Telefona alla moglie per costringerla a rinunciare alla casa: il ‘vivavoce’ lo inchioda

Definitiva la condanna per il marito. Inequivocabile, secondo i giudici, il senso delle parole rivolte alla donna e finalizzate a spingerla a non chiedere l’assegnazione della casa coniugale. Decisivo il racconto di una testimone, che ha ascoltato, grazie al ‘vivavoce’, tutta la telefonata.

Telefonata rovente tra i coniugi in rotta. Volano parole grosse, udibili grazie al ‘vivavoce’, e il marito viene condannato per violenza privata” – solo tentata –, avendo provato a convincere la moglie a non chiedere l’assegnazione della casa familiare Cassazione, sentenza n. 21902/18, Sezione Quinta Penale, depositata il 17 maggio . Frasi. È una frase, in particolare, a colpire i giudici Ti rompo la brocca in testa!”. Così l’uomo si è rivolto telefonicamente alla moglie, col chiaro obiettivo, secondo i magistrati, di convincerla a non chiedere l’assegnazione della casa coniugale . Questa visione, concretizzatasi nella condanna in Appello per tentata violenza privata , è condivisa anche dai magistrati della Cassazione. Decisivo il riferimento al racconto fatto da una testimone, che ha assistito alla telefonata in ‘vivavoce’ fra i due coniugi, riuscendo così a percepire le frasi intimidatorie pronunciate dall’uomo.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 febbraio – 17 maggio 2018, n. 21902 Presidente Vessichelli – Relatore Morelli Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Lecce ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Lecce del 20.1.14, che aveva condannato Pa. Fr. alla pena di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile in quanto colpevole di ingiuria e tentata violenza privata in danno di An. Mi., pronunciando sentenza di assoluzione perché il fatto non è più previsto come reato quanto all'addebito di ingiuria e rideterminando la pena. 2. Propone ricorso il difensore dell'imputato deducendo, con i primi due motivi, l'illogicità della motivazione laddove i giudici di merito hanno ritenuto che la frase attribuita al ricorrente ti rompo la brocca in testa e indirizzata alla moglie An. fosse finalizzata ad intimidire la donna affinchè ella non richiedesse, in futuro, l'assegnazione della abitazione coniugale. In realtà l'uomo aveva intenzione di farsi restituire la brocca che gli era stata donata durante l'Università e, comunque, l'assenza della finalità indicata nell'imputazione risulterebbe anche dalle deposizioni delle testi Be. e Sp., con ciò escludendo la possibilità di qualificare il fatto ai sensi dell'articolo 610 c.p. sia pure sotto il profilo del tentativo. 2.1. Con il terzo motivo si denunzia l'omessa motivazione con riferimento alla valutazione del contesto in cui le frasi asseritamente minacciose sarebbero state pronunciate, che sarebbe tale, invece, da escludere qualunque effetto intimidatorio. 2.2. Con il quarto motivo si deduce la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'articolo 131 bis c.p. 2.3. Sono stati presentati motivi aggiunti in cui si deduce la inutilizzabilità della deposizione di An. che, essendo indagata di un reato connesso, avrebbe dovuto essere escussa con le modalità di cui all'articolo 210 c.p.p. Con l'espunzione dal quadro probatorio della deposizione della parte offesa, residuerebbero le deposizioni testimoniali sopra richiamate, inidonee a fondare un giudizio di colpevolezza in ordine al reato di tentata violenza privata, rimanendo, tutt'al più, configurabile il diverso reato di minaccia. 3. La non manifesta infondatezza della deduzione dell'inutilizzabilità delle dichiarazioni della parte offesa, che avrebbe dovuto essere escussa con le modalità di cui all'articolo 210 c.p.p. in quanto indagata di reato connesso come documentato dalle produzioni allegate dalla difesa ai motivi nuovi , determina il rilievo dell'intervenuto decorso dei termini di prescrizione, che sono scaduti il 12.10.16, dovendosi aggiungere al termine ordinario di sette anni e sei mesi dalla data di commissione del reato 18.11.08 un periodo di sospensione pari a 147 giorni. 4. Il ricorso deve essere rigettato agli effetti civili in quanto l'affermazione di responsabilità dell'imputato è stata fondata non soltanto sulle dichiarazioni della persona offesa ma anche su quelle della teste Be. che, avendo assistito alla telefonata in viva voce fra Pa. e la moglie, percepì direttamente le frasi intimidatorie riportate nell'imputazione e ne riferì nei termini indicati nella sentenza impugnata a pagina 3 Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016 - dep. 20/02/2017, Rv. 269218 . Valutate le frasi intimidatorie nella loro interezza appare del tutto infondata la tesi volta a sminuirne la portata o ad escludere che fossero dirette ad ottenere la desistenza dal richiedere l'assegnazione della casa coniugale. 5. Il rigetto del ricorso agli effetti civili determina la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di difesa della parte civile del presente grado di giudizio che, tenuto conto della natura della causa e dell'impegno professionale prestato, si ritiene equo liquidare in complessivi Euro 2.000 oltre accessori di legge, da distrarsi in favore del difensore avv. Co., così come richiesto. 6. Il rapporto di coniugio impone particolari cautele nella diffusione del presente provvedimento, per il cui caso si dispone che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 D.Lgs. 196/03. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente agli effetti penali per essere il reato estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in complessivi Euro 2.000 oltre accessori di legge, somma da distrarsi in favore dell'avv. Co Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/03.