Investito mentre attraversava fuori dalle strisce: nessuna giustificazione per l’automobilista

Condanna definitiva per l’uomo alla guida. Per i Giudici è secondario l’azzardo compiuto dal pedone. L’automobilista, difatti, avrebbe dovuto rispettare il limite di velocità, e tenere una condotta più prudente, trovandosi su un tratto di strada trafficato e in prossimità di un incrocio.

Il comportamento azzardato del pedone, ossia attraversare la strada non utilizzando le ‘strisce’, non rende meno grave la colpa dell’automobilista che lo ha centrato, procurandogli lesioni rivelatesi poi fatali. A inchiodare l’uomo alla guida della vettura è soprattutto la velocità eccessiva e, più in generale, la condotta poco prudente nell’affrontare un tratto di strada assai trafficato e prossimo a un incrocio Cassazione, sentenza n. 22019/18, Sezione Quarta Penale, depositata il 18 maggio . Colpa. Condanna durissima per l’automobilista, ritenuto, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, responsabile di omicidio colposo , aggravato dalla violazione della disciplina della circolazione stradale . Decisiva la ricostruzione dell’episodio contestatogli, ossia avere investito un pedone che, particolare non secondario, aveva intrapreso l’attraversamento al di fuori delle strisce pedonali , provocandogli lesioni personali da cui era conseguita la morte . Proprio sulla condotta eccezionale e imprevedibile della persona investita si sofferma il legale dell’automobilista, sostenendo che l’attraversamento della carreggiata era avvenuto in un punto in cui il flusso della circolazione era particolarmente intenso e la visuale era ostacolata dalla presenza di altri veicoli . Obiettivo della linea difensiva è ridimensionare, o addirittura azzerare, la responsabilità dell’uomo alla guida. Ma queste ipotesi vengono respinte anche dai Giudici della Cassazione, i quali, condividendo la valutazione compiuta in Appello, osservano che la condotta di guida fu certamente improntata a colpa, in ragione della velocità tenuta e aggiungono che il rispetto del limite previsto avrebbe consentito al conducente del veicolo di compiere adeguata manovra . Allargando l’orizzonte, poi, i magistrati ritengono anche evidente una mancanza di prudenza nella condotta dell’automobilista, soprattutto tenendo presenti le particolari condizioni di traffico e di visibilità in prossimità di un incrocio . E questo elemento rende ancora più indifendibile la posizione dell’automobilista, che ha completamente ignorato il fatto che la visibilità era limitata dalla presenza di altri veicoli e che doveva ritenersi prevedibile, in prossimità di un incrocio, l’attraversamento di un pedone .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 febbraio – 18 maggio 2018, numero 22019 Presidente Piccialli – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Lecce confermava in punto di responsabilità la sentenza del Tribunale di Taranto la quale aveva riconosciuto MO. Mi. colpevole del reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della disciplina della circolazione stradale, per avere investito un pedone che aveva intrapreso l'attraversamento al di fuori di strisce pedonali, provocandogli lesioni personali da cui era conseguita la morte. 2. Il giudice di appello evidenziava che sulla base degli accertamenti acquisiti agli atti e dell'esame testimoniale il mancato tempestivo avvistamento del pedone, intento nell'attraversamento della sede stradale, era senz'altro attribuibile a colpa del conducente, in ragione della velocità tenuta dal veicolo, superiore a quella consentita e della pericolosità del tratto stradale percorso in prossimità di incrocio e con traffico intenso e in condizioni di visibilità non ottimali imbrunire . 3. Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione Montanari Mi. assumendo violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla addebitabilità del sinistro al ricorrente e alla sussistenza del rapporto di causalità con l'evento in ragione di una condotta eccezionale e imprevedibilie della persona offesa la quale si era avventurata in attraversamento della carreggiata in un punto in cui il flusso della circolazione era particolarmente intenso e la visuale era ostacolata dalla presenza di altri veicoli, così da potersi affermare, la sussistenza di una colpa in capo al Mo Considerato in diritto 1. Ritiene il collegio che il primo motivo di ricorso sia manifestamente infondato, in quanto teso ad ottenere una rilettura degli elementi di prova che non è consentita in questa sede, laddove le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell'episodio e dell'attribuzione dello stesso alla persona dell'imputato non sono, infatti, proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata. Il ricorso, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità in quanto il giudice territoriale ha rappresentato, in termini del tutto coerenti con le risultanze processuali che, la condotta di guida del MO. fu certamente improntata a colpa, in ragione della velocità tenuta, mentre il rispetto del limite previsto avrebbe consentito al conducente del veicolo di compiere adeguata manovra di salvezza. 2. In termini altrettanto aderenti alle emergenze processuali il giudice territoriale ha poi rappresentato che le particolari condizioni di traffico, di visibilità di prossimità ad un incrocio avrebbero dovuto imporre al conducente del veicolo investitore non solo il rispetto dei limiti di velocità prescritti dalle norme di riferimento quanto, più in generale, di conformare la condotta di guida a particolare prudenza e circospezione, con riferimento ai precetti di cui all'articolo 141 Cos. Della Strada soprattutto quando, come nel caso in specie, la visibilità era limitata dalla presenza di altri veicoli e doveva ritenersi prevedibile, in prossimità di un incrocio, l'attraversamento di un pedone. 3. Sotto questo profilo pertanto il giudice di appello ha svolto buon governo delle risultanze processuali escludendo la ricorrenza di elementi eccezionali perturbatori che possano avere precluso al MO. la possibilità di percepire l'attraversamento intrapreso dal pedone, laddove la giurisprudenza del S.C. esclude la responsabilità del conducente, in ipotesi di investimento del pedone che attraversi la sede stradale, solo allorquando lo stesso si trovi nella oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso e imprevedibile sez. IV, 2.7.2013 numero 33207 16.4.2008 numero 20027 . 4. Il secondo motivo di ricorso, che attiene al vizio del percorso motivazionale della decisione impugnata, è assertivo e assolutamente privo di qualsiasi concreto riferimento ai punti della decisione che si è inteso aggredire, limitandosi il ricorrente a riportare massime giurisprudenziali sui vizi della motivazione, piuttosto che criticare specifici passaggi motivazionali. 5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'articolo 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. numero 186 del 13.6.2000 , alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila Euro in favore della Cassa delle ammende.