunale della Libertà di Milano, con provvedimento del 9 novembre 2017, confermava il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, fino alla concorrenza di Euro 1.300,000 circa, disposto nei riguardi di un soggetto accusato dei reati di peculato e di emissione di fatture false, quale unico reale gestore della Fondazione Onlus” e di numerose altre cooperative sociali appartenenti al c.d. Gruppo ”. L’indagato risultava anche essere proprietario ed unico gestore della ditta srl”, società immobiliare le cui quote erano detenute da due fiduciarie e che possedeva una nota casa di cura. Secondo gli inquirenti, così come condiviso dal GIP e poi dal Tribunale del Riesame, le Onlus riconducibili all’indagato, nell’ambito delle attività di gestione di RSA Residenze Sanitarie Assistenziali e RSD Residenze Sanitarie per Disabili , accreditate dal sistema regionale lombardo mediante il meccanismo di rimborsi e rilevanti finanziamenti, sarebbero state utilizzate per porre in essere condotte appropriative e fiscalmente fraudolente anche per mezzo di trasferimento di denaro con la societa srl”. Avverso siffatta ordinanza confermativa, l’indagato propone ricorso per Cassazione, deducendo una serie di motivi, tra i quali merita approfondimento quello relativo alla violazione di legge con riferimento alle fattispecie contemplate dagli artt. 314 c.p. e art. 8 d.lgs. n. 74/2000 per inesistenza della condotta contestata e della non sussumibilità della stessa nelle fattispecie contestate. Qualificazione giuridica. I Giudici della Sesta Sezione Penale accolgono le doglianze difensive. In particolare, osservano che nel caso di specie il provvedimento del Tribunale del Riesame milanese individua un tipico caso di uso strumentale e fraudolento delle Onlus, dandone, tuttavia, un’erronea qualificazione giuridica. Invero, il ricorrente gestiva attività nel settore dell’assistenza medica quale privato convenzionato e, quale schermo, utilizzava le Onlus – con evidenti vantaggi fiscali – per poi farne uscire i profitti, altrimenti non distribuibili come previsto per legge a pena della perdita dei benefici tributari, mediante il meccanismo delle finte prestazioni di servizi. Quello in cui ha errato il Collegio del Riesame, a dire degli Ermellini, è l’inquadramento della natura delle Onlus in quella pubblicistica. Ciò vuol dire che i soldi maneggiati da tali enti non costituiscono denaro pubblico di conseguenza non è possibile ritenere configurato il reato di peculato. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Libertà di Milano, che dovrà con più attenzione valutare la sussumibilità dei fatti contestati in altre fattispecie incriminatrici idonee a giustificare il mantenimento del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente per l’importo individuato dalle Autorità procedenti.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 7 marzo – 13 giugno 2018, numero 27202 Presidente Rotundo – Relatore Di Stefano Ritenuto in fatto 1. M.M. impugna l’ordinanza del tribunale del riesame di Milano del 9 novembre 2017 che confermava il sequestro preventivo a scopo di confisca per equivalente, fino alla concorrenza della somma di Euro 1.300.000 circa, disposto nei suoi confronti dal gip del tribunale di Milano per i seguenti reati - articolo 314 cod. penumero - peculato, In quanto il ricorrente, agendo quale titolare ed amministratore di fatto della SPEM s.r.l. e di tutte le Onlus del Gruppo SODALTTAS/Fondazione M. in concorso con i gestori formali delle citate ONLUS di cui aveva il controllo sostanziale, da ritenersi incaricati di pubblico servizio per le cariche ricoperte, si appropriava delle risorse economiche delle indicate Onlus sottraendole ai rispettivi patrimoni sociali . Parte delle somme, per un importo di circa Euro 1.180.000, erano incassate mascherando i flussi finanziari quali pagamenti di canoni per fittizi contratti di locazione di un immobile appartenente alla Spem srl, ed altra parte, per circa Euro 133.000, quali fittizi contratti di locazione di un immobile in proprietà della moglie di M. , R.M. - articolo 8 del D.Lgs 74/2000 per la emissione di fatture per operazioni inesistenti. Le modalità dell’appropriazione consentivano alle ONLUS la evasione delle imposte sui redditi ovvero sul valore aggiunto. 2. Il tribunale innanzitutto confermava la ricostruzione dei fatti del provvedimento del gip - Fondazione M. Onlus e le numerose cooperative sociali appartenenti al cd. Gruppo Sodalitas , sono tutte sostanzialmente riconducibili a M.M. , come dimostrato dal fatto che i gestori erano stretti congiunti o comunque collaboratori storici della M. . - Le Onlus del Gruppo Sodalitas/Fondazione M. gestiscono dodici tra RSA Residenze Sanitarie Assistenziali ed RSD Residenze Sanitarie per Disabili sparse sul territorio lombardo, che sono accreditate dall’ente regionale e pertanto operano per conto del sistema sanitario pubblico con il meccanismo dei rimborsi delle prestazioni erogate all’utenza, nonché godono di rilevanti finanziamenti pubblici il totale delle erogazioni regionali risulta pari a circa Euro 32 milioni dei quali Euro 26 milioni a fondo perduto ed i residui Euro 6,6 milioni da restituirsi. - M. è anche il proprietario e gestore di fatto della SPEM s.r.l., società immobiliare le cui quote sono detenute da due fiduciarie e che possiede la citata omissis . 2.1 È stato quindi accertato che le ONLUS di M. avevano preso in locazione l’immobile omissis dalla società SPEM srl con condizioni chiaramente anomale ed indice di fittizietà - Ogni Onlus aveva stipulato un singolo contratto sulla stessa villa - tali contratti cumulati su di un unico bene erano solo apparenti non essendovi alcuna effettiva detenzione ed utilizzazione del bene da parte delle Onlus - i costi di locazione erano particolarmente elevati e del tutto fuori mercato La stessa situazione veniva accertata quanto all’appartamento di via omissis , preso in locazione dalla moglie di M. , R.M. , oggetto di separato provvedimento. In conclusione, secondo il tribunale, si è in presenza di operazioni oggettivamente inesistenti. L’analisi dei flussi finanziari ha peraltro consentito di comprendere che la società SPEM utilizza quanto pervenuto dalle altre fondazioni quale provvista per pagare i ratei dei mutui accesi per acquisire il proprio patrimonio immobiliare e per procedere a ristrutturazioni. 3. Secondo la tesi degli inquirenti, fatta propria da gip e Tribunale del riesame, che motiva in termini sostanzialmente adesivi, si è in presenza di una ipotesi di peculato, per due ragioni I. Le Onlus in sé sono incaricate di pubblico servizio come risulta dal complesso degli argomenti che portano il tribunale a concludere Quanto in particolare al tema della disciplina pubblicistica di tali enti, oltre alla già citata normativa nazionale di cui al D.Lvo numero 460/1997 . II. Le Onlus nel caso di specie hanno svolto uno specifico servizio di pubblica utilità legato al settore dell’assistenza socio-sanitaria, ed hanno percepito dal Servizio Sanitario Regionale, nel tempo, circa 125.000.000 di Euro. 3.1 All’affermazione sub I il Tribunale del riesame, in ciò confermando la valutazione del PM e del giudice per le indagini preliminari, giunge sulla scorta del contenuto del D.Lgs. 460/1997 Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale . Ritiene - sostenendo che ciò sia affermazione presente nella giurisprudenza di legittimità, che le Onlus ancorché costituiti con la veste giuridica formale di fondazioni di diritto privato, presentano una marcata impronta pubblicistica, proprio in ragione dei compiti di interesse pubblico ad essi affidati . la titolarità delle citate strutture socio-sanitarie appare tale da conferire alle Onlus del gruppo Fondazione M. Sodalitas una connotazione pubblicistica, dal momento che queste svolgono un servizio a favore della collettività e rivolto all’assistenza sociosanitaria e residenziale di soggetti anziani e disabili . La disposizione essenziale che il tribunale individua per sostenere la propria tesi giuridica è l’articolo 10 che prevede d il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima ed unitaria struttura . 3.2 All’affermazione sub II , il Tribunale giunge riportandosi a quanto affermato nella richiesta di sequestro preventivo, ovvero che le ONLUS del gruppo SODALITAS/Fondazione M. - ancorché mantengano la natura di soggetti privati, peraltro dotati di personalità giuridica in quanto costituiti in cooperative sociali e fondazioni - erogano tali prestazioni per conto del Servizio Sanitario Regionale in forza di specifiche convenzioni di accreditamento e che, come osservato anche dal pubblico ministero - già sotto il profilo materiale l’erogazione di prestazioni sanitarie assistenziali per anziani e disabili costituisce la quintessenza del servizio pubblico, andando a soddisfare necessità assolutamente primarie dell’individuo, assunte dallo Stato tra le proprie missioni costitutive . 4. Così, in definiva, il tribunale giunge a confermare sia la configurabilità del peculato che delle frodi fiscali realizzate con le suddette modalità di trasferimento di denaro. In risposta a specifiche deduzioni della difesa, osserva - La competenza territoriale era fondata sul luogo in cui si è realizzato il profitto, ovvero la sede della società SPEM l’accordo criminale risulta preso in Milano. - . quand’anche si volesse accedere all’impostazione difensiva, le condotte addebitate al ricorrente potrebbero agevolmente essere ricondotte nell’alveo di differenti ipotesi di reato che vanno, alternativamente, dalla malversazione a danno dello Stato, alla truffa aggravata ai danni di un ente pubblico, all’appropriazione indebita . 5. M. ricorre a mezzo del difensore Con il primo motivo deduce la violazione di legge per esservi incompetenza territoriale del tribunale di Milano. Rileva che il luogo di commissione dei reati non corrisponde a quello dove furono sottoscritti i contratti di locazione ovvero ove si trovano le sedi legali delle persone giuridiche coinvolte ma è il luogo della appropriazione che, corrispondendo al luogo in cui l’agente ottiene il possesso della cosa oggetto del peculato, va inteso come luogo in cui si rende disponibile la somma di denaro quale canone di locazione. Tali pagamenti sono stati effettuati presso gli uffici di , ove si trovano gli organi amministrativi delle persone giuridiche coinvolte, o, comunque, presso la filiale bancaria sita in Villa Cortese, in entrambi i casi luogo rientrante nella competenza territoriale del Tribunale di Busto Arsizio. Con il secondo motivo deduce la violazione dell’articolo 314 cod. penumero e degli articoli 28 D.Lgs. 74/2000 per l’inesistenza della condotta di appropriazione. Rileva come sia erroneo il ragionamento del giudice del riesame che tiene conto della presunta incongruità economica del contratto stipulato tra la Spem srl e la fondazione M. . Rileva che si è nell’ambito delle libere scelte economiche degli imprenditori contraenti tenuto conto della congruità del valore di mercato determinato al perito di parte e dell’esservi un impegno economico per la ristrutturazione. Rileva, inoltre, come sia sempre emersa la regolarità fiscale delle condotte della ONLUS. Contesta, poi, la ricostruzione nel senso della fittizia messa a disposizione del bene. Sul punto contesta le valutazioni del giudice del riesame e indica gli esiti delle proprie indagini difensive. Con il terzo motivo deduce la violazione dell’articolo 314 cod. penumero per la errata qualificazione giuridica come incaricato di pubblico servizio del presunto autore del reato. Rileva che soltanto la fondazione M. e la Sodalitas Soc. Coop. Sociale Onlus rientrano nel regime di accreditamento con il servizio sanitario regionale ma non gli altri soggetti, Sodalitas Victoria, Sodalitas 2000, Nova Sodalitas e Sodalitas Milano, che hanno soltanto un rapporto contrattuale con la fondazione M. e la Sodalitas Soc. Coop. Sociale Onlus al riguardo, rinvia alle conclusioni di un parere pro veritate . In particolare, la qualifica di soggetto incaricato di pubblico servizio non può conseguire né alla semplice attività socio assistenziale né alla ricezione del corrispettivo per le prestazioni rese. Con il quarto motivo deduce la violazione degli artt. 646 e 61 numero 10 cod. penumero in riferimento all’articolo 2634 del cod. civ. non è fondata neanche la tesi alternativa, ovvero che sussista comunque la appropriazione indebita aggravata ex articolo 61, numero 10, cod. penumero . Rileva come manchi la condizione di previo conflitto di interessi e come le indagini difensive abbiano dimostrato che il ruolo del ricorrente nelle opposte controparti contrattuali era pacificamente noto a tutti i consiglieri di amministrazione della fondazione. Con il quinto motivo deduce la violazione dell’articolo 2 ed 8 D.Lgs 74/2000 per la inesistenza del danno erariale. Aveva dimostrato, con parere pro veritate, che il canone di locazione in questione con riferimento a Fondazione M. ed alle Cooperative Sociali non consente di diminuire il carico tributario. Né si crea un presupposto di credito Iva, peraltro essendosi in presenza di transazioni che comportano un effettivo pagamento di tasse. Con il sesto motivo deduce la violazione dell’articolo 321, comma 2, cod. proc. penumero . Non è dimostrato alcun pericolo che imponga il sequestro. Con il settimo motivo deduce la violazione dell’articolo 321, cod. proc. penumero , in riferimento all’articolo 104 disp. att. cod. proc. penumero essendovi una delega all’ufficio del pubblico ministero per la esecuzione del sequestro. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Si rammenta che, in questa sede di ricorso ai sensi dell’articolo 311 cod. proc. penumero , non è rilevabile il vizio di motivazione se non quale totale assenza quindi non saranno valutate le questioni, indubbiamente presenti nel ricorso, relative alla corretta ricostruzione dei fatti da parte del tribunale. Si considerano i motivi in ordine logico, tenuto conto della decisione finale. 2. Quanto al primo motivo, la questione di competenza è proposta con riferimento al reato principale contestato, ovvero il peculato. Poiché, invece, tale contestazione si dirà essere erronea e la individuazione specifica dei diversi reati che giustifichino il sequestro è rimessa al giudice di rinvio, a questi spetterà una nuova valutazione sul tema della competenza per territorio. 3. Il secondo motivo è manifestamente infondato. A parte i limiti di sindacabilità in questa sede, la decisione impugnata ricostruisce i fatti, a livello di elevata probabilità, non lasciando dubbi quando all’essere stata posta in essere una condotta finalizzata a coprire l’uscita di denaro dalle Onlus con operazioni economiche solo apparenti. Gli elementi dimostrativi del non uso del bene locato, dell’eccessività del canone, della moltiplicazione dei contratti sullo stesso bene, delle modalità di pagamento degli oneri di ristrutturazione, confermano ampiamente tale ricostruzione. 4. Il settimo motivo è manifestamente infondato, non essendovi alcuna rilevanza della modalità di esecuzione del sequestro in ordine alla legittimità del provvedimento, che peraltro è atto antecedente a quello in ipotesi irregolare. 5. È fondato il terzo motivo per non essere configurabile il reato di peculato, per manifesta erroneità sia della tesi del carattere pubblicistico delle Onlus e quindi assenza del ruolo di pubblico ufficiale/incaricato di pubblico servizio di chi operi per esse che del carattere pubblicistico del denaro versato dall’ente pubblico in pagamento delle prestazioni di assistenza medica. 5.1 È del tutto pacifico, e notorio, che le Onlus non sono affatto enti esercenti un pubblico servizio bensì organizzazioni del tutto private che, perseguendo determinate finalità meritevoli, ricevono un trattamento fiscale di favore. Ciò emerge già solo dalla lettura del titolo completo della normativa di settore, richiamata continuamente nel provvedimento impugnato Decreto Legislativo 4 dicembre 1997, numero 460 Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”. I contenuti di questa normativa, peraltro, sono dettagliatissimi perché le Onlus sono enti utilizzati nella vita concreta non solo per gestire attività non lucrative ma anche, ed illecitamente, quali comodi strumenti per evasione/elusione fiscale - che, del resto, è quanto si teme essere stata fatto nel caso di specie. L’articolo 10 citato dall’ordinanza impugnata effettivamente impone un divieto di distribuzione dei profitti, ma la lettura della disposizione è chiaramente nel senso che tale divieto non discende da una pretesa destinazione pubblica dei profitti, bensì è la condizione perché vengano riconosciuti i benefici fiscali. In pratica, il sistema prevede un carattere chiuso delle disponibilità dell’onlus che mai possono essere redistribuite ai soci ma, se del caso, cedute ad altre onlus in tanto le disponibilità sono esenti da tassazione in quanto siano utilizzate solo per utilità sociale e senza lucro. La utilizzazione elusiva prevede specifiche sanzioni all’articolo 28 che nulla hanno a che vedere con la pretesa pubblicità del denaro dell’onlus Sanzioni e responsabilità dei rappresentanti legali e degli amministratori 1. Indipendentemente da ogni altra sanzione prevista dalle leggi tributarie a i rappresentanti legali e i membri degli organi amministrativi delle ONLUS, che si avvalgono dei benefici di cui al presente decreto in assenza dei requisiti di cui all’articolo 10, ovvero violano le disposizioni statutarie di cui alle lettere c e d del comma 1 del medesimo articolo sono puniti con la sanzione amministrativa .. I rappresentanti legali ed i membri degli organi amministrativi delle organizzazioni che hanno indebitamente fruito dei benefici previsti dal presente decreto legislativo, conseguendo o consentendo a terzi indebiti risparmi d’imposta, sono obbligati in solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente delle imposte dovute, delle relative sanzioni e degli interessi maturati . . Lo stesso articolo 10 cit. al comma 6 afferma che Si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione una serie di condotte, quali in particolare quelle di cui discute, ovvero l’acquisto di servizi apparenti o a prezzi fuori mercato. 5.2 Nel caso di specie il provvedimento individua un tipico caso di uso strumentale e fraudolento di Onlus pur dandone una erronea qualificazione giuridica penale. Il ricorrente gestiva attività nel settore dell’assistenza medica quale privato convenzionato e, quale schermo, utilizzava le Onlus - con gli evidenti vantaggi fiscali - per poi farne uscire i profitti, altrimenti non distribuibili pena quanto meno la perdita dei benefici tributari , con meccanismi quali le finte prestazioni di servizi le ONLUS, difatti, pagavano fitti duplicati per lo stesso immobile, in quantità fuori mercato, senza utilizzarlo di fatto trasferivano soldi al ricorrente con un ulteriore passaggio con questi soldi pagavano il mutuo per gli acquisti immobiliari fatti dalla società che il M. possedeva tramite fiduciarie . La simulazione/intestazione fiduciaria/interposizione dei dirigenti delle Onlus consentiva di aggirare anche gli ulteriori divieti di legge nei trasferimenti di risorse tra Onlus ed i suoi rappresentanti legali e i membri degli organi amministrativi . 5.3 Il provvedimento impugnato, nella parte che si trascrive sopra, afferma quindi in modo del tutto infondato la natura pubblicistica in sé delle Onlus. Risultano anche erronei i riferimenti di giurisprudenza a casi che si indicano come analoghi ma che, invece, riguardano tutt’altro si tratta del caso di Enasarco che, però, è pubblico perché gestisce la previdenza obbligatoria degli agenti di commercio delle stazioni appaltanti, che gestiscono le gare pubbliche, etc. . Invero l’ordinanza afferma, in chiusura, Quanto in particolare al tema della disciplina pubblicistica di tali enti, oltre alla già citata normativa nazionale di cui al D.lvo numero 4601/1997 lasciando intendere che esista altra disciplina pubblicistica che, però, non dice qual è né, del resto, esiste. 6. Esclusa, quindi, questa tesi che afferma in termini generali che le Onlus siano esercenti un servizio pubblico e i suoi responsabili siano incaricati di pubblico servizio, va considerato come sia infondato anche il diverso profilo per affermare che la gestione dei soldi delle Onlus nel caso di specie fosse maneggiamento di denaro pubblico. 6.1 Le Onlus di M. esercitavano attività assistenziali mediche e non in via di convenzionamento . Che la attività assistenziale possa essere esercizio di pubblico servizio può essere affermazione corretta ma, ovviamente, sia per una Onlus che per una qualsiasi clinica privata, tale può essere solo la stretta attività esercitata per conto dell’ente. Non è invece corretto affermare che siano soldi pubblici quelli che l’esercente l’attività per conto dell’ente pubblico riceve per pagamento delle proprie prestazioni si tratta, appunto, della sua retribuzione, non diversamente dallo stipendio del pubblico ufficiale/incaricato di p.s. Il pagamento della prestazione costituisce bene personale del soggetto che ha offerto la prestazione e non si tratta certamente di soldi pubblici. L’affermazione del vincolo pubblico o anche solo di destinazione delle somme pagate quale corrispettivo dalla Regione Lombardia va al di là di ogni legittimo ambito di opinabilità. 7. in definitiva nella vicenda rappresentata dall’ordinanza non sono individuate condotte che integrino il reato di peculato. 8. Ciò che risulta, sulla scorta di quanto riportato in motivazione, è che effettivamente venivano effettuate operazioni inesistenti medianti un meccanismo di frode fiscale realizzato con la creazione delle strutture Onlus ed il drenaggio delle loro risorse facendole passare per spese e non per distribuzione di utili. Tale violazione, oltre alla immediata conseguenza nelle sanzioni non penali dell’articolo 28 I. cit., può rientrare in ipotesi di reati fiscali. Lo stesso tribunale afferma . quand’anche si volesse accedere all’impostazione difensiva, le condotte addebitate al ricorrente potrebbero agevolmente essere ricondotte nell’alveo di differenti ipotesi di reato che vanno, alternativamente, dalla malversazione a danno dello Stato, alla truffa aggravata ai danni di un ente pubblico, all’appropriazione indebita . Premessa la palese insussistenza di malversazione a danno dello Stato, alla truffa aggravata ai danni di un ente pubblico , salvo per quanto possa trattarsi di un riferimento atecnico a delle frodi fiscali, il provvedimento risulta carente nella individuazione delle specifiche violazione fiscali, anche ai fini della loro rilevanza penale, e degli altri reati prospettati che consentano la confisca per equivalente, per l’importo confiscabile in prospettiva. Va quindi disposto l’annullamento con rinvio perché il tribunale del riesame, essendo definitivamente esclusa la sussistenza di peculato o altri reati ricollegabili su cui aveva fondato il sequestro, risolva la mera apparenza di motivazione per altre contestazioni dovrà quindi chiarire, e motivare, se e quali siano le violazioni fiscali penalmente rilevanti e gli altri eventuali reati che consentono la confisca per equivalente. Il giudice di rinvio, inoltre, risolverà anche i temi di competenza e gli altri posti con il quinto e sesto motivo. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.