Figlio disabile e padre in carcere: è lo Stato a dover sostenere la madre

Respinta la richiesta dell’uomo di ottenere la detenzione domiciliare per poter coadiuvare la moglie e garantire tutta l’assistenza necessaria al figlio. Evidenti le difficoltà della donna, che deve badare anche ad altri due figli, ma i giudici sottolineano il ruolo dello Stato nel sostegno alle famiglie con figli disabili.

Complicata situazione familiare a casa – con un figlio disabile –, mentre lui, marito e padre, è rinchiuso in carcere. Nonostante tutte le possibili difficoltà nella gestione del ragazzo da parte della sola madre – che deve anche occuparsi di altri due figli –, va respinta, secondo i Giudici del Palazzaccio, la richiesta dell’uomo di ottenere la detenzione domiciliare. Decisiva la considerazione che lo Stato prevede misure ad hoc per sostenere i genitori gravati dall’onere di prestare cura e assistenza a un figlio che presenta, come in questa vicenda, un handicap totalmente invalidante Cassazione, sentenza n. 25164/18, sez. Prima Penale, depositata oggi . Cura. Sfavorevole all’uomo è già la decisione presa dal Tribunale, che respinge l’ipotesi della concessione della detenzione domiciliare , osservando che la moglie non è impedita a provvedere al figlio affetto da tetraparesi spastica , potendo anche avvalersi dell’appoggio della nonna materna . Quest’ultima valutazione viene duramente contestata dal legale del detenuto. Nello specifico, l’avvocato sostiene in Cassazione l’impossibilità per la moglie del suo cliente di prendersi cura del figlio disabile , soprattutto considerando la gravità delle sue condizioni psico-fisiche e la presenza di altri due figli in età scolare . Sostegno. Le obiezioni, centrate sul presunto impedimento per la madre di accudire il figlio colpito da handicap totalmente invalidante , non convincono però i Giudici del Palazzaccio, che confermano la decisione del Tribunale e respingono definitivamente la richiesta del detenuto di poter scontare la pena tra le mura domestiche. I magistrati spiegano che la norma condiziona l’applicabilità del beneficio per il padre al presupposto dell’assenza della madre nella impossibilità assoluta di accudire il figlio , mentre il ricorso proposto dal legale richiede, come visto, di valutare anche la gravità della disabilità e la presenza di altri figli da accudire e, di conseguenza, le difficoltà della madre nel prendersi cura del figlio. Nessun dubbio, sia chiaro, sul fatto che, viste le gravi condizioni del figlio , la madre non sia da sola in grado di prestare al figlio tutta l’assistenza necessaria , ma questo elemento non è sufficiente, secondo i giudici della Cassazione, per concedere al padre la detenzione domiciliare . E questa valutazione viene poggiata anche sulla considerazione che l’ordinamento prevede misure per sostenere le famiglie gravate dall’ onere di prestare cura a un figlio con handicap totalmente invalidante . In sostanza, i magistrati sottolineano che la necessità di assicurare alle persone disabili tutta l’assistenza necessaria è onere dello Stato, a prescindere dalla situazione personale anche di carcerazione dei genitori ed è quindi logico che il criterio di giudizio sulla possibilità di assistenza della madre sia in funzione del mantenimento della relazione con almeno un genitore, e non dell’obiettivo di assicurare tutta la assistenza familiare necessaria .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 dicembre 2017 – 5 giugno 2018, n. 25164 Presidente Mazzei – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 26.10.2016 il Tribunale di sorveglianza di Potenza ha respinto la istanza presentata da Tr. Ca. e avente ad oggetto la concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare, ai sensi dell'art. 47 ter, comma 1 lett. b, ovvero dell'art. 47 quinquies ord. pen., in relazione alla pena inflitta con sentenza 11.6.2012 del Tribunale di Potenza. L'ordinanza impugnata ha evidenziato che la madre non era impedita a provvedere al figlio, potendo anche avvalersi dell'appoggio della nonna materna inoltre, era attuale la valutazione di pericolosità dell'istante, desumibile dai gravi precedenti, dall'esistenza di carichi pendenti pure di rilievo, dai contatti con esponenti della criminalità organizzata. 2. Tr. Ca. ha personalmente presentato ricorso per cassazione, deducendo, con il primo motivo, violazione di legge e difetto di motivazione in relazione al requisito della impossibilità della madre di prendersi cura del figlio disabile. In particolare, il ricorrente sostiene che l'ordinanza impugnata non avrebbe adeguatamente considerato la gravità delle condizioni psico fisiche del figlio Si. St., anche risultante da documentazione pretermessa dal Tribunale, la presenza di altri due figli in età scolare, la indeterminatezza del ritenuto aiuto prestato dalla nonna materna. Con il secondo motivo viene censurata, per difetto di motivazione, la valutazione di pericolosità del ricorrente, non risultando considerata la documentazione relativa ad alcuni procedimenti pendenti a carico del Tr. né la positiva valutazione già compiuta dallo stesso Tribunale di sorveglianza in altri procedimenti, e per aver desunto elemento negativo dalla circostanza che l'amministrazione penitenziaria non aveva compiuto la osservazione di personalità. 3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, evidenziando che l'ordinanza impugnata aveva adeguatamente motivato in ordine alla insussistenza dell'impedimento per la madre di accudire il figlio disabile, profilo che di per sé preclude l'accoglimento della istanza. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va respinto. 1. Si deve precisare che, a seguito della pronuncia di cui alla sentenza 5.12.2003 n. 350 della Corte Costituzionale, la norma di cui all'art. 47 ter ord. pen. si applica anche nel caso di padre, detenuto, di figlio portatore di handicap totalmente invalidante, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole . Il ricorrente ha proposto istanza di detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47 ter, comma 1 lett. b, ord. pen. la norma pone due requisiti la madre deceduta o altrimenti impossibilitata a dare assistenza alla prole, affetta da handicap totalmente invalidante il giudizio di adeguatezza rispetto alla finalità rieducativa, come desumibile dalla discrezionalità riconosciuta nel concedere la misura possono . Si deve aggiungere che la norma di cui all'art. 47 quinquies, comma 7, ord. pen. consente la detenzione domiciliare nel caso di figli minori di anni dieci, ma in presenza di un ulteriore requisito connesso al quantum di pena già espiata anche questo istituto è riservato alla madre condannata ovvero anche al padre detenuto se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre . Questa norma non richiede che la impossibilità per la madre di accudire il figlio sia assoluta, ma aggiunge l'ulteriore requisito che non vi siano altre persone, diverse dal padre, idonee all'affidamento della prole. L'istituto, comunque, non è applicabile nel caso in esame trattandosi di figlio maggiore degli anni dieci. 2. Il ricorso censura l'ordinanza impugnata sotto il profilo della carenza di motivazione in relazione ad entrambi i menzionati requisiti, valutati negativamente dal Tribunale. 3. L'ordinanza impugnata non propone alcun rilievo in ordine alle condizioni del figlio dell'istante, risultando documentato il gravissimo handicap invalidante tetraparesi spastica . 4. Quanto alla presenza di madre nelle condizioni per accudire il figlio, circostanza valutata come sussistente dal Tribunale, il ricorso sostiene che l'ordinanza, nel ritenere la madre nelle condizioni di poter assistere il figlio disabile, non avrebbe considerato l'entità della disabilità, tale da richiedere assistenza continua, e la presenza, nel nucleo familiare, di altri due figli minori. Il collegio osserva che il legislatore, nel riconoscere la possibilità di espiazione della pena in regime di detenzione domiciliare in presenza di figli minori degli anni dieci o disabili al 100%, ha inteso consentire l'assistenza alla prole da parte di un genitore, individuato nella madre e, solo in assenza della madre, anche nel padre. Dunque, il requisito, necessario qualora l'istanza provenga dal padre detenuto, relativo alla assenza della madre va inteso in senso oggettivo, come è desumibile dalla lettera della norma quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole . La norma, quindi, condiziona l'applicabilità del beneficio al padre al presupposto dell'assenza della madre, perché deceduta o, per altra causa, nella impossibilità assoluta di accudire il figlio. In giurisprudenza è stato affermato che il giudizio, sul carattere assoluto o meno della impossibilità per la madre di accudire il figlio minore o disabile, rientra nella discrezionalità giudiziale e va quindi adeguatamente motivato Sez. 1, 28.10.2011, Monti Condesnitt, Rv. 251480 . Si tratta di giudizio che ha ad oggetto la concreta capacità di accudimento della madre, capacità che può essere limitata o impedita per ragioni di salute, di lavoro od altro, ragioni, comunque, relative al genitore. Il ricorso, invece, sostiene che si debba dare una diversa interpretazione dell'impedimento all'assistenza da parte della madre, nel senso che si dovrebbe, secondo la difesa, valutare anche la gravità della disabilità e la presenza di altri figli da accudire, così da valutare la possibilità, o meno, per la madre di fornire al figlio tutta l'assistenza necessaria. Il collegio riconosce che, in fatto, nel caso in esame, considerata la gravità della condizione del figlio Si. St., non vi è dubbio che la madre, da sola, non è umanamente in grado di prestare al figlio tutta la assistenza necessaria, e, d'altra parte, le provvidenze che l'ordinamento riconosce in caso di minori affetti da gravi handicap si fondano proprio su tale considerazione. Peraltro, l'interpretazione della norma proposta dalla difesa risulta contraria alla lettera della norma e alla ratio dell'istituto. Infatti, la norma dà rilievo al padre come fruitore del beneficio solo in funzione vicaria rispetto alla madre, che è considerata dal legislatore come il genitore maggiormente votato alla cura dei figli in tenera età o disabili, e ciò risulta congruo rispetto alla principale finalità dell'istituto che è quella della tutela del soggetto debole. Tale ratio si è tradotta congruamente nella disposizione normativa, che richiede, per applicare l'istituto al padre, che l'assistenza ai figli da parte della madre manchi in assoluto, per morte o per altra causa. Nel caso in cui l'assistenza da parte della madre vi sia, ma sia insufficiente, il dato non è stato considerato dal legislatore così significativo, da renderlo prevalente rispetto al valore costituito dalla effettività della potestà punitiva da parte dello Stato. Si tratta, d'altra parte, di valutazione che non appare irragionevole, dato che, comunque, l'ordinamento già prevede altre misure per sostenere i genitori, gravati dall'onere di prestare cura e assistenza a un figlio con handicap totalmente invalidante. Infatti, la ratio dell'istituto in parola è di favorire il mantenimento della relazione educativa ed assistenziale tra genitori e figli, in conformità ai principi costituzionali, e, in questo senso, congrua risulta la previsione di riconoscere una attenuazione della pretesa punitiva dello Stato nel caso di figli minori o disabili e di impossibilità per la madre di accudire il figlio. La presenza, nella famiglia, di situazioni di disabilità, anche di grado lieve, non è posta a carico esclusivo dei genitori, ma è anche onere dello Stato, in virtù del principio solidaristico affermato dall'art. 3 Costituzione. L'ordinamento costituzionale riconosce la specificità della famiglia, insostituibile nella relazione affettiva ed educativa con i figli, e, nel contempo, afferma essere dovere della comunità, e per essa delle autorità pubbliche, farsi carico delle situazioni di handicap, anche presenti nella famiglia. L'applicazione di tali principi in presenza di una famiglia segnata dalla carcerazione di un genitore ha portato alla attenuazione della potestà punitiva dello Stato al fine di assicurare al figlio minore di anni dieci o disabile il mantenimento della relazione educativa ed affettiva con almeno un genitore. La necessità di assicurare alle persone disabili tutta l'assistenza necessaria è onere dello Stato, a prescindere dalla situazione personale, anche di carcerazione, dei genitori, ed è quindi coerente che il criterio di giudizio sulla possibilità di assistenza della madre sia in funzione del mantenimento della relazione con almeno un genitore, e non dell'obiettivo di assicurare tutta la assistenza familiare necessaria. Così definito l'ambito applicativo della norma, non hanno pregio le censure relative alla motivazione proposte dal ricorso. Invero, l'ordinanza ha dato atto della valida presenza della madre, impegnata nella cura del figlio disabile e degli altri figli minori, e in ordine a tale accertamento il ricorso non ha proposto censura alcuna. Il ricorso contesta che si possa considerare l'aiuto della nonna materna, evidentemente condizionato da energie e disponibilità personali, sempre revocabili. Il rilievo non è pertinente, in quanto il Tribunale si è limitato a prendere atto di una indicazione che era provenuta dalla stessa difesa dell'istante. Il motivo proposto risulta quindi infondato. I rilievi esposti comportano il rigetto del ricorso, a prescindere dalla considerazione dell'ulteriore motivo di impugnazione, che risulta quindi assorbito. 5. Va dunque respinto il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.