Il verbo al condizionale non esclude la portata intimidatoria della minaccia

La minaccia, anche laddove sia stata espressa in forma condizionata, non può in realtà ritenersi condizionata ad un qualche elemento diverso dalla volontà del soggetto che l’ha pronunciata.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23592/18, depositata il 25 maggio. Il fatto. Il Tribunale di Brindisi rigettava l’appello proposto dagli eredi di un avvocato, ai soli effetti civili, avverso la sentenza del Giudice di Pace che aveva assolto l’imputata del delitto di ingiuria perché, il fatto non è previsto dalla legge come reato, e dall’accusa di minaccia nei confronti del de cuius . In relazione a tale profilo, le parti civili ricorrono per la cassazione della sentenza deducendone l’erronea, apodittica e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 612 c.p., ai cui fini sarebbe stata sottolineata la portate delle singole parole utilizzate dall’imputata anziché il tono aggressivo complessivamente posto in essere. Sussistenza della minaccia. Il Collegio sottolinea la contraddittorietà della motivazione fornita dal Giudice di merito che ha fondato la propria decisione sul fatto per cui le frasi intimidatrici pronunciate dall’imputata fossero espresse con verbo al condizionale ed in modo indeterminato vedrai , facendo venir meno la portata intimidatoria delle stesse. La minaccia espressa in forma condizionata, ricordata la Corte, non può in realtà ritenersi condizionata ad un qualche elemento diverso dalla volontà del soggetto che l’ha pronunciata. La valenza intimidatoria non è infatti svilita dall’assenza di una condizione in senso proprio, posto che l’elemento determinante deve essere riscontrato nell’atteggiamento aggressivo dell’imputata, sintomo di un attentato all’incolumità fisica della dante causa delle odierne ricorrenti e del chiaro intento di spaventare l’avvocato. Le criticità così riscontrate nell’apparato motivazionale fornito dal Tribunale brindisino, portano all’annullamento della sentenza con rinvio per un nuovo esame al giudice civile competente per valore in appello.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 marzo – 25 maggio 2018, n. 23592 Presidente Palla – Relatore Mazzitelli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza, emessa in data 16/03/2017, il Tribunale di Brindisi rigettava l’appello proposto da L.M.L. e L.S. , in qualità di eredi dell’avv. L.E. , ai soli effetti della responsabilità civile, avverso la sentenza, n. 627/16, datata 23/09/2016, del Giudice di Pace di Brindisi, con cui T.M. era stata assolta dal delitto di ingiuria, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, e dal reato, di cui all’art. 612 cod. pen., contestato, per aver pronunciato, all’indirizzo dell’avv. L.E. , che assisteva in una vertenza di lavoro una controparte dell’imputata, le espressioni sei una sciacalla ricordati che stai facendo la scia calla con me, la tua vita sarà ridotta a sciacalla stai facendo il tuo lavoro come un cane .anzi ora chiamo i Carabinieri questo non me lo dovevi fare .non ti dovevi permettere vedrai fatto commesso in omissis , all’interno del omissis . 2. L.M.L. e S. , tramite difensore di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione, con cui deducono vizi di legittimità, per erronea, apodittica, contraddittoria motivazione e omessa valutazione di prove decisive, nonché per inosservanza di legge ed erronea applicazione dell’art. 612 c.p Le argomentazioni, espresse al Giudice di Pace e richiamate dal Tribunale, sarebbero avulse dalle risultanze processuali. La minaccia non si ridurrebbe alla sola parola vedrai ma all’atteggiamento aggressivo, posto in essere dall’imputata all’esito di un’udienza civile. Le stesse dichiarazioni, rese dall’imputata, circa un intento di spaventare il legale, rivestirebbero una valenza ammissiva. L’affermazione, contenuta nel provvedimento impugnato, circa un’espressione condizionata usata dalla prevenuta, sarebbe destituita di fondamento, essendo il termine vedrai , sottoposto esclusivamente alla volontà della T. . La motivazione sarebbe viziata, per relationem e apodittica, e, nello stesso tempo, sarebbe riscontrabile un’errata applicazione dell’art. 192 c.p.p., non essendosi tenuto conto di prove decisive, quali le dichiarazioni, rese dalla parte lesa e dei testi di parte civile, comprovanti la verificazione di un effettivo turbamento psichico del predetto legale. Da ultimo, sussisterebbe un altro profilo, concernente la violazione dell’art. 592 c.p.p., con riferimento alla condanna delle odierne ricorrenti al pagamento delle spese processuali, posto che le esponenti non sono integralmente soccombenti, in considerazione dell’intervenuta depenalizzazione del reato di ingiuria. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Nel provvedimento impugnato, il giudice del merito, pur non revocando in dubbio la portata offensiva delle espressioni utilizzate dalla T. nei confronti dell’avv. L.P. , evidenzia che le frasi intimidatrici furono espresse in forma condizionata vedrai e in modo del tutto indeterminato nella prospettazione alla vittima di un male ingiusto. In tale contesto, per siffatte ragioni, le frasi pronunciate dalla T. sono state considerate inidonee a limitare la libertà psichica della parte lesa, palesando una evidente inattitudine ad intimorire. Orbene, tale succinta motivazione, resa dal giudice dell’appello, in conformità con il percorso logico seguito dal Giudice di Pace, risulta affetta da profili di contraddittorietà logica, oltre che da incompletezza, rispetto ai motivi addotti dalle parti civili, appellanti, con l’instaurazione del giudizio di secondo grado. La minaccia , espressa con le parole .vedrai . , non può ritenersi condizionata ad alcunché, se non alla volontà stessa del soggetto che le ha pronunciate. L’assenza di una condizione non sminuisce certamente la valenza intimidatoria, che non è stata esaminata compiutamente dal giudice, in riferimento alla contestazione, contenuta nel capo di imputazione, indicativa, per un verso, di ulteriori affermazioni, quali, nella loro integralità Sei una sciacalla ricordati che state facendo la sciacalla con me la tua vita sarà ridotta a sciacalla questo non lo dovevi fare, non ti dovevi permettere vedrai e, sotto altro profilo, di un atteggiamento aggressivo, descritto con un fare minaccioso e collerico . Le doglianze, mosse con l’atto d’appello, riportate nell’odierno ricorso, sono indicative di un attentato all’incolumità fisica della dante causa delle odierne ricorrenti, posto in atto dalla T. , urlando e gesticolando con le mani, mentre le rivolgeva il termine sciacalla. . Tali risultanze, indicative del contesto complessivo, sono state richiamate, nei motivi d’appello, mediante il riferimento preciso alle deposizioni, rese dai testi F.A. e dal Luogotenente B.M. , comprovanti un comportamento generalmente aggressivo. Sempre in quella sede, a riprova della sussistenza del reato di cui all’art. 612 c.p., parti appellanti hanno poi richiamato la deposizione, resa dalla teste C. , implicante un chiaro riferimento all’intento della T. di spaventare l’avv. L.P In effetti, la motivazione del Tribunale non ha dato contezza esauriente alle doglianze, mosse dalle appellanti, circa la riconducibilità del delitto di minaccia al comportamento aggressivo, complessivamente considerato, tenuto dalla T., da valutarsi, altresì, secondo le appellanti, odierne ricorrenti, alla luce degli effetti, riscontrati sulla vittima, così come descritti dai testi F. l’avv. L.E. visibilmente agitata al volto e sul collo Io cercai di calmare l’avv. L.P. e M. l’avv. L.P.E. .rispondeva in modo agitato . A ciò si aggiunga, in particolare, che le valutazioni espresse da Tribunale, circa l’indeterminatezza del male ingiusto prospettato, non tengono conto, per un verso, del tenore complessivo delle frasi, sopra riportate, coincidente, per l’appunto, con una prospettazione della riduzione della vita ad una sciacalla , con un evidente significato implicito, ricollegabile ad un male ingiusto, oltre a non prendere in considerazione i singoli costituti testimoniali anzidetti, indicativi della situazione nel suo insieme. 2. Le criticità, fin qui esaminate, in relazione ai vizi di natura argomentativa e all’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 612 c.p., congiunta ad una contestuale violazione dell’art. 192 c.p.p., comportano l’annullamento della sentenza, esimendo dalla trattazione dell’allegazione di una violazione ed errata interpretazione dell’art. 592 c.p.p., in riferimento alla condanna alle spese processuali, profilo, questo, da rivalutarsi all’esito del nuovo giudizio. 3. Alla luce delle considerazioni esposte, s’impone l’annullamento della sentenza impugnata, con contestuale rinvio al giudice civile competente in grado d’appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado d’appello.