Errore della cameriera, alcool a un minorenne: condannato il proprietario del locale

Respinte tutte le giustificazioni proposte. Irrilevante non solo l’errore compiuto dalla dipendente, ma anche il fatto che il controllo sull’applicazione delle norme fosse stato affidato a terze persone. Colpevole il titolare per non avere predisposto un efficace sistema di controllo sull’età degli avventori.

L’errore compiuto dalla cameriera non salva il proprietario del locale. Legittima la sua condanna per l’avvenuta somministrazione di una bevanda alcolica a un minorenne Cassazione, sentenza n. 26582/18, sez. V Penale, depositata oggi . Vigilanza. Una volta ricostruito l’episodio che ha dato il ‘la’ al processo penale, il titolare dell’esercizio commerciale viene ritenuto colpevole dal Giudice di Pace in particolare, viene evidenziato che egli non ha predisposto un efficace sistema di controllo dell’età degli avventori, tale da impedire che venissero somministrate bevande alcoliche ai minori di 16 anni . La decisione viene contestata col ricorso in Cassazione, ricorso centrato sul fatto che l’attività di vigilanza sul rispetto delle disposizioni di legge, tra cui le norme in materia di somministrazione di bevande alcoliche, era stata affidata a terze persone tramite un appalto . L’obiezione proposta non convince però i Giudici del Palazzaccio, che confermano la condanna per il titolare del locale. Per i magistrati non si può dimenticare, normativa alla mano, che il proprietario dell’esercizio commerciale è tenuto a una effettiva e necessaria diligenza nell’accertamento dell’età del consumatore , e questo obbligo non può essere soddisfatto né dalla presenza nel locale di cartelli indicanti il divieto di erogazione di bevande alcoliche ai minorenni, né limitandosi a delegare il controllo dell’età degli avventori a terze persone , e in aggiunta non è neanche pensabile affidare il compito al proprio personale dipendente. Tirando le somme, il proprietario deve vigilare affinché i lavoratori svolgano con la dovuta diligenza i loro compiti ed osservino scrupolosamente le istruzioni loro fornite . Proprio applicando questa prospettiva, è irrilevante anche il richiamo difensivo all’ errore in cui sarebbe caduta la cameriera addetta al ‘servizio bar’, non adeguatamente controllata dai soggetti a cui, come detto, era stata affidata in appalto la vigilanza sul rispetto delle disposizioni di legge . Consequenziale è il riconoscimento della colpevolezza del proprietario dell’esercizio commerciale per la bevanda alcolica acquistata da un ragazzo di neanche 16 anni.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 febbraio – 11 giugno 2018, n. 26582 Presidente Vessichelli – Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23 gennaio 2017 il Giudice di Pace di Forlì ha condannato MA. MA., in qualità di legale rappresentante di una società esercente attività di somministrazione di bevande alcoliche, per il reato di cui all'art. 689 cod. pen. 2. In particolare il Giudice ha ritenuto il MA. responsabile del reato a titolo di colpa, per non aver predisposto un efficace sistema di controllo dell'età degli avventori, tale da impedire che fossero somministrate bevande alcoliche ai minori di sedici anni. 3. Con atto sottoscritto dai difensori di fiducia propone ricorso per cassazione l'imputato, affidandolo ad un unico motivo con il quale si deducono violazione di legge e correlati vizi motivazionali in relazione all'art. 689 cod. pen. Sostiene il ricorrente che il Giudice abbia errato nel fondare la penale responsabilità dell'imputato sulla sola qualifica, in capo allo stesso, di gestore dell'esercizio pubblico nel quale è stata somministrata una bevanda alcolica ad un minore. Nel corso dell'istruttoria dibattimentale sarebbe infatti emerso che l'attività di vigilanza sul rispetto delle disposizioni di legge, tra cui rientrano le norme in materia di somministrazione di bevande alcoliche, era stata affidata a terzi tramite un contratto di appalto. Il Giudice avrebbe quindi omesso di considerare adeguatamente gli elementi addotti dalla difesa.al fine di escludere la responsabilità penale dell'imputato. Considerato in diritto Il ricorso non è meritevole di accoglimento. 1. Così come già rilevato nel caso di specie dal giudice dei merito, il contratto di appalto cui ha fatto riferimento la difesa non contiene alcuna specifica disposizione in ordine all'attività di vendita di bevande alcoliche, sicché è infondato l'assunto difensivo secondo il quale l'obbligo giuridico presupposto dall'art. 689 cod. pen. è da ritenersi riferibile ai soggetti cui era stato affidato il controllo della effettiva gestione del locale. Evidenzia in proposito il ricorrente che il contratto di appalto alla pagina 2 prevedeva che nell'oggetto fosse ricompresa anche l'attività generica di osservazione per la verifica del rispetto delle disposizioni, prescrizioni e regole di comportamento stabilite da soggetti pubblici o privati . Si tratta, però, di previsione contrattuale così generica che finisce per essere svuotata completamente di contenuto. 2. L'imputato, nella sua qualità di esercente l'esercizio commerciale in cui è avvenuta la somministrazione di bevanda alcolica al minorenne, non può giovarsi, al fine di andare esente da responsabilità penale, dell'errore in cui sarebbe caduta la cameriera addetta al servizio bar, non adeguatamente controllata dai soggetti cui aveva dato in appalto tale incombenza. La natura di reato di pericolo della fattispecie in esame, infatti, impone in capo al proprietario dell'esercizio commerciale di una effettiva e necessaria diligenza nell'accertamento dell'età del consumatore, atteggiamento che, nel caso, come quello in esame, non può essere soddisfatto né dalla presenza nel locale di cartelli indicanti il divieto di erogazione di bevande alcooliche ai minori, né limitandosi a delegare il controllo dell'età degli avventori a terzi Sez. 5, 2/12/2010, n. 7021, R. e altro, rv. 249830 Cass., sez. 5, 5.5.2009, n. 27916, B., rv. 244206 . Quello previsto dall'art. 689 cod. pen. è un obbligo che grava innanzitutto sul soggetto che gestisce l'esercizio commerciale in cui si pratica la vendita al pubblico di bevande alcoliche, assicurandone la somministrazione, su richiesta dei clienti, personalmente o attraverso forme di organizzazione del lavoro incentrate sull'impiego di uno o più dipendenti retribuiti. In questo caso appare evidente che su tale soggetto grava una peculiare responsabilità, avendolo collocato il precetto normativo in una specifica posizione di garanzia a tutela di interessi diffusi Sez. 5, 5/5/2009, n. 27916, B., rv. 244206 Sez. 5, 6/11/2012, n. 4320, C, rv. 254391 . Ne consegue che la valutazione dei parametri di imputazione - negligenza ed imprudenza - deve essere assunta con severità, non potendo il gestore delegare né al personale dipendente né a terzi l'accertamento della effettiva età del consumatore, ma dovendo, invece, egli vigilare affinché i lavoratori alle sue dipendenze svolgano con la dovuta diligenza i loro compiti ed osservino scrupolosamente le istruzioni al riguardo loro fornite dal gestore Sez. 5, n. 46334 del 26/06/2013, Sambuchi, Rv. 25756301 . 3. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto nell'interesse dell'imputato va, dunque, rigettato, con condanna di quest'ultimo, ai sensi dell'art. 616 cod.proc.pen., al pagamento delle spese del procedimento. In ragione della minore età della persona offesa va disposto l'oscuramento dei dati a norma dell'art. 52 D.Lgs. 195/03. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Oscuramento dati.